La Storia e la Finzione: Dunkirk (2017)

Il cinema contemporaneo è come una scatola di cioccolatini: tutti a guardare la scatola, mai nessuno che provi ad aprirla. Forse perché è chiaro che dentro è vuota.
Visto che Dunkirk – presentato in anteprima londinese il 13 luglio 2017 e giunto nelle sale italiane il 31 agosto successivo – viene osannato da tutti i pizzi, non sarà un problema per nessuno se lo sbatacchio un po’.
Ricordo subito che per una recensione appassionata c’è La Bara Volante, per una ancora più positiva c’è CineFatti e per una più (giustamente) disincantata c’è L’Ultimo Spettacolo.

In occasione del film mi sono comprato in digitale e letto il bel saggio Dunkerque. 26 maggio – 4 giugno 1940: storia dell’operazione Dynamo (Mondadori 2017) di Franco Cardini e Sergio Valzania (spero che i nomi vi siano familiari), per capire un evento storico che ho sempre sentito citare senza sapere bene in cosa consistesse. A quanto pare il regista e sceneggiatore Christopher Nolan non ha ritenuto opportuno fare lo stesso approfondimento, prima di prendere un tovagliolo dal bar e scrivere su un angolo il soggetto del film.
Ecco perché, seguendo Cardini e Valzania – di cui troverete citazioni nel testo – trovo opportuno una premessa che ci spieghi come siamo arrivati su una spiaggia alla fine dell’Europa.

Se volete, usando l’indice potete saltare la premessa, ma la metto perché un giorno questo post diventerà uno dei Libri del Zinefilo e quindi mi piace “allargarmi”.


Indice:


Premessa
L’incidente di Machelen

Il Conte Gracula mi ha fatto conoscere questo frizzante racconto di un evento della Seconda guerra mondiale: avendolo adorato decido di usare uno stile simile per raccontare questo verissimo ma incredibile evento.

Fine 1939. In uno stanzone i generali di Hitler si stanno spaccando la testa: devono scrivere il Fall Gelb, l'”evento giallo”, il piano per invadere la Francia che però, con la linea Maginot, ha chiuso tutti i suoi confini. Rimane aperto solo il tratto del Belgio, quindi l’unica soluzione è passare di lì.
«Potremmo usare il piano di Schlieffen», propone uno. «È già stato usato nel 1914 e nel 1870.»
«Ha funzionato?»
«Insomma…»
«Ok, usiamo quello.»
Il generale Erich Von Manstein alza la mano. «Scusate, sono mesi che sto mandando promemoria che nessuno legge, ho io il piano perfetto. Tutti si aspettano che passiamo nell’unico punto disponibile e le truppe nemiche sono già lì ad aspettarci, invece noi passiamo da un’altra parte e prendiamo le truppe nemiche alle spalle.»
«Ecco, hai detto la cazzata giornaliera: sei soddisfatto? Perché non te ne vai a guardare il fronte russo? Va’ in Russia, va’, e mandaci una cartolina: dasvidania

Erich Von Manstein (a sinistra, con le mani sul tavolo) parla ad Hitler

Sbattuto Manstein al fronte russo, i generali preparano il più pigro, scontato e banale piano che possano pensare, dopo molti mesi di lavoro. Scrivono tutto e affidano la cartellina al maggiore Helmuth Reinberger. «Porta tutto a Colonia», gli viene detto.
«Agli ordini. Prendo il primo aereo e…»
«Ma sei matto?» lo bloccano. «L’aereo è un mezzo troppo insicuro, se ci sono problemi e magari sei costretto ad atterrare su suolo francese è la fine del piano. No, prendi il treno: è più lento ma più sicuro.»
«Ma magari…»
«Non ti distrarre, e ripeti con me: treno sì, aereo no.»
Reinberger esce e incontra il vecchio amico Erich Hoenmanns, e chiacchierando scopre che anche lui sta andando alla stessa riunione e Colonia. «Andiamo insieme», gli propone l’amico. «Ti porto con il mio aereo privato.»
Reinberger si gira e vede uno striscione penzolare dall’edificio del quartier generale: “Treno sì, aereo no”. «Ok», dice, «vengo con te in aereo.»

