Buford Pusser: lo sceriffo a testa alta

Il 5 gennaio 2012 pubblicai su ThrillerMagazine uno speciale sulla figura dello sceriffo Buford Pusser e sui vari film che vi si erano ispirati, testo che poi ampliai e trasformai in guest post nel marzo 2015 per un blog ormai purtroppo scomparso: Kentucky Mon Amour.
Tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo sono rattristati dalla misteriosa scomparsa nel nulla del blogger Ivano Satos, che univa la passione per l’approfondimento a quella per la condivisione: ci auguriamo tutti che la sua improvvisa e totale scomparsa dall’universo digitale sia dovuta al fatto che sia andato ad immergersi nella natura selvaggia che amava…

Visto che quel guest post è da tempo scomparso dalla Rete, e visto che oggi alle 17.30 il canale Paramount trasmetterà uno dei film citati, ne approfitto per parlarvi di uno sceriffo che andava a testa alta…

Walking Tall
Tutti i volti di Buford Pusser

La vita dello sceriffo che negli anni Settanta
“camminava a testa alta” per il Tennessee
ha ispirato una serie di storie
che arriva fino ad oggi, passando per tutti i media

Tra il 1964 ed il 1970 nella contea di McNairy (Tennessee) uno sceriffo locale, appena ventiseienne, è diventato famoso per la sua mano pesante e per aver portato avanti una vera e propria guerra alla criminalità locale, senza esclusione di colpi: i suoi modi diretti e la sua caparbia determinazione nello sradicare la criminalità più subdola dalla contea gli hanno valso il rispetto dei cittadini e l’odio dei malfattori. Sopravvissuto a sette coltellate e a otto proiettili, come tutte le leggende è morto nel più banale dei modi: non ancora quarantenne ma già “troppo” famoso, ha perso la vita in un incidente automobilistico… che molti considerano ancora oggi per nulla casuale.

Locandina italiana del 24 maggio 1974

Un uomo del genere non può essere destinato ad altro che alla leggenda, ed ancora oggi lo sceriffo Buford Pusser è appunto leggenda. Già nel 1971 il suo connazionale W.R. Morris aveva iniziato la sua carriera di saggista con la biografia The Twelfth of August. The Story of Buford Pusser – continuando a scrivere saggi sullo sceriffo, nel 1983 e nel 1994 – ma la vera consacrazione arriva nel 1973 quando la storia “vera” viene filtrata da Hollywood: il risultato è Un duro per la legge (Walking Tall, 1973, in Italia dal 24 maggio 1974) di Phil Karlson, che tiene a battesimo l’espressione walking tall (camminando a testa alta) che accompagnerà sempre il filone.

Buford Pusser (interpretato dal giovane Joe Don Baker) torna con moglie e figlia nel suo paesino natale, nel Tennessee, dove ritrova la vita d’un tempo e la speranza di un futuro migliore. Le cose sembrano andare per il meglio, finché un vecchio amico non gli fa conoscere il cancro che sta divorando la città dall’interno: il gioco d’azzardo e tutta la criminalità che lo accompagna, un male che ha messo in ginocchio gli abitanti, e quando Pusser prova ad alzare la testa viene malmenato e quasi ucciso. Visto che lo sceriffo è corrotto e che nessuno ha il coraggio di ribellarsi ai nuovi signori della città, Pusser decide di diventare egli stesso sceriffo e comincia a fare campagna elettorale… elargendo bastonate a destra e a manca: una volta diventato sceriffo non rinuncerà al fido bastone, che diventerà suo “marchio di fabbrica”. La violenza però porta violenza, e più il nuovo sceriffo malmena e uccide criminali, più questi si fanno maggiormente spietati, arrivando ad un attentato che porterà alla morte la moglie di Pusser, Pauline (interpretata da Elizabeth Hartman) – evento purtroppo fedele alla realtà. La resa dei conti sarà all’insegna dello spargimento di sangue.

Joe Don Baker e il suo “strumento di legge”

Appena il film esce è un successo travolgente, complice anche il fatto che è un periodo di grandi giustizieri violenti al cinema, come al cinema “Dirty” Harry Callahn (noto in Italia come l’ispettore Callaghan), o in letteratura Mack Bolan l’Esecutore (e i suoi vari cloni).

