La Partita della Morte: fuga per il plagio

TerzoTempo_FLa Seconda guerra mondiale non è un buon motivo per smettere di giocare a pallone. La nazionale di calcio tedesca, guidata dal 1936 da Sepp Herberger, continua ad affrontare sul campo le nazionali di altri Stati malgrado le ovvie differenze politiche e belliche, ma c’è un particolare: i tedeschi non fanno che perdere.
Nella prima partita di calcio a cui assiste Hitler, Germania contro Norvegia, i tedeschi perdono 2 a 0 e non è una bella figura; quando nel ’38 si gioca per festeggiare l’Anschluss (cioè l’annessione dell’Austria nella Germania), la partita è davvero simbolica – Austria contro Germania – ma il risultato è identico: 2 a 0 per l’Austria. La frustrazione sportiva è cocente e la goccia che fa traboccare il vaso è quando, in piena guerra, nel 1942 la squadra della Luftwaffe (l’aviazione militare tedesca) affronta la Dynamo di Kiev e ne viene battuta. Si può sentire Hitler gridare e mo’ bbasta! e dà subito ordine di spedire l’intera squadra ucraina vincitrice nei campi di concentramento.
Questa storia, però, è solo una delle versioni di una leggenda in continuo mutamento.

Andy Dougan nel 2002, per festeggiare il 60° anniversario degli eventi, ha pubblicato il saggio Defending the Honour of Kiev dove ricostruisce la vicenda per il pubblico occidentale.
dynamoGrazie alle indagini compiute nel dopoguerra da giornalisti sovietici, sappiamo che il comandante della Luftwaffe di base a Kiev avrebbe organizzato il 6 agosto del ’42 una partita tra la squadra Flakelf (composta da tedeschi ed ungheresi) e quella locale Start (composta in gran parte da giocatori provenienti dall’associazione Dynamo Kiev), ufficialmente per aiutare i rapporti tra i due popoli ma ovviamente con fini propagandistici. Le cose non vanno come sperato e quel 6 agosto la partita finisce 5 a 1 per gli ucraini: scatta subito la rivincita, da giocarsi tre giorni dopo.
Domenica 9 agosto 1942 lo stadio è aperto anche al pubblico ucraino in occasione dell’anniversario della sua “liberazione dai bolscevichi”. Davanti a loro, i propri giocatori si battono da paladini dell’Unione Sovietica e sconfiggono i nazisti invasori per 5 a 3, malgrado le molte minacce di cui sono stati fatti oggetto. Pochi giorni dopo i giocatori della Start si ritrovano accusati di vari reati e, in breve tempo, sono tutti fucilati: il 6 dicembre 1942 il quotidiano “Izvestiia” chiama quella partita «La partita della morte».

La storia infiamma tutta l’Unione Sovietica per decenni, nascono libri e film sugli eventi, finché nel 1992 il crollo dell’URSS permette di festeggiare il cinquantenario della partita senza propaganda. Una stazione radio indipendente di Kiev trova il vecchio calciatore Makar Honcharenko e lo intervista: com’è possibile che Makar sia vivo… quando tutti i giocatori della squadra Start sono stati fucilati?

Makar Honcharenko, giocatore della Partita della Morte

Makar Honcharenko, giocatore della Partita della Morte

Ai microfoni della radio il vecchio giocatore sbugiarda ogni parola creata dalla propaganda sovietica: la partita è avvenuta, quel 9 agosto 1942, ma non c’è stato alcun tipo di minaccia. Erano dei giocatori che hanno disputato una partita di calcio, finita la quale si sono stretti la mano ed esistono foto – mostrate nel 2002 da Vladlen Putistin, figlio di uno dei giocatori della Start – dei calciatori ucraini e tedeschi che chiacchierano amabilmente dopo la partita. E la sera, tutti ad ubriacarsi.