Ritrovatosi su un minuscolo biposto, Reinberger chiede all’amico se quell’apparecchio sia sicuro. «Scherzi?» gli risponde Hoenmanns. «Questo aereo non cadrà MAI!» Cinque minuti dopo comincia a cadere.
Ritrovatosi su territorio francese per colpa di un guasto, Hoenmanns non perde l’ottimismo. «Consoliamoci, poteva andare peggio.»
«E come?»
«Be’, potevamo avere dei documenti segretissimi che ora finirebbero in mano al nemico.»
Reinberger si batte una mano sulla testa. «Ecco cos’era quella cartellina! Presto, dobbiamo bruciare tutto.»
Si tastano ogni tasca ma, non essendo fumatori, nessuno dei due ha modo di accendere un fuoco. Così scatta la grande genialità che contraddistingue gli uomini del Terzo Reich.
Reinberger raggiunge un contadino del posto e gli chiede: «Scusi, buon uomo, devo bruciare i piani segretissimi per invadere il vostro Paese e dominarvi tutti: non è che per caso ha un accendino?»
Il contadino lo guarda per un attimo e risponde: «Sì, ma l’ho lasciato nell’altra giacca. Rimanete qui, che torno subito.»
I contadini francesi sono infidi e cosa ti fa quello? Torna con un gendarme: in un lampo i documenti segretissimi finiscono prima nelle mani francesi poi in quelle inglesi.

I due geni di Machelen

Appena Hitler è informato dell’accaduto va su tutte le furie. Mesi e mesi per partorire un ridicolo piano che non avrebbe mai funzionato gettati al vento. Non si può più aspettare, bisogna agire ma nessuno ha un piano in mente.
«Basterebbe il primo stronzo che passa…»
«Eccolo!» grida Manstein.
Per una serie di circostanze fortuite Manstein era riuscito a far sapere ad Hitler di avere un piano fresco fresco, e finalmente riesce ad ottenere undienza. Dopo un’ora di conversazione segretissima, il Führer esce dalla stanza e va dai generali.
«Io ho un nuovo piano, pensato da me medesimo. Tutti si aspettano che passiamo nell’unico punto disponibile e le truppe nemiche sono già lì ad aspettarci, invece noi passiamo da un’altra parte e prendiamo le truppe nemiche alle spalle.»
Tutti nella stanza si gelano: è il piano di Manstein. Tutti lo sanno, Manstein fermava la gente per strada per raccontare il suo piano, se fosse esistito facebook quel piano avrebbe campeggiato sul suo profilo. I generali si guardano e decidono di adottare la tecnica italiana: totale servilismo.
«Evviva il nostro Führer! Perché è un bravo nazista, perché è un bravo nazista…»
Hitler si inchina e poi comincia a darsi manate sulla testa. «Ma come mi vengono, certe idee, ma come mi vengono? E che chezzo…»

I piani presi in considerazione

Mi sono preso licenze umoristiche ma la storia è verissima, anche se ha un retroscena molto meno noto.
Nel suo Dunkirk: Fight to the Last Man (2007) l’autore Hugh Sebag-Montefiore afferma che il ritrovamento di un documento del Reichskriegsgericht (il Tribunale di guerra tedesco) che si credeva facesse parte di una serie di carte date alle fiamme sul finire della guerra, fa pensare che potrebbero aver sospettato bene gli inglesi all’epoca: potrebbe non essere stato un incidente aereo, Hoenmanns potrebbe aver volutamente portato Machelen e i suoi piani segreti in territorio francese proprio per passare le informazioni al nemico. E Hitler lo sapeva benissimo: voleva che gli inglesi sbarcassero nel Belgio per dare man forte ai francesi così da avere la scusa per invadere: se la neutralità del Belgio è violata dagli inglesi… può violarla pure lui!
Non mancano certo ipotesi e cospirazioni in quel Crying Game che è stata la Seconda guerra mondiale: preferisco pensare che l’episodio si sia svolto come mi sono divertito a raccontarlo io.


Quando Dunkerque divenne Dunkirk

La vittoria di Hitler lascia tutti sorpresi. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale tutti i generali, di ogni fazione, pensano di ripetere quanto fatto nella prima, cioè la guerra di posizione. Per un puro caso – come abbiamo visto – Hitler adotta invece un piano diverso, una guerra dinamica e di movimento che nessuno si aspetta, e vince su tutta la linea.
Mentre i nazisti invadono a spron battuto i francesi e i loro alleati inglesi arretrano sempre più su territorio francese, fino alle spiagge di Dunkerque… aspetta, ma che nome è?

Christopher Nolan spiega al protagonista che non dovrà parlare mai

Prendete un qualsiasi film di lingua inglese, una qualsiasi serie televisiva, animata o qualsiasi altro prodotto di lingua inglese in una qualsiasi data degli ultimi cento anni: appena un personaggio sogna di fare un viaggio, sta per fare un viaggio, fa un viaggio o torna da un viaggio, nel 99% dei casi la meta è Parigi. (Esistono casi in cui la meta è il Messico o addirittura l’Italia, ma sono rarità.)
Da cent’anni a questa parte gli anglofoni in narrativa conoscono solamente Parigi e credono che la Francia sia tutta lì: non esistono altre città nell’immaginario collettivo inglese.

