Nuovo appuntamento per raccontare i miei venerdì con Jason.
Parlando del 1996 come dell’anno che ha “ucciso” il genere action costoso, ho elencato le bassissime cifre incassate da grandi filmoni di serie A durante il loro primo weekend di programmazione, e magari molti ancora obiettano che non è un segno negativo, se poi sommando tutti gli entroiti la somma finale magari si triplica. Eppure ancora oggi il primo weekend di programmazione continua ad essere un sensore di come sarà giudicato il film.
E lo era anche nel 1984, quando uscì il quarto capitolo di questa saga e a fronte di 2 milioni di budget nel primo weekend ne incassò ben 11! Sembra strano, ma questa incredibile cifra conta più dei 32 milioni incassati in totale.
Con un successo così palese, quel titolo – “capitolo finale” – è una promessa che non può essere mantenuta…
Friday the 13th: A New Beginning esce in patria il 22 marzo 1985 ma arriva nelle sale italiane solo 14 agosto 1986 con il titolo Venerdì 13: il terrore continua, e con una locandina molto più attinente a Non aprite quella porta (1974). (Non credo sia casuale il fatto che il sequel di quest’ultimo film esca in patria americana otto giorni dopo: l’eco del ritorno di Leatherface ha colpito i grafici molto più del povero Jason, sebbene entrambi condividano tanto una maschera facciale quanto una motosega.)
Esce in VHS CIC Video / Paramount nel maggio 1988 con una locandina molto più “jasoniana” – come si vede qui a sinistra – e la sola Paramount lo ristampa in DVD (sia noleggio che vendita) il 18 marzo 2002 insieme al sesto episodio. Curiosamente riappare in VHS il 20 ottobre 2004 in una ristampa generale dell’intero ciclo (fino all’ottavo episodio), probabilmente fra gli ultimi titoli di questo formato.
Il primo passaggio televisivo noto è quello di venerdì 20 gennaio 1989, in seconda serata su Italia1.
Regista e sceneggiatore non contano, è gente di passaggio e non lascia alcun segno di sé. Ciò che conta è il nuovo curatore degli effetti speciali, David B. Miller, che ha appena finito di lavorare a Cocoon (1985). Per scelte di censura il suo lavoro è più facile, visto che la maggior parte dei morti in questo film sono reveals: R.H. Martin su “Fangoria” n. 45 (giugno 1985) ci spiega che si tratta di un termine cinematografico che intende victims following an off-screen death. Quindi non vediamo la loro morte ma solo ciò che ne consegue, cioè i cadaveri più o meno insanguinati.
Nel citato articolo Miller dice che è meglio così, perché arrivava sul set il giorno delle riprese, spargeva sangue e budella e il gioco era fatto. «Vorrei scusarmi con i fan che avrebbero preferito vedere qualcosa di più…»
Il problema principale del film è proprio questo: che si vede poco o niente. Siamo drammaticamente lontani dall’episodio che ha dato vita al ciclo, ogni anno che passa si vede sempre meno sangue, meno budella e in generale meno splatter, termine che ormai si sta avviando alla fine del suo ciclo.
Per dovere di cronaca devo citare un increscioso risvolto legato alla lavorazione del film.
Quando nel 1993 l’attore Corey Feldman ha denunciato gli abusi sessuali che lui ed altri attori bambini minorenni avevano subìto anni prima, durante gli anni Ottanta, da parte di una cerchia di pedofili attiva ad Hollywood, fra i nomi citati dall’attore – la cui testimonianza incisa su nastro è stata ritrovata nel dicembre 2017 negli archivi dello sceriffo di Santa Barbara (il quale aveva sempre affermato di non averla!) – c’è anche quello di un attore presente in questo film di Venerdì 13, che il giovane Feldman riconobbe proprio perché l’aveva visto la prima volta sul set di A New Beginning. (Lo racconta Feldman all’inizio del capitolo 11 del suo libro Coreyography: A Memoir, risalente all’ottobre 2013.)
Non è mia intenzione addentrarmi nelle indagini del caso – pieno di retroscena e di “complottismi” – né di citare l’attore incriminato: non sarò certo io ad accusare di pedofilia qualcuno senza una sentenza del Tribunale, se volete saperne di più potete trovare tutto in Rete.
Dalla fine del quarto film era lecito aspettarsi che la giovane mente di Tommy sarebbe rimasta traviata dall’aver maciullato Jason, e che crescendo sarebbe stato proprio Tommy a raccogliere il testimone dell’assassino. Su questo gioca la sceneggiatura e ci viene mostrato un Tommy ormai adulto ma del tutto sociopatico, rinchiuso in una comunità di recupero di giovani problematici.
