La Storia e la Finzione: Il bando fascista del cinema americano

Pubblicando i cartelli italiani del film Il sospetto di Alfred Hitchcock – uscito in America nel 1941, in piena Seconda guerra mondiale, ed approvato per la distribuzione nelle sale italiane solamente nel 1946, a guerra ormai conclusa – è nata una strana discussione, o più precisamente una strana sequenza di prese di posizione. Si sa infatti, senza alcuna fonte se non il sentito dire, che il celebre film in questione è stato doppiato in italiano in Spagna, visto che nell’Italia fascista il cinema americano era messo al bando. Non è la prima volta che lo sento dire, né ho mai fatto davvero caso all’informazione: in Italia c’era un bando contro il cinema americano? Ne siamo sicuri?

Per esperienza so che gli esperti sono le persone meno affidabili, perché danno tutto per scontato. Io invece, che non sono esperto e fondamentalmente non so nulla, vado a controllare: e quasi sempre l’ovvio, una volta controllato, esce fuori che non è affatto ovvio.
Visto che la rubrica “La Storia e la Finzione” si occupa di confrontare i dati storici con l’immagine falsata dalla fiction che si ha di essi, mi sembra il posto giusto per trattare un argomento all’apparenza diverso, ma sempre legato allo stesso problema: un’idea preconcetta e basata sulle chiacchiere che diventa dato storico.


Il bando fascista
del cinema americano

Novembre 1940. I soldati italiani stanno penosamente portando avanti una fallimentare campagna militare sulle montagne albanesi. Alla ricerca disperata di una vittoria “facile”, Benito Mussolini nell’ottobre precedente ha deciso di invadere la Grecia perché ritiene il suo territorio facile da espugnare: una organizzazione italiana non perfetta, una inaspettata resistenza greca e pessime condizioni climatiche trasformano una facile vittoria in una rovinosa sconfitta.
Dopo una logorante guerra di montagna, il 22 novembre 1940 si decreta la sconfitta. Mentre i soldati italiani si preparano ad un lungo inverno sulle montagne albanesi cercando almeno di non perdere posizione di fronte alla reazione dei greci, e mentre la Royal Air Force decide di sfruttare la situazione per sbarcare in Grecia e offrire il suo aiuto agli alleati contro l’avanzata italiana, nessuno probabilmente ha fatto caso… che John Wayne è appena arrivato sugli schermi italiani.

da “La Stampa” del 2 novembre 1940

Com’è possibile che il simbolo stesso del western, il genere cinematografico più americano che esista, sia arrivato in Italia addirittura in tempo di guerra? Non c’era il bando del cinema americano?
Durante gli anni Trenta arriva nelle sale italiane il cinema di John Ford senza alcun problema, e lo stesso discorso vale per i mostri Universal come Frankenstein (1931) e La mummia (1932), quindi possiamo dire che il fascismo in sé non aveva particolari problemi con le pellicole statunitensi, visto che la stessa classe dirigente era nota per apprezzarle. Però poi arriva la guerra, e non puoi permettere che i tuoi cinema proiettino in patria le pellicole del tuo nemico. O no?

Nella sua tesi di laurea on lineIl cinema nel ventennio fascista: quadro storico” Laura Tussi definisce il noto genere cinematografico italiano “dei telefoni bianchi” un «puro entertainment per far concorrenza ai prodotti hollywoodiani messi al bando», e Italo Moscati nel suo saggio biografico su Anna Magnani ci spiega che l’attrice riprese a lavorare con Rossellini «proprio quando il cinema americano, messo al bando dal fascismo per alcuni anni, riapparve sugli schermi italiani, reclamando il consenso e i guadagni a cui aveva dovuto rinunciare».
Di testimonianze del genere se ne possono trovare parecchie, e tutte rimangono straordinariamente sul vago: in quali anni ci sarebbe stato questo bando? E valeva solo per il cinema americano o per i film in lingua inglese in generale? Ma soprattutto, qualcuno l’ha mai visto questo bando?
Tutte domande che non solo non hanno risposta, ma addirittura nessuno se le è mai poste: a questo serve l’Etrusco, a fare le domande banali che nessuno si fa mai.


Le fonti

A chi posso fare domande sulla legislazione italiana dell’èra fascista in merito al cinema? Ho “chiesto” a Renzo De Felice, probabilmente la massima autorità mondiale sull’argomento fascismo, ma consultando ben otto suoi saggi mai una sola volta è stato affrontato l’argomento cinema. E sì che un bando censorio avrebbe dovuto attirare l’attenzione del celebre studioso.

A questo punto, l’unica soluzione è andare alla fonte. Anzi, alla Fonte, con la F maiuscola. Se il Governo fascista ha preso una decisione ufficiale, questa dev’essere per forza finita nella raccolta delle decisioni ufficiali: cioè la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, che è pubblica ed accessibile in ogni suo aspetto. Se il fantomatico bando esiste, è apparso lì.


La legislazione fascista sul cinema

Sul numero del maggio 2015 di “Between” il professore di cinema Antonio Catolfi ci spiega che nella prima èra fascista i film stranieri erano proiettati senza la pista sonora, e in pratica erano presentati come semplici film muti, spesso accompagnati da cartelli italiani non sempre ben curati. Questo, dice l’autore, generò una profonda crisi nel cinema perché parte del pubblico non era in grado di leggere quelle scritte, dato l’analfabetismo dell’epoca di alcune fasce di popolazione – quelle che però amavano andare al cinema – e quindi per risollevare l’intrattenimento cinematografico Mussolini tira fuori il Regio Decreto-Legge 5 ottobre 1933-XI, n. 1414, “Provvidenze varie a favore dell’industria cinematografica nazionale“, apparso sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 novembre di quell’anno.

In questo testo si specifica che «le pellicole cinematografiche sonore estere» possono essere proiettate solo dietro «doppiaggio o post-sincronizzazione» eseguito in Italia o nel territorio del Regno (art. 2) e la detta proiezione è tenuta al pagamento di L. 25.000 (art. 5). Uno sconto è previsto per «i produttori di pellicole nazionali i quali eseguano adattamenti supplementari in lingua italiana di pellicole sonore estere», per i quali non è previsto alcun pagamento per i primi tre adattamenti.

