Ci sono film che hanno spaventato un’intera generazione con un colpo solo: il 29 gennaio 1987 usciva nelle sale italiane uno di questi. Il più cattivo.
Lo festeggio con questo piccolo blogtour:
- “La Bara Volante” ricorda il film nel suo stile inimitabile
- “IPMP” mostra la locandina italiana dell’epoca
- Aggiunta del 2022: “Solo recensioni” di Raffa!
Oggi la HBO è una casa ben nota per le sue grandi produzioni di alto profilo, ma nel 1986 era una giovane realtà esordiente: la HBO Pictures iniziava la sua attività cinematografica proprio con The Hitcher, che mi sembra davvero il modo migliore per piombare sul mercato.
Uscito in patria il 17 gennaio 1986, il film arriva sui nostri schermi il 29 gennaio 1987 con il titolo The Hitcher. La lunga strada della paura: so che IMDb riporta un curioso 18 dicembre 1986 come uscita italiana, ma non ho trovato conferme. Magari è stata un’anteprima locale.
Nel giugno 1988 esce in VHS targata Cannon/Multivision, ristampato poi in Multivision Collection e nella collana “Rassegna del Cinema Horror” (Hobby&Work). La Universal lo porta in DVD italiano, in una edizione doppio disco, dal 26 agosto 2003.
Venerdì 2 dicembre 1988 inizia la sua vita televisiva, trasmesso in prima serata da Italia1: che belli i tempi in cui non esistevano quei divieti che impediscono la trasmissione di qualunque film che non sia una stupidata per ragazzini…
Esiste lo spavento (il famigerato jump-scare, il “salto sulla sedia” abusato dai registi contemporanei), esiste il disgusto e poi esiste la paura. Horror, splatter… e The Hitcher.
Perché al mondo non esiste niente di più pauroso di costringere due persone in uno spazio chiuso…
La trama non avrei bisogno di raccontarla, perché qui siamo davvero nel campo dei super-cult che è impossibile non aver mai visto, ma me la sbrigo in due parole.
Il giovane Jim Halsey sta portando un’auto di lusso da uno Stato all’altro e durante il lungo e noioso viaggio decide di tenersi sveglio caricando un autostoppista, in una notte di pioggia: dopo esattamente due secondi, anche solo guardando gli occhi da folle dell’uomo che dice di chiamarsi John Ryder, Jim capisce d’aver fatto la peggiore cazzata della sua vita.
Prima che Ryder inizi la sua opera di serial killer Jim riesce fortunosamente a scalciarlo via dall’auto, e cerca di tirarsi su dallo spavento subìto: cessato pericolo, no? No, perché l’assassino è rimasto estasiato dalla ribellione della sua vittima ed inizia con lui un gioco al massacro per le deserte lande californiane, dove nessuno può sentirti urlare.
Come Duel (1971), il film ci mostra i disperati tentativi di Jim di sfuggire ad un assassino che sembra essere ovunque, e che vuole una sola cosa: essere fermato dal ragazzo, l’unico al mondo capace di farlo…
Il film è l’esordio alla sceneggiatura di un nome forse troppo poco noto: Eric Red. Un tizio che dopo ha scritto Il buio si avvicina (1987) e Le strade della paura (1988), due film che vi dovete levare il cappello solo a nominarli.
Ok, Blue Steel. Bersaglio mobile (1990) non è proprio una storia riuscitissima, ma quest’uomo nel 1991 mi sforna No Control (Body Parts), che è la rielaborazione filmica del capolavoro nero Pezzi d’uomo scelti. E, di nuovo, scusate se è poco.
Dopo aver scritto anche lui una bozza di sceneggiatura per Alien 3 (1992) – ma in fondo, chi non l’ha fatto? – non ha una buona carriera e l’ultimo suo avvistamento è alla sceneggiatura di Perimetro di paura (2008), piccolo film non disprezzabile.
Malgrado i suoi oltre 150 ruoli, Rutger Hauer oggi è noto unicamente per Blade Runner (1982), ma all’epoca era molto più conosciuto. Le reti Fininvest sparavano a raffica I falchi della notte (1981) e Ladyhawke (1985), e l’essere stato scelto da Ermanno Olmi per La leggenda del santo bevitore (1988) garantiva ad Hauer una grande notorietà italiana. Poi completamente scomparsa negli anni Novanta: oggi tutti lo conoscono ma non sanno citare un suo film, se non appunto Blade Runner. (Ad esclusione ovviamente di chi è attivo in rete, che ha una conoscenza di solito superiore allo spettatore medio italiano.)