Il porto di Dunkerque all’arrivo della Royal Navy (IWM C1720)

Quando Christopher Nolan si presenta alla Warner con il progetto su un film ambientato a Dunkerque, i dirigenti lo guardano allibiti: «Cos’è Dunkerque?»
«Una località francese che…»
«Forse intendevi Parigi: la Francia è Parigi.»
«No, Dunkerque è un lembo di terra in realtà belga da cui francesi e inglesi…»
«Senti, sarai pure Nolan e ci piace il tuo puzzismo sottonasale, ma se ambienti un film in Francia devi dire Parigi, altrimenti nessuno capisce.»
«Ma qui c’è il mare, come fa ad essere Parigi?»
«Facciamo così, chiamiamolo Dunkirk, così è chiaro a tutti che questo film parla di inglesi, a cui i francesi gli fanno schifo.»
Seguo l’esempio della Warner e chiamo la località Dancherco: se loro anglesizzano, io sono autorizzato ad italianizzare.

Truppe in attesa (IWM HU1528)

Quasi 400 mila soldati – fra inglesi e francesi – si ritrovano assediati su uno stretto lembo di terra, in attesa di essere imbarcati e portati in salvo dall’avanzata nazista. Le acque sono infestate da mine e sottomarini, pronti a colpire ogni nave che arrivi a raccogliere i superstiti. Comincia così la pericolosissima Operazione Dynamo, in cui un numero impressionante di imbarcazioni di ogni tipo viene impiegato per traghettare i soldati inglesi da Dancherco a Dover, dall’altra parte della Manica.

Rotte d’evacuazione (da Osprey Campaign n. 219, 2010)

Il problema era che le grandi navi, quelle con molta capienza, non potevano arrivare facilmente al porto, men che meno alla spiaggia, quindi c’era bisogno di piccole imbarcazioni che facessero la spola. Le navi migliori erano i traghetti, che già erano abituati a portare molti passeggeri su e giù per la Manica.

Navi sul Tamigi pronte a partire (IWM HU3384)

L’operazione dura nove giorni e il grosso delle vittime viene dai sottomarini. I terribili U-boot tedeschi battono la zona, visto poi che le vicine Danimarca e Svezia sono in mani naziste, e se una nave inglese finisce nel mirino non c’è scampo. In una sola azione, con un solo siluro, una notte un sottomarino tedesco affonda la Wakeful provocando 800 morti in mare con un colpo solo: in pratica il bilancio della USS Indianapolis in acque strapiene di altri navi da colpire.

Veduta della Manica (IWM C1715)

Malgrado l’opinione di molti storici, i dati parlano chiaro: gli aerei che bombardavano la zona erano l’ultimo dei problemi. La possibilità che i piloti riuscissero a beccare dall’alto delle navi in mezzo al mare era molto bassa: i veri massacri li hanno compiuti i sottomarini, che non lasciavano scampo.

«In due soli attacchi la Kriegsmarine aveva inflitto alla Royal Navy perdite maggiori di quelle causate dai bombardamenti aerei di un’intera giornata.»

Il cacciatorpediniere francese Bourrasque con 880 soldati affondato da una mina (IWM HU2280)

E i francesi? Teoricamente erano alleati degli inglesi, ma solo ad un certo punto ci si ricordò di loro: quando si vide che il salvataggio degli inglesi procedeva spedito, venne dato l’ordine alla Royal Navy di imbarcare un numero pari di inglesi e francesi.
Questo non evitò incresciosi malfunzionamenti, tanto che pare accertato che una notte arrivarono delle navi inglesi che non trovarono alcun inglese da imbarcare, mentre il pontile d’attracco era pieno di francesi che aspettavano loro navi che non vennero mai. L’organizzazione non era proprio perfetta.

«Quanti ponti fecero saltare allora i britannici per coprire la loro ritirata e senza preoccuparsi di sapere se in tal modo non tagliavano la nostra! Furono anche visti distruggere prematuramente, nonostante le proteste dell’ingegnere, la centrale telefonica interurbana di Lille, togliendo così alla I Armata la quasi totalità dei suoi mezzi di trasmissione».