G.U. 5 ottobre 1933-XI, n. 1414

Il doppiaggio però si è già portato avanti con il lavoro, visto che nel 1929 è arrivato in Italia Il cantante di jazz: il primo film sonoro della storia. «Solo grazie alla volontà di Stefano Pittaluga ed Emilio Cecchi», ci racconta il professor Catolfi, «tra il 1930 e il 1932 nasce all’interno della Cines il primo stabilimento di doppiaggio, affidato alla direzione tecnica del regista Mario Almirante e mirato alla sonorizzazione e alla diffusione dei film in più lingue»

Diverse leggi e decreti stabiliscono volta per volta un sempre maggiore controllo del Governo sul cinema, ogni passaggio lavorativo è normato ma la censura è solo parte della motivazione: ciò che principalmente importa sono le imposte da pagare, e i film stranieri ne hanno di più perché devono essere doppiati.

Passano due anni e il Decreto Ministeriale 15 luglio 1937-XV (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28 luglio 1937), «considerata la necessità di modificare la proporzione delle pellicole nazionali da proiettarsi obbligatoriamente, in relazione allo sviluppo della produzione cinematografica nazionale», così decreta:

«A datare dal 1° settembre 1937 la proporzione delle pellicole nazionali da proiettarsi obbligatoriamente rispetto a quelle straniere è fissata ad una pellicola nazionale per ogni due pellicole straniere.
Il numero delle pellicole nazionali da proiettarsi obbligatoriamente in ciascun trimestre è fissato a cinque.»

G.U. del 28 luglio 1937

Nessun divieto, solo che per arginare l’eterna crisi del cinema italiano si impostano dei paletti: non contro il cinema straniero, ma a favore di quello nostrano.
Pare che quella nota come Legge Alfieri sia nata per risollevare le sorti di un cinema italiano esangue, ed in effetti nel 1937 l’Archivio del Cinema Italiano attesta la produzione di 34 pellicole nostrane: ben 23 delle quali girate dopo la citata legge. Il 1938 vede la produzione di 45 film italiani e il 1939 fa il botto, con ben 80 pellicole nostrane, replicate con 79 nel 1940; nel 1941 si scende un attimo a 70 ma dal 1942 – in piena guerra – si raggiunge la vetta di 98 pellicole italiane; si scende a 64 nel 1943 ma è niente confronto al 1944 con le sue sole 11 pellicole prodotte.

E i film stranieri? Qui è più difficile, gli archivi non risultano essere così precisi da poter stabilire con assoluta sicurezza del flusso dei film provenienti dagli Stati Uniti – con relative co-produzioni con altri Paesi – ma è indiscutibile che il numero dei film stranieri diminuisce più ci si addentra con la guerra, esplodendo in cifre da capogiro dal 1945 in poi: ma una diminuzione non è un bando.

G.U. del 21 giugno 1937

Dalla seconda metà del 1937 si fa sempre più attento il controllo sulle pellicole straniere e il loro doppiaggio, così alcuni decreti-legge diventano alla fine la Legge 20 dicembre 1937-XV, n. 2571 (Gazzetta Ufficiale 1° marzo 1938) e quindi «è vietata la proiezione nelle sale del Regno delle pellicole cinematografiche sonore non nazionali, di metraggio superiore ai 500 metri, il cui adattamento supplementare in lingua italiana sia stato eseguito all’estero.»
Nessun divieto, di nuovo, ma evidentemente andava ribadito quanto già stabilito: forse c’è stato qualche furbacchione che è andato a doppiare fuori dall’Italia per pagare meno, e quindi quei film sì che hanno il divieto di essere proiettati. Non perché sono stranieri, ma perché non hanno pagato le imposte sul doppiaggio.

La Legge 9 gennaio 1939-XVII, n. 465 (apparsa nella Gazzetta Ufficiale del 18 marzo 1939) istituisce un «monopolio per l’acquisto, l’importazione e la distribuzione in Italia, Possedimenti e Colonie, dei film cinematografici provenienti dall’estero»: altro che divieti e bandi, il cinema straniero è addirittura monopolio di Stato! Con la firma di Mussolini, Guarneri, Ciano, Solmi, Di Revel, Lantini e Alfieri.

G.U. del 1° febbraio 1940

In quello stesso 1939 nasce il settimanale “Il Tempo” con una rubrica fissa dedicata alla critica cinematografica, a cui partecipano firme come Corrado Pavolini, Cesare Zavattini, Alberto Lattuada, Luigi Comencini e altri. Ci sono altre riviste coeve, “Bianco e Nero” e “Cinema”, e proprio qui il 10 settembre 1942 Pavolini afferma che «il film americano resta pur sempre il prodotto – di eccezionale rifinitezza – della massima industria di questo settore».
Quindi il cinema americano a questa data “di guerra” è tranquillamente distribuito e ben noto ai critici, che non hanno problemi a parlarne e addirittura a lodarlo. La Legge 30 novembre 1939-XVII, n. 2101 – firmata da Mussolini, Pavolini e Di Revel ed apparsa nella Gazzetta Ufficiale del 1° febbraio 1940 – annuncia però che:

«L’Ente Nazionale per le Industrie Cinematografiche (E.N.I.C.), con sede in Roma, è autorizzato ad assumere per conto dello Stato, fino alla concorrenza della somma di lire 3.000.000, partecipazioni azionarie in Società aventi per oggetto la produzione, la compra-vendita, il doppiaggio ed il noleggio di film cinematografici, la gestione di stabilimenti i produzione cinematografica, la stipulazione di accordi con ditte, società e compagnie estere, ai fini dello sviluppo dell’attività cinematografica nazionale.»

G.U. del 2 luglio 1940

Lo Stato dunque è sempre più impegnato all’interno dell’industria cinematografica italiana, quindi non stupisce che possa ritenere i film stranieri come pericolosi concorrenti, visto poi che i critici nostrani li lodano apertamente. La Legge 27 maggio 1940-XVIII, n. 692, relativa a «provvidenze a favore dell’industria cinematografica nazionale» ed apparsa nella Gazzetta Ufficiale del 2 luglio 1940, all’art. 1 ci dice che:

«a decorrere dal 15 maggio 1940-XVIII, chiunque abbia effettuato nel Regno l’adattamento supplementare in lingua italiana di pellicole cinematografiche sonore non nazionali, è tenuto al pagamento di una tassa di concessione governativa di lire 75.000, per ognuna delle pellicole estere per le quali dal Ministero della cultura popolare sia rilasciata l’autorizzazione per la rappresentazione al pubblico.
La tassa di cui sopra è ridotta a lire 37.500 per le pellicole di metraggio superiore a metri 500 ma inferiore a 1000 metri.
Nessuna tassa è dovuta per le pellicole di metraggio inferiore a 500 metri.»