Squadra che giocò la Partita della Morte

Squadra che giocò la Partita della Morte

Il problema, spiega Honcharenko, è nato una settimana dopo, quando la Start ha battuto per 8 a 0 un’altra squadra ucraina, la Rukh: umiliati dal risultato, i giocatori compatrioti sono andati dai tedeschi a denunciare quelli della Start come spie comuniste, dando via ad una serie di deportazioni in campi di concentramento.
La storia di Honcharenko ha una conclusione amarissima. Due dei suoi compagni di squadra dello Start sopravvivono alle torture e arrivano a vedere il 1945, quando finalmente i russi liberano Kiev… Gli stessi russi che fucilano i due uomini per collaborazionismo: hanno giocato a calcio con il nemico…

Potete pensare che siano tutte memorie sballate di un vecchio calciatore ucraino o potete credere alla propaganda sovietica di undici paladini che hanno battuto i tedeschi a calcio: al di là di tutto, ciò che conta è che il mito della Partita della Morte ha germogliato per decenni.

Terzo tempo (8)Parlare con sicurezza di date è impossibile, con i film dell’est Europa, ma è facile che sia nel 1962 che si decide per la prima volta di celebrare la leggenda della Partita della Morte con un film. Un film sovietico, ovviamente. Bisogna festeggiare il ventennale dell’episodio che ha dimostrato quanto i calciatori sovietici si siano sacrificati davanti al nemico invasore, anche se si parla di una semplice partita di calcio.
La celebre Mosfilm, la più importante casa cinematografica dell’URSS, affida al regista Evgenij Efimovitsj Karélov (o, all’inglese, Yevgeni Karelov) e allo sceneggiatore Aleksandr Borstsjagovsij (che ha scritto un romanzo, Trevozhnye oblaka, sulla Partita della Morte) il compito di creare un’apologia dei giocatori ucraini che si sono immolati giocando a calcio: il risultato è Tретий тайм (Tretij tajm o, all’inglese, Tretiy taym), la cui data di produzione troverete in mille sfaccettate varianti.
Non sembra essere mai stato distribuito in Italia, però è sicuro che è stato trasmesso in lingua originale con i sottotitoli da RaiSatCinema con il titolo Terzo tempo. Ripescato dal dimenticatoio e masterizzato in DVD russo nel 2009, dal 2014 è stato rilasciato liberamente dalla Mosfilm su YouTube.

Il calcio è la vita...

Il calcio è la vita…

«Questo film è basato su fatti realmente accaduti nel 1942»: questa scritta ci ricorda che la pellicola dovrebbe attenersi a dei fatti storici, ma ovviamente è alla leggenda che si vuole rifare.
Il 22 giugno – dice il film – in onore dell’anniversario della guerra si terrà a Poltava (in Ucraina) una partita di calcio tra la squadra tedesca “Legione Condor” e una squadra sovietica. L’intento è favorire i rapporti tra la popolazione locale e le autorità militari tedesche.
Raccattati dei giocatori abbastanza in gamba nei vari campi di lavoro, il gerarca nazista Zobel si dimostra particolarmente magnanimo: se i giocatori accetteranno di affrontare la squadra tedesca, saranno uomini liberi e avranno cibo, e dopo la partita avranno anche dei documenti di identità. Non viene specificato, ma è abbastanza ovvio che dovranno perdere per non far fare brutta figura all’organizzatore dell’evento.

Con giocatori del genere... vuoi anche vincere?

Con giocatori del genere… vuoi anche vincere?

In una città totalmente rasa al suolo dai bombardamenti, prostrata da deportazioni e dove la gente è abituata a farsi la spia a vicenda, gli undici prigionieri si ritrovano vestiti come uomini liberi e in una casa “normale”. Non sanno adattarsi a quella situazione, si sentono traditori del proprio popolo: come possono stare comodi in una casa – che sanno tutti essere stata requisita ad ebrei deportati – mentre i propri compagni muoiono al fronte per la libertà dell’Unione Sovietica?
Dopo le immaginabili dosi di patriottismo, moralismo e compagnia danzante, la decisione è presa: gli undici giocatori non hanno alcuna intenzione di fare i burattini per i tedeschi, e fuggiranno prima della partita. Ovviamente le cose non vanno così e sono costretti a giocare.

