The Assignment (2016) La Nemesi di Walter Hill

assignmentSecondo voi, quanto ho goduto quando ho scoperto questo film?
Michelle Rodriguez, Sigourney Weaver, Walter Hill.
Aspettate che lo riscrivo.
Michelle Rodriguez, Sigourney Weaver, Walter Hill.
Ripeto: secondo voi, quanto ho goduto quando ho scoperto questo film?

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Presentato l’11 settembre 2016 al Toronto International Film Festival e lanciato in rete il 3 marzo 2017, The Assignment (o Revenge, o Tomboy), arriva in Italia il 18 maggio 2017 e viene replicato spesso dalla RAI con il titolo Nemesi.
Vi capisco se volete saltare questa presentazione, ma vi assicuro che non vi rovinerò alcuna sorpresa: quello che mi preme è raccontare la storia del soggetto e le ispirazione a cui si rifà (non dichiaratamente).


Indice:


Qualcosa mi dice che inizia uno spiegone...

Qualcosa mi dice che inizia uno spiegone…

La caduta di Walter Hill

Non sono io che vi devo spiegare chi sia Walter Hill, ma è certo che il maestro del crime noir americano – oltre che produttore di ogni film di ALIEN passato, presente e futuro – ormai dosi con il contagocce i suoi lavori come regista e sceneggiatore.
Si è giocato tutto nel 1996 con Ancora vivo (Last Man Standing), splendida reinterpretazione dell’abusato Yôjimbô (1961) di Kurosawa già plagiato da Sergio Leone: un film che a posteriori va rivaluto e gustato scena per scena, ma che all’epoca è stato un flop devastante, mettendo fine alla carriera registica di Hill. Addirittura l’ottimo Supernova (2000) deve dirigerlo con lo pseudonimo di Thomas Lee: sono probabilmente l’unico al mondo ad amare quel piccolo film di grande fantascienza, snobbato da tutti.
Il 2002 è l’anno che potrebbe decretare la rinascita di Hill, che scrive e dirige quel piccolo capolavoro di Undisputed, che scusate se è poco – visto che poi sarà l’apocrifa nascita di Yurj Boyka! – ma le cose non vanno così. Dopo un paio di capatine nel western e l’imbarazzo di Jimmy Bobo (2012) sembra non ci siano speranze per Walter Hill.

balles-perduesLa Rue de Sèvres, una casa editrice della patria del noir, Parigi, lo contatta e gli fa una proposta che non si può rifiutare: perché non riversa un po’ del suo gusto per la crime story anni Venti nel grande mondo del bande dessinée, i celebri fumetti francesi? Hill accetta e scrive un soggetto poi affidato alle capaci mani dello sceneggiatore francese Matz (Alexis Matz), noto ai lettori italiani delle testate “Skorpio” e “Lanciostory” per alcune sue saghe thriller (Killer, XIII Mystery 9), ma sbarcato anche nella Cosmo Editoriale con Mexicana (gennaio 2015).
Nel gennaio del 2015 esce Balles perdues e tutto cambia.


La rinascita a fumetti

Cover di Jef

Cover di Jef

Il successo di un fumetto francese con la firma di Walter Hill è subito tangibile, e per il 2016 la casa editrice chiede all’autore un altro soggetto: andiamo, possibile che non abbia qualcosa di esplosivo nel cassetto?
In effetti Walter Hill nel novembre 2015 ha iniziato a girare a Vancouver (Canada) un piccolo film che ha scritto e che potrebbe essere il suo rilancio. (Cosa di cui dubito altamente…) Sarebbe davvero una gran bella mossa di marketing spinto trasformare in fumetto un film che sta per uscire.
Di nuovo Matz si mette all’opera e nel marzo 2016 sforna un maledetto capolavoro: Corps et âme. Un fumetto così dannatamente spettacolare che attira immediatamente l’attenzione oltre Manica…