E se non basta, l’articolo 2 aumenta la posta: se la pellicola estera in questione nei cinema del Regno ha un incasso lordo da 2,5 a 6 milioni di lire, allora si devono pagare ulteriori 20 mila lire per ogni mezzo milione di incasso. Si è esenti da questo ulteriore pagamento solo se il film incassa più di sei milioni lordi.
La legge porta le firme dei soliti Mussolini, Di Revel, Pavolini e Ricci.

Si continua a cercare di rilanciare il cinema italiano nell’unico modo che gli italiani capiscano: offrendo di pagare meno tasse. Così la Legge 24 marzo 1942-XX, n. 420 (nella Gazzetta Ufficiale del 9 maggio 1942) offre addirittura l’«esonero del pagamento della tassa di doppiaggio» per quelle case cinematografiche italiane che «abbiano prodotto pellicole spettacolari in stabilimenti situati in territorio fuori del Regno quando la realizzazione di dette pellicole sia riconosciuta con decreto del Ministro per la Cultura Popolare, d’intesa con quelli per le finanze e per gli scambi e le valute, d’interesse nazionale ai fini economici ed artistici.»
Quindi per premiare l’eccellenza italiana… si concede di doppiare film stranieri come premio. E in tempo di guerra! Di sicuro la maggior parte di quelle “pellicole estere” proviene dalla Germania, ma lo stesso siamo molto lontani da un qualsiasi concetto di bando.

G.U. del 28 maggio 1942
una delle vergogne italiane

Un’altra restrizione sul cinema straniero arriva in tempo di guerra per un “effetto di rimbalzo”. La Legge 19 aprile 1942-XX, n. 517 (nella Gazzetta Ufficiale del 28 maggio 1942), appartiene a quella vergogna italiana che non dovrebbe mai essere dimenticata, visto che porta come titolo “Esclusione degli elementi ebrei dal campo dello spettacolo“. Potete sostituire “ebrei” con quello che volete, la vergogna rimane.

Dei sette articoli di questa legge-vergogna, firmata da Mussolini, Pavolini e Grandi – con ovviamente l’avallo del re Vittorio Emanuele – quello che qui interessa è l’articolo 4, che tratta dei «film da importare dall’estero» di cui si occupa l’ENAIPE (Ente Nazionale Acquisti Importazioni Pellicole Estere). Questo ente nell’«acquisto dei film esteri, terrà conto delle condizioni nelle quali questi sono stati prodotti fuori del Regno in relazione alle disposizione della presente legge.»

«A tale scopo le domande di acquisto di film esteri debbono essere corredate di elenchi nominativi degli autori delle opere utilizzate per la produzione dei film medesimi e di coloro che hanno ad essa concorso con contributi artistici e tecnici di notevoli improtanza.»

Questo sì che è un bando, ma non nei confronti del cinema americano: è un divieto di acquistare film stranieri a cui abbiano partecipato artisti ebrei, qualunque sia la nazionalità della pellicola.
Di certo le grandi major americane fondate e gestite da ebrei non devono essere viste di buon occhio, quindi nell’ottica dell’epoca è plausibile immaginare un bando verso i film prodotti da “aziende ebraiche”… e invece non c’è alcuna traccia di questo.

10 novembre 1937, Mussolini posa la prima pietra
della nuova sede dell’Istituto Nazionale Luce al Quadraro (Roma).

Il Governo fascista in generale e Mussolini in particolare si è occupato approfonditamente di ogni singolo e spesso futile aspetto della vita italiana, normando, legiferando, decretando e riempiendo la Gazzetta Ufficiale di regole sugli argomenti più disparati: non esiste alcuna traccia di una messa al bando del cinema straniero, men che mai americano.
Di sicuro è palese, l’abbiamo visto, un fiorire di norme a tutela del cinema italiano – in cui il Governo non è solo giudice ma parte molto attiva, in pratica un socio – leggi che impongono pagamenti sempre più onerosi che sicuramente hanno reso non conveniente l’importazione di film stranieri, il cui doppiaggio era sempre più costoso.

Rivista del 1940

Questo sistema sembra aver funzionato, consultando l’archivio di ItaliaTaglia viene fuori che nel 1936, prima di tutte queste norme, su 316 visti censura concessi solo 24 sono italiani; nel 1943, all’apice delle norme, su 283 visti censura ben 95 sono italiani.
Fermo restando che non è un archivio completo e sicuramente i dati reali potrebbero essere differenti, lo stesso è chiaro che i film italiani sono decisamente aumentati, grazie alle norme che li tutelavano, ma altrettanto chiaro è che in piena guerra si importavano comunque film stranieri in numero di centinaia. E non erano solo film degli alleati tedeschi, anche se dare informazioni certe sull’argomento non sembra ancora possibile.


Conclusioni

Come finisce la storia della legislazione cinematografica fascista? Alla fine della Seconda guerra mondiale che fine fanno tutte queste leggi a favore del cinema italiano?
Il Decreto Legislativo Luogotenenziale 5 ottobre 1945, n. 678, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 novembre 1945, inizia con un art. 1 spettacolare:

«L’esercizio dell’attività di produzione di film è libero.»

G.U. del 3 novembre 1945

Tutto quanto citato finora è abrogato. E l’articolo 10 recita:

«Le disposizioni […] che vietano la proiezione nelle sale del Regno di film esteri doppiati all’estero e istituiscono una tassa di concessione governativa sul doppiaggio, e tutte le successive disposizioni che hanno apportato aggiunte o modifiche ad esse cessano di avere vigore per tutti i film esteri presentati all’autorità competente per il nulla osta di proiezione, dopo l’entrata in vigore del presente decreto.»

In questo periodo tornano in Italia dalla Spagna Emilio Cigoli ed altri noti attori e doppiatori: che ci facevano a Madrid? A quanto pare una scuola di pensiero li reputa “doppiatori esuli” che esercitavano nella Spagna franchista perché in Italia c’era il bando del cinema americano. Purtroppo queste notizie sono difficili da smentire perché non lasciano tracce, se non “per sentito dire”.
Comunque l’Enciclopedia del Doppiaggio già racconta una storia completamente diversa, spiegando che Cigoli e gli altri si erano recati a Madrid nell’estate del 1943 per una co-produzione spagnola, ma poi arrivando l’8 settembre, non funzionando i sistemi di comunicazione ed essendo l’Italia ormai un Paese poco sicuro, hanno preferito rimanere in Spagna. Già che erano lì, la 20th Fox li ha avvicinati e ha proposto loro di doppiare dei film, in attesa che ripartissero i servizi nell’Italia in fase di liberazione. Così quando nel 1945 gli attori/doppiatori tornano a casa, portano con sé dei film già pronti da essere sottoposti al visto censura.
Tutto questo viene raccontato senza citare alcuna fonte, quindi non possiamo sapere se è vero o se è una leggenda metropolitana, ma già è più verosimile rispetto al mito dei “doppiatori ribelli spagnoli”.