A sinistra, il capitano indignato perché i nazisti insultano il calcio

A sinistra, il capitano indignato perché i nazisti insultano il calcio

Il fischio di inizio rappresenta un vero e proprio cambio di registro del film. Non ci troviamo più di fronte ad una storia di guerra, di fuggiaschi e di tedeschi cattivi: entriamo in un vero e proprio film sportivo dove a comandare è il guizzo creativo della macchina da presa.
L’obiettivo inizia a volare ovunque, ad attraversare il campo seguendo i giocatori, la palla e i volti bruciati dal sole degli undici ucraini e degli undici tedeschi. Questi ultimi segnano a raffica tre gol, prima che finalmente i sovietici rispondano e diano segno di avere intenzione di vincere la partita, incitati dal pubblico di compatrioti che li circonda.

Un gol fatto con "calcio volante": vi ricorda qualcosa?

Un gol fatto con “calcio volante”: vi ricorda qualcosa?

Nell’intervallo il gerarca nazista è molto meno accomodante: se oseranno vincere la partita, saranno fucilati. Niente se, niente ma.
Savchuk, il venduto, il collaborazionista, l’amico dei tedeschi, non ci sta a morire così, e addirittura si ferma a metà campo e si siede in terra: lui non giocherà questa partita. Entra allora in campo un ex giocatore che tutti in città amano, interpretato da un divo dell’epoca come Gleb Strizhenov: lo sa benissimo che rischia la vita, ma non può vedere la propria squadra umiliata dai tedeschi.
I gol si susseguono ma la notizia gira: quando la palla della vittoria entra in porta… nessuno emette un fiato. Il film diventa muto. Non c’è più niente da dire. I giocatori escono composti, in fila indiana, e salgono sull’automezzo che li porterà alla fucilazione. Senza pronunciare una sola parola, si voltano tutti a guardare la colomba bianca che vola nel cielo.

Un rigore parato... vi ricorda qualcosa?

Un rigore parato… vi ricorda qualcosa?

Film retorico e di propaganda? Ovviamente. Ma Terzo tempo è una pellicola di grandissima potenza anche visiva, dove ogni volto scavato racconta una storia e dove viene dato grande risalto allo sport come capace di superare le differenze politiche. Il capitano della squadra tedesca, infatti, si dimostra sin da subito indignato del comportamento dei potenti: lui ha incontrato il capitano degli ucraini in una partita a Parigi nel ’38 e da allora lo considera suo amico: avere divise di differente colore è solo un incidente momentaneo, mentre l’amicizia è per sempre. Un film sovietico che mostra un nazista buono è una lezione di cinema e di sceneggiatura che tutti dovrebbero imparare. (Oltre che copiare, come vedremo più avanti.)
Terzo tempo dovrebbe vedere la partecipazione di veri calciatori dell’epoca, ma recuperare questo tipo di informazioni è particolarmente difficile.

Se volete vederlo con i sottotitoli in italiano, ecco il link:

https://drive.google.com/file/d/0B_17nz6DSYzkLVRsLVh5LWtBTzg/view?usp=sharing

DueTempiDi tutt’altra pasta è Két félidö to pokolban, film ungherese di Zoltán Fábri (più famoso per la sua versione cinematografica de I ragazzi della via Paal) la cui datazione è fumosa e inaffidabile come il precedente titolo: a seconda della fonte si va dal 1961 al 1963, senza speranza di trovare conferme. Ritengo sia plausibile che risalga anch’esso al 1962 per festeggiare il ventennale della Partita della Morte, sebbene non escludo che potrebbe risalire al 1964 per festeggiare tutt’altro tipo di ventennale, come vedremo dalla trama.
Si dice abbia vinto un premio della critica al Boston Film Festival nel 1962, ma è una notizia non confermata. Sicuro è invece che viene presentato il 15 ottobre 1964 al 2° Festival internazionale del film sulla Resistenza di Cuneo, con il titolo italiano Due tempi all’inferno: non conosce però altro tipo di distribuzione italiana.

