Prima ancora dell’avvento della letteratura pulp, c’è stata un’età d’oro della narrativa di intrattenimento che spesso viene chiamata “avventurosa”. Cambiavano le ambientazioni e gli stili, cambiavano i personaggi e le filosofie di fondo, ma lo spirito era sempre quello: raccontare a tinte forti l’atavico fascino che i lettori provano per l’avventura e l’azione in terre lontane.
L’avvento del mystery e delle detective stories – ma anche la nascita potente di ciò che oggi chiamiamo horror – ha sicuramente fatto passare in secondo (se non in terzo) piano questo tipo di letteratura d’evasione (nel vero senso della parola: evasione dalla civiltà), ma certo grande responsabilità va ricercata anche nella fine del colonialismo e della consequenziale perdita dell’idea di territori esotici da conquistare: se non ci sono terre vergini da esplorare, popoli misteriosi da studiare, creature sconosciute da incontrare… che fine fa l’avventura?
Ecco che in tempi moderni ci pensa il cinema, soprattutto quello di serie B, a rispolverare la letteratura avventurosa.
Può sembrare blasfemo accostare il ciclo di quattro film sull’anaconda gigante a scrittori celebri come Haggard o Burroughs, eppure questa tetralogia – con tutti i suoi molti difetti – può benissimo definirsi un omaggio filmico ai grandi temi avventurosi che scomparvero con il mutare della narrativa di genere.
Si inizia con il film Anaconda (1997, nelle sale italiane dal 20 novembre 1997; DVD Sony Pictures dal 9 settembre 2002) del peruviano Luis Llosa. Questi, oltre ad action movie come One Shot, One Kill (primo episodio della tetralogia dello Sniper) o Lo specialista, nel 1993 ha diretto 800 leghe sul Rio delle Amazzoni (Eight Hundred Leagues down the Amazon), tratto dal romanzo omonimo di Jules Verne (La Jangada. Huit cents lieues sur l’Amazone, 1881): si può proprio dire che Llosa porti l’avventura esplorativa nel cuore.
Tornando ad Anaconda, il film è girato in parte in vere location amazzoniche, come Manaus – città che affaccia sul celebre Río – ed è scritto da Hans Bauer (che nel 1999 torna ai grossi rettili con Komodo) e la coppia Jim Cash e Jack Epps jr., che hanno firmato le sceneggiature di grandi successi degli anni Ottanta, da Top Gun a Pericolosamente insieme, da Turner e il “casinaro” a Dick Tracy.
Il cast è stellare, da un’ancora acerba Jennifer Lopez ad Ice Cube, da Eric Stoltz ad una fugace apparizione di Danny Trejo. Ma il vero protagonista è solo uno: Jon Voight. La trama è semplice: girando un documentario sul Río delle Amazzoni, una troupe salva un misterioso naufrago che – fingendo di volerla riportare alla civiltà – guida la compagnia nel territorio dell’anaconda gigante, con poco limpide intenzioni venatorie.
Un incredibilmente bravo Jon Voight interpreta quella che può essere considerata fra le vette più alte della letteratura avventurosa: il capitano Achab del Moby Dick (1851) di Herman Melville. Va subito separato da qualsiasi intento filosofico o psicologico, qui Voight interpreta l’ossessione che il cacciatore sviluppa per la propria preda, per “una” preda in particolare. Non è ancora il Grande Cacciatore Bianco, che Haggard creerà nel 1885 – e che incontreremo più avanti – non vede la caccia come parte dell’avventura: è una sua sfida personale e privata, quasi intima con quella preda in particolare. In questo caso, con un anaconda gigante particolarmente prezioso sul mercato illegale.