Emilio Cigoli

Quindi nessun bando, nessun divieto nei confronti del cinema americano, nessun distaccamento clandestino di doppiatori in Spagna che agivano nell’ombra, preparando film per una futura distribuzione. Questo non vuol dire che all’atto pratico il cinema americano non abbia avuto problemi di distribuzione: semplicemente non c’era alcun bando legale né è mai esistita una legislazione che lo perseguisse.
Ovvio che le leggi razziali contro gli ebrei erano un bel problema per case cinematografiche gestite da ebrei, ma non tutti i film in lingua inglese erano prodotti da major americane di quel tipo, e poi la legge-vergogna impone ai censori italiani di vagliare le opere da cui detti film sono tratti e chi ha portato «contributi artistici e tecnici di notevole importanza»: da nessuna parte la legge impone di controllare se i produttori della pellicola siano ebrei.

Il cinema è business e controllo dell’opinione pubblica, e infatti Mussolini lo considerava “un’arma poderosissima”. E come sa bene il Governo americano, le armi non si vietano: le si sfrutta per farci soldi.

L.


Bibliografia


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46 risposte a La Storia e la Finzione: Il bando fascista del cinema americano

  1. Kukuviza ha detto:

    Mamma mia, i miei complimenti per questo articolo fa-vo-lo-so. E alla luce di tutto questo, che significato si potrebbe attribuire alle parole della Magnani (o forse nella sua biografia)? Viene usata la parola bando, anzichè restrizione? Gergo colloquiale? Errore nel libro?

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ti ringrazio e purtroppo troppe poche persone controllano l’ovvio, quindi nascono leggende urbane che diventano dato storico. Si “sa” che il fascismo ha bandito il cinema americano, è un’idea anche plausibile, e quindi lo si dà per scontato e non si va a controllare. In fondo, poi, è solo cinema: con tutte le cose brutte che ha fatto il fascismo, perché perdere tempo con quello che in fondo è al massimo una nota di costume?
      Magari hanno visto un fiorire del cinema italiano e hanno pensato: sicuramente è perché i film americani – implicitamente migliori – non potevano essere proiettati, invece se avessero controllato avrebbero scoperto un bel numero di leggi che agevolavano un cinema che addirittura era parte integrante dello Stato. Quindi non un bando del cinema straniero ma un incentivo al cinema nostrano. L’effetto alla fin fine è lo stesso, ma le intenzioni sono ben diverse.
      Quando ora sentirai qualche studioso parlare del bando fascista – senza fornire fonti – sai che sta parlando per sentire dire 😛

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  2. Conte Gracula ha detto:

    Bell’articolo, davvero!
    L’idea di un bando del genere sembra effettivamente plausibile, eppure non avevo mai sentito parlare di questa leggenda…
    Invece, mi hanno parlato di un obbligo, imposto all’Italia dopo la guerra: mandare al cinema un certo numero di film americani per ogni film italiano. Sarà vero?
    Sembra una boiata credibile pure questa…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ma dici imposto dall’America? Se è un obbligo imposto per legge si può trovare in Gazzetta, se è invece in obbligo “sotto banco” non lo sapremo mai…

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    • Kukuviza ha detto:

      sì, nell’articolo c’è scritto. il Decreto Ministeriale 15 luglio 1937-XV

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      • Kukuviza ha detto:

        Che testa, non avevo letto “dopo” la guerra. Ma dopo la guerra non c’era scritto tutto libero, nessuna restrizione?

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Magari nel 1945 era tutto libero, però poi gli anni passano e comincia la “colonizzazione”. Temo però non ci sia stato alcun bisogno di legiferare un’usanza partita benissimo da sola sin dal ’45, con l’arrivo di fiumi di film americani che negli anni cresceranno a dismisura…

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      • Kukuviza ha detto:

        Bisognerebbe chiedere a qualche gestore di cinema di qualche tempo fa.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Per una ricerca sulla distribuzione del film “L’impero dei sensi”, mi sono imbattuto in una legge francese per cui in quel Paese c’era una tassa in più da pagare per i film considerati “a luci rosse”, e stando a come ne parlavano i giornali italiani c’è da pensare che da noi non ci fosse quella tassa, visto il proliferare in quel periodo di cinema esclusivamente a luci rosse, attivi fino almeno agli anni Ottanta.
        Chissà quante norme e leggi avranno cercato di “rilanciare” il cniema italiano, in crisi dal momento esatto in cui è nato: sarebbe da farci un’altra ricerchina 😛

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  3. Cassidy ha detto:

    Tanto di cappello Lucius, grandissimo pezzo! Ci sono fin troppe persone che parlano del ventennio, di solito per frasi fatte, questo invece è un discorso fatto come si deve, mai dare per scontato niente, specialmente l’ovvio. Chiosa finale impeccabile, complimenti! Cheers

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  4. Willy l'Orbo ha detto:

    Articolo eccellente che, da appassionato (e non solo) di storia, ho letteralmente divorato.
    Davvero COMPLIMENTI. E non unicamente per il risultato finale quanto per lo spunto di partenza: documentarsi su ciò che pare ovvio. Applausi!

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  5. Zio Portillo ha detto:

    Buongiorno Lucius e buongiorno a tutti!

    Ritorno oggi e cosa mi becco? “La Storia e la Finzione” con un pezzone da incorniciare. Sono un po’ meno triste per la fine delle ferie!

    In Cina in questi anni funziona più o meno come nel ventennio visto che i film made in Hollywood che si possono proiettare sono un numero ben preciso (qualcosa tipo 30 l’anno) e vengono decisi a tavolino dall’alto. Chissà se “l’imbastardimento” delle pellicole americane che hanno sempre più scene girate in Cina è un modo per aggirare tale divieto e far passare come film “casalingo” una pellicola americana.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Questo in effetti spiegherebbe sia il grande successo di case come quella di King Kong, acquisite da cinesi ma con cast a forte presenza occidentale: sono film che probabilmente riescono a non essere considerati americani, o almeno non per intero, e quindi ad essre proiettati in Cina. Che con quel miliardino di persone mi sa che è un bacino d’utenza leggermente ricco…
      Aumentano ruoli con attori cinesi, e probabilmente è fatto apposta per assicurarsi di passare le maglie della censura…
      Ah, e ben tornato: mi spiace che le ferie siano finite, sono davvero volate ^_^

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  6. pirkaf76 ha detto:

    Quindi quando c’era lui i film non arrivavano… 😛

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  7. Complimenti per il bellissimo post, l’ho trovato molto interessante. Certe volte si preferisce credere per comodità alle “leggende” che scavare un pochino per trovare la verità.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ti ringrazio, e io stesso lo faccio, visto che ho sentito spesso questa storia del bando senza stare troppo a documentarmi. Anche perché uno pensa sempre che se qualcuno parla con decisione è perché si è informato… invece troppo spesso è perché si dà tutto per scontato!