Imre Sinkovits nel ruolo di Dió, ex calciatore sbarazzino

Imre Sinkovits nel ruolo di Dió, ex calciatore sbarazzino

Aprile del 1944. L’Ungheria occupata inizia ad essere rastrellata dai tedeschi e centinaia di migliaia di ungheresi morirà nei campi di concentramento. La storia del film però riguarda un campo di lavoro ungherese, gestito da ungheresi con quella crudeltà psicologica spietata che solo un tuo simile può operare.
Il capitano Heilig (Siegfried Brachfeld), il gestore tedesco del campo, vuole organizzare dei festeggiamenti per il compleanno del Führer (20 aprile) organizzando una partita di calcio tra i prigionieri e una squadra tedesca. Gli è stato segnalato tra i detenuti del campo un ex giocatore di una certa fama, Ónody detto Dió (Imre Sinkovits, divo dell’epoca dalla filmografia sterminata). Questi dovrà scegliere i propri giocatori ed allenarli, con pasti speciali e riposo dal lavoro, per organizzare una partita dignitosa in onore dei nazisti che assisteranno all’evento. Anche qui non viene detto, ma è ovvio che dovranno perdere.

Come si fa a giocare con orde di nazisti alle spalle?

Come si fa a giocare con orde di nazisti alle spalle?

Appena si sparge la notizia dei pasti e del riposo, tutti i detenuti dei vari campi di lavoro si professano ex calciatori professionisti, e sarà dura per Dió scremare tutte quelle proposte. Ci saranno casi come Steiner (Dezsö Garas, attore dalla filmografia ancora più sterminata), che essendo ebreo è già votato al massacro: se perde il posto in squadra è la fine per lui, e Dió non se la sente di abbandonarlo. La squadra di calcio dunque è in pratica un’accozzaglia di varia umanità che ha visto un pallone giusto la domenica, ma ai nazisti in fondo va benissimo così.

Steiner (Dezsö Garas), ex calciatore... pallonaro!

Steiner (Dezsö Garas), ex calciatore… pallonaro!

Esattamente come il film russo, i giocatori tentano la fuga prima della partita per non fare la figura dei burattini in mano tedesca, ma anche qui la cosa va male e quindi si gioca. La sequenza della partita però è molto vaga e tristemente priva di pathos. Il pubblico è in gran parte formato da nazisti e gli ungheresi sono giusto una decina di straccioni a bordo campo: la struttura però è la stessa, se si vince si muore.
In realtà i giocatori si assicurano la fucilazione nel momento in cui sono riacciuffati dalla fuga, e vengono convinti a giocare solo facendo loro intendere che forse, se perdono, magari verranno premiati con la vita. Ma tutti sanno che è una bugia: la morte è sicura, sia che vincano sia che perdano. Ed è questo che spinge lo svogliato Dió, che non tocca palla per tutto il tempo, a chiudere la partita in vittoria con un’azione in pratica da solo, alla fine. Decisamente troppo poco e troppo tardi.

Comunque vada la partita... sono calciatori morti.

Comunque vada la partita… sono calciatori morti.

Due tempi all’inferno è un film sulla vita dei campi di lavoro ungheresi, è vistosamente disinteressato alla partita e all’epica dello sport: i sentimenti sono buttati via un po’ distrattamente ed è davvero un peccato. Anche la scelta all’apparenza tragica di far fucilare sul campo tutti i giocatori, un secondo dopo la vittoria, è solo di cattivo gusto: molto più potente è il finale sovietico con i giocatori sorridenti che guardano il cielo.
Due film coetanei che trattano un argomento molto simile sebbene in modi e con angolazioni differenti. Tutto materiale da saccheggiare vent’anni dopo…

Fuga per la vittoria [Victory] (6)Se avesse aspettato un annetto, John Houston avrebbe potuto presentare il suo film nel quarantennale della Partita della Morte, invece il suo Escape to Victory (o semplicemente Victory) esce in anticipo ma viene proiettato il 7 luglio 1981 in anteprima in una località che lascia pochi dubbi sull’ispirazione del film: Mosca.
Arriva in Italia il 16 ottobre 1981 quando viene proiettato al 37° Festival internazionale del cinema sportivo di Torino, ed esce poi in sala il giorno successivo con il titolo Fuga per la vittoria.