Tutto il film sfrutta inizialmente le atmosfere del genere “sconosciuto a bordo”, ma poi inizia un gioco al massacro e tutti i personaggi diventano pedine nella partita a scacchi che Voight gioca con l’anaconda. Siamo lontani dagli stilemi che negli anni Settanta Steven Spielberg aiutò a creare con il suo Lo squalo; qui non c’è la “civiltà” che reagisce con orrore al pericolo invisibile che viene a disturbare le spiagge tranquille. Voight, come Achab, va a stanare l’anaconda a casa sua, nel suo mondo… anzi, nel suo Regno. Perché gli abitanti del luogo considerano l’anaconda un dio guerriero da rispettare, ed è proprio contro un dio – che magari stia di guardia a qualche tesoro – che un vero cacciatore ossessionato si va a scontrare: lo sfida nel suo regno e affonda insieme lui nell’abbraccio della morte.
Per il secondo film, Anaconda. Alla ricerca dell’orchidea maledetta (Anacondas, 2004, nelle sale italiane dal 2 febbraio 2005, DVD Sony Pictures dal 10 giugno 2005), si abbandona l’Amazzonia e le atmosfere alla Moby Dick e si va tutti nel Borneo, nell’arcipelago indonesiano il cui nome autoctono è il più esotico Kalimantan. Malgrado venga specificata la località – una fantomatica provincia di Padrang – la troupe hollywoodiana non è andata a girare il film proprio laggiù, ma nelle “vicinanze”: le molto più accoglienti Isole Fiji che offrono in fondo paesaggi simili, come la cittadina di Deuba e il fiume navigabile Navua River dov’è girato gran parte del film.
Questa seconda pellicola – il cui titolo originale gioca con la “s” plurale già vista in Alien/Aliens – è diretto da Dwight H. Little, che ha esordito con l’horror (Halloween 4, Il fantasma dell’Opera) per poi passare all’azione (Programmato per uccidere, Drago d’acciaio), ai film per ragazzi (Free Willy 2) ed è infine approdato nel mondo televisivo. (Con la deludente parentesi del 2010 quando ha diretto un dimenticabile Tekken.) Stavolta gli sceneggiatori salgono a quattro: Michael Miner e Edward Neumeier, i “papà” di Robocop, affiancano i meno esperti John Claflin e Daniel Zelman.
Da sempre serve un motivo più che valido perché un gruppo di occidentali sia così stupido da andarsi ad impelagare in una terra straniera e selvaggia – dove potrà incontrare la creatura protagonista della storia – e in questo secondo film nasce questo “motivo”: la Blood Orchid (Perrinia immortalis), l’orchidea maledetta del titolo italiano che dà tutta un’altra direzione al filone “serpentoni”.
Gli anaconda aumentano di dimensioni finché vivono; quelli del Borneo sono così esageratamente grossi perché nel locale ciclo alimentare c’è quest’orchidea, i cui effetti allungano la vita. C’è chi potrebbe farci parecchi soldi a vendere sul mercato un estratto di questa orchidea allunga-vita. Così dei responsabili di una industria farmaceutica, invece di mandare nel Borneo una squadra di professionisti, si tolgono giacca e cravatta e si tuffano nella giungla, con risultati assolutamente scontati.
In un cast di attori anonimi anche se dal volto noto, spicca l’eroe di turno, Bill Johnson, che al contrario del Voight/Achab è buono e nasce in pratica dalla tradizione di Tarzan: è muscoloso e taciturno, ha per compagna una scimmia e… lotta contro un coccodrillo! Caso vuole che l’attore newyorkese Johnny Messner – già il cognome sa di avventuroso! – abbia interpretato un ruolo secondario nella serie TV Tarzan del 2003. L’eroe nato nel 1912 dalla penna di Edgar Rice Burroughs si è ormai trasformato e non rappresenta più un’autoaccusa – l’uomo nato occidentale ma cresciuto nel mondo selvaggio che rimprovera alla civiltà i suoi vizi – bensì un normalissimo espediente letterario in ogni avventura al di fuori di terre anglofone per evitare che i personaggi si ammattiscano a parlare con i locali: in mancanza di un traduttore universale, meglio infilarci il personaggio dell’occidentale conoscitore del posto.