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  8. Ivano Landi ha detto:

    Sai che non ho mai saputo di un “bando” del cinema americano nel periodo fascista? Mentre mi era nota, tutto al contrario, la passione di Mussolini per i film di Stanlio e Ollio, che credo allora si chiamassero Cric e Croc.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Io avevo sentito entrambe le cose, e pensavo che magari vedeva in privato quello che vietava in pubblico. Ma in realtà non ho mai fatto realmente caso alle notizie che giravano, finché ho deciso di dare un’occhiata alle fonti 😉

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  9. Vincenzo ha detto:

    Complimenti, come al solito, per il pezzo. Forse la parola bando è stata utilizzata impropriamente da alcuni, ma non bisogna dimenticare che al tempo del fascismo vi erano bandi ufficiali, ossia adottati con gli strumenti giuridici che tu correttamente hai consultato, e “bandi non ufficiali”, soprattutto in ambiti come quello della cultura. Quindi in fin dei conti l’idea del bando potrebbe derivare dalla combinazione tra un controllo più pervasivo esercitato talvolta con canali non ufficiali e il rapporto di cui hai parlato che doveva essere mantenuto tra produzioni italiche (che vanno calando col progredire della guerra) e produzioni americane, che invece vivono una vera e propria età dell’oro nel periodo ’39-’46 (ed infatti è dal 47 che, generalmente, si fa risalire l’inizio della crisi del cinema classico hollywoodiano)..

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Proprio nel caso di un “bando” (uso questa parola per capirci) non attestato ufficialmente ma “per vie traverse” che allora chi ne parla deve portare ancora più prove: come si fa a dimostrare un comportamento non ufficiale e non registrato? L’hanno raccontato gli interessati dopo la guerra? E dove?
      Visto che addirittura il Governo ha per legge il monopolio dell’importazione di pellicole estere, dubito fortemente che queste abbiano subìto alcun tipo di “bando”, a parte ovviamente la censura del contenuto e un maggior numero di imposte.
      Sicuramente il numero di film stranieri è calato durante la guerra, e magari qualcuno ha pensato a bandi e divieti quando invece l’unica prova certa è che questi film costavano di più, per via di imposte sempre maggiori sul doppiaggio. Non dico che quest’ultima sia la “verità”, dico che di imposte e restrizioni esistono tracce certe, di qualsiasi altro accordo non ufficiale possiamo solo supporre, a meno che non ci sia qualche testimone dell’epoca che abbia raccontato da qualche parte quello che succedeva nella distribuzione di pellicole estere.

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      • Vincenzo ha detto:

        Hai ragione da vendere, soprattutto le questioni non ufficiali sono quelle su cui vanno portate prove più convincenti, diversamente si finisce nella paranoia del complotto (il meccanismo è lo stesso)… Vero è che in alcuni casi simili è stato molto difficile trovare tali prove… e che in quello stesso momento una teoria cospirativa-complottista è diventata improvvisamente verità storica…
        Detto ciò non credo sia questo il caso, le argomentazioni che hai portato, anche in questo commento, mi sembrano convincenti, e comunque continuo a ritenere che molti parlino di bando in senso atecnico, per non dire proprio che utilizzano il termine in modo impreciso…

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        È davvero un limite sottile quello dalla generalizzazione al falso storico, e purtroppo si supera spesso. Quante volte abbiamo sentito difendere film dicendo “va be’, ma è solo finzione”? E così il falso storico si propaga e diventa verità semplicemente perché nessuno va a controllare e rimane solo la versione “finta” nell’immaginario collettivo.
        Per non parlare dei “complotti”, che è un universo in continua espansione…

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  10. Andrea87 ha detto:

    Incredibile come da uno scambio di commenti col sottoscritto sia venuto fuori questo articolone 😀

    a questo punto credo che valga l’ipotesi di Vincenzo qua sopra: non un bando vero e proprio, ma tramite censura (pensa a “La sposa di Frankenstein” ridotto a mezzoretta) e visti concessi sempre più di contovoglia si sia arrivati comunque ad una situazione nella quale non arrivavano praticamente più film hollywoodiani.
    Inoltre io non sottovaluterei il fatto che fino a Pearl Harbor gli USA erano sostanzialmente neutrali, per cui i loro film non avevano motivo per non giungere in Italia. Solo dopo la dichiarazione di guerra alle potenze dell’Asse (dic 41) e fino all’armistizio di Cassibile (sett 43) i film americani saranno stati “vietati”.

    Per esempio: pure Topolino ottenne una deroga fino al ’41 perchè piaceva ai figli del Duce, quando poi con la guerra in corso dovette essere sostituito da Tuffolino (la cui prima storia è solo un remake di una storia di Topolino)

    https://it.wikipedia.org/wiki/Tuffolino

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Anche qui, tutto può essere, il problema è dove siano le fonti. Come si fa a dire che i visti erano concessi controvoglia? Il problema con l’argomento è sempre a monte: la plausibilità non ha alcun valore quando si parla di dati storici. E’ arrivata a noi una fonte dell’epoca che attesta che i visti erano dati controvoglia? Se questa fonte non c’è, è un’informazione a cui non possiamo credere ciecamente.
      Purtroppo per il caso Topolino rimandi a Wikipedia, fonte assolutamente non attendibile, la quale parla di un divieto del Ministero per la Cultura Popolare di pubblicare fumetti americani: dal 1935 al 1945 non esiste la parola “fumetto” o “fumetti” in alcun atto ufficiale. Sicuramente avranno usato un’altra parola, ma quale? Wikipedia rimanda solo a fonti non visionabili, e al massimo rimandano alla Guida del Fumetto italiano che rimane straordinariamente vaga sull’argomento.
      Il fatto che sia plausibile un divieto, non vuol dire ci sia stato: non è un’obiezione concettuale, è un’obiezione metodologica. Non è che se Wikipedia dice una cosa automaticamente è vera.
      La burocrazia, lo sappiamo, è una brutta bestia, e le leggi che ho citato nel testo possono benissimo essere usate per “vietare” dei film, anche se di per sé non vietano nulla, lo stesso dicasi per la attestata problematica della legge per cui non si poteva battezzare con nomi stranieri, il che ha portato il doppiaggio ad italianizzare i nomi propri dei personaggi: è l’attuazione di una legge che si occupava di tutt’altro, e che ai film manco ci pensava.
      Può darsi benissimo che un addetto alla censura abbia usato i suoi poteri per bloccare film stranieri che legalmente avevano il permesso di passare, in fondo i direttori delle commissioni di censura sono politici.
      Tutto questo all’atto pratico ha gli stessi effetti di un bando, ma non è un bando: questo è il succo. Non dico che il regime fascista non abbia vietato nulla, ci mancherebbe, dico che Wikipedia e altre fonti poco rigorose troppo spesso si lasciano andare a dichiarazioni non comprovate, e fra i lettori ci vuole un attimo a trasformare un’idea volante in verità storica.