Va fatto notare che risale al febbraio del 1979 la sceneggiatura di Yabo Yablonsky, che viene registrata come “original screenplay”. Quando però nel 1981 esce il film e la consequenziale novelization a romanzo, sbuca fuori Evan Jones come co-autore della sceneggiatura, mentre Yablonsky viene fatto “slittare” ad autore del soggetto insieme a Djordje Milicevic e Jeff Maguire, sceneggiatori americani assenti nella registrazione del ’79. Da dove è uscita fuori questa gente? Forse la sceneggiatura di Yablonsky del ’79 non bastava da sola ed è stata integrata da autori messi in campo dalla produzione.
Risulta però evidente che Fuga per la vittoria è fortemente debitore di molte trovate stilistiche e di sceneggiatura prese a piene mani dai precedenti due film, mascherando ogni somiglianza con il fatto che si rifacciano tutti ad eventi storici: come se fare due film sullo stesso evento storico giustifichi il farli identici…

Attori e calciatori

Attori e calciatori

Dimentichiamoci i terribili campi di lavoro tedeschi o ungheresi, dimentichiamoci uomini distrutti e spezzati psicologicamente, coi volti scavati e la morte sulle spalle: andiamo tutti in un club privato di ufficiali pasciuti e rubicondi, che si trascinano stancamente qua e là tra uno sbadiglio e un piano di fuga che altri dovranno fare. E se durante la fuga l’evaso muore, il gerarca nazista viene pure a scusarsi con gli ufficiali prigionieri. Da La grande fuga (1963) in poi sembra che i prigionieri siano tutti ufficiali: ma i soldati semplici dove sono?

Uno dei famosi virtuosismi della parita

Uno dei famosi virtuosismi della parita

Il capitano John Colby (Michael Caine) incontra il maggiore Karl Von Steiner (Max Von Sydow) e chiacchierando amabilmente – come solo un britannico e un nazista sanno fare – esce fuori che hanno giocato in squadre avversarie anni prima e che sarebbe bello organizzare una partita guardie contro prigionieri. Sebbene sia ripetuta identica la scena di Terzo tempo, il dramma è più simile alla barzelletta: sembrano due vecchi amici che si incontrano al parco, non un gerarca nazista che parla con un prigioniero nemico. Sarà il potere del calcio?
Sfruttata per propaganda, l’iniziativa si trasforma in una grande partita da giocare il 15 agosto successivo allo stadio Colombes di Parigi. Dai campi improvvisati di città distrutte dei due film precedenti, si arriva dunque ad un lussuoso evento sportivo di portata internazionale.

La famosa rovesciata di Pelé: vi ricorda niente?

La famosa rovesciata di Pelé: vi ricorda niente?

Tra lunghe scene che ricordano sin troppo il citato La grande fuga, e scene che si rifanno palesemente a Due tempi all’inferno – il capitano che accetta giocatori emaciati perché non se la sente di rispedirli ai campi di lavoro – arriviamo al succo: la partita di calcio, prima della quale il portiere Stallone riceve dei fiori esattamente come in Terzo tempo.
Il tempo dedicato al gioco sul campo è giustamente tanto ma lo stile registico è quello calcistico, non artistico: John Houston sta riprendendo una partita di calcio, non sta facendo un film che parla di una partita di calcio. Tutta la potenza visiva di Terzo tempo, tutta la creatività del ficcare la cinepresa in ogni punto possibile, inquadrando la palla che rotola e i piedi dei giocatori, tutto è scomparso, perché ciò che conta è il viso dei veri calciatori che si sono prestati a fare gli attori del film. Gli unici momenti di enfasi di Fuga per la vittoria sono il calcio rovesciato di Pelé e la parata di Stallone: entrambi copiati di netto da Terzo tempo. Come a dire che Houston non aveva assolutamente voglia di fare qualcosa di più che un buon compito in classe.