Comunque Johnson rappresenta davvero un Tarzan moderno. Non è cresciuto nella giungla ma nella guerra in Corea, e probabilmente è molto peggio. Ha compiuto azioni terribili e, finita la guerra, rifiutata praticamente la civiltà viziosa occidentale, vuole ricominciare una nuova vita semplice, in una bettola di un paesino dimenticato del Borneo… cosa c’è di più letterario di questo?
Il film procede come se fosse il primo titolo del filone, con un’innocenza invidiabile ma anche una freschezza da buon racconto d’appendice. C’è anche la scena dove Johnson, a torso nudo davanti al fuoco, si fa la barba con un coltello: sfoggio gratuito di machismo che farebbe più effetto se la stessa identica scena non fosse stata parodiata da Crocodile Dundee!
Anacondas è un film di avventura puro, anacronistico per la data in cui è stato girato ma proprio per questo può vantare un fascino d’altri tempi.
Per Anaconda 3. La nuova stirpe (Anaconda III, 2008, DVD Sony Pictures dal 17 dicembre 2008) tutto cambia. I soldi ad Hollywood sono finiti e non si può più andare a girare alle Fiji: figurarsi in Amazzonia! I film girati esclusivamente per il mercato home video dai primi anni del 2000 ormai seguono tutti la stessa trafila: fanno i loro bei bagagli, lasciano la costosissima pellicola a casa, imbracciano la più economica telecamera e se ne vanno tutti nell’Europa dell’Est. Opera prima (ed unica) dello sceneggiatore David C. Olson e diretto da un regista come Don E. FauntLeRoy, più abituato a compiti tecnici che artistici, Anaconda 3 è girato in Romania tra Bucarest e il Delta del Danubio.
Le foreste transilvane non hanno nulla da invidiare a quelle amazzoniche o del Borneo/Fiji: sono loro che aprono il film e fanno d’ambientazione ad una storia doppia. (Questo film e il successivo infatti vengono girati contemporaneamente.)
Malgrado il secondo film si chiudesse con la Perrinia immortalis ben protetta nella terra degli anaconda giganti, in qualche modo un riccone senza scrupoli se ne appropria, e visto che sta morendo pressa i propri scienziati perché ne estraggano un siero per allungare la vita. Per il momento, però, l’unico risultato è di ingigantire serpenti…
Appare qui il personaggio di Murdoch, interpretato da quel John Rhys-Davies che negli anni Ottanta fu celebre spalla umoristica del personaggio avventuroso di Indiana Jones – a sua volta figlio di quella letteratura avventurosa di cui stiamo parlando. È il cattivo per antonomasia – e i tratti orientali non guastano di certo – ma non è più un losco figuro che si liscia i baffi ridendo come un matto: è un imprenditore miliardario, il vero villain della modernità.
L’eroe stavolta è il personaggio interpretato da un sorprendente David Hasselhoff, che qui ha il nome di Hammett, ma con la crime fiction o l’hardboiled non ha nulla a che vedere: Hasselhoff qui interpreta il più moderno degli Allan Quatermain. Il grande avventuriero nato nel 1885 grazie a H. Rider Haggard che cinema e televisione hanno più volte cercato di riportare in vita senza alcun successo. Paradossalmente, nella cultura filmico-popolare Quatermain viene rifiutato perché avvertito come clone di Indiana Jones… quando è vero l’esatto contrario!