Il noir della Titan

Raro "Hard Case"giunto in Italia

Raro “Hard Case”
giunto in Italia

Il pulp tira sempre, e se la casa americana Dynamite ama ripescare eroi classici per nuove avventure a fumetti – da Doc Savage a Green Hornet, da Phantom a Sheena – la britannica Titan Books ha voluto ricreare i romanzi pulp che tanto successo hanno avuto nella prima metà del Novecento. Con copertine spettacolari – vere opere d’arte retrò con firme prestigiose come il compianto artista Glen Orbik (1963-2015) – vengono riproposti romanzi classici ma anche opere inedite scritte appositamente come se fossero noir d’annata.
Purtroppo in Italia l’unico titolo nuovo di un certo richiamo di questa collana è Colorado Kid (2005) di Stephen King (Sperling&Kupfer 2006), che ha ispirato la serie TV Haven (2010): non proprio un romanzo rappresentativo dello spirito della collana. Una collana di forte impatto con storie a tinte forti, quindi con un titolo appropriato: “Hard Case Crime“.
assignment-2017-01Un esperto di noir come Walter Hill non poteva mancare in questa collana, ma l’autore californiano è entrato in squadra nel modo più atipico e inaspettato: come autore per la versione a fumetti di “Hard Case Crime”!

Le due saghe a fumetti citate – Balles perdues e Corps et âme – vengono subito opzionate dalla Titan Comics che inizia a presentarle tradotte in inglese dall’ottobre 2016.
La prima storia diventa Triggerman (di cui ho già parlato nel mio blog “Fumetti Etruschi”), mentre la seconda nel gennaio 2017 diventa The Assignment. Storia di un criminale che si ritrova a cambiare faccia in modo radicale… tema evidentemente molto caro a Walter Hill.


Il volto di Johnny il Bello

Fine 1989, l’Etrusco fa il ginnasio ed è il classico imbranato occhialuto che si invaghisce della compagna di classe che non se lo fila di pezza. Negli anni Ottanta nessuno portava gli occhiali, quindi chi invece li portava era alla stregua di Elephant Man. Il “fascino da intellettuale” se lo poteva permettere solo Sgarbi…
Però all’uscita di scuola campeggia la pubblicità di un nuovo film al cinema del quartiere: un film dal titolo Johnny il Bello, e qui scatta un piano diabolico.

johnny-il-belloOggi è Mickey Rourke ad essere l’Elephant Man degli anni Duemila, ma i “giovani d’oggi” non hanno idea di cosa è stato quell’attore negli anni Ottanta-primi Novanta.
Per dare un’idea, una donna sogna di presentare Brad Pitt o George Clooney alla madre e di portarli in giro per far morire d’invidia le amiche. Al massimo sogna una focosa storia d’amore. Ma poi in segreto si scopa Mickey Rourke fin quando fa male, fin quando ce n’è.
Nell’89 portare una ragazza al cinema a vedere l’attore strappa-mutande del momento è una mossa vincente: non esiste ormone che sappia resistergli e Mickey ti scalda la situazione come mai potresti fare tu.
Onestamente non ricordo se il mio diabolico piano per portare la compagna di classe al cinema ha poi comportato andarci insieme agli inevitabili amici scocciatori che si univano all’uscita, in realtà non ricordo neanche la ragazza (che tanto non mi si filava di pezza): la mia memoria è piena solo di uno schermo gigante dove per la prima volta ho conosciuto Walter Hill.

(© 2012 Columbia TriStar/Getty Images)

(© 2012 Columbia TriStar)

In realtà ero fan da lungo tempo di Hill ma non lo sapevo. Da ragazzino mi aveva terrorizzato a morte I guerrieri della palude silenziosa (1981), gli scazzi fra Nick Nolte ed Eddie Murphy mi avevano divertito in 48 ore (1982), mi aveva fatto ridere con moderazione Chi più spende… più guadagna! (1985) ma di sicuro amavo alla follia Mississippi Adventure (1986). Non ricordo se avessi già visto Danko (1988)…
Comunque ignoravo che tutti questi film fossero diretti dallo stesso regista, ma vedere Johnny il Bello su grande schermo è stata una esperienza dannatamente forte.

