
Capolavoro di Nicolas Delort per Dark Hall Mansion
Sta per arrivare in Italia il nuovo film di Tom Cruise, The Mummy, e quindi è il momento di un bel Ciclo Mummie a blog unificati (cliccate sull’immagine sotto per saperne di più).
Dall’inizio degli anni Duemila siamo abituati ad un certo tipo di cinema e magari si è persa la memoria di cosa fosse questo tipo di intrattenimento fino agli anni Novanta: appena una casa azzeccata un’idea, non solo continuava a sfruttarla ma le altre case si mettevano subito ad imitarla, aggirando i copyright.
Oggi il cinema ha in pratica abbandonato questa usanza – giusto la Asylum si diverte ancora a rifare in chiave Z alcuni grandi film del momento – che è entrata prepotente nel mondo dell’editoria. Per fare un esempio, dopo il successo di 50 sfumature di grigio sono nati centinaia di libri similari, che dubito fortemente abbiano raggiunto più di due lettori a testa: l’editore e il traduttore…
Appena la Universal degli anni Trenta ha fatto il colpo grosso con La Mummia di Karl Freund, subito un nugolo di case si è avventato sul tema, forte del fatto che le mummie non erano protette da copyright e chiunque poteva usarle.
Negli stessi anni in cui le riviste di racconti cominciano ad aumentare la loro proposta di mummie letterarie, ed appaiono racconti firmati da maestri dell’inquietudine come Seabury Quinn e Robert Bloch, le creature bendate cinematografiche si fanno sempre più presenti, negli ambiti più disparati: anche nei cartoni animati di Betty Boop!
Il 6 novembre 1933, un anno dopo la mummia di Boris Karloff, la Universal presenta un nuovo cortometraggio di Pauline, avventuriera che ha attraversato il cinema del Novecento senza lasciare tracce: e sì che l’innovativo personaggio di “donna d’azione” è arrivata anche in Italia.
Questo episodio del 1933 della saga Perils of Pauline vede la nostra eroina (interpretata da Evalyn Knapp) impegnata a salvare suo padre da un gruppo di cattivoni: i professor Hargrave infatti è in Indocina a studiare una formula per un gas mortale che fa gola a dei brutti ceffi.
Ovviamente nell’India dell’immaginario americano anni Trenta si trovavano un sacco di robe egizie, da sfingi a mummie…
Il 21 giugno 1935 la Fox “dirotta” la sua serie di film con l’investigatore Charlie Chan (interpretato da Warner Oland) verso lande più assolate con Charlie Chan in Egypt di Luis King. Il celebre personaggio di Earl Derr Biggers stavolta esula dal semplice adattamento da romanzo e vive un’avventura scritta appositamente per il cinema da Robert Ellis ed Helen Logan.
Incaricato dalla Società Archeologica Francese di indagare sulla scomparsa di alcuni manufatti ritrovati da poco nella tomba di Amethi, il nostro Chan incontra sul posto la famigliola Arnold, classici impettiti britannici che si dedicano all’archeologia vestiti da sera e fra un tè e l’altro.
Utilizzando un twist di sceneggiatura che sembra scopiazzato dal romanzo The Green Mummy (1908) di Fergus Hume, esce fuori che nel sarcofago di Amethi invece di una mummia c’è il corpo senza vita del capo della spedizione. C’è poi la mummia di Amethi che continua ad uccidere all’accampamento: Chan indaga sommessamente e, fra un ridicolo proverbio cinese apocrifo e l’altro, alla fine sarà più furbo della polizia egiziana.
La particolarità di questa pellicola è che riesce ad offendere un gran numero di popoli con una facilità estrema. Lasciamo stare un attore svedese che impersona un investigatore cinese, lasciamo stare i britannici in ruoli di egiziani, lasciamo stare il palermitano Paul Porcasi nel ruolo dell’ispettore egiziano, lasciamo stare la newyorkese Rita Cansino – forse meglio nota in seguito come Rita Hayworth! – nel piccolo ruolo di una serva egiziana. Insomma, lasciamo stare tutto… ma il nero no, è vergognoso!
