Squadra che rimane a galla non si cambia, così la Universal accetta di distribuire un’altra produzione di piccole case, che con meno soldi ma con gli stessi set sudafricani di Death Race 2 riescono a sfornare il sequel del prequel del remake, facendo filotto.
Prima, però, vi ricordo l’imperdibile recensione de “La Bara Volante“.
Le piccole case in questione sono la Capital Arts Entertainment – che abbiamo già incontrato per Il Re Scorpione 4 (2015) – e la Moonlighting Films – nota più che altro per Doomsday (2008).
Il film è ovviamente lui, il più appannato ma sempre godibile Death Race: Inferno. Perché l’aggiunta di quell'”Inferno”? Perché il soggetto stavolta l’ha scritto Paul Anderson…
Alla regia c’è sempre Roel Reiné e alla sceneggiatura c’è sempre Tony Giglio, ma stavolta il maledetto Paul ha voluto infilarci la sua manaccia e scrivere lui il soggetto… e si vede dannatamente!
Il film esce in patria il 20 gennaio 2013 e la consueta Universal lo porta in DVD italiano dal 24 aprile successivo. Dal 6 aprile 2016 è raccolto in un Cofanetto DVD e un delizioso Cofanetto Blu-ray.
Il povero Weyland (Ving Rhames) è costretto a vendere il suo impero al giovane rampante (ed arrogante) Niles York (Dougray Scott), miliardario che vuole divertirsi a gestire il Death Race. Però c’è un problema, e si chiama Frankenstein.
Carl “Luke” Lucas (Luke Goss) l’avevamo lasciato sfigurato in Death Race 2 e costretto a continuare a gareggiare con la maschera di Frankenstein. Ora i chirurghi del carcere – notoriamente i migliori in circolazione! – gli hanno rimesso a posto la faccia e il pilota ha vinto quattro corse: un’altra vittoria e sarà libero. Aspetta, ma pure nel precedente film aveva vinto cinque gare e col piffero che l’avevano liberato… perché ora dovrebbero farlo?
Comunque York non vuole perdere il suo cavallo da competizione e lo manda ad inaugurare una nuova edizione del Death Race: la corsa nel deserto. Tutti nel Kalahari o in qualcosa che gli assomiglia, ma è solo il primo dei mille set in cui si svolge il film.
Durante una rissa a Franky cade la maschera così il suo team scopre la sua vera identità e la “bellissima” Katrina (Tanit Phoenix Copley) ci rimane malissimo, mettendo su il muso. Malgrado nel film ogni volta venga presentata come la bomba sexy dell’anno, l’attrice qui è talmente inutile che dà davvero fastidio ogni volta che entra in scena: in Death Race 2 era decisamente più appetibile, qui invece fa la bambina che gioca alla dura e questo è insopportabile.
Comunque con cattivi tutti nuovi inizia la gara nel deserto coi super-macchinoni, e ovviamente da che Death Race è Death Race non può mancare il pilota nero, che qui si chiama… Nero (Eugene Khumbanyiwa)! È lui che ci regala la primizia da applauso:
— Yippee ya-yei, figlio di puttana!
La citazione da Die Hard (1988) va a segno e scalda il cuore, ma è curioso notare che il doppiaggio italiano rende bene l’originale «Yippee ki-yay, motherfucker!», mentre nel film con Bruce Willis ci sono stati interventi “smussanti”: per saperne di più, rimando ovviamente all’approfondimento di “Doppiaggi Italioti“.
La mano di Paul Anderson si sente tutta e strangola questo film, che è davvero il più deludente del ciclo: se Death Race 2 sorprendeva perché malgrado fosse un filmetto metteva in campo tanta roba e divertiva alla grande, questo delude perché punta molto sulla storia… e con Anderson non è mai una buona idea.
La corsa in pratica fa da tappezzeria a un mare di vicende e personaggi che non fanno in tempo a rimanere in video per più di qualche fotogramma, ed è incredibile come ogni singola scelta che funziona su carta… in video è davvero sbagliata! Lotta tra donne, sparatorie coi criminali sudafricani, baraccopoli che saltano in aria, corse nel deserto e addirittura la prima pilota donna del Death Race… un po’ meno, Paul, un po’ meno. Ci sono elementi per un’altra trilogia inzeppati malamente in un solo film, così che nulla abbia lo spazio che merita.
