Lascio la parola ad un mio lettore – che ha scelto di firmarsi Willy l’Orbo – che ci parlerà di un film vintage… anzi, Zintage! Una chicca rarissima del 1996 trasmessa in lingua italiana una sola volta in TV (a quanto si sappia), che all’epoca ho salvato e fatto girare il più possibile, perché è un film marzialmente divertente. Dopo la visione, Willy ha voluto recensirlo, dunque gli lascio volentieri la parola: io mi limito alle didascalie delle foto.
L.
Bloodsport 2, Senza esclusione di colpi 2, Colpi proibiti 2… nel magico mondo dei “doppiatori-titolisti” nostrani, quelli che quando si tratta di tradurre il nome di un film d’oltreoceano sembrano reduci da un trip a Fantàsia, tra un Fortunadrago e un Mordiroccia, può anche accadere che si spacci un sequel per un altro perché nel frattempo ne era stato già sfornato uno farlocco.
Avete le idee confuse? Benissimo, mi pare giusto.
Non vi interessa sapere nei dettagli la genealogia di Colpi proibiti 2, che sarebbe Bloodsport 2 e che quindi si sarebbe dovuto ovviamente chiamare Senza esclusione di colpi 2? Ottimo, mi sembra legittimo.
Allora con i pochi di voi rimasti davanti allo schermo mi accingo a recensire Colpi proibiti 2 come se fosse un film normale, con un titolo normale e una trama normale. Ma visto che non è esattamente così, lo ribattezzo a modo mio: Senza esclusione di… amici.
Ma che c’azzecca l’amicizia con un film che dovrebbe rinverdire le gesta di Van Damme alias Frank W. Dux e del truculento kumité? C’azzecca, c’azzecca.
Intanto si inizia col mitico James Hong che prende da parte dei marmocchi in tenuta marziale per raccontare loro una parabola sulla redenzione; e mentre ti chiedi “Ma quando scatta la viuuulenza?” ecco che compare Van Damme… È lui o non è lui? Ah no, è Daniel Bernhardt, clone del belga partorito nelle stesse stanze dove stavano creando la pecora Dolly.
Comunque la delusione per l’assenza di JCVD è subito mitigata dall’entrata in scena di Pat Morita col suo carico di allenamenti disumani e botte da orbi in itinere. E invece no. Cioè, qualche accenno dell’abilità di Bernhardt, che poi nel film si chiama Cardo, c’è ma, essendo lui un ladro e avendo tentato di rubare una spada legata al kumité, viene spedito in gattabuia, dopo aver messo l’etichetta su una tipa con cui, si capisce, consumerà in questa vita o nell’altra, e dopo una perla di Hong stile «Le prigioni peggiori sono quelle che ci costruiamo da soli».
Intanto nelle prigioni costruite dagli altri si conoscono lo stesso Hong che vive in una cella addobbata come una reggia (boh) e Cardo, ma fa la sua comparsa anche una guardia carceraria che sarà l’antagonista della pellicola e che svilupperà un odio profondo, ma soprattutto nato dal nulla, per il protagonista.
E anche in un ambiente che trasuda violenza da tutti i pori assistiamo a scontri con detenuti che hanno la stessa forza e credibilità del Clan del Piede nei cartoni delle Tartarughe Ninja, mentre si dipana di fronte allo spettatore attonito un legame profondo tra Cardo e il suo nuovo maestro. Ancora una volta, tanta amicizia e tanti buoni sentimenti.
Però oh, usciti dal suddetto carcere inizia il Kumité, vedrai che è la volta buona. Mica tanto. Il nostro Bernhardt arriva e diventa “migliore amico” con un lottatore di colore (Ron Hall) che, per rompere il ghiaccio, gli chiede, con fare affabile (sul serio) se ha qualche problema (domanda ovvia quando ti trovi tra decine di lottatori pronti a uccidersi vicendevolmente), poi simpatizza con Sonya Blade, insomma una lottatrice, infine stringe un bel legame con Ray Jackson (Donald Gibb) reduce dal primo film e da una serie di torte della nonna ingurgitate senza troppi complimenti.
E l’atmosfera mielosa tocca l’apice quando si unisce al gruppone di best friends anche uno spagnolo che al termine degli incontri si fa il segno della croce. Sì, il segno della croce.
Nel frattempo però il torneo inizia davvero ed è una gioia per gli occhi nel suo proporre una versione trash e a tratti demenziale dell’edizione vinta da Van Damme: una vera e propria gazzarra di personaggi improbabili, dall’uomo gatto di Sarabandesca memoria all’uomo scimmia con tanto di versi rimembranti l’animale in questione, senza dimenticare una specie di Vladimir Luxuria con faccia pitturata.
E gli stili? Tutti presenti anche quello di quando sotto la doccia accennasti due mosse due e non sapevi che il regista di ‘sto film ti stava spiando per trarre ispirazione. Che bellezza.
Poco importa se poi tutto va come deve andare nel solito clima da San Valentino fuori stagione, con quella con cui doveva consumare il protagonista a inizio film che ricompare, con Ray che si fa sempre più pacioccone, con le sfide tra amici che si svolgono nella lealtà più nauseabonda, con la nostra Sonya Blade che rischia la vita contro l’ex guardia carceraria che è il grande favorito del torneo, con lo spagnolo che addirittura si becca qualche pallottola per Cardo, con un avversario ucciso dal cattivone per renderlo ancora più cattivone.
E allora se deve essere amicizia che amicizia sia pure nel mio giudizio: non me la sento di condannare questa versione casereccia di Senza esclusione di colpi. In fondo, con tutte le sue ingenuità, gli voglio quasi bene.
E sui suoi innumerevoli difetti preferisco chiudere un occhio. Anche se, per chi si chiama Willy l’Orbo, questo è un po’ un problema.
P.S.
Ringrazio Willy l’Orbo per aver recensito il film di Alan Mehrez, e non è escluso che il Zinefilo prima o poi racconti l’intera tetralogia di Bloodsport…
L.
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Oddio il logo rosso di Italia 1!! Quanti ricordi! 😉 Bellissimo pezzo, tra la pecora DOlly e il Clan del Piedi mi sono spanciato, complimenti ad entrambi, non ho mai visto il film ma mi sono divertito a leggere il vostro pezzo a quattro mani 😉 Cheers!
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Spero che Willy l’Orbo torni spesso a recensire 😉
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Ne ho memoria: trash, ma nel suo complesso, ti divertiva guardarlo.
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Bernhardt è molto bravo, peccato non abbia mai avuto l’occasione giusta…
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Conosco tutti i protagonisti ma questo titolo credo proprio di averlo mancato, quell’unica volta che l’hanno trasmesso (e sì, Bernhardt non ha mai trovato nessuno che lo prendesse sul serio)…
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Peccato perché è molto bravo, atleticamente.
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