Il prolifico caratterista Stepin Fetchit viene chiamato ad interpretare Snowshoes (“scarpe di neve”?), lo schiavo nero, stupido e pavido della famiglia Arnold. Sembra un “normale” servo, ma dice espressamente di essere stato “comprato”. Dice nel Mississippi una maga gli ha predetto che troverà i suoi avi in Egitto e qui gli hanno promesso di trovare le mummie dei suoi antenati: perché è noto che i neri del Mississippi hanno discendenze egiziane…
Parlando come un ebete e agendo come i razzisti bianchi vedevano i neri negli anni Trenta – e purtroppo non solo allora – la cosa più incredibile è che quando Snowshoes racconta tutto questo a Chan, quest’ultimo non si mostra indignato del fatto che quell’uomo è stato comprato da britannici e truffato da egiziani… No, si limita a sparare la sua minchio-confuciata: cercare le proprie origini è impresa meritevole!
Il film comunque arriva in Italia come Il segreto delle piramidi solamente all’interno di un ciclo di inediti presentato da Rai2 nel 1984, film doppiati appositamente… e malissimo!
Il 2 ottobre 1936 il duo comico della RKO formato da Bert Wheeler e Robert Woolsey sforna un altro dei loro mediometraggi: Mummy’s Boys.
Scoperta la tomba di Re Pharatime, cominciano le solite morti causate dalla maledizione egizia. Parte una missione archeologica per indagare sulla questione ma ha la sfortuna di avere due membri aggregati all’ultimo secondo: Stanley e Aloysius, due pasticcioni che ne combineranno di ogni colore.
Il film ha una curiosa storia. Subito dopo la mummia di Karloff un certo Earle Ross scrive una sceneggiatura per il duo comico Wheeler-Woolsey e la propone alla RKO, senza ricevere alcuna risposta. Poi esce il film Mummy’s Boys e Ross denuncia la casa: hanno plagiato la sua storia! Chiede 200 mila dollari di risarcimento, che poi è quanto il film guadagna in totale. Nel 1939 la causa viene archiviata sbrigativamente e Ross è condannato a pagare 20 dollari di spese processuali. Come mai non gli è stata data ragione? Perché effettivamente la storia al cinema era diversa? (Come afferma chi ha seguito la vicenda) No: semplicemente perché il film Mummy’s Boys è il plagio di un altro film, quindi non deve nulla a Ross!
Il 24 febbraio 1939 un’altra formazione comica si interessa d’Egitto: sono i Three Stooges della Columbia, a volte chiamati in Italia “I tre marmittoni”. Il film è We Want Our Mummy.
Il direttore d’un museo è disperato perché uno dei suoi migliori archeologi, che aveva annunciato una grande scoperta, non dà più notizie di sé né di ciò che ha trovato. Ingaggia così i migliori detective della città: Curly, Larry e Moe. I tre pasticcioni vanno in taxi fino a Il Cairo, finiscono per caso in una tomba egizia venendo risucchiati dalla sabbia – idea rubata anni dopo da Totò sceicco (1950) – e trovano la mummia di Rootentooten (o Rootin-Tootin, a seconda delle scritture).
Il problema è che la mummia è alquanto delicata e i tre maneschi protagonisti la distruggono: per gabbare i cattivi che li inseguono, uno dei tre marmittoni dovrà bendarsi e fare la mummia!
È un divertimento bambinesco che a quanto pare ha superato la propria epoca: in film e telefilm americani sento ancora citare i tre marmittoni come grandi comici, ma certo vedere oggi i loro sketch mi sembra un po’ deprimente…

Mr. Moto fra le mummie (da Alamy Stock Photo)
Dopo Charlie Chan, la Fox mette in campo un altro noto investigatore letterario: Mr. Moto, dai romanzi di John P. Marquand.
Nella serie di film in cui il personaggio ha il volto di Peter Lorre, il 7 luglio 1939 esce Mr. Moto takes a Vacation: l’ultima pellicola interpretata da Lorre e la penultima in cui appare il personaggio. (Per fortuna questi finti cinesi stavano passando di moda.)
