Liane (1956) La figlia della foresta

Questo film nasce dalla guerra. Da quella Seconda guerra mondiale i cui orrori nazisti spingono a fuggire la famiglia ebrea dei Popper. Il celebre filosofo Karl Popper se ne va in Nuova Zelanda, mentre sua sorella maggiore Anne Popper, rimane più “nelle vicinanze”: si rifugia nella svizzera Ginevra, città che le riconosce l’ufficialità di rifugiata nel 1941, quand’è appena nata Marion Michael.
Marion Ilonka Michaela Delonge (ma esistono anche altre grafie) cresce in quella prussiana Königsberg che oggi è la russa Kaliningrad e come Anne Popper fuggirà dagli orrori della guerra, ma non la stessa guerra. Fuggirà dalla Guerra Fredda

Diventata attrice come Marion Michael – pseudonimo curioso che ricalca il vero nome di John Wayne (Marion Michael Morrison) – nel 1960 un incidente le blocca la carriera e comincia una lenta discesa. Nel 1975 tenta di suicidarsi ma ottiene solo una paralisi alla mano destra: andare negli USA nel 1979 le salva la vita e la dona una nuova famiglia.
Anne Popper intanto fa la ballerina finché non cambia completamente vita, passando alla narrativa romance – rimanendo sempre inedita in Italia – con il nome di Anne Day. Uno dei suoi primi romanzi ottiene un grandissimo successo e viene portato al cinema: ad interpretarlo serve una giovane attrice disinibita… e la sedicenne Marion Michael è pronta per iniziare una brevissima ma intensa carriera.

Due donne forgiate dalla guerra creano la figlia della foresta

La Arca-Filmproduktion nasce nel 1955 e muore dieci anni dopo, specializzandosi in piccoli film che strizzino gli occhi a generi più grandi – dal warmovie allo spy jamesbondesco – e quindi un bel Tarzan in gonnella ci sta bene.

«A partire dalla seconda metà degli anni ’50 la sonnolenta industria cinematografica tedesca, ancora ben lungi dall’essersi ripresa dopo gli stravolgimenti susseguenti all’esito della Seconda guerra mondiale, riceve una notevole sferzata, grazie a una serie di prodotti che ne rinvigoriscono le sorti.»

Così il saggio Sex and Violence (2003) descrive l’ambiente in cui opera la casa: e la serie di film citata nasce dal film con Marion Michael, tratto dal romanzo di Anne Day.

Locandina italiana del 6 maggio 1958

Il 4 ottobre 1956 esce nei cinema tedeschi Liane, das Mädchen aus dem Urwald, e in breve arriva nei cinema italiani – dal 6 maggio 1958 – con il titolo Liana, la figlia della foresta.

«Trovata un’adolescente che assomiglia vagamente alla Bardot (Marion Michaels) se non altro per l’estrema limitatezza dell’abbigliamento, i tedeschi l’hanno messa al centro di una vicenda erotico-coloniale»

Così scrive “Europa” il 10 maggio successivo, testimoniando la poca stima che trova in Italia quella che viene definita “saggia Tarzanina”. Dopo un paio d’anni al cinema il film scompare per sempre dal nostro Paese, eppure in patria è un grande successo.

«Liana la figlia della foresta (1956), interpretato dalla bionda Marion Michael, racconta le esotiche avventure di un esemplare femminile di pura razza ariana che svolazza di liana in liana (appunto) nella foresta equatoriale coperta da un risibile bikini – talvolta, senza neppure quello. Tutto molto casto, giocato sul vedo/non vedo (più sul secondo, a dire la verità): ma il film incontra un successo fenomenale, e ha due seguiti.»

Ci fidiamo del citato saggio Sex and Violence (2003).