Simpatico il finale ma troppo macchinoso: al confronto Diabolik sembra uno che improvvisa! Ripeto, troppa trama scritta male per un film che non ne aveva assolutamente bisogno: una fine deludente per una saga spettacolare.
Confidiamo nel futuro Death Race: Anarchy (2018) della specialista in sequel cialtroni Universal 1440 Entertainment.
L.
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Visto ma, incredibile a dirsi, ne conservo pochi ricordi: o quella sera ero “di fori” o ciò suona come una conferma alla non entusiastica recensione! 🙂
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Anch’io non ricordavo nulla della prima visione del film 😉
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Non ricordavo nulla nemmeno io, ma nel mio caso è per via del fatto che non l’ho ancora visto (se no come avrei mai potuto dimenticarmi dei profilattici “firmati”… Frankenstein consiglia: guida con violenza, ma non trombare senza) 😉
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ahahah slogan perfetto! Corri subito a brevettarlo 😀
Comunque mi sarei stupito del contrario, cioè che lo ricordassi senza averlo visto 😛
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Il paradosso temporale del zinefilo: non ricordo solo i film che ho visto prima ma anche quelli che vedrò poi 😛
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Trejo è una costante!
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Se c’è una prigione… Trejo è lì! 😀
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“Don’t Spank without a Frank” idiotissimo colpo di genio, grazie per il fotogramma, guardando il film non ero riuscito a leggere questa stupidata 😉 l’Hippee ya-yei è un’altra chicca divertente, ma il film resta il più debole di tutta la saga, mi sa che hai ragione, quando Anderson ci mette lo zampino in fase di scrittura va tutto a rotoli. Vedremo cosa combineranno nel 2018, a questo punto sarà un prequel? Un Sequel? Boh mistero 😉 Cheers!
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Sono quasi certo che negli ultimi due Die Hard, in linea con i non-adattamenti moderni, la frase di Bruce Willis rimanga “kay-yeh” anche in italiano e visto che questo film è del 2013 potremmo considerarlo rispettoso dei non-adattamenti più recenti. Ovviamente sono ironico, magari non sapevano neanche da dove veniva ahah!
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Però traducono “yay-yeh”, con la y e non con la k originale: quindi è un po’ Die Hard 1 e un po’ suoi seguiti 😛
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Scusa ci avevo letto la “k” perché penso male a prescindere. Allora questi filmetti si rivelano meglio adattati dei sequel stessi della serie Die Hard! La cosa in realtà non mi sorprende.
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Non escludo affatto la totale casualità del tutto: dubito che chi si occupa del doppiaggio di questi filmetti vada a fare ricerche approfondite, ma magari se era un fan di John McClane gli sarà suonato un campanello nel sentire quella frase 😉
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(Devo smetterla di leggere roba da cellulare con schermo minuto)
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ahahaha purtroppo è rimasto l’unico modo di leggere, perché su grande schermo richiede tempo che ormai non esiste più 😛
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Non sono d’accordo, il primo Death race della saga è stato un grandissimo film soprattutto grazie allo spessore dei protagonisti come jason statham o tyrese Gibson ma purtroppo pecca nella storia.
Death race 2 ha una trama convincete anche se sembra realizzato con un budget limitato come si può vedere nelle ambientazioni.
Death race 3 è la splendida congiunzione dei due film precedenti, un film ricco di azione e di una trama avvincente soprattutto nel finale dove ogni spettatore medio rimane sorpreso. Peccato per la mustang che in versione deserto perde di spettacolarità.
Infine concludo con una domanda fondamentale:
Meglio Natalie o Tanit?
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Non ricordo nessuna delle due, quindi non devono avermi lasciato una grande emozione 😀
È passato tanto dalla visione, considerando poi che l’intera saga l’ho rivista in occasione del ciclo sul blog: il secondo l’ho molto rivalutato, il terzo mi è rimasta la sensazione di occasione sprecata avuta la prima volta.
Certo, in confronto all’episodio successivo magari qualche freccia all’arco ce l’ha, ma in generale mi sembra che la qualità della saga vada giù in verticale 😛
Ciao 😉
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