Nessuno è più in grado di fermare la febbre del Cine-MMA lanciata da Héctor Echavarría, così esattamente un mese dopo il pessimo Supreme Champion (2010) vede la luce un altro filmaccio che prova a ripeterne le gesta: Circle of Pain.
Prodotto dalla Legacy Filmworks, il film ottiene il “marchio di qualità” venendo distribuito proprio dalla Grindstone di Echavarría: uscito il 15 agosto 2010 in patria, come ogni altro prodotto Cine-MMA è inedito in Italia.
Iniziamo subito presentando un combattimento con quello che a me sembra Scottie Epstein, vero lottatore che apparirà nel ruolo di cattivo pelato in Never Back Down 2 (2011): il cast non lo riporta, quindi potrebbe essere una mia impressione…
Sicura è invece purtroppo la presenza di Bai Ling, nota caratterista Attila: dove passa lei, non cresce più la sceneggiatura…
Protagonista della storia è Dalton Hunt, ex campione del ring interpretato da un uomo che recita con il proprio cognome: Tony Schiena! Malgrado la sua faccia sembri scavata nel cuoio dei guantoni, non è un vero lottatore bensì un attore: eh, lo so, non guardatemi così, non l’ho mica ingaggiato io!
Antagonista è il bieco Colin “The Brick” Wahle, interpretato dal vero mma fighter Heath Herring ritiratosi dall’agonismo e datosi al cinema. (Va be’, “cinema” forse è esagerato…)
Hunt ha detto stop alle arti marziali miste ed ora fa l’operaio edile, un uomo che lavora e si prende cura della figlia e dell’ex moglie, che usa le mani onestamente e fa un lavoro popolano ma nobile.
Wahle è cattivo, gode a battere gli avversari, fa le boccacce in palestra e si ferma per strada a picchiare la gente che indossa la maglietta della Tapeout (sponsor del film che infila il proprio marchio ovunque).
Se non fosse già sottilissima, la sceneggiatura prosegue con un’ideona geniale: il vecchio contratto di Hunt prevedeva un ultimo incontro mai disputato, ed ora la bieca manager Ruolan (Bai Ling) pretende dall’uomo che torni sul ring.
Hunt è costretto ad accettare e va a farsi allenare dal vecchio amico Willy (Louis Herthum), che sembra un vecchio cowboy di un vecchio film di vecchi cowboy: cioè la persona più lontana nell’universo da un maestro di lotta agonistica.
Infatti Willy inizia il suo allenamento dopo aver visto Kickboxer (1989): porta Hunt in un bar e dice a dei cristoni che li ha presi in giro. È noto sin dai tempi dei monaci Shaolin che la rissa da bar è la migliore palestra marziale che esista!
Nella parte di uno dei cristoni nella rissa da bar c’è un cameo del compianto Kimbo Slice (al secolo Kevin Ferguson), granitico mma fighter scomparso il 6 giugno 2016 per insufficienza cardiaca.
Credo sia ignoto da noi, ma in America si meritava la locandina in ogni film in cui ha fatto una comparsata – tipo The Scorpion King 3 (2012) – perché era un uomo che simboleggiava la più atavica attitudine alla lotta.
Chiusa la parentesi, torniamo alla vera tristezza: l’andazzo di ‘sto filmaccio. Tra palle sulla pancia e mega-copertoni rovesciati alla Rocky – ma gli americani dove trovano tutti questi copertoni di due metri? – Hunt si allena nella sana tradizione dei film sportivi: alla cazzo di cane, ma in modo onesto, popolare e nobile.
Invece Wahle è bieco e cattivo, pensate che lui si allena in palestra, utilizzando normali pesi come ogni atleta e – incredibile a dirsi – uno sparring partner professionista: ammazza quanto è bieco e cattivo!
Vi risparmio l’imbarazzante pecetta di sceneggiatura rappresentata dal paralitico Wyatt (il sempre disponibile Dean Cain: se avete un battesimo, lui viene a recitarci per una fetta di torta!), ex lottatore su sedia a rotelle che non ha altro motivo nel film se non convincere Hunt a tornare sul ring.
Per quanto si sia tirato il più in lungo possibile, arriva alla fine il momento di combattere: cioè il momento peggiore del film. Tony Schiena non è né un attore né tanto meno un lottatore, e ho il sospetto non sia neanche un essere umano: è una sagoma mossa dal regista o forse è applicato in post-produzione come un effetto speciale.
Come può affrontare un vero lottatore visibilmente in gamba come Heath Herring? Semplice: NON facendolo…
Colpetti e pugnetti ridicoli e una regia pessima chiudono in pernacchia un film che non è mai iniziato, dimostrando una volta di più quanto sia invece bravo Echavarría con i suoi film più piccoli ma almeno pieni di combattimenti buoni.
Il “circolo del dolore” del titolo, alla fine… è quello che proviamo noi spettatori!
L.
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Hai trovato il nome da lottatrice di Bai Ling: Script-Stopper 😉
Stavo per fare una battuta su Kimbo che combatte in un bar, ma siccome non voglio che me la faccia pagare in un possibile vita ultra-terrena lascio perdere 😉 Grande Slice, misconosciuto qui da noi, periferia del mondo. Cheers
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Il mondo della lotta non sembra essere un paese per vecchi… Kimbo era davvero una forza della natura, basta guardare i suoi video per capire che era una macchina ea combattimento: peccato non abbia fatto in tempo a lasciare il segno al cinema.
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Tony Schiena è presente solo perché, chiaramente, deve avere frainteso: gli hanno detto “In ‘sto film vai sul ring”, lui ha capito “Te la fai con Bai Ling” e ha accettato 😉
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