Non sono certo pochi gli adattamenti del celeberrimo racconto The Fall of the House of Usher di Edgar Allan Poe, apparso sul “Burton’s Gentlemen’s Magazine” nel settembre 1839 e arrivato in Italia nel 1920 come Il crollo della casa Usher (pronto ad essere ristampato a iosa): dal 1928 film di ogni sorta si sono ispirati al racconto, e può capitare di trovare una piccola casa che abbia il coraggio di presentare una deliziosa reinterpretazione del mito.
Malgrado sia un piccolissimo film, ho trovato davvero piacevole questo The House of Usher, diretto dall’australiana Hayley Cloake (che sembra aver già lasciato il cinema: forse avendo del gusto e non riuscendo a dirigere porcate non ha trovato spazio in questo mondo…)
Uscito in patria americana il 15 settembre 2006, la OneMovie lo porta in DVD dall’8 dicembre 2008, anche se risulta che un’edizione RaiCinema giri già dal 23 gennaio precedente a noleggio.
Jill Michaelson (Izabella Miko) sta lentamente riprendendosi dalla chiusura di un lunga relazione quando la raggiunge una triste notizia: una sua carissima amica, Madeline “Maddy” Usher (Danielle McCarthy), è venuta a mancare. Partecipare ai suoi funerali sarà ancora più dura per Jill, in quanto Maddy era la sorella dell’uomo con cui ha vissuto una dolorosa storia d’amore: Roderick “Rick” Usher (Austin Nichols). I tre erano stati un gruppo affiatato ed inseparabile, e la fine del rapporto fra Jill e Rick era stata dolorosa per tutti. Come dolorosa è ora la scomparsa di Maddy.
Dopo il funerale la protagonista viene invitata a trattenersi per alcuni giorni in casa Usher dove, sotto lo sguardo vigile e indispettito dell’infermiera Mrs. Thatcher (la brava caratterista Beth Grant), avrà modo di riallacciare i rapporti con Rick, che non sembra certo più in forma dall’ultima volta che si sono visti.
L’uomo soffre di nevrastenia, a quanto dice il suo medico, così come ne soffriva la sorella: nessuno dei due, però, aveva mai fatto parola di questo a Jill. La malattia è peggiorata, e se da una parte ha ucciso Maddy, dall’altra ha reso Rick ipersensibile in tutti i suoi sensi, specialmente la notte. Jill così viene a sapere che l’uomo non si è allontanato da lei perché è finito l’amore, bensì per proteggerla dal proprio decadimento fisico.
I giorni che passano insieme sembrano riavvicinare i due, tanto che alla fine Jill rimane incinta. Malgrado il controllo costante della Thatcher, Jill lo stesso riesce a carpire i segreti che le vengono taciuti, e lo intuisce guardando le foto della famiglia Usher sin dall’800: per non rovinarvi la sorpresa, ATTENZIONE SPOILER!
Sin dal capostipite della casata non solo sono stati generati sempre fratelli gemelli – come lo sono Rick e Maddy – ma quei fratelli si sono uniti fra loro per generare altri fratelli. La malattia della famiglia Usher non è altro che la tara genetica provocata da matrimoni fra consanguinei: Rick Usher sta contravvenendo alle usanze della propria famiglia amando Jill, ma la sorella Maddy era fermamente decisa a mettere fine alla “maledizione” degli Usher, giungendo ad inscenare la propria morte per sottrarsi all’empio compito.
FINE SPOILER.
Il film è una rielaborazione moderna del racconto di Poe, una sceneggiatura dignitosa firmata da Boyd Hancock e sceneggiata da Collin Chang: è un’opera prima, ed unica, per entrambi.
Il primo e principale elemento di differenza con il racconto è il “cambio di sesso” del protagonista: mentre è un uomo che nel racconto di Poe raggiunge casa Usher per sapere come mai la sua amata Madeline lo abbia lasciato, qui è una donna che viene a trovarsi nella casa, chiedendosi come mai Rick l’abbia lasciata: in entrambe però è sempre Madeline/Maddy a perdere (apparentemente) la vita.
Roderick/Rick non è più un nobile decaduto che passa il tempo nell’apatia: è uno scrittore di discreto successo che passa le notti alla macchina da scrivere, per quanto gli provochi dolore fisico. L’infermiera Mrs. Thatcher nasce da precedenti versioni cinematografiche del racconto di Poe, più che dal racconto stesso, dove è assente qualsiasi altro quarto personaggio; eppure la donna sarà elemento chiave nella risoluzione della storia.
Ad onor del vero, però, il film pare basarsi su elementi troppo esigui per giustificarne la durata: i lunghi tempi morti non sempre servono a creare atmosfera e mistero, mettendo spesso a dura prova la pazienza dello spettatore. Gli attori (tutti provenienti da lunghe esperienze televisive) rimangono bene in parte per tutto il film, ma l’inesperienza della regista (alla sua prima prova con un lungometraggio) non sempre li sa sfruttare a pieno.
Al di la di questo, comunque, il film rimane nel complesso godevole, non foss’altro per la gustosa rielaborazione di Poe.
L.
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Non ricordo bene il racconto, l’ho letto il secolo scorso 😛 però, il segreto di famiglia mi fa pensare a un racconto di Lovecraft… credo che fosse I ratti nei muri
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E’ una intrigate rielaborazione che tiene in piedi un film palesemente dilettantesco. Ma ad avercene piccoli film con buone sceneggiature!
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Discreti “Huevos” per rielaborare un classico di Poe, ma il risultato sembra meritevole. I titoli di testa a forma di casetta però mi ricordano quelli di “Mamma ho perso l’aereo” non so perché 😉 Cheers!
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ahahah magari era una citazione ^_^
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..a proposito di ciclo delle case di cui parlavo ieri! Anche se questo film, da quel che dici, non pare così putrido!
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E’ un piccolo film dilettantesco, ma può contare su un’ottima sceneggiatura.
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Del resto, quando si tratta di trovare del buono in una moderna rielaborazione del Poe classico, l’ammirazione per cotanta fonte originaria ci fa sentire tutti come… come… FRATELLI, ecco 😉
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ahaha siamo tutti una grande famiglia… purtroppo! 😀
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