Il tempo passa e Quatermain non è più l’affascinante avventuriero con il cappello sulle ventitré come lo interpretò Stewart Granger nel 1950, né il barbuto e agitato scavezzacollo di Richard Chamberlain nel 1985; né, tanto meno, il cupo viaggiatore dagli occhi tristi di Patrick Swayze nel 2004. Il personaggio torna alle origini pur se cambia: ritorna a quella selvaticità che a fine Ottocento lo rendeva esotico ed affascinante, ma che oggi ne fa un fuorilegge. Per un cittadino britannico scorazzante nell’Africa, uccidere qualche fiera qua e là non era certo un problema: oggi lo si chiamerebbe bracconiere. Hasselhoff interpreta un moderno Quatermain che non può essere altro che fuorilegge: un cacciatore-avventuriero specializzato in missioni particolarmente selvagge che prevedono anche la caccia ad animaloni. In particolare, serpentoni.
Anaconda 4. Sentiero di sangue (Trail of Blood, 2009, DVD Sony Pictures dal 9 settembre 2009), è la mera e sterile continuazione del precedente. Murdoch, già scottato dall’insuccesso del precedente esperimento con le orchidee, affida il prezioso fiore ad uno scienziato solitario che fa tutto da solo nel giardino di casa, riuscendo là dove aveva fallito un intero team di scienziati in un istituto dedicato. Però lo scienziato non dà più sue notizie e Murdoch paga un milione di dollari ad un pericoloso incapace per attraversare qualche boschetto e andare a raccogliere lo scienziato solitario. Ma Amanda (Crystal Allen) è ancora intenzionata a mandare in fumo i piani del miliardario e ci riesce. Muoiono i serpentoni e tutte le orchidee… finché qualcuno non ne troverà altre.
Sia questo che il precedente sono film talmente pessimi dal punto di vista tecnico che fa male agli occhi guardarli. Ci si deve abituare, però, perché ormai tutto il cinema girato per l’home video corre su questi binari. Erano spesso i binari che i grandi scrittori di storie avventurose avevano a disposizione: prima di diventare famosi o di avere libri rilegati a disposizione, spesso scrivevano su giornalacci e riviste considerate spazzatura.
L’avventura però non bada alla qualità dell’aria: lei vola e basta, e nessuno potrà mai fermarla.
L.
Articolo apparso originariamente su ThrillerMagazine il 14 novembre 2011.
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Jon Voight come il capitano Achab, Johnny Messner Tarzan, ma il capolavoro è David Hasselhoff/Allan Quatermain 😉 Hai appena ridato lustro ad un intera saga di Z-Movie, mitico! Gran pezzo! Cheers 😉
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È difficile salvarli o parlarne bene, ma quando capita è un piacere esaltare i filmacci ^_^
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Ho visto i primi due Anaconda,quella struttura di film non ti sembra copiata pari ai cannibal italiani?
Infine pensavo che la Romania e Bucarest erano laecapitale per girare i porno.
Comunque stasera cìè Universal Soldier regeneration
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I paesi dell’est europeo sono ormai la location di tutti i film americani girati per l’home video: sono finiti i tempi in cui venivano in Italia!
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In sostanza, questa tetralogia andrebbe doverosamente divisa in due coppie: i primi due Anaconda, che sono stati realizzati credendoci (dove Melville, Haggard e Burroughs possono ben trovarvi una contemporanea cittadinanza), e gli ultimi due, che sono stati realizzati risparmiandoci (sopra. E Troppo) 😉
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Il tempo è passato e ormai tutte le produzioni in home video sono minchiate economiche, così come grandi storie letterarie sono nate su giornalacci economici: si può fare un buon lavoro anche con la pessima qualità. Hasseloff è geniale nel terzo film, nel suo essere cialtronesco, la sua assenza nel quarto si sente tutta!
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ottimo riassuntone di questa saga
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Ti ringrazio: anche i filmacci meritano un po’ di analisi ^_^
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I primi due film mi sono piaciuti un sacco gli altri due no.
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Condivido, anche perché tra i primi e i secondi c’è un abissale crollo di qualità.
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Onestamente ho visto solo il 1°, il 2° e il 4°. Ricordo che credevo che gli ultimi due sequel erano belli, per poi ritrovarmi la Z. Neanche le locandine si salvano degli ultimi due sequel. Quella del 3° è semplicemente brutta e noiosa, mentre quella del 4° ti fa venire da piangere, perché vedi la locandina del 1° e capisci che la schifezza che stai guardando, è il sequel di un film di tutto rispetto.