Proprio come il suo collega Charlie Chan, Mr. Moto qui esula dai romanzi originali del personaggio e si ritrova in Egitto, in mezzo agli archeologi: gli “eroi del momento”. Moto dovrà difendere le spoglie della Regina di Sheba dai cattivoni che vogliono rubarle: curioso che sono sempre cattivi quelli che rubano i tesori egiziani, ma mai quelli che se li portano via e che poi li espongono nei musei dei propri Paesi…
Il 26 gennaio 1940 la RKO rilancia con un altro investigatore letterario: Il Santo (The Saint), dai romanzi di Leslie Charteris. The Saint’s Double Trouble non è chiaro se sia tratto davvero da un fantomatico racconto di Charteris, comunque di sicuro è scritto da Ben Holmes.
Simon Templar (George Sanders) ha il compito di badare ad una mummia egizia nel suo viaggio da Il Cairo a Philadelphia, fino a consegnarla nelle mani del professor Horatio Bitts. Ma un perfido boss sta usando quell’antico resto per trasportare gioielli di contrabbando e quindi la situazione si scalda alquanto.
Bibliografia
Mummies around the World (2015) di Matt Cardin
Charlie Chan at the Movies (2004) di Ken Hanke
Wheeler & Woolsey: The Vaudeville Comic Duo and Their Films, 1929-1937 (1994) di Edward Watz
L.
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Bellissima la storia del film con la gente dalle etnie a caso XD ancora non si è perso il vizio, in America (succede nel terribile Disney Descendants – non ricordo se ci sia un genitivo sassone).
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Fa parte della cultura americana: è una cultura multietnica e quindi offende tutte le culture! 😀
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Super! Super lavoro di ricerca e super post! Oggi capita raramente di vedere due film dello stesso tema, capita più spesso vedere film senza idee 😉 Lo stereotipo razzista del nero é vergognoso. Incredibile che l’iconografia delle mummie sia ancora ferma agli anni ’30, hanno un enorme potenziale inutilizzato, e dubito che il film di Tommaso Missile sposterà molto in questo senso. Cheers!
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L’unica cosa di cui sono sicuro, è che il film di Cruise mi farà ridere tantissimo 😀
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E’ che per una qualche misteriosa ragione (di botteghino) nemmeno qui si riesce a prendere un grande mito dell’horror classico e tentare di riproporlo senza mischiarlo ad altro così, a occhio e croce, come minimo si è pensato di fare contemporaneamente Mission Impossible+Indiana Jones+The Mummy… e quindi è come se avessimo Tom Cruise in “The impossible Mummyana Jones” 😛
P.S. Siamo in due a trovare gli sketch dei Tre Marmittoni un po’ deprimenti (ma ho l’impressione che dai contemporanei la loro comicità venga in genere più citata e ricordata che non amata davvero)…
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Spero tu sia consapevole che “The Impossible Mummyanna Jones” te lo ruberò e sarà il titolo della mia futura recensione del film di Cruise 😀
I tre marmittoni sono sempre citati con reverenza, nei film americani, mentre non sento mai citare Sanlio e Ollio, che ovviamente sono parecchi universi più in alto rispetto a qualità. Può darsi sia una questione di copyright? Se in un film cito tre sfigati non devo pagare diritti mentre se cito due miti qualcosa devo sganciare?
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Probabile sia davvero così…
P.S. Ci mancherebbe altro, DEVI usare quel titolo 😛
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Interessante questa carrellata di mummie anni ’30, fra l’esotismo dei finti occhi a mandorla e quello dei fasulli set egiziani di Hollywood. Buona quella degli egiziani in India, forse faceva parte del bagaglio esotico per stupire un pubblico sempliciotto.
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L’Egitto-mania era forte e la conoscenza del mondo molto scarsa. Non che oggi sia meglio, ma con una googlata si può sapere quello che nel Novecento tutti gli spettatori ignoravano 😛
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Poveri tre marmittoni! Sará il tipico caso di comici tipicamente legati alla loro nazione. XD
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