Un Rourke bravissimo – totalmente inaspettato! – si presenta in video deturpato in volto… una triste previsione del relitto umano che sarebbe diventato in seguito. E non mi riferisco all’aspetto esteriore (che tutti invecchiamo e ci imbruttiamo), ma alla mancanza di dignità con cui si sta distruggendo.
L’attore bello e dannato per eccellenza si mostra imbruttito solo per farsi operare da Forest Whitaker – che non era ancora Forest Whitaker! – e diventare bellissimo: ok, per il pubblico femminile il film finiva qui: il resto delle scene erano solo ormoni ribollenti.

1989-2016: come cambiano i chirurghi di Walter Hill

1989-2016: come cambiano i chirurghi di Walter Hill

Hill trae la sceneggiatura dal romanzo omonimo di John Godey – che ho a casa da anni ma senza il coraggio di leggere, per paura che sia più bello del film! – ma Godey è uno scrittore di neri all’americana, di storie del crimine: Johnny il Bello di Hill è molto di più.

Il Giallo Mondadori 1303

Il Giallo Mondadori 1303

Nessuno di noi lo sapeva, o almeno credo, ma Walter Hill si stava rifacendo ai maestri del noir francese più duro e oscuro. Si stava rifacendo ad Occhi senza volto (1960) tratto da Jean Redon, alla narrativa macabro-paradossale di Boileau e Narcejac di Pezzi d’uomo scelti. Narrativa nerissima dove il corpo umano perde totalmente sacralità e diventa semplice somma delle sue parti, che possono essere modificate (o scambiate) senza problemi.
Johnny è un ladruncolo da due soldi ma quando cambia il suo volto cambia anche l’identità morale: l’anima non è più indipendente e si torna al “soma/sema” platonico. Il corpo (soma) è il contenitore (sema) dell’anima… quindi è la sua prigione. Cambiando il corpo, ci insegnano i maestri francesi, si cambia anche l’anima.

Non credo sia un caso che il fumetto francese tratto dal nuovo soggetto di Hill si intitoli “Corpo ed anima”, né che la donna di cui innamora il protagonista si chiami… Johnnie.
Nel 2016 Walter Hill riprende Johnny il Bello ma stavolta il cambio che gli fa subire è molto più profondo, molto più estremo…


Walter Hill e la Tarantola

thierry-jonquet-tarantolaMalgrado sia pochissimo noto, rispetto alla potenza della sua opera, Thierry Jonquet è autore di uno dei romanzi più fottutamente neri che esistano nell’universo: Tarantola (Mygale, 1984), portato in lingua inglese nel 2003 e trasformato in film con il dimenticabilissimo La pelle che abito (La piel que habito, 2011) di Pedro Almodóvar.
Il regista spagnolo fece parlare molto di sé in quel periodo, quando le entusiastiche penne dei critici a comando sballonzolarono in giro per poi giustamente dimenticare un film sbiadito e spesso sbagliato. Dal ridicolo finale che tradisce tutto, una robbetta molto americana che il noto autore spagnolo poteva benissimo evitarsi.
Jonquet ha scritto la storia di vendetta definitiva, con uno stile che giudicare potente è riduttivo: Jonquet stupra il proprio protagonista e fa in modo che il lettore rimanga a guardare… e gli piaccia. Quando chiudi il libro ti senti sporco e vuoi solo far finta di non averlo mai letto…

mygaleWalter Hill deve aver letto Tarantola perché recupera palesemente – ma non dichiaratamente – alcune atmosfere. Per esempio il chirurgo che perde una persona cara e che decide di vendicarsi sull’assassino utilizzando la propria “arte”. Di vendicarsi cioè attraverso la chirurgia…
Lo “scheletro” di The Assignment deriva interamente da Tarantola, anche se Walter Hill e Denis Hamill risultano gli unici autori di soggetto e sceneggiatura: semplicemente è invertita la cronologia della narrazione e la “libertà” del protagonista, che non aveva nel romanzo.