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      • Andrea87 ha detto:

        per i fumetti, il libro “eccetto topolino” riporta questa ordinanza

        Doc. 6 L’Ordinanza del Ministero Cultura Popolare (MinCulPop) sulla stampa periodica per ragazzi, 26 novembre 1938 (da “Scuola italiana moderna”, Editrice La Scuola, Brescia)

        ” Abolizione completa di tutto il materiale di importazione straniera, facendo eccezione per le creazioni di Walt Disney, che si distaccano dalle altre per il loro valore artistico e per sostanziale moralità, e soppressione di quelle storie e illustrazioni che si ispirano alla produzione straniera. Riduzione alla metà delle pagine della parte dedicata alla pura illustrazione con conseguente aumento del testo finora quasi totalmente sacrificato. La stampa per ragazzi dovrà essenzialmente assolvere una funzione educativa, esaltando l’eroismo italiano soprattutto militare, la razza italiana, la storia passata e presente dell’Italia. L’avventura avrà la sua parte purché sia audace e sana, ripudiando tutto ciò che vi è nelle storie criminali paradossali tenebrose e moralmente equivoche che inquinavano tanta parte della stampa per ragazzi. I caratteri somatici dei personaggi dovranno essere spiccatamente italiani. Il testo e le illustrazioni dovranno essere opera di scrittorie artisti, e non di dilettanti senza preparazione. Tali direttive che hanno oltreché un valore spiccatamente politico, un’ispirazione razziale e autarchica, dovranno essere attuate completamente entro il mese di dicembre. “

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Ecco, già questa è una indicazione precisa e soddisfacente. Ora devo solo capire in quale Gazzetta è stata pubblicata per poterla ritrovare nel database ufficiale, così da controllare eventuali imprecisioni, e poi ci faccio un pezzo: quelle “storie criminali” che inquinavano la stampa per ragazzi mi intriga troppo ^_^

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      • Andrea87 ha detto:

        in questo libro di Gianfraco Goria c’è riportata (con prova fotografica!) una notizia d’epoca!


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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Ottimo, grazie della dritta 😉

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  11. Giuseppe ha detto:

    Approfondimento storico (documentato) di alto livello, com’è prassi di questa rubrica. Dove si dimostra che un bando verosimile non per questo necessariamente alla fine è anche vero 😉

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ti ringrazio. Non escludo che agli atti pratici ci sia stato un “bando” (o come vogliamo chiamarlo), ma almeno a livello legislativo la situazione era paradossalmente opposta, visto che importare pellicole estere era addirittura monopolio nazionale.

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  12. Massimiliano ha detto:

    Che strano leggere il tuo articolo dopo aver visto la settimana scorsa su Rai 3 una puntata di una trasmissione (non ricordo ne il titolo ne conoscevo chi la stava presentando) dedicata ad Ernest Hemingway .
    Si diceva tra l’altro che il film “Per chi suona la campana” del 1943 diretto da Sam Wood ispirato all’ononimo romanzo dello scrittore ,ispirato a reali vicende di vita dell’autore, all’epoca corrispondente di guerra.
    Sia stata tagliata la versione giunta in Italia di quei pochi minuti in cui si faceva riferimento ai fascisti italiani.
    Ci pensava il duce a censurare quello che riteneva pericoloso , forse come dici te un vero bando
    non cè mai stato ma riuscivano comunque a fare “propaganda” politica anche con opere cinematografiche e non solo, nate non per quello scopo.
    Comunque articolo interessantissimo , che completa certe mie lacune in materia.
    A titolo informativo ti vorrei segnalare una bell l’intervista di Alberto Cassani ad Alberto Farina , ma probabilmente già la conosci, sul sito CINEFILE.
    Tratta della censura nel cinema in Italia , non si riferisce al cinema durante il regno di Mussolini,ma negli anni dopo la guerra quindi aggiuge ancora altro materiale.
    Se vuoi ti lascio un indirizzo web….ma credo non ti serva.
    Ciao
    Max

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      La censura è un conto, il bando è un’altra. La censura in Italia ha sempre fatto quello che si presume faccia: censura le parti di un film che il ministro che presiede la commissione reputa inadatte alla proiezione. Occhio che non è un tizio con la sega che sforbicia fotogrammi: la commissione avverte il distributore delle scene che vuole siano tolte e se il distributore accetta (e accetta sempre) è lui che fa i tagli. Se non accetta, si va avanti e un film magari esce dopo anni, quando cioè alla fine si mettono d’accordo.
      Quando è uscito in Italia “Sahara” (1943), il plagio di un eccellente film sovietico, la censura si è adoperata per tagliar via la scena in cui Humphrey Bogart lasciava a morire nel deserto un fascista, e l’attore americano rimane lì a pregare in un italiano splendido (com’è che oggi invece gli attori non sanno spiccicare una sola sillaba in italiano?)
      A tagliare quella scena non è stata la censura fascista, bensì quella dell’Italia degli anni Sessanta! Ecco il resoconto: «Visionata la pellicola il 23 maggio 1946 non si ritiene opportuno concedere il nulla osta in quanto nel film viene presentato un prigioniero italiano in una luce poco simpatica, sia nella azione che nel dialogo suscettibile di turbare la pubblica opinione.»
      Di tagli del cenere il cinema è pieno, è la normale attività censoria: il luogo comune invece dice che i film venivano fermati all’estero e impedito loro di essere proiettati durante il regime, il che è ben diverso.
      Grazie per le dritte 😉

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  13. Max ha detto:

    Grazie a te figurati , non si finisce mai d’imparare…effettivamente hai ragione.
    Ciao

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  14. stefano ha detto:

    Se posso capire la volontà di correggere la percezione che ci sia stato un ‘bando ufficiale’ contro il cinema statunitense durante il fascismo (che non è mai stato esplicitato), capisco meno il tentativo di ribaltare le evidenze. Mi limito a due osservazioni:

    Primo punto: quello che viene (concordo, erroneamente) ritenuto un bando verso il cinema statunitense non riguarda tutto il periodo fascista, ma solo la sua ultima fase, e in partiicolare gli anni 1939 e soprattutto 1940-1943. Che dall’avvento del fascismo alla fase bellica i film statunitensi siano circolati, salvo casi riguardanti singoli film (es. Scarface, 1932), è assodato. Mussolini stesso, ma soprattutto suo fratello Vittorio Mussolini, che si occupò direttamente di cinema, erano peralto fan del cinema statunitense. Quindi mostrare come tra 1922 e 1939 i film statunitensi circolassero va bene, ma non è comprovante di nulla (bisognerebbe poi andare a vedere con quali censure e modifiche su nomi, contesti, eventi che vengono cancellati possono circolare — ma è un altro discorso).

    Secondo punto: di fatto la circolazione dei film statunitensi nei cinema fascisti italiani ha un forte arresto dal 1939 e si blocca quasi completamente negli anni 1940-1943. Questo per due ordini di motivi: la legge Alfieri del 1938 che istituisce un monopolio di Stato per l’acquisto e la distribuzione di film stranieri permette di esercitare una scelta preventiva su ciò che può circolare e viene iniziato un processo che favorisca produzioni di altro genere — autarchia. A dimostrare che questa legge non sia una spinta di interesse dello stato fascista per i film stranieri (come tra le righe mi sembra si affermi nell’articolo), ma il suo esatto opposto, ci sta il fatto che le quattro maggiori major statunitensi iniziano, in risposta a quella legge, un embargo contro l’Italia dal 1939. L’unione dei due fatti, collegati tra loro, fa sì che di fatto nel 1939 siano distribuiti pocchissimi film Usa e dal 1940 sostanzialmente nessuno (dove ‘sostanzialmente’ sta a indicare che qualcuno viene ancora distribuito, ma si tratta di eccezioni non significative a livello del loro impatto e importanza).

    Lo stesso succede peraltro alla Mostra del cinema di Venezia, che negli anni 1939-1942 non presenta film statunitensi (come per alcuni altri paesi che negli anni precedenti erano invece presenti – dal 1940 ad es. non ci sono neanche film inglesi).

    Quindi, se è vero che non c’è alcun bando ufficiale, c’è però un mutamento di politica nelle alte sfere fasciste che passa da un sostanziale ‘lasciar fare’ degli inizi (fatto salvi alcuni punti fondamentali che vengono censurati, o con censura preventiva, cioè la non-importazione, o una censura mirata, cioè la distribuzione con tagli e modifiche anche sostanziali ai film stessi) a una tendenza sempre più accentuata all’autarchia, a una chiusura programmatica verso l’esterno, e in particolare Usa (e Gb).

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Grazie per il contributo e procedo a rispondere ai vari punti.

      Primo punto: quali sono le prove delle varie affermazioni che fai? Dove hai preso i dati che hai elencato? Hai presentato date, nomi e titoli, sei stato molto preciso: da dove hai attinto queste informazioni? È “assodato” da chi? Con quale studio? Pubblicato dove? È questo il succo del mio articolo: si danno per scontate cose dimenticandosi di cercare le fonti.
      Se tu non mi citi le fonti da cui hai preso questi dati, sono autorizzato a non crederti.

      Secondo punto: idem. Riporti addirittura le intenzioni delle major: mi piacerebbe studiare le fonti da cui hai attinto questi dati, perché vorrei saperne di più.

      Infine, arrivi alla mia stessa conclusione: non c’è un bando fascista, mentre TUTTI affermano che c’è un bando fascista. Il fatto che esistesse a livello non ufficiale ci posso credere, ma – di nuovo – dove sono le fonti? Dove sono gli studi? Perché tutti sono così sicuri di qualcosa su cui non esiste uno straccio di studio consultabile, con dati e fonti da cui sono stati presi?

      A me non importa nulla del rapporto che aveva il fascismo con il cinema americano: mi interessa sensibilizzare sul fatto che si danno per certe informazioni senza mai chiedere le prove, le fonti e tutto il resto, qualunque sia l’argomento.

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      • Anonimo ha detto:

        Non dovrebbe stupire che arrivo alla stessa conclusione sull’assenza di un bando, visto che ho scritto fin dalla prima riga che sono d’accordo nell’intento di chiarire che un vero e proprio bando non c’è mai stato. Quello su cui sono in disaccordo è il resto, cioè il passare dall’assenza di bando al cancellare dei dati di fatto (cioè che negli anni finali del fascismo i film statunitensi non arrivarono in sala in Italia).

        Per il resto, per le fonti, si potrebbe partire da articoli che sono stati citati nell’articolo stesso (ma forse letti in modo un po’ frettoloso?): Catolfi (‘Censura e doppiaggio nelle forme narrative del cinema italiano, nel cruciale passaggio al sonoro degli anni Trenta’), che viene citato, in un pezzo casualmente non citato, scrive: ”Nel settembre del 1938, con la Legge Alfieri, viene istituto un monopolio di Stato per l’acquisto e la distribuzione di film stranieri. Questo causa negli ultimi anni del fascismo la totale scomparsa dei film americani dal mercato italiano, alla quale le major americane reagiscono con un pesante embargo. come ritorsione nei confronti della legge (Costa 2013: 36).” (per completezza, si rimanda a Costa, Antonio, Il cinema italiano, generi, figure, film del passato e del presente, Bologna, Il Mulino, 2013.).

        Poi viene citato il progetto ItaliaTaglia, leggendo nel materiale presente su quel sito, si può arrivare alla voce ‘autarchia’ (https://www.italiataglia.it/indice_sonoro_fascismo/autarchia) in cui è riportato, tra le altre cose: ”Gli effetti” (della legge Alfieri) ”furono drastici e immediati: le quattro principali major di Hollywood (20th Century Fox, Metro-Goldwyn-Mayer, Paramount e Warner Bros.) risposero ritirandosi dal mercato italiano a partire dall’1 gennaio 1939. È l’inizio del monopolio autarchico, la “battaglia autarchica” come la definì il ministro, che susciterà la forte preoccupazione di Vittorio Mussolini, grande ammiratore del cinema hollywoodiano e lui stesso sceneggiatore e produttore. In particolare, il numero dei film americani importati in Italia si ridusse da 162 nel 1938 a 64 nel 1939 fino a scendere a soli 36 nel 1940 (per poi sparire quasi del tutto l’anno successivo), con un impatto economico evidente se si pensa che nel 1938 i film americani rappresentavano il 73,5% degli incassi complessivi del mercato italiano.” (quindi sono un danno economico, eppure c’è la scomparsa).