Il rigore parato: vi ricorda qualcosa?

Il rigore parato: vi ricorda qualcosa?

Celebrare una partita conclusa con la morte dei giocatori girando un film dove non muore alcun giocatore… è davvero il simbolo perfetto dello stile degli americani, campioni olimpici di falso storico. Malgrado questo, Fuga per la vittoria è un film dal grande successo che conta proprio sul fatto che nessuno ricorda, o conosce, i famosi “eventi storici” che vorrebbe rievocare, e ovviamente conta moltissimo sui grandi calciatori presenti, capaci di attirare attenzione al di là della qualità del prodotto finale.
Visti però i due film precedenti, soprattutto quello sovietico, ci si rende conto della enorme potenzialità della storia che è stata totalmente mancata dal film americano: la Partita della Morte è una leggenda epica di quelle che infiammano i cuori, e merita un film epico che sappia creare le stesse sensazioni. L’ha avuto, e si chiama Terzo tempo.

La soddisfazione di Due tempi all’inferno è ben altra. Molte scene sono state riprese da Fuga per la vittoria, è vero, ma in pratica il film ungherese è stato pesantemente saccheggiato da un altro film americano: Quell’ultima sporca meta (1974). Ma questa è un’altra storia…

L.

Informazioni su Lucius Etruscus

Saggista, blogger, scrittore e lettore: cos'altro volete sapere di più? Mi trovate nei principali social forum (tranne facebook) e, se non vi basta, scrivetemi a lucius.etruscus@gmail.com
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16 risposte a La Partita della Morte: fuga per il plagio

  1. Cassidy ha detto:

    Non è mai stato uno dei miei John Houston preferiti, Sly portiere non si poteva guardare 😉 Non sapevo nulla di questa sua origine scopiazzata, complimenti per il pezzo Lucius, interessantissimo anche per uno come me che di calcio non ci capisce una mazza 😉 Cheers!

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  2. loscalzo1979 ha detto:

    Bella retrospettiva.
    Conoscevo la vicenda, Fuga per la Vittoria era un palese omaggio alla cosa, gli altri due non conoscevo.
    Se non sbaglio esiste anche un film d’epoca moderna ispirato a quella vicenda, non ricordo il titolo, ma leggevo che c’era addirittura Shevcenko e altri giocatori nel cast.

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  3. Denis ha detto:

    Il calcio non mi ha mai attratto particolarmente ,invece i film in bianco e nero si sopratutto il Terzo Tempo senza finale buonista(Houston era amico di Milius) ,non c’entra nulla ma te lo segnalo lo stesso ho visto Storia di una prostituta di Suzuki un film bellissimo sulla guerra peccato che film iimportanti di altri paesi li trasmettano di notte come M l’assassino di Dusseldorf di Lang visto senza tagli.

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  4. Solarlord ha detto:

    Articolo veramente molto interessante: non conoscevo questo capitolo della Storia e il relativo retroscena del film di Houston. Se solo si riuscisse a rimediare una copia di Terzo Tempo almeno con i sottotitoli in inglese…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Io conservo gelosamente la copia che ho registrato all’epoca da RaiSatMovie, sottotitolata in italiano: non è rimasterizzata come quella rilasciata dalla Mosfilm su YouTube, ma almeno ti gusti il film ^_^
      Mi sa che la faccio girare…

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      • Solarlord ha detto:

        Oh! Te ne sarei veramente grato in quanto vivendo all’estero e senza televisione non ho molti mezzi a mia disposizione per recuperare chicche del genere. Ti scrivo magari in privato su Facebook (per la cronaca sono colui che a suo tempo ti ha segnalato Demonoid).

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Ah MITICO! ^_^ Devo ancora vederlo ma è una chicca che non mi lascio sfuggire 😉

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