Più di 190 invece i ruoli di C. Thomas Howell, ma è inutile: rimarrà sempre quello di The Hitcher. E sì che negli ultimi anni ha conosciuto una splendida seconda giovinezza, azzeccando una serie di ottimi ruoli cine-televisivi da applauso.
Però all’epoca era famosissimo anche per un altro ruolo: il bianco che si finge nero in Soul Man (1986), divertente commedia troppo dimenticata.
In più punti The Hitcher può sembrare irreale se non addirittura surreale: com’è possibile che Ryder sia sempre nel punto giusto al momento giusto? Come fa a coprire le enormi distanze del deserto californiano per essere sempre addosso a Jim?
La risposta è semplice: John Ryder è la Morte che aspetta la sua vittima a Samarra. Non è che stia inseguendo Jim, è che entrambi stanno procedendo verso il luogo dove tutto dovrà finire, e lo sguardo allucinato dell’autostoppista è di puro stupore: cosa ci fa Jim ancora lì, quando ha un appuntamento a Samarra?
Ryder, lo dice il nome, è uno che procede sempre e non si ferma mai, è un Terminator del deserto invincibile e imbattibile: ora che ha trovato il suo John (Jim) Connor, non mollerà finché l’equilibrio non sarà ristabilito.
Tre fiammiferi scandiscono il film. Il primo è quello che accende Jim e dà il via alla pellicola; il secondo è quello che accende Ryder per dare fuoco alla stazione di benzina, a sancire il suo dominio sulla vita della sua vittima; il terzo è quello che accende Jim a chiusura del film. L’appuntamento a Samarra è stato rispettato e la volontà della Morte è stata eseguita.
Da notare che Eric Red non crea dal nulla, infatti l’“autostoppista fantasma” è un tema caro all’immaginario collettivo di ogni cultura, e a sorpresa scopro che anche nel nostro Paese ha solidissime radici culturali popolari, grazie al saggio Il bambino è servito: leggende metropolitane in Italia (Dedalo 1991) di Cesare Bermani.
L’autore presenta un folto elenco di esempi di storie – tramandate spesso in forma orale – che hanno per protagonista un autostoppista pericoloso. Come la storia che un ragazzo di seconda media racconta, dove suo padre dà un passaggio ad una ragazza che gli domanda «Ma se io fossi un killer cosa ti farei?» Dopo altre frasi sgradevoli, il guidatore chiede alla donna di assicurarsi che la portiera sia chiusa e, approfittando della sua distrazione, la scalcia fuori dall’auto in corsa.
Questa storia il ragazzino di seconda media l’ha raccontata nel 1990: a dimostrazione di quanto The Hitcher fosse stato un film epocale in Italia: il padre sicuramente l’ha visto e si è fatto bello con il figlio. (Ho un amico che al proprio figlio racconta di mangiarsi Berretti Verdi a colazione…)
In chiusura, una curiosità. Il saggio Monsters in the Closet: Homosexuality and the Horror Film (1997) di Harry M. Benshoff dà per scontato che tra il giovane guidatore e il più vissuto autostoppista si crei una “minaccia omosessuale non dichiarata”. «Come sempre», spiega l’autore, «l’idea dell’attrazione omosessuale viene mascherata con la violenza sanguinaria e lo smembramento di parti del corpo – una delle quali, un dito tagliato, finisce nella bocca di Howell da un sacchetto di patatine fritte.»
Rimango sempre perplesso davanti a queste interpretazioni, per le quali basta inquadrare due uomini in un film perché si parli di tensione omosessuale latente: quando c’è da mostrare tensione omosessuale nessun regista si è mai fatto scrupolo di farlo capire, quindi non andrei a cercare significati nascosti dove forse non c’è bisogno di trovarne.
Ultimissima nota per il doppiaggio del film: da quando collaboro con il blog “Doppiaggi Italioti” non posso fare a meno di notare certe cose!
Quando Jim incontra Nash (Jennifer Jason Leigh), lei racconta che «Hanno ammazzato uno qui davanti, un paio di mesi fa, e la polizia è arrivata con l’ambulanza dopo tre quarti d’ora: nel frattempo quel poveraccio è morto» (al minuto 26:15).
Aspetta, ma se hanno “ammazzato” uno… perché questo è morto solo dopo 45 minuti? Ovviamente l’originale è «A guy got shot», “hanno sparato a uno” e a causa del ritardo dei soccorsi quello è morto. Invece in italiano il poveraccio è morto due volte…
Per finire, Il Zinefilo vi regala la “scheda di Ciak” uscita all’epoca sulla omonima rivista: cliccate per ingrandire.