Tutti ci aspettiamo che gli omicidi che iniziano ad avvenire siano per mano di Tommy, invece il “colpo di scena” (va be’) è tutt’altro.
SPOILER. Il ragazzo cicciottello che viene ucciso all’inizio del film era il figlio di un autista d’ambulanza, che ritiene colpevoli tutti gli ignari ragazzi del campo e inizia ad ucciderli tutti sfruttando il fantasma di Jason. FINE SPOILER.
«Jason Voorhees è morto, il suo corpo è stato cremato, di lui resta solo un pugno di cenere. Cerca di procurarti un colpevole che sia ancora vivo!» (You get me a goddamn live suspect!)
Stavolta il nostro Jason è “apocrifo”, e l’attore Dick Wieand ha solo un desiderio: «che la gente si dimentiche che io ho partecipato a questo film.»
Alla rivista “Jason Goes to Hell” (1993) racconta:
«Il regista mi disse di guardare verso un tavolo vuoto e di immaginare che lì sopra ci fosse mio figlio fatto a pezzi. Come ho ottenuto la parte rimane un mistero anche per me, visto che non ho nulla di Jason: non sono assolutamente una persona che metta paura.»
Molto più grintosa Melanie Kinnaman, desiderosa di eseguire al meglio il suo doppio ruolo di final girl e screaming queen, che a sua detta si è studiata la prova della “maestra” Jamie Lee Curtis: l’attrice e ballerina non sapeva, però, che la sua prova attoriale l’avrebbe costretta a lunghe corse e a maneggiare… metallo pesante!
Alla citata rivista racconta:
«La notte che filmammo la scena in cui attacco Jason con la motosega è stata l’esperienza più dura della mia vita, ma fu anche divertente. Insomma, ero lì con in mano questa motosega fumante, all’inseguimento di un tizio alto due metri con un machete in mano. Pensai: “Potrebbe uccidermi in un secondo eppure stanno costruendo la scena come se fossi io a comandare!”»
Per inciso, la notte a cui l’attrice fa riferimento era quella di Halloween! Certo che girare di notte con un tizio vestito da Jason proprio la notte delle streghe… dev’essere un bell’effetto.
Melanie racconta poi che durante una scena in cui giravano con la macchina della pioggia finta non era facile correre fino al punto indicato e fermarsi lì. Nel tentare la scena, Melanie raggiunse il punto ma non riuscì a fermarsi e cadde in avanti, finendo nel fango: invece di dare lo stop, il regista la incitò a procedere strisciando a terra. «Così passai i successivi cinque minuti a rotolarmi nel fango e a gridare. Finita la scena, mi dissi. “È per questo che sono andata a scuola di recitazione?”»
Il giusto pensiero dell’attrice si infrange contro un film totalmente nullo, che cioè non richiede la benché minima capacità attoriale. La sceneggiatura consiste in frasi casuali buttate qua e là, con personaggi fittizi privi di qualsiasi motivo di essere in video: serve solo una secchiata di giovani da far morire velocemente. Entrano ed escono senza il tempo di farti capire chi diavolo siano, ma quel che è peggio la loro morte dura un paio di fotogrammi privi di violenza: in pratica è negato il motivo per cui la saga ha riscosso tanto successo. Dimenticatevi sesso e violenza: ci sono due tette e due gocce di sangue, e basta.
Una parola va spesa per la solare e prosperosa Deborah Voorhees: vogliamo parlare di una attrice esordiente che ha il cognome di Jason? Era destinata a far parte del cast, anche perché come curriculum può vantare la partecipazione ad Angel killer II. La vendetta (1985).
Dopo una breve carriera in piccoli ruoli con il nome di Debi Sue Voorhees, la texana ha abbandonato presto il cinema per tornarvi in tutt’altro ruolo: nel 2016 il suo Billy Shakespeare (2014), scritto e diretto da lei stessa, è stato selezionato per essere proiettato al Kenneth Branagh’s Shakespeare Film Festival, che si svolge a Stratford-upon-Avon, cioè il paese natale di quel tizio che tutti sono convinti sia stato William Shakespeare. Niente male per una coniglietta di Playboy con il cognome da serial killer…
Al giornalista di “Fangoria” Marc Shapiro, per lo speciale “The Women of Crystal Lake Part Two” (luglio 1989), la final girl Melanie Kinnaman così riassume A New Beginning: «Un film di 90 minuti, per 45 dei quali ci sono io che scappo da Jason.»
Jim Harper nel suo Legacy of Blood (2004) parla di una sceneggiatura con più “buchi” rispetto alla media e a vari difetti che rendono A New Beginning sicuramente il peggior episodio della serie, a detta di tutti i fan che non hanno gradito quello che le riviste chiamano “pseudo-Jason”.