La doppia vita di Frank Kitchen

Frank Kitchen è un killer di professione. Uno di quelli bravi. Uno di quelli che nessuno conosce perché arriva, fa il suo lavoro in modo pulito e silenzioso e se ne va. Niente confusione. Niente clamore. Niente grida.
Frank Kitchen è un killer dal profilo basso che in pratica non esiste. Per questo tutti lo cercano.
Frank Kitchen ha la barba, i peli sul petto e il pene di Michelle Rodriguez

«Non ti ho mai parlato di Rochello?» (quasi cit.)

«Qualcosa che in una donna proprio non mi garba,
qualcosa che… ah! Era la barba!» (cit.)

Non vi ho rivelato nulla, nei primissimi minuti di film vediamo Michelle interpretare un uomo villoso, che esce dalla doccia con un vistoso pene sballonzolante e il petto pieno di peli. Non so se l’idea mi convince, ma l’alternativa era chiamare un attore che assomigliasse a Michelle per recitare “da uomo” nei primi minuti di film.
Perché subito Frank Kitchen viene incastrato, sedato… e si risveglia donna. La Tarantola ha colpito…

Sento qualcosa di più e in meno dentro di me...

Sento qualcosa in più e in meno dentro di me…

Uno degli ultimi “lavori” di Frank è stato quello di uccidere un ricco fuori di testa, uno stilista apprezzato ma una persona abbastanza squallida. Nessuno si è dispiaciuto per la sua morte… tranne la sorella, la dottoressa Rachel Kay (Sigourney Weaver), che decide di vendicarsi in un modo fuori dal comune.

Questa cosa farà più male a te che a me

Questa cosa farà più male a te che a me

Ok, qui si sentono le unghie di Walter Hill che si arrampica sugli specchi, e un personaggio fa la domanda più ovvia: perché vendicarsi di un semplice esecutore senza importanza invece di risalire al mandante? C’è qualcuno che ha voluto il fratello morto, perché prendersela solo con chi ha premuto il grilletto? Visto che questo elemento differisce dal romanzo di Thierry Jonquet, diciamo che è una falla di sceneggiatura: la dottoressa bofonchia e si passa subito oltre, perché in effetti Hill non sa come risolvere questa questione.
Rimane il fatto che, ricopiando sbrigativamente una parte del romanzo Tarantola, il dottore si vendica cambiando il sesso di chi gli ha provocato un lutto. Così possiamo tornare a vedere la bella Michelle che ci fa innamorare. (O almeno fa innamorare me!)

Finalmente è tornata la solita Michelle

Finalmente è tornata la solita Michelle

Ad essere onesti, il fumetto di Matz presenta una storia molto più intrigante e molto più affascinante, sfaccettata e fresca, mentre invece Hill snocciola una sceneggiatura che non è proprio appassionante, se non addirittura banalotta.
Anche perché il film si focalizza in maniera troppo lunga e particolareggiata sulla dottoressa, tanto che in pratica la vicenda di Frank Kitchen trasformato in donna sembra quasi un siparietto tra un infinito monologo e l’altro della dottoressa, che non fa che parlare per mezzo film senza dire nulla che non bastassero pochi minuti a riassumere.
La sensazione è che per sfruttare a pieno la presenza della Weaver si sia stiracchiato troppo il suo personaggio, che invece nel fumetto è molto più dosato: appare solo in pochi momenti ma perfetti, perché la sua presenza così si sente in ogni vignetta. È l’ombra oscura che perseguita la mente del/la protagonista, ma anche il narratore della vicenda.
Nel film purtroppo un pessimo equilibrio dei personaggi rovina il ritmo del racconto, perfetto invece nel bande dessinée.

Tutto bello, ma tutto troppo!

Tutto bello, ma tutto troppo!