        Poi ci sono gli studi più approfonditi, che ahimé non sono a portata di link, ma se interessa suggerisco di partire da Gian Piero Brunetta, Il cinema italiano di regime. Da ‘La canzone dell’amore’ a ‘Ossessione’, Laterza, Roma-Bari 2009, basta l’introduzione e le parti che vanno circa da 313 a 318, in cui è spiegata la dinamica con cui 1) viene emanata la legge Alfieri, 2) le case di produzione americane reagiscono, 3) il governo italiano tenta di proseguire con accordi sottobanco con altri distributori (è il motivo per cui ad esempio riesce ad arrivare il tanto sbandierato Ombre rosse), ma il risultato è l’arrivo in gran parte di film di serie b che non hanno la stessa presa, e infine anche quel filo si interrompe: ed è spiegato in base a ricerche di archivio, non solo in Italia ma anche negli Stati Uniti – non a sentito dire o veloci ricerche sul web.

        Perciò: 1) sì, non c’è mai stato un bando ufficiale del fascismo contro i film statunitensi (e che lo affermino TUTTI è ridicolo, ci sono alcuni che lo dicono, vero, ma non certo gli studiosi….. ma in ogni caso…); 2) sì, negli anni finali del fascismo si arriva a una pressoché totale assenza di film statunitensi nei cinema italiani, per una serie di mosse e contromosse dovute al crescente clima di autarchia del fascismo, a partire dalla legge Alfieri, con le sue conseguenze.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Per “fonti” non intendo qualcuno che oggi affermi qualcosa, intendo fonti del 1939 che riportino i dati citati da ItaliaTaglia e dagli altri saggi. Come fanno oggi questi siti e autori a riportare dati precisi? Da dove li hanno presi? Hanno consultato gli archivi nazionali dell’epoca? Nel caso dovrebbero specificarlo.

        I libri sulla storia del cinema in Italia che ho consultato evitano abilmente l’argomento (forse perché dati precisi risalenti all’epoca non ce ne sono?) ma ti ringrazio delle fonti che cercherò, ma quello che dicono oggi sulla Legge Alfieri non mi interessa, a meno che non esca fuori un articolo del 1939 in cui un giornalista dell’epoca (o chi per lui) scriva dichiaratamente quanto oggi si continua ad affermare.
        Noto che continui ad insinuare che io abbia manipolato od abilmente occultato dati, ma come sanno i lettori di questo blog io non guadagno niente da questa attività quindi non ho alcun bisogno di veicolare o manipolare o altro: non me ne frega niente di convincere qualcuno di questo o di quello, faccio ricerche e racconto ciò che trovo, o (come in questo caso) ciò che non trovo, nella speranza di sensibilizzare sul problema generale, non sulla questione in particolare.

        Infine, faccio di nuovo presente che tutti ribadiscono ovunque che durante il fascismo non uscivano film americani in Italia perché c’era un bando, è solo quando si fa notare che non esistono prove al riguardo esce fuori “ah, ma solo dal 1939”, e senza bando. Per questo ho fatto l’articolo: sono contento che tu invece credi a una sospensione del cinema molto più piccola, ma di nuovo a me interessa porre i riflettori sull’abitudine di credere ai dati senza chiedersi da dove arrivino, al di là della questione particolare.

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      • stefano ha detto:

        Prendo atto che, se li cito io non vanno bene, se li cita lei/citi tu, invece sì. E pensare che li citavo proprio perché ho pensato ‘li ha usati, quindi se ne fiderà’ – altrimenti perché ctarli??
        Il lavoo di Gian Piero Brunetta, che è uno dei più importanti storici del cinema italiano, è basato su un lavoro di archivio, come scrivevo, non solo in Italiia, ma anche negli Stati Uniti. Ciò che dice Brunetta, così come ciò che dicono Catalfo e il sito ItaliaTaglia, che è basato sulla consultazione di documenti originali di ciascuna epoca, sono basati su delle ricerche – alcune durate anni, non qualche ora. Ma se vuol/vuoi credere che siano basate sul sentito dire e che invece lei/tu abbia trovato le risposte nascoste in qualche clic, bene così.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Non avendo strumenti per dare licenze di bontà, per me sono tutti buoni, vanno tutti bene, e visto che l’ultima tua conclusione indica che non sono minimamente riuscito a spiegarmi, mi sembra inutile continuare questa conversazione, visto che sta ottenendo l’effetto opposto a quanto si prefiggeva: curioso come il continuare a fare domande venga da te interpretato come un mio aver trovato le risposte.
        Prendo atto che se domani pubblico un articolo in cui affermo che durante il fascismo sono stati bloccati alle frontiere 1.356 pellicole – perché lo dice Mario Rossi nel suo saggio appena uscito – diventa verità rivelata e nessuno verrà a chiedermi “Ma come fa ‘sto Mario a saperlo”? Ne prendo atto.

        Visto che il mio spronare a fare domande viene interpretato come un dare risposte, ho chiaramente fallito e mi taccio.

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      • stefano ha detto:

        Però però però, c’è una piccola differenza tra il presunto furbone Mario Rossi e il saggio che ho citato di Brunetta, ad esempio: Brunetta è parte di una comunità scientifica e ciò che scrive passa anche tramite il confronto con la comunità di specialisti, se scrive delle cose inesatte, false o inventate, o non viene pubblicato, o se per un errore viene pubblicato, prima o poi viene sbugiardato.
        Inoltre, come ho scritto la prima e la seconda volta, e riscrivo, Brunetta ha basato le sue dichiaraziioni su ricerche di archivio durate anni. Riicerche d’archivio signfica documenti ufficiali dell’epoca di cui parla (in questo caso il ventennio fascista).
        Se questo sistema non è chiaro, o se il sistema di peer-review scientifico non le sembra sufficientemente credibile, è chiaro che uno vale uno e vale tutto, e quindi certo, Mario Rossi può inventarsi quello che vuole.
        Peraltro Brunetta è solo un esempio, ma ci sono altri studiosi, che si sono basati su documenti di archivio, che hanno studiato lo stesso periodo, e che confermano quanto detto da Brunetta, un esempio sono alcuni studi di Vito Zagarrio (altro storico del cinema italiano).
        Per il resto, bene così, ho capito che non ha presente come funzioni o che non crede al funzionamento delle pubblicazioni scientifiche.

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