L’editor R.H. Martin chiude il citato articolo della sua rivista “Fangoria” augurandosi che cambi qualcosa, nella formula di ciò che lui chiama “F13”, cioè la saga di Friday the 13th. Avendo seguito il fenomeno sin dalla sua primissima apparizione, Martin si sente quasi obbligato a recensire film dopo film, ma – come diceva Totò – ogni limite ha una sua pazienza, e Martin si dice un po’ stufo di questi film.
«Non c’è ragione per cui questa serie di film non possa essere fatta con maggiore cura, con maggiori sforzi per renderla più di intrattenimento.»
Non posso che condividere questo suo sfogo, ed aspettare di scoprire cosa ha in serbo per me Jason la settimana prossima…
L.
P.S.
E ora, tutti nella Bara Volante… prima che vi ci mandi Jason!
Bibliografia
- Jim Harper, Legacy of Blood. A Comprehensive Guide to Slasher Movies (Critical Vision 2004)
- R.H. Martin, The FX of Friday the 13th: A New Beginning, da “Fangoria” n. 45 (giugno 1985)
- The Other Jasons, da “Jason Goes to Hell: The Official Movie Magazine” (1993)
- Marc Shapiro, The Women of Crystal Lake, Part Two, da “Fangoria” n. 84 (luglio 1989)
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Aggiungete pure la mia firma in calce alla petizione lanciata da Martin.
Film dimenticato da me e pure dimenticabile da tutti. Salvo solo la signorina Voorhees e le sue doti.
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Ormai è alla deriva totale, e viste le premesse dubito fortemente che i seguiti saranno così “migliori” come annunciano i recensori moderni. È solo una compilation di attorini che dicono cose stupide e muoiono fuori scena: la noia più totale!
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Beh, forse non sarà sempre così 😉 Oltretutto, i seguiti fortunatamente abbandoneranno l’espediente pezzente del NON-Jason di questo “brillante” NON-capitolo (forse il punto più basso in assoluto): d’accordo che trattasi pur sempre di una serie non proprio caratterizzata da chissà quali trame coerenti e innovative o grandi prove attoriali, ma da qui a pensare di poter anche fare a meno del personaggio principale ce ne corre… se no poi contro Freddy Krueger chi ci avrebbero mandato? 😉
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Penso che più che togliere Jason, il giornalista Martin si auspicasse una formula un po’ diversa dalla fedele riproposizione di uno schema fisso, che davvero non ha senso se poi togli lo splatter. Sono ansioso di incontrare i “cambiamenti” in corso d’opera, perché finora ho visto solo dei porno in cui nessuno si spoglia: cioè il nulla noioso! 😀
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Certamente era a quello che si riferiva Martin pure se, col senno di poi, non mi sento di escludere del tutto che da parte sua ci possa essere stata una sorta di sopravvalutazione delle aspettative riguardo a questa serie: Jason era già allora -ed era prevedibile che sostanzialmente lo sarebbe rimasto- un’efficientissima macchina per uccidere, iconico (giustamente) quanto doveva ma non in possesso del fascino inquietante e metafisico alla Michael Myers o del crudele istrionismo alla Freddy Krueger, personaggi nei confronti dei quali rischiava di accumulare un non indifferente deficit di carisma… solo che, alla fine, è sembrato che si volesse colmare tale deficit puntando quasi soltanto a potenziare e modificare il protagonista principale (ed eccoli i “cambiamenti” o, meglio, gli “aggiornamenti” per tentare di stare al passo con l’invulnerabilità dei colleghi) senza preoccuparsi granché di proporre delle alternative che interrompessero la ripetitività dello schema secondo cui agiva. Questo però non vuol dire che non abbiano mai provato almeno a cambiare il contesto (con tutti i rischi del caso) o a trovargli addirittura un paio di nuove avversarie, capaci di contrastarlo in modi differenti dal solito… e una di loro in particolare non credo ti dispiacerà, quando la incontrerai in Jason X 😉
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Non vedo l’ora ^_^
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Però gli aneddoti presenti nella recensione compresi i dilemmi recitativi finiti nel fango riscattano un po’ il pattume filmico! 😉
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Sì, sono più interessanti gli aneddoti della trama, che sembra una versione ruminata di quella del primo film. Ruminata pure male 😛
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Sono in ritardo ma il tuo appuntamento con Jason non me lo perdo, hai chiarito alla grande come mai in tanti in questo strambo Paese a forma di scarpa, pensando che Giasone uccida con la motosega come Facciadicuoio (grazie per la citazione!), quando si sa che l’arma preferita del nostro è il fedele machete! Titolo strambo apocrifo è la parola corretta, come al solito, gran post! 😉 Cheers!
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