A parlare è un testimone d’accezione, un ufficiale francese che riuscì a mettersi in salvo su una nave inglese e riuscì in seguito a scrivere di quell’esperienza: il celebre storico Marc Bloch, una delle colonne portanti della storiografia europea.
Tantissimi suoi connazionali non furono così fortunati.

Cacciatorpediniere britannico che torna a casa (IWM H1640)

Il 2 giugno il capitano di vascello William Tennant trasmette il secco messaggio “BEF evacuato”. L’Operazione Dynamo è conclusa, per quel che riguarda gli inglesi è tutto finito.
Quando il 4 giugno il generale Maurice Beaufrère firma la capitolazione, i nazisti fanno prigionieri fra i 30.000 e i 40.000 soldati rimasti sulla spiaggia. Sono tutti francesi. Tanto per ricordare quanto gli inglesi tenessero ai loro alleati…
A queste decine di migliaia di soldati il film Dunkirk sputa in faccia.


La finzione

Capitano William G. Tennant

La storia di Dancherco è da una parte spettacolare – con centinaia di migliaia di soldati accampati sulle spiagge e centinaia di navi a fare lo slalom fra i sottomarini – ma dall’altra povera di protagonisti. Non è una storia “umana”, non ci sono eroi o vinti, è una semplice pratica burocratica evasa con gran dispendio di risorse. (E, in guerra, le vite umane sono risorse.)
L’unico protagonista degno di nota è il capitano di vascello William Tennant, incaricato di organizzare le operazioni di evacuazione, che nel film però viene sostituito da un comandante Bolton interpretato da Kenneth Branagh, scelta forse dettata dalla vergogna: il personaggio sarà protagonista di un falso storico così titanico che probabilmente hanno cambiato il nome per non infamare Tennant… (Non rivelo quale sia perché avviene proprio alla fine del film e non voglio rovinarvi la risata liberatrice che suggella l’esperienza!)

Nolan avrebbe potuto inventare dei personaggi ma in realtà non sarebbe servito a nulla: tutti i soldati sono in balia degli eventi, così come i capitani delle navi tentano la sorte sperando di non essere affondati: nessuno in realtà “fa” qualcosa di rilevante a livello cinematografico. Non ci sono azioni coraggiose, colpi di mano o qualsiasi altra cosa il genere warmovie classico ci ha insegnato ad aspettarci.
Nolan però non vede tutto questo come un problema bensì come un’opportunità: nel cinema contemporaneo conta solo l’apparenza, i bei paesaggi e la fotografia fighetta. Non serve altro. E Nolan non ha certo problemi in questo.

Solo un genio visivo come Nolan poteva mettere una fila di comparse su un pontile…

Molto si sono esaltate le esplosioni che fanno saltare dallo spavento sia gli spettatori che gli attori stessi, dimenticandosi però di notare che una esplosione non è un elemento di sceneggiatura: è un’esplosione, un semplice elemento sonoro scenografico.
Così via i sommergibili, via le mine, ed ecco i molto più affascinanti aerei che fanno vruum vruum: l’unico vero pericolo mostrato dal film, sebbene fosse l’ultimo dei veri pericoli nel vero evento storico.

Solo un genio visivo come Nolan sa riprendere gli aerei in volo

Ecco dunque bei paesaggi, soldati muti, inquadrature stupende, montaggio azzeccato e grande impianto scenico. Sembra un bel film, peccato che non sia un film: è un Intervallo RAI di 100 minuti.

Blim, blim-blim blim
Dunkerque: il porto.
Blim, blim-blim blim
Dunkerque: la spiaggia.
Blim, blim-blim blim
Dunkerque: il mare.

Oh, se qualcuno dice qualcosa non è che mi offendo, eh? Invece tutti sono muti.

Ragazzi, il primo che parla lo mando a girare con Nicolas Cage, chiaro?

D’altronde le immagini parlano chiaro. Vediamo un francese brutto e cattivo, con un ghigno sul volto, sparare per errore ai bravi soldati inglesi, baluardo di giovani petti alle barbarie nemiche (come le Sturmtruppen), e quindi cosa c’è da aggiungere? I francesi sono stronzi, gli inglesi sono buoni. Fine del film.

Mi è sembrato… di sentire… un francese…

Prendete un qualsiasi prodotto cine-televisivo-letterario di lingua inglese, di qualsiasi epoca, e troverete almeno una parola di odio nei confronti dei francesi. Se Hitler invece degli ebrei avesse perseguitato i francesi, gli inglesi sarebbero stati al suo fianco.
I francesi sono puzzoni, girano col basco e la maglia a righe nere, fanno i mimi e portano la baguette sotto l’ascella: meritano di morire. Ecco così che nel film sono ritratti come topi di fogna “che saltano la fila”, come se Dancherco fosse la cassa di un supermercato!