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Comunque di questi Home video e film per la TV, di questi forse l’unico degno è Red Water dato che hanno usato l’animatronic, non è che ti perdi tanto se non lo vedi, è il solito Shark Movie, ma almeno usano l’animatronic e lo squalo leuca è lungo quanto uno squalo leuca.
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Me lo segno, che non lo conoscevo 😉
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Comunque per le abilità dell’Anaconda del 1° fuori dal normale (intelligenza, resistenza maggiore. grande velocità su terra) viene spiegato. Se hai notato bene in un momento parlano di una leggenda su un’Anaconda. Quindi? Credo che l’Anaconda sia l’Idra della situazione. Cosa intendo con Idra della situazione? Creatura leggendaria difficile da uccidere con poteri.
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anaconda 4 secondo me è migliore del 3 e poi sempre il 4 è uscito nuovamente in DVD grazie alla Dynit.
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L’hanno fatto riuscire???? Perché i distributori italiani pensano sempre e solo alle porcate più porcate?
Onestamente preferisco il terzo, con David Hasselhoff: almeno ti fai due risate 😀
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con tutti questi film di serpenti che hai recensito ti manca Piranhaconda che ne dici
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Il primo Anaconda è ok. Il secondo si può ancora guardare ed è anche il mio preferito tra i 4 secondo me è il migliore mentre il 3 ma questo scade propio nel ridicolo… come si fa a fare un film così ??? effetti speciali veramente pessimi. insomma è un film orribile non ho mai visto un serpente che trafigge le vittime con la coda insomma piuttosto che mangiare le sue vittime preferisce infilzarle o decapitarle insomma è una specie di Anaconda psicopatico poi qui Davif Hasselhoff fa la parte del cattivo poi quando la protagonista trova migliaia di cadaveri lei rimane freddissima e poi l’unica cosa positiva di questo film e anche del 4 è l’interpretazione della bionda protagonista ma non basta e poi l’anaconda sembra che ha dei poteri come per esempio sa sputare acido alle sue prede insomma è un film inguardabile e anche il 4 è brutto ma non come il 3 e la scena dove la protagonista si ritrova davanti l’anaconda visto che lei è caduta nel fango il serpente non la percepisce come nel film PREDATOR comunque non consiglio la visione ne del 3 e il 4. meglio lasciar perdere.
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Purtroppo gli ultimi due film appartengono ad un periodo in cui il cinema è crollato miseramente e perciò tocca beccarci roba di questa qualità, che all’epoca non sapevamo ancora sarebbe diventato lo standard fisso 😉
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sinceramente hai ragione recentemente ho guardato un altra volta il 3 visto che non avevo nulla da fare ed è talmente brutto da risultare godibile con tutte le scene Splatter dove l’Anaconda uccide le sue vittime tra cui quando le decapita o le ingoia intere o le trafigge ma peccato sia finito mi ero affezionato alla protagonista Bionda che almeno lei era l’unica cosa positiva di questi ultimi film anche perche dal finale del 4 mi aspettavo un 5 film.
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ti spiego perche mi è piaciuto Anaconda 3 il motivo e per via delle numerose scene in cui il serpente uccide le sue vittime 1 quando l’anaconda trafigge uno scienziaro
2 il serpente decapita una guardia di sicurezza
3 l’anaconda ingoia intero un contadino
4 il serpente trafigge un cacciatore
5 viene decapitato un altro cacciatore che dopo continua a sparare senza senso
6 una tipa dice (credo che la mia gamba sia rotta) e poi viene ingoiata dal’anaconda
insomma è un film super TRASH/SPLATTER e e qui HasselHoff fa pure il cattivo.
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Contento che n film così piccolo abbia generato così tanto entusiasmo 😛
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