Locandina italiana del 30 maggio 1977

Successo ottenuto, sequel aggiudicato: subito la Bing Crosby Productions – destinata alla chiusura di lì a qualche anno – decide di girare il seguito della pellicola, I giorni roventi del poliziotto Buford (Walking Tall Part II, 1975, in Italia dal 30 maggio 1977) di Earl Bellamy. Visti i problemi avuti con il primo film – pare che a causa dell’immagine cinematografica, il vero Pusser non riuscì a ricandidarsi sceriffo – Buford in persona decide di interpretare se stesso in questo sequel per dare la propria versione di quello che, a tutti gli effetti, è diventato il suo “personaggio”: la produzione accetta, Buford firma il contratto… ma mentre se ne torna a casa, l’auto ha un guasto in corsa e la vita dell’ex sceriffo si spenge su una strada notturna. Mentre si susseguono voci di attentato, sul set gli subentra l’attore Bo Svenson, riscuotendo ampio successo.

Il volto e la maschera

Con un cambio alla sceneggiatura e l’arrivo di Howard B. Kreitsek (che chiuderà la sua brevissima carriera proprio con lo sceriffo Pusser!), il succo del discorso non cambia: Buford, dopo l’assassinio della moglie, si fa più deciso nella sua lotta a testa bassa – ma camminando a testa alta! – contro il crimine cittadino.

Sfruttando ancora il personaggio, nel 1977 è la volta del capitolo finale, Walking Tall: Final Chapter di Jack Starrett (inedito in Italia). Il film, sceneggiato ancora da Kreitsek, racconta la triste vita di Buford – interpretato di nuovo da Bo Svenson – ormai dimesso dalla carica di sceriffo e i suoi tentativi di rifarsi una vita con il cuore affranto per la moglie persa. Ad un certo punto subentra un delizioso gioco metacinematografico: un produttore gli offre di partecipare alla lavorazione di un film che stanno facendo sulla sua vita! L’uomo accetta ma durante le riprese dell’imboscata in cui muore la moglie, cede al dolore e abbandona il ruolo di consulente tecnico del film.

Finita l’odissea in tre film dello sceriffo con il bastone, il discorso sembra chiuso. Ma il pubblico è un’amante esigente, e così appena un anno dopo il mondo televisivo riprende il personaggio con il film La legge non perdona (A Real American Hero, 1978, trasmesso da Rete4 il 7 settembre 1985 e poi scomparso nel nulla) di Lou Antonio, “riassunto” dei tre film e con protagonista un ottimo Brian Dennehy, davvero perfetto nel ruolo. Da notare che quattro anni dopo lo stesso Dennehy interpreterà uno sceriffo dal polso di ferro in un film dal titolo Rambo

Vistosi sfilato di mano il personaggio, Bo Svenson torna a vestire i panni di Buford Pusser nella serie televisiva Uno sceriffo contro tutti (Walking Tall, 1981, lo stesso anno in Italia) che con soli sette episodi basta ad accontentare il pubblico e a farlo arrivare negli anni Ottanta.

I titoli sin qui citati abbondano così tanto di vendicatori, giustizieri, eroi di guerra e Rambi vari, che un semplice sceriffo di campagna che se ne va a testa alta col suo bastone non basta più: ormai i mitragliatori e i fiumi di pallottole di Stallone e Schwarzenegger al cinema rendono il bastone di legno davvero anacronistico. Il mito comunque è tenuto vivo dai vari libri biografici che continuano ad uscire, come per esempio quello della figlia, Dwana Pusser: Walking On. A Daughter’s Journey with Legendary Sheriff Buford Pusser.

Bisogna però attendere fino alla svolta degli anni Duemila per tornare a camminare a testa alta… con qualche modifica.

Nel 2004 il buon Buford torna dall’Iraq – lui che in realtà era stato riformato per asma! – e al posto di un bastone di legno usa qualcosa di molto più pericoloso: i suoi muscoli massicci. Sto parlando del remake A testa alta (Walking Tall, 2004, dal 14 agosto dello stesso anno in Italia) di Kevin Bray, in cui Pusser viene ribattezzato Chris Vaughn ma il succo rimane identico: lo conferma il fatto che i crediti del soggetto vanno a Mort Briskin, autore della sceneggiatura di Un duro per la legge. Ad interpretare il manesco sceriffo viene chiamato Dwayne “The Rock” Johnson, celeberrimo ex wrestler che cerca di confermarsi nuova star cinematografica, sfruttando il fatto che anche il vero sceriffo del Tennessee era stato un wrestler in gioventù (sebbene probabilmente non dello stesso tipo di wrestling di The Rock). La trama segue fedelmente il primo film senza particolari modifiche, se non ovviamente l’inserimento di grosse armi e modernità varie.

(© 2004 Metro-Goldwyn-Mayer Studios Inc.)