Qui so’ tutti francesi: io me butto!

Quando i soldati francesi, brutti e cattivi, vogliono imbarcarsi, gli inglesi rispondono loro: «Avete le vostre navi!» (E meno male che erano alleati!)
Per imporre loro di arretrare dicono «Recule!», che però viene pronunciato come «enculé», “fanculo”!
Insomma, la sceneggiatura si scrive da sola: delle 10 parole pronunciate in tutto il film, 8 sono insulti ai francesi…
Scusa, Nolan, ma lo sai che ci sono anche i nazisti? Ah, non lo sapevi? Ti giuro, gli aerei che hai messo lì a bombardare non sono francesi, sono tedeschi cattivi…

Scusa, non mi ricordo: i cattivi sono i tedeschi o i francesi?

Non dimentichiamoci il caro vecchio moralismo becero da propaganda bellica americana: il fatto che si stia parlando di inglesi non esime il film da frasi che spingano i giovani spettatori ad andare subito ad arruolarsi.

«Non ci sarà più una casa se permettiamo un massacro al di là della Manica.»

Il compianto Luciano Rispoli commenterebbe: «Ma che belle parooole!»
Complimenti Nolan: hai scritto poche frasi ma tutte davvero illuminate…

A sinistra, il pezzo forte del film: Harry “One Direction” Styles


Conclusione

Una volta si compravano le scatole di cioccolatini pregustando il loro contenuto, ma la contemporaneità sembra limitarsi a molto meno: che all’interno ci siano cioccolatini (e purtroppo non ce ne sono) non conta più, l’importante è che la scatola sia bella.
Nolan è un grande professionista quindi è ovvio che la scatola sia bellissima, costruita con grande arte e grande dispendio di mezzi – pare 100 milioni di dollari, quanto è costato Alien Covenant (2017) ma con risultati decisamente migliori – il problema però è che non si è minimamente preoccupato di inserire cioccolatini all’interno.

Solo il genio visivo di Nolan sa riprendere il faccione di Tom Hardy

Dunkirk è una splendida esperienza sensoriale, e quindi è pura superficialità portata all’estremo: è il manifesto del totale disimpegno intellettivo, è come un manifesto in tempo di guerra, deve scuotere la pancia, non la testa.
Potremmo metterci a tavolino e trovare vari sottotesti alla non-trama del film, magari spacciare i ripetuti, totali e profondi fallimenti che ogni guerra anglofona dal 1945 ad oggi ha collezionato come una “vittoria”: se hanno “vinto” a Dunkerque, allora vincono tutti. Forse era più innovativo Bersani con il concetto del “vincere senza vincere”.
Potremmo trovare tanti bei significati al buum delle bombe, al vruuum degli aerei e al glu glu dei soldati, ma temo sia un lavoro sterile e posticcio.

Smooooke on the waaater…

La realtà sembra più semplice. A Nolan non fregava niente della trama perché allo spettatore medio non frega niente della trama: ormai sono tutti ciliaci, intolleranti e allergici a qualsiasi alimento non sia aria fritta, oltre che perennemente a dieta, quindi perché perdere tempo a fare degli ottimi cioccolatini quando ormai nessuno li mangia più? Meglio aria fritta, così tutti si riempiono la pancia senza problemi…

L.

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34 risposte a La Storia e la Finzione: Dunkirk (2017)

  1. Denis ha detto:

    Ho sempre trovato freddi i film di Nolan anche il tanto decantato Inception e robo che gli anime giapponesi gia trattavano tra gli anni ’80 e ’90 e un grande costruttore di immagini,non mi aspettavo un film di propoganda cosi smaccato comunque ho trovato un libro con le black ops della Seconda Guerra Mondiale e quella roba di far trovare i documenti segreti apposta pensa che sia vera.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Temo che aver creato quel capolavoro di Memento sia stato un male per Nolan, perché si è montato subito la testa non riuscendo più a ricreare la totale semplicità. Però finora aveva legato una visione cinematografica esageratamente ricca e pomposa ad una trama almeno ricca: qui semplicemente ha tolto di mezzo la trama, che tanto non frega niente a nessuno…

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  2. Conte Gracula ha detto:

    Non l’ho ancora visto, ma ormai ne ho letto seimila recensioni – è bella l’immunità agli spoiler! – e per lo più ho visto battere su due aspetti: è bello visivamente ed è interessante, ma non semplice da seguire, per i diversi piani temporali in terra, acqua e aria.
    La tua recensione stacca un bel po’ ed è interessante per questo, anche perché ci ritrovo l’odio inglese per i francesi (nel romanzo inglese ottocentesco non era raro, il francese cattivo & lascivo) e la stupidità e l’egoismo militare.