L.
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Film memorabile ma Rutger Hauer c’è la proprio con la povera Jennifer Jason Leigh prima la tromba nel film L’amore e il sangue e qui l’apre in due,comunque un’ottimo attore ingiustamente dimenticato di Soul Man esiste anche un’orrendo seguito e mi sembra che nel primo c’è l’hostess proprio di Commando.
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Giusto omaggio ad una pietra miliare dei thriller on the road e ad un attore, il buon Rutger, di cui ricordo con piacere una parentesi action comprendente titoli come Furia cieca e Giochi di morte…tanta roba buona!
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All’epoca Hauer sfornava film mitici uno dopo l’altro, peccato si sia poi perso per strada…
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Rutger Hauer è un personaggio unico come il suo modo di intendere il cinema, tutti ricordano “Blade Runner” pochi citano questo film, in cui lui è altrettanto fenomenale! La questione omosessualità latente mi sembra il solito commento, che il furbone di turno tira fuori quella volta l’anno che gli capita di vedere un Western, hai fatto bene a ridimensionarlo, perché per questo film non ha proprio cittadinanza, invece bravissimo ad aver notato i fiammiferi, non ci avevo fatto caso, quella si che è un analisi azzeccata! 😉 Per il resto, ma quanto è invecchiato bene questo film? Mi ha fatto davvero piacere rivederlo, mi ha angosciato anche questa volta 😉 Cheers!
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Ti ringrazio e specifico che è in uno dei saggi citati che ho trovato citato il discorso dei due fiammiferi (quello che apre e quello che chiude il film): io mi sono limitato ad aggiungerci quello centrale ^_^
Il film possiamo dire che non è invecchiato affatto, si può vedere oggi senza correggere una sola virgola: peccato che oggi sarebbe però impossibile mostrare quel livello così alto di violenza psicologica!
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Basta guardare l’orrido remake, fatto da uno che ha visto l’originale, non ci ha capito nulla, ma aveva comunque abbastanza soldi per dirigerlo. Mai come in questo caso, l’originale batte le (brutte) copie. Cheers!
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Grande Rutger Hauer, credo che abbia contribuito a segnare indelebilmente l’immaginario cinematografico. Peccato solo che la sorte, lo star system, vai a sapere, non sia stata in grado di valorizzarlo di più.
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Fino agli anni Novanta ha fatto gran belle cosette, ma poi la sua luce si è appannata e i fan si sono scordati tutto: è anche vero che trovare in TV uno dei suoi 150 film non è affatto facile…
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Lavora tantissimo, ed è uno che non mi da l’impressione di essere interessato a fare il divo nel senso Hollywoodiano del termine, basta dire che quando ha tempo scappa in moto in giro per il mondo 😉 Cheers
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Peccato, però.
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The Hitcher funziona benissimo così com’è ancora oggi e senza bisogno di sovra-interpretazioni forzate (e che avrebbe detto Benshoff, allora, dell’osservazione fatta da Jeffrey DeMunn a Howell: “C’è qualcosa di strano fra voi due”?) quando già ce ne sono di adatte come quella alla “Samarra”, appunto, visto che Hauer qui raggiunge uno spessore quasi metafisico nel suo essere inarrestabile e nemmeno il finale, in fondo, smentisce questa caratteristica: lui rimane sempre quel John Ryder che voleva essere fermato ma solo nel posto e nel momento giusto, e c’è da scommettere che non avrebbe funzionato con nessun altro che non fosse stato il ragazzo (forse, al punto che i proiettili di un altro non l’avrebbero scalfito? Chissà)…
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Sarebbe stato davvero intrigante se ci fosse stata una scena in cui magari un poliziotto sparava a Ryder… e questi si fosse rialzato come se niente fosse! Solo Howell poteva fermare il Terminator del deserto 😉
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Eh, sì 😉
Scena con poliziotto. Lui spara più volte a Ryder: tutti i colpi vanno a segno. Ryder va a terra per rialzarsi lentamente dopo pochi istanti, e con mosse calcolate (quasi ipnotiche) si avvicina al poliziotto paralizzato dal terrore: con chiaro intento citazionista -alla Roy Batty- mette le mani attorno alla testa del poliziotto guardandolo negli occhi con quella espressione beffarda che tutti adoriamo in Rutger (e che, da spettatori, sappiamo ci può riservare le peggio sorprese)… per poi lasciare la presa dicendogli “Non sono qui per te” e andarsene per la sua strada 😉
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Ahhh allora sì che sarebbe stato un film ancora più capolavoro di quanto già non sia ^_^
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