Senza rivelare nulla, segnalo però che Hill sembra perdere il suo tocco proprio nel finale “drammatico”: nel senso che è drammaticamente sbagliato. Non so cosa sia successo, se dopo aver letto la storia a fumetti qualcuno gli abbia detto di cambiare la sceneggiatura, ma rimane il fatto che quello su carta è un finale che chiamare perfetto è poco, mentre quello del film è una robbetta hollywoodiana da darsi le manate in faccia. (O darle sulla faccia di Hill.)
Forse Walter Hill non è più in grado di trasformare in sceneggiatura i suoi soggetti, che dovrebbe affidare ad altri: dare The Assignment a Matz è stata una scelta perfetta perché ne è nato un fumetto geniale, scriversi invece da solo la sceneggiatura per il film è stata una scelta poco ispirata, perché ne è nato un filmetto che non sopravviverà al canonico mese di vita. (Se gli va bene.)

«You free your mind in your androgyny» (cit.)

«You free your mind in your androgyny» (cit.)

Come regia non saprei dire: se non avessi saputo che ci fosse Hill dietro avrei pensato ad un esordiente… È tutto girato bene ma da Hill mi sarei aspettato qualcosina di più.
Simpatici i giochi androgini di Sigourney Weaver, che spesso vediamo vestita in abiti maschili così come ogni movenza della Rodriguez è mascolina, e l’inquadratura è sempre fatta in modo da mettere in risalto i suoi muscoli. Tutto bello ma pochino per arrivare anche solo alla sufficienza.

È un buon film, ma con quei tre nomi in locandina era plausibile aspettarsi qualcosa di più.

L.

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17 risposte a The Assignment (2016) La Nemesi di Walter Hill

  1. Willy l'Orbo ha detto:

    Nonostante il ridimensionamento finale lo “prendo” come un film da vedere, nooo?

    Piace a 1 persona

  2. Cassidy ha detto:

    Basta, vado a chiudere le serrande dell’Internet, per oggi va bene così, basta abbiamo un vincitore 😀
    Pezzo fantastico su un film che aspettevo dal suo annuncio, quel tre nomi in fila promettevano battaglia, ma incredibile ma vero, nel cinema di oggi, un nome come Walter Hill non smuove più come una volta… Pazzesco :-/

    Ti ringrazio anche per l’aggiornamento sui fumetti, che come sai seguo sul tuo altro blog, sono perfettamente d’accordo sul fatto che “Johnny il bello” sia molto più vicino ad “Occhi senza volto” nello spirito, del film di Almodóvar, di cui a distanza di tempo ricordo solo la bella attrice protagonista e poco altro.

    Sul film lo vedrò sicuramente appena ne avrò l’occasione, tornare su un tema è una mossa tipica di un grande autore, l’idea di usare due donne bellissime e toste come la Rodriguez e la Weaver mi pare davvero geniale, certo Michelle uomo sarà un trauma, già lo so! 😀

    In ogni caso bravissimo, davvero un gran pezzo! Torno a chiudere la serranda. Cheers!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ti ringrazio e aspetto con ansia la tua recensione del film: quella tripletta di nomi smuove più sangue nelle vene che un vampiro attaccato al collo 😀
      Forse in un altro momento sarebbe venuto fuori un cult movie, ma già uno splendido fumetto mi basta 😉

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  3. Denis ha detto:

    Infatti un minigioco di Resident Evil 4 si chiama proprio Assignment Ada e alla fine ho scritto proprio Walter Hill Approved,in Johnny il Bello c’è anche Lance Henriksen,bisobnerebbe vedere se i francesi recuperan Hii anche per i film li amano di più certi autori

    Piace a 1 persona

  4. Giuseppe ha detto:

    Complimenti (da portatore di occhiali a portatore di occhiali 😉 ) per questo completissimo post “Hilliano”! Rodriguez/Weaver/Hill: anni fa questa miscela avrebbe garantito pura dinamite dall’inizio alla fine senza cali ne attimi di tregua, ma forse quegli anni sono ormai passati (se un’operazione del genere fosse stata concepita temporalmente a ridosso di Undisputed, per dire, avrebbe ancora potuto fare faville)…
    P.S. NO sei l’unico al mondo ad amare Supernova 😉

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  5. giulia pignatelli ha detto:

    Molto bello questo tuo blog, bravo!

    Piace a 1 persona

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