    PS: lieto di vedere che ha apprezzato La nave più pazza del mondo XD se già non li sai, Nebo ha scritto articoli simili su altri fatti militari (come gli statunitensi che si ammazzano da soli a centinaia per riconquistare uno scoglio vuoto o le terrificanti esercitazioni per il D-day, mi pare).
    Belle anche le sue recensioni-parodia di certi blockbuster, come Batman vs Superman o Pacific Rim. Se mai avessi tempo, leggiti qualcosa qua e là 😉

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  3. Zio Portillo ha detto:

    Lascio da parte il film per concentrarmi sul post. Altro pezzone da stampare e tenere a portata di mano. Non ho più aggettivi Lucius… Accontentati di un bravo! 👍🏻
    Compimenti veramente per la passione che ci metti.

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  4. Vincenzo ha detto:

    intanto grazie per la citazione… come al solito il tuo approfondimento storico è di assoluto spessore (voglio vedere chi si legge Cardini e Valzania prima di affrontare un film di Nolan, io sono andato di rendita su un libro sulla storia militare della seconda guerra mondiale, quello di Keegan, che ho letto non più di sei mesi fa, e già mi sembrava di aver fatto tanto 😉 )…
    come ho scritto nel mio post, visto dalla parte tedesca Dunkirk è stato un errore strategico pazzesco, che forse avrebbe potuto far finire la guerra già a metà del ’40 con la resa dell’Inghilterra… ma ovviamente meno male che non sia andata così…
    credo di sapere qual è il grosso errore storico finale, perché è veramente grosso, ma non lo scrivo per non spoilerizzare, visto che non ne hai voluto scrivere… ma infatti pensavo quasi di aver capito male io, ma vedo che non è così…
    io non ho voluto farmi influenzare prima di scrivere il mio post e così non ho letto recensioni (nemmeno quelle che ho citato in apertura del mio post, di cui ho letto solo le prime righe o i titoli, dove erano contenuti i giudizi citati)… nei prossimi giorni lo farò e son contento di esser partito dalla tua che, oltre ad essere molto approfondita (soprattutto sul lato storico) e condivisibile, è condita da molto humour, che non fa mai male…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ti ringrazio e sono contento ti sia divertito: dopo una visione sbadiglieggiante, mi andava di sgranchirmi un po’ nella recensione 😀
      Sicuramente il fatto che sia Nolan farà giudicare il film a priori, perché chiunque altro avesse girato una roba del genere sarebbe stato picchiato con un giornale arrotolato…

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      • Vincenzo ha detto:

        Ahahahahahahah, vero… comunque proviamo a lasciar passare il tempo e vedremo che ne sarà di Duncherco (io la vedo così)… ma invece mi interessava il tuo parere sulla teoriucola che ho scritto nella mia rece riguardo il fatto che il war movie se non è quasi morto è sicuramente in declino o comunque in evidente difficoltà, per le (almeno due) ragioni che ho evidenziato…

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        È sempre difficile parlare di declino dei generi, perché si finisce per fare la fine del western: ogni anno è morto e ogni anno rivive.
        Il warmovie è un genere amato dagli anglofoni ma è innegabile che si sia adeguato al nuovo cinema e ne segua le uniche due possibilità: 1) film Z da due soldi (tipo “War Pigs” con Dolph Lundgren che trovi nel mio blog) 2) filmone strombazzato in giro e spacciato come kolossal che in realtà è fatto col pongo.
        A parte Mel Gibson, che ha un mandato speciale, non si può sputare in faccia al nemico, non si possono dire frasi razziste e in generale tutte quelle cose che riempivano i vecchi film. Cosa rimane? La miticità, che manca totalmente a questa contemporaneità fatta solo di superficialità.
        Prendi “Quella sporca dozzina”: ogni fotogramma aspira alla grandezza, ogni inquadratura è fatta per durare, ogni dialogo è fatto per essere tramandato. Può piacere o meno, ma l’intenzione di base è fare di tutto per rimanere nella storia. Oggi nessuno fa questo, oggi anche i film più costosi stanno due settimane al cinema e poi nessuno li ricorda più: in TV passano poco e male e non esiste alcun tipo di memoria condivisa. Perché sforzarsi a creare un film memorabile? Ha ragione Nolan: due paesaggi e due inquadrature fighette e porti a casa il risultato, poi subito a pensare al prossimo inutile film. Non è più un’industria, è una fabbrica.
        Escono ancora i warmovie e il genere è ancora attivo, ma i titoli soni spesso Z o harmony come “Allied” (che comunque mi è piaciuto). Poi c’è Padre Gibson che tiene messa coi suoi film di guerra santa nell’alto dei Cieli…

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      • Andrea87 ha detto:

        Ne avevamo già discusso, ma uno dei motivi per cui il warmovie è in declino è a causa del politically correct.

