Blood Warriors (1993) La furia del marine

Lascio la parola ad un mio lettore – che ha scelto di firmarsi Willy l’Orbo – che ci parlerà di un film vintage… anzi, Zintage!
L.

Onore a David Bradley. Perché il mondo action degli anni ’90 è un inno ad una malsana arte del riciclo: da una parte c’è chi, nel suddetto genere cinematografico, cerca rilancio e denaro spicciolo dopo aver esaurito la propria carriera in tutt’altra attività spesso di natura sportiva (wrestling, football americano, basket, etc.), dall’altra c’è chi, ringalluzzitosi per qualche effimero successo, ha tradito le proprie origini marziali o comunque rissose per spendersi in film di maggior intelletto. Ma nel mezzo c’è chi, prima, dopo e durante, non tradisce l’action duro e puro. Foss’anche di infima qualità. C’è chi non si ricicla in diversamente contesti. C’è gente come David. Ancora onore a lui.

Poi, certo, se guardi un suo lungometraggio, questo sperticato elogio si può increspare di fronte alla putridità manifesta ma… son quisquilie. Con cui, tuttavia, mi cimento per morbosa deformazione professionale. Eccomi, così, pronto a visionare La furia del marine, firmato tra l’altro Sam Firstenberg, testando in siffatta maniera la coerenza delle mie precedenti affermazioni.

[Uscito il 15 dicembre 1993 in home video americano con il titolo “Blood Warriors“, arriva in Italia in VHS Number One Video (di data purtroppo non rintracciabile) con il titolo “La furia del marine“, ripreso poi nel 2007 dal DVD Stormovie. Intanto, in super-anteprima italiana, venerdì 10 dicembre 1993 Italia1 lo trasmette in prima serata con il titolo “Linea di fuoco“, replicandolo in seconda serata il 14 giugno 1996 e in terza serata l’11 gennaio 1998: non si conosce alcun altro passaggio televisivo. Nota etrusca.]

L’attore in oggetto interpreta il marine Wes Healey e ci dà subito prova delle sue orripilanti doti recitative prima atteggiandosi a costernato per essere finito dietro le sbarre in seguito ad aggressione a pubblico ufficiale, poi, in un non richiesto flashback, urlando al cielo la sua patetica disperazione per la morte del fratello in guerra. Come mai il navigato regista l’abbia voluto esporre da subito al pubblico ludibrio è un mistero: forse per incompetenza mista a sciatteria, forse per vendicarsi di qualche torto subito sul set, forse per denunciare la dabbenaggine degli attori di serie Z degli anni ’90. Forse… boh.

David Bradley: il giustiziere delle botte!

Anche la trama si evolve seguendo fedelmente l’ABC del “famolo marcio”: i superiori convocano il protagonista, gli abbonano la prigionia e lo spediscono a Giacarta perché lì c’è il suo commilitone-amicone Keith Stone. Nessun’altra spiegazione che dia una seppur minima parvenza di logica. Non sia mai. Mica finita qui: giunto in loco viene accolto da Karen (Jennifer Campbell), sorella del sodale, che gli comunica della morte di quest’ultimo in un incidente d’auto; sul volto di Bradley non si muove un muscolo ma a questo punto sorge il dubbio che ciò sia dovuto più che alle sue dubbie doti attoriali al fatto che attira così tante disgrazie da non reagire più per assuefazione, tipo «David, tutti i tuoi familiari sono morti di ebola, il corpo dei marine ti ha licenziato per giusta causa, un asteroide sta per colpire la Terra provocandone la fine». E lui non farebbe una grinza.

Cose che non si dovrebbero mai vedere…

La grinza la fa lo spettatore quando il nostro rischia di scatenare una rissa persino al funerale; tuttavia va detto che se la zuffa fosse stata originata dal disgusto per l’infelice cappello da cowboy con cui il marine si presenta alla suddetta cerimonia, ci sarebbe stato ben poco da eccepire. Lo stesso Bradley, nel giro di pochi minuti, si rende protagonista di vari sketch raccapriccianti: suona, romantico e assolutamente non credibile, la chitarra, rifiuta stoltamente le avances della sorella bonazza dell’amico, nonostante un commissario locale gli metta la pulce nell’orecchio circa attività losche del defunto non ha la minima intelligenza di approfondire la questione e quando il medesimo commissario gli rivolge la surreale domanda «Ma il Texas è davvero grande come si dice?» (certo, è un’angosciante e annosa questione che si pongono a ogni latitudine), lui replica «Smisurato».

Ogni tanto Bradley si ricorda che è una star marziale

Il delirio prosegue allorché è inviato un commando per rapire Karen: i malintenzionati hanno una mira infallibile uccidendo all’istante e con un sol colpo miriadi di guardie che muoiono con le espressioni e le movenze più fantasiose; Bradley, dal canto suo, inutilmente, con goffaggine estrema e pose circensi, scavalca tavoli, salta da altezze siderali, si proietta sui tetti di auto in corsa. Insomma, stiamo assistendo ad un surreale mix di fantascienza, per le cose inverosimili che accadono, e di comicità, per le grasse risate suscitate. Ma poi c’è la svolta… e che svolta!