Titolo dell’edizione anglofona

Durante una missione di Amburgo in Africa, curata dal professor Danner (Rolf von Nauckhoff), il cameraman Thoren (Hardy Krüger) con la sua scorta di servitori neri si addentra nella foresta per girare scene faunistiche: un’occasione per mostrare lunghe sequenze di animali in natura che sicuramente attiravano gli spettatori dell’epoca.
D’un tratto Thoren e i suoi sono aggrediti da una tribù di cacciatori e l’uomo bianco sta per essere ucciso quando il selvaggio viene fermato: il comando arriva da una ragazza bianca giovanissima, vestita solo di un perizoma svolazzante.

L’unico momento hot del film

Tornato alla base, il racconto di Thoren spinge il bieco Keller (Reinhard Kolldehoff) ad organizzare una battuta di caccia e catturare la ragazza bianca, senza rendersi conto che così facendo scatena le ire della tribù di cacciatori, che farà di tutto per salvarla.

Subito Liane perde la sua naturale nudità

Superata la crisi, la giovane prigioniera riceve le amorevoli attenzioni dei ricercatori, soprattutto della dottoressa Jacqueline Goddard (Irène Galter), innamorata segretamente di Thoren e quindi gelosa delle attenzioni che egli riserba alla selvaggia.

Mi ricordo quella notte a Mogadiscio…

Intanto la notizia del ritrovamento arriva in patria e colpisce l’attenzione del vecchio Theo Amelongen (Rudolf Forster): che questa bianca della foresta sia la nipotina dispersa in Africa diciotto anni prima? Ne parla con il mellifluo Viktor (Reggie Nalder) a cui ha affidato il proprio impero commerciale, pregandolo di indagare: l’uomo ovviamente non ha alcun interesse a che esca fuori una scomoda erede dell’impero Amelongen che lui stesso sta amministrando, così farà di tutto per impedire ogni indagine sulla faccenda.
Vistosi ostacolato in ogni intento dal giovane Thoren, molto protettivo, Viktor giungerà ad uccidere il vecchio Theo così da incolpare la ragazza e diventare proprietario dell’ingente patrimonio di famiglia: ovviamente sarà subito smascherato e punito.

Una casa di ricchi borghesi: mille volte più pericolosa della foresta africana

Non so giudicare il romanzo originale, introvabile anche in inglese, ma il film è davvero una robbetta datatissima che non fa che ricopiare Tarzan semplicemente al femminile. Ci aggiunge un po’ di romance con la povera dottoressa Goddard eternamente innamorata del bel Thoren, ma è tutta roba appiccicata al volo.

Fotobusta italiana

L’unico motivo che tiene in vita il film è ovviamente la acerba bellezza della minorenne Marion, che interpreta la selvaggia Kìai-ì che dal vivere nuda e libera si ritrova costretta a subire i dettami della “vita civile”, a vestire i panni della ricca e riverita Liane, lei che vorrebbe solo giocare con il suo leoncino Sinba.
Il tema quindi è esattamente quello di Tarzan, non dimentichiamo che il genere Jungle Girl prevede la totale sudditanza della donna: quando Liane torna nella foresta a fine film… lo fa solo per una gita, accompagnata da Thoren. E mica possiamo mandare sole le nostre donne, negli anni Cinquanta!

Fotobusta italiana

«Tarzan in gonnella. Si fa per dire, poiché questa selvaggia fanciulla bianca, catturata da una spedizione scientifica nella foresta africana, non indossa indumento di sorta, anche se il pudore è salvo grazie alla folta capigliatura bionda che la ricopre tutta, o quasi»: così “Europa” del 7 maggio 1958 commenta l’arrivo del film in Italia.

«Il film, a colori, affastella alla rinfusa gli ingredienti del genere avventuroso, sentimentale e anche poliziesco non disdegnando di servirsi dei ciarpami di un erotismo fuori moda per delineare la figura della protagonista. La quale è la quindicenne, o poco più, Marion Michael dalle linee ancora acerbe ma con un visino già troppo maturo, pomposamente, e affrettatamente, battezzata come la Brigitte Bardot tedesca.»