        Non si possono più usare nemmeno i nazi come nemici (e se ci sono non bisogna mostrarli, come succede qui) altrimenti ti privi del mercato tedesco in cui vige ancora la famosa legge che vieta di rappresentare svastiche e simili (come i vari videogiochi della serie “Wolfenstein” che escono ogni tanto che hanno una versione tedesca totalmente censurata da quella del resto del mondo, per esempio al posto del nazi ci sono “i wolfes”, Himmler-Paradiso diventa Holler-Inferno ecc ecc), a meno che non sia un qualche film biografico…

        “Perfino” il film sulle origini di Capitan America rende Teschio Rosso non un nazi, ma uno che si approfitta dei nazi e dei loro soldi per farsi i porci comodi suoi, salvo poi sbarazzarsene quando non gli servono più! Addirittura vedendo il film ad un certo punto mi hanno anche costretto ad esclamare un “NO! Poveri crucchi!”

        Insomma, sono ben lontani i tempi de “Il giorno più lungo” in cui esserci per un attore americano era importantissimo (vedi Burton che abbandona per un giorno le riprese di Cleopatra e gira un cammeo) perchè significava far parte delle persone che salvarono il mondo… forse decisamente nazionalistico, ma per dio, era il D-Day! chi non si fomenterebbe a vedere un film sul D-Day? anche perchè al terzo film in cui c’è lo yankee esistenzialista che non si crede migliore del crucco che sta ammazzando, ti cadrebbero anche le palle…

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Incredibile, ma ancora a questo livello stanno i tedeschi? Così si perdono più della metà dell’intrattenimento: i nazisti sono ovunque! 😀
        Comunque temo che i vincoli che hanno i warmovie siano tantissimi, non ultimo il fatto che nessuno va più al cinema: oggi John Wayne girerebbe minchiatine in Bulgaria…
        In tempi in cui grasso che cola se il film copre le spese e guadagna qualcosa, bisogna andarci coi piedi di piombo e non offendere nessuno, tranne i francesi: “Dunkirk” è una enorme pernacchia in faccia ai francesi, zozzi e infami, quindi immagino che loro li si possa offendere senza problemi. Altre etnie no, e non si possono dire un mare di cose, come si poteva ai tempi d’oro, quindi abbiamo solo un prodottino per famiglie, pulitino e pettinato, che quindi è inutile e da dimenticare. Perché le famiglie al cinema vanno a vedere solo l’animazione per bambini.

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    • Andrea87 ha detto:

      >>>Per far sì che il gioco fosse vendibile in Germania, gli sviluppatori hanno rimosso la svastica nazista nella versione tedesca del gioco. Al suo posto il logo delle forze tedesche è un simbolo inventato che può essere interpretato in tre modi diversi:

      un riferimento a Quake III Arena (un gioco sviluppato in precedenza da id Software sul cui motore grafico si basa proprio Return to Castle Wolfenstein)
      un’aquila (simbolo spesso usato per rappresentare la Germania)
      la lettera W (che sta per Wolfenstein).
      Ogni riferimento al Terzo Reich è stato rimosso, infatti il giocatore non combatte i nazisti, ma una setta segreta chiamata “i Lupi” guidata da Heinrich Höller. Da sottolineare il curioso gioco di parole. Infatti Himmler richiama la parola tedesca Himmel (paradiso), mentre Höller richiama la parola Hölle (inferno).<<<

      a quanto ho capito, un prodotto del genere per la normativa tedesca è equiparabile alla pornografia infantile… cioè si offendono più i tedeschi di oggi che quelli della fine della guerra che erano davvero nazi…
      hanno ragione i griffin, quando Stewie chiede ad una guida di Berlino (o era Monaco?) perchè non c'erano notizie su cosa fosse successo tra il 33 e il 45 e quello risponde "Eravamo in vacanza… TUTTI!"