Fermi tutti: arriva Zagarino!

Keith ha solo inscenato la sua morte, è ancora vivo e ha il volto di Frank Zagarino. Già. E pensare che il regista aveva quasi trovato il modo per esaltare le qualità dell’attore di cui sopra: fargli interpretare un personaggio morto che non compare mai. Che occasione gettata al vento!

Frank Zagarino con la faccia cattiva

Oltretutto, sempre Zagarino si incarna in un figuro un po’ sopra le righe: traffica droga, dà a sua sorella della puttana per poi schiaffeggiarla e quando gli chiedono se ha dormito bene risponde «Come un fottuto bambino».

E vai con la vandammata!

In ogni caso, già agli albori dell’inevitabile scontro finale tra i due ex migliori amici, posso pronunciare la mia sentenza: ribadisco gli onori al David nostro per la coerenza della sua filmografia ma, al contempo, denuncio un’atroce intolleranza nei confronti del film in oggetto. L’unica cosa accettabile è probabilmente una parte del titolo: La furia. Sì, dello spettatore, però.

P.S.
Ringrazio Willy l’Orbo per aver recensito il film.
L.

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– Altri post di Willy l’Orbo:

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18 risposte a Blood Warriors (1993) La furia del marine

  1. Cassidy ha detto:

    Niente, ogni volta che sul Zinefilo spunta Zagarino io mi sento come se tutti i pezzi dell’universo andassero al loro posto, una congiunzione astrale 😉 Cheers!

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  2. Denis ha detto:

    Infatti i wrestler finiti a fare filmacci sono Randy Orton,The Miz,Steve Austin,la figlia di Hulk Hogan,Brooke,Rob Van Dam,gli unici da serie A :Batista e The Rock che nei primo 2000 dietro consiglio dell’agente per fare film e staccarsi dal wrestling usava il suo vero nome Dwayne Johnson essendo figlio di Rocky Johnson altro wrestler anni’70 e ’80

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  3. Conte Gracula ha detto:

    Che bello: personaggi ben caratterizzati e storie coerenti… ora vado a lavarmi il cervello con la candeggina 😛

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  4. Willy l'Orbo ha detto:

    Grazie a Lucius per didascalie e note Etrusche! 😃

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  5. Kukuviza ha detto:

    AHahah, l’occasione sprecata per il ruolo che non compare mai! 😀 Mitico!
    Comunque a Bradley nella locandina sembra che abbiano tagliato via un pezzo di faccia. O è un uomo tutto d’un pezzo?

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  6. Zio Portillo ha detto:

    Oggi sono completamente fuori orario… Mi leggo il post di Willy con calma appena posso. Intanto dico solo: bel film. Così, sulla fiducia!
    Aspetta! C’è Zagarino? Allora ritiro il “bel film”…

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  7. Giuseppe ha detto:

    David Bradley e Frank Zagarino insieme? Ma che si può pretendere di più, Willy? Un soggetto, una sceneggiatura, una trama, dei personaggi… magari (la sparo grossa) addirittura un film come quelli veri? E che bisogno c’è, visto che bastano loro due a NON fare tutto? Compreso ovviamente il NON recitare? Vedi il “dolore” mostrato da Bradley/Healey al ricordo del fratello, che se io fossi stato un suo superiore gli avrei di sicuro abbonato la prigione, noleggiato una limousine per l’aeroporto, pagato il biglietto per Giacarta in prima classe di tasca mia, fatto una telefonata -sempre a carico mio- all’amico di venirselo a prendere alla destinazione, qualsiasi cosa insomma pur di non vedermi più davanti agli occhi un flashback recitato a quella maniera! Però, nonostante il dubbio legittimamente sollevato da Willy (attore scarso o rassegnazione alla sfiga?), provo lo stesso a riconoscergli un certo qual stile minimale al massimo, quando la sorella dell’amico/commilitone comunica la ferale notizia: deve aver pensato che fosse normale per il personaggio essere talmente impietrito dal dolore da non riuscire nemmeno a muovere un muscolo (facciale)… e, per quanto riguarda la chitarra, mi sembra coerente con il lutto l’ipotesi che la stia suonando per dimenticare, visto che poi ci riesce perfettamente. A dimenticare proprio tutto, intendo: come si suonava davvero una chitarra, come avrebbe dovuto accettare le avances della sorella bona, come sarebbe stato opportuno avere l’intelligenza (va be, sto esagerando) di indagare sui sospetti del commissario, come avrebbe potuto impegnarsi per essere un minimo marzialmente credibile… peccato che invece Zagarino/Stone NON si sia dimenticato di apparire, decidendo di stare sopra le righe invece di rimanerci (tra le righe) e contribuendo così a mettere ancor più alla prova la nostra già fottuta -nonché di certo meno smisurata del Texas- pazienza 😀

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    • Willy l'Orbo ha detto:

      Ma il fatto che l’accoppiata mefitica susciti a me questa recensione e a te queste illuminanti dissertazioni non è una contraddizione in termini? Non ci dovrebbe preoccupare? 😱😱😱😂😂😂

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