Insomma, già all’epoca l’ammiccante versione femminile di Tarzan non convinse affatto.

Riprendi quella bionda nuda: il resto del film viene da sé

Le divertite scene dove Liane fa la “selvaggia” e zompa di qua e di là, mentre tutti le corrono dietro, sono momenti di leggerezza non certo invecchiati bene, però si sente che è quella la forza del film: la commedia degli equivoci per cui una giovane seminuda porta scompiglio nell’impettita società borghese. E sicuramente la sequenza in cui la sedicenne Marion, in camicia da notte, si siede a terra a gambe larghe deve aver provocato del friccicore nei cuori degli spettatori dell’epoca, così come ciondolare nuda da una liana. Tecnicamente non si vede mai niente, sono tutte immagini morigeratissime dove tutto è coperto, ma rimane sempre un film “bollente”.

Il essere però altro che un semplice plagio di Tarzan in versione femminile lo rende un film dimenticabile oltre che molto datato.

Bibliografia

Roberto Curti e Tommaso La Selva, Sex and Violence. Percorsi nel cinema estremo (2003), Lindau 2005

L.

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13 risposte a Liane (1956) La figlia della foresta

  1. Cassidy ha detto:

    Penso che la tua ultima didascalia, riassuma davvero tutto il film 😉
    Complimenti per la tua capacità di scovare titoli davvero ovunque! Ma come è pronunciato il nome della protagonista?
    All’ammeriGGana cioè tipo “Diane”? In ogni caso Liane è un nome geniale per una Jungle Girl 😉 Cheers

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  2. Conte Gracula ha detto:

    ‘sti film di donne perse nella giungla da bambine, negli anni ’50, sono come i film di zombie oggi: fotocopiati! XD
    Il “buon selvaggio” va riportato nella civiltà moderna vai a sapere perché, tanto ci si troverà da schifo perché non ha ma visto nemmeno, boh, una maniglia.
    E se è donna le va pure peggio!
    Vabbè che ‘sta roba sarà pure figlia del suo tempo, ma mi chiedo come potessero vedere diecimila volte la stessa storia, gli spettatori del passato.
    Poi mi ricordo dei seicento cinepanettoni, degli otto Fast & Furious, dei manga di menare (quasi) tutti uguali… e mi vien voglia di dare capocciate agli spigoli 😛

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Appunto, è la serialità, è il cinema di genere che sfrutta un filone fin quando fa male, fin quando ce n’è…
      E ringrazia che oggi le mode durano un mese: Tarzan ha dimostrato che una moda totalmente aleatoria può durare come minimo 80 anni, passati a raccontare la stessa identica storia nello stesso identico modo. Altro che zombie 😀

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  3. Giuseppe ha detto:

    Non si può certo dire che il ruolo di Jungle Girl le abbia portato fortuna, tutt’altro…
    P.S. Una casa dove c’è Reggie Nalder non può non essere pericolosa, per definizione 😉

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  4. Ivano Landi ha detto:

    Non so nelle versioni italiana e inglese, ma io ho la versione tedesca e lì l’attrice fa abbondante mostra del suo seno nudo. Tra l’altro, proprio il mese scorso sono stato a un passo dall’acquistare il cineromanzo italiano del film, ma mi sono fermato quando mi sono accorto che in tutte le scene in cui l’attrice appare con il seno in bella vista, il seno è coperto da pennellate di inchiostro blu. Davvero inguardabile!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ah, ma vuoi vedere che nello stesso momento stavamo guardando insieme quel cineromanzo? Io ero su eBay, ma il prezzo mi è sembrato troppo alto per un semplice capriccio e mi sono fermato.
      Non mi stupirebbe che la versione inglese fosse censurata (quella italiana purtroppo temo sia perduta): alla prima occasione mi guardo il film – di pubblico dominio su Archive.org – e faccio un confronto 😉

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  5. Ivano Landi ha detto:

    Posso chiederglielo. Devo vederlo domenica 28.

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