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  5. Willy l'Orbo ha detto:

    Bellissime queste commistioni tra storia e cinema e…Cardini è stato mio prof all’università di Firenze! Bella storia! 😀

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Noooooo ma davvero???? Che mito ^_^
      Oltre ai libri cartacei ho anche suoi audiodocumentari e lezioni varie in mp3 che mi sento in auto durante il mio pendolarismo. Adoro il suo stile e mi fa morire quando nelle conferenze apre così tante parentesi che si perde nei suoi stessi meandri 😀 Meglio i documentari dove deve rimanere i tema…

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  6. Willy l'Orbo ha detto:

    😉😆😆😆

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  7. Cassidy ha detto:

    Il paragone con Bersani mi sembra molto appropriato 😉 Sono riuscito a leggere questo tuo ottimo (ennessimo ottimo!) post solo ora, ma ne è valsa la pena, sull’intervallo Rai di 100 minuti sono morto dal ridere 😀

    Si potrebbe dire che il cinema non è tenuto alla veridicità storica a tutti i costi, è una tesi che mi piace difendere, ma non me la sento proprio di giocarmela per “Dunkirk” che trovo diretto alla grande (grazie per la citazione!) ma davvero siamo nella condizione per cui questo film, essendo di Nolan, era già un capolavoro prima di uscire in sala. Se Nolan dirigesse se stesso seduto sulla tazza a sfogliare Topolino, gran parte del pubblico si esalterebbe lo stesso, un pelo esagerati, giusto un po’.

    Avevo intuito che la parte sui Francesi era la frase incriminata, ok fare il film dal punto di vista dello sciovinismo Inglese (fin dal titolo tradotto) però è davvero troppo esagerato 😉 Cheers

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  8. cumbrugliume ha detto:

    Hai proprio ragione a dire che a Nolan non fregava assolutamente niente della trama, pensa che addirittura avrebbe voluto girare il film senza scrivere una sceneggiatura! Poi la moglie e produttrice gli ha fatto cambiare idea, ma l’aneddoto rende ancora più chiaro di quale sia stato l’approccio del regista, intento a filmare attimi, momenti, volti, ma non una storia e dei personaggi (che non a caso restano quasi senza nome). Per me non è necessariamente un difetto, anche perché tecnicamente Nolan (che non adoro, anche io sono tra quelli che ritengono Memento il suo film migliore) ha pochi rivali, e Dunkirk è riuscito ad immergermi (tralaltro l’acqua è un tema ricorrente nei suoi film) nel film come pochi altri titoli quest’anno.

    …nonostante non concordi sulla recensione, l’articolo è favoloso, complimenti davvero! Da stampare e studiare!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      ahahh sono per la dematerializzazione, quindi non sprecare carta a stamparlo! 😀
      Scherzi a parte, non amo questa forte tendenza all’abbandono di qualsiasi abbozzo di trama – anche se spesso sarebbe meglio un film muto che certo bojate – ma di certo se arriveremo al film-Intervallo RAI sicuramente Nolan vincerà a mani basse.

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  9. Il Moro ha detto:

    Gran pezzo. Il film ancora non l’ho visto, ma non sei l’unico a sollevare il sopracciglio in mezzo a tutti gli urlatori al capolavoro. L’idea che mi sono fatto senza vederlo è perfettamente riassunta nella parte finale del tuo articolo, quindi so già cosa aspettarmi per quando riuscirò a vederlo : un capolavoro, forse, ma solo dal punto di vista visivo.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ti ringrazio, e purtroppo è il destino dei grandi film degli ultimi anni che la critica a comando ha bollato di “capolavoro” prima ancora di averli visti: è sempre dal punto di visita visivo, mai di contenuti. Nolan era uno dei pochi a dare pari attenzione sia ad un’ottima messa in scena che a una trama corposa (che piacesse o meno), qui invece ha tirato i remi in barca. Spero che non sia il primo film di una nuova èra di totale superficialità. (Perfettamente anticipata da altri “grandi” film con trame buttate via a caso.)

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  10. Giuseppe ha detto:

    Ti dirò: queste lussuosissime e impeccabili belliche scatole regalo senza regalo mi hanno un tantino stancato… insomma, sembra che coniugare spettacolo e un minimo di attendibile versione storica (da te correttamente e ottimamente riportata) proprio non si possa fare. E così pure l’iper-tecnico Nolan -il cui Memento di gloria è passato da un pezzo, mi sa- finisce per farsi prendere la mano dal “patriottismo” di maniera 😦

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      E’ un altro “maestro del cinema” ad honorem che ha iniziato presto a campare di rendita: da anni basta dire “Nolan” che tutti si sciolgono, quindi temo che nel futuro sarà sempre peggio, con film sempre più vuoti perché tanto basta dire “Nolan” e il gioco è fatto!

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