I tempi cambiano e al cinema i buoni non possono più picchiare i cattivi in mezzo al film: bisogna aspettare il combattimento finale. Così le bastonate che negli anni Settanta lo sceriffo Pusser regalava a piene mani sono totalmente cancellate; la violenza esagerata (anche se spesso non mostrata) non va neanche lontanamente accennata: l’eroe muscoloso The Rock non fa nulla per tutta la durata del film fino al ridicolo scontro finale, dove le prende di santa ragione da un biondino grande la metà di lui! (Interpretato dall’eternamente ubiquo caratterista Neal McDonough.)

Quando si comincia a camminare a testa alta, poi è difficile tornare indietro. Il primo remake – sebbene deludente sotto tutti i punti di vista – inevitabilmente dà vita ad altri immancabili sequel. Nel 2007 il decisamente meno muscoloso – e meno espressivo – Kevin Sorbo (attore televisivo noto per il suo Hercules) sostituisce The Rock nel ruolo dello sceriffo ripulisci-città in due film tanto pessimi quanto slegati fra loro e il resto della saga: Walking Tall 2. La rivincita (The Payback) e Walking Tall 3. Giustizia personale (Lone Justice), diretti lo stesso 2007 da Tripp Reed. La qualità è davvero infima, al di sotto di ogni altro film della saga.

Nel tentativo di confondere le acque e di evitare confronti imbarazzanti, il protagonista si chiama qui Nick Prescott e alla sceneggiatura ci sono nomi nuovi – Brian Strasmann per il primo film e Joe Halpin per il secondo – ma il risultato non cambia: lo spirito del film è quello di Walking Tall (come appunto recita il titolo) ma la qualità è drammatica.

Ehi, Kevin Sorbo: dov’è il famoso bastone?

I tempi cambiano, si diceva, e il gioco d’azzardo e lo sfruttamento della prostituzione non sono più crimini credibili al cinema: tutti ci si dedicano! Così gli sceneggiatori ripiegano sugli spacciatori di droga. In entrambi i film il protagonista sarà muto e inutile testimone della spietatezza di alcuni signori della droga finché alla fine arriva lui e riporta l’ordine a suon di aria fresca (perché l’attore non è in grado di dare neanche una bastonata!), nelle scene più prive di violenza che mai siano apparse su schermo.

Non è più tempo di eroi solitari, di giustizieri e vendicatori, ma lo spirito di Buford Pusser è immortale. Attraverso cinema, telefilm, Film-TV e home video, il messaggio è sempre quello: bisogna “camminare a testa alta”… e dare qualche sonora bastonata quando serve.

L.

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39 risposte a Buford Pusser: lo sceriffo a testa alta

  1. Zio Portillo ha detto:

    Ho visto solo il (mediocre) film con The Rock senza conoscere minimamente tutti i retroscena e gli antefatti. E senza aver nemmeno sentito nominare i “Walking Tall” precedenti e il buon Pusser.

    Anzi, colgo l’occasione e faccio outing: i vari “Dirty Harry” con Eastwood, i “Giustiziere della Notte” con Bronson o i poliziotteschi con il nostrano Merli e compagnia bella, seppur visti e rivisti (grazie papà! Grazie nonno! ‘tacci vostri se ve ne siete mai persi uno in tv!) non mi sono mai piaciuti.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      ahahah i parenti fanno sempre dei danni 😀 Quelli di Merli li sto recuperando ogni tanto ora, che all’epoca per fortuna in famiglia non piacevano, ma avendo mia madre grande fan di Charles Bronson in pratica mi sono visto più volte la sua filmografia 😛
      Callaghan secondo me va visto pensando al periodo e alla cultura in cui è nato, agli albori del fenomeno dei giustizieri che in Italia abbiamo conosciuto un decennio dopo e solo in minima parte.
      Per parafrasare l’ottima battuta di un pessimo film, Callaghan non è un giustiziere né un vendicatore… è un punitore! E non a caso nasce insieme al Punitore, ed entrambi condividono l’essere figli di Mack Bolan: la giustizia che distribuisce piombo caldo nasce nei libri action del ’69, Callaghan si è limitata a renderla famosa con un bravo attore.
      I tempi lunghi e una sceneggiatura ridotta all’osso non mi fanno apprezzare il ciclo di Dirty Harry: mi sono divertito molto di più con il primo dei romanzi tratti dalla serie, con un protagonista razzista che va in giro ad ammazzare la qualunque 😀 Se non ricordo male spara ad una lesbica senza problemi morali: in fondo era lesbica, no? 😀 Quei romanzi erano “troppo” anche per il 1982 in cui sono usciti in Italia: oggi li brucerebbero 😀

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      • Zio Portillo ha detto:

        Hai ragione sul fatto che il “giustiziere” sia figlio del suo tempo e la proliferazione del genere (con i vari cloni più o meno azzeccati) era la classica legge della domanda e dell’offerta. Il pubblico richiede, Hollywood dà. Sarei veramente curioso di sapere com’erano New York o L.A. negli anni 60-70. A guardare le varie pellicole dell’epoca (penso anche a “I Guerrieri della Notte” o alla “security” che fornirono gli Hells Angels ai Rolling Stones) sembra veramente che non si potesse uscire di casa dalle 22 alle 8 del mattina. Hai mai trattato l’argomento con un ciclo di post? Credo ci sia materiale a sufficienza per tirare avanti un bel po’…

        Molto interessante lo spunto sulla “cattiveria” e la moralità di Callaghan che salva gli innocenti dai soprusi, vuole la legge sopra ad ogni cosa ma spara alle lesbiche senza pensarci. Ora una scena del genere in un romanzo o in un film sarebbe impensabile.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Uhhh se dovessi affrontare l’argomento nei film non finirei più 😀 Ogni tanto ci capito di striscio ma già sono impelagato in tanti di quei cicli che vorrei intanto cercare di finirne qualcuno 😛 Però ovviamente ora che ne abbiamo parlato l’idea mi stuzzica e guarda se alla fine non inizio davvero… 😀
        La moda arrivò fino in Giappone e fece la fortuna di Sonny Chiba, il cui Streetfighter in fondo era un Callaghan marziale: solo che in confronto alla violenza di Chiba l’Eastwood americano sembrava Don Matteo 😛

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    • Willy l'Orbo ha detto:

      Similmente allo “zio” ho visto solo il film con The Rock senza conoscere retroscena ed antefatti. Spezzo però una lancia per il wrestler ex WWE: è vero che il suo film è mediocre ma quando lo passano in tv (spesso) riesco a trovarlo accettabile per non cadere preda di sonno immediato…a differenza degli indegnissimi sequel!

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  2. Denis ha detto:

    Bo Svenson me l’ho ricordo nel ruolo di sceriffo nel Rambo nostrano Thunder e Joe Don Baker compariva spesso come caratterista nei film mi sembra di averlo visto in Goldneye e Il mondo non basta e Cape Fear di Scorsese,di The Rock e strano che non da legnate in WWE faceva match spesso violenti in uno riempi di sediate Mick Foley davanti alla moglie,comunque nei ’70 i fisici erano meno scolpiti ma noi ricordiamo il wrestling moderno con il ritorno di Hulk Hogan nel 1984 nella WWE e da li esplose il fenomeno giunto anche da noi.
    Quindi Ivano Satos e sparito ecco perchè non ritrovao più i suoi blog.

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  3. Conte Gracula ha detto:

    Persi tutti, ma devo dire che è un genere che, superata una certa età, non mi cattura.
    Mi chiedo solo cosa ne pensi Iolao 😛

    En passant, mi è tornato in mente un film di Hercules, con protagonista un energumeno dal visetto pulito chiamato Telfer: il budget era così basso che hanno dimezzato le fatiche, magari è abbastanza Z…

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  4. Cassidy ha detto:

    Quando ho visto il film con The Rock ho pensato “L’originale è sicuramente meglio”. Ottimo post che mi ha ricordato che sarebbe davvero ora per me di recuperarlo l’originale, questo tipo di personaggio che fa il bullo con i bulli, cinematograficamente parlando mi piace sempre. Ed in effetti uno che di nome faceva Buford Pusser sarà diventato un castiga matti memore delle mille prese in giro scolastiche 😉 No scherzi a parte l’approccio “dove non arriva la giustizia, arriveranno i bastonazzi” di solito regala bei film, grazie per l’ottimo post tematico 😉 Dispiace molto anche a me che Ivano Satos sia sparito, lo leggevo sempre con piacere. Cheers!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      I primi film sono Anni ’70 spinti, ma se ti capita te li consiglio. Quelli con Kevin Sorbo sono da arrossire dall’imbarazzo: mi sta simpatico Kevin perché è sempre capace di buon autoironia, ma fa dei ruoli da prendelo a bastonate! 😀

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  5. loscalzo1979 ha detto:

    Il remake con Sorbo m’era sfuggito

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  6. Giuseppe ha detto:

    Non vorrei dire ma, a meno di una probabile ma antidiluviana visione del primo film (e non ne sono del tutto sicuro), credo che il Buford Pusser di Joe Don Baker e successivi manchi del tutto alla mia lista di “giustizieri” (U.S.A, nostrani e pure britannici come l’ispettore Jack Regan)…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Temo che da noi nessuno di questi film abbia ricevuto il benché minimo interesse, visto che il terzo è pure inedito. Eppure la serie TV è arrivata, ma il povero Puss non ce l’ha mai fatta a superare in fama i suoi illustri colleghi 😉

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