Ieri vi ho parlato dei miei Natali presenti, quindi mi sembra giusto parlare oggi – altrettanto brevemente – di un mio Natale Passato.
Non sono stato in grado di risalire all’anno preciso, le date di messa in onda non corrispondono ai miei ricordi, ma questa non è una ricostruzione filologica. Un mio carissimo ricordo d’infanzia è quello di una Vigilia di Natale passata con Dannye Kaye: magari non è un ricordo affidabile, ma mi piace tenermelo così com’è.
Il problema dei miei Natali d’infanzia è che rispettare la tradizione di aprire i regali alla mezzanotte del 24 dicembre è sempre stata pratica dolorosa, per me: io morivo d’ansia già il 1° dicembre e non vedevo l’ora di iniziare a giocare con i nuovi giocattoli, quindi ogni anno i miei genitori dovevano sudare parecchie camicie per tenermi buono fino alla mezzanotte.
Essendo all’epoca la nostra una famiglia di comunisti mangia-bambini, del valore “cristiano” del Natale e della nascita di Gesù bambino davvero poco ci importava – ma il presepe era sacro, anche se non fatto in modo canonico! – quindi non c’erano motivi per me di aspettare così a lungo per aprire i regali. Inoltre all’epoca raramente si andava a dormire più tardi delle 22.30, quindi onestamente anche il sonno era un ostacolo.
Quel Natale di tanto tempo fa – nel cuore degli anni Ottanta – trovammo un modo per arrivare alla mezzanotte: in TV andava in onda un film con Danny Kaye che, con la pubblicità, arrivava giusto giusto all’ora di aprire i regali. Così mi ritrovai a vedere quel film con la trepidazione e il gusto dell’attesa di qualcosa di bello.
All’epoca l’attore era un mito in Italia e The Court Jester era canterino e colorato come molti dei successi che andavano in TV. Non sapevamo che era tutto vecchiume ormai dimenticato dagli americani, che uscito in patria nel gennaio 1956 e pubblicizzato ad arte dalla Paramount il film era stato un colossale flop, sebbene fatto con un budget altissimo per l’epoca.
Non sapevamo che il genere “medievale” era morto un minuto prima che iniziassero le riprese, anche perché in Italia sarebbe risbocciato più volte e produzioni nostrane avrebbero imperversato ovunque. Il genere in pratica era ancora vivo negli anni Ottanta italiani e quindi quello di Kaye era un film “sul pezzo”, mentre in patria fu un disastro totale e l’attore ci mise tre anni prima di decidersi a tornare sullo schermo.
A dimostrazione che malgrado tutto è un film natalizio, arriva in Italia il 20 dicembre 1956 (probabilmente prima, ma non ho trovato prove) e gira per le nostre sale fino almeno al 1959, dopo di che scompare.
Dal 1981 comincia a girare per le TV ma non dura molto. Scomparso di nuovo nel nulla e ignoto all’home video, riappare grazie alla A & R Productions che lo porta in DVD dal luglio 2010.
Siamo all’epoca di Roderico l’usurpatore (Cecil Parker), e i ribelli di Volpe Nera (Edward Ashley) si insinuano al castello per rovesciare il trono. La missione è affidata al più incapace dei ribelli, Umberto Hawkins (Danny Kaye), che però per puro caso riesce a prendere il posto di Giacomo da Verona (una comparsata di John Carradine), notissimo giullare che ha accesso alle stanze del re.
Spacciandosi come Giacomo, re dei giullari e giullare dei re, Hawkins e la sua amata guerriera Jean (una Glynis Johns più bella del sole) hanno il compito di rovesciare il trono e fermare i piani malvagi del perfido Sir Ravenhurst (un Basil Rathbone in grande spolvero).
«Norman Panama e Melvin Frank vennero fuori con l’idea di farmi interpretare un tizio che viene ipnotizzato e pensa di essere il più grande spadaccino del mondo. Ora sì che ero nei guai. Ho dovuto imparare la scherma così bene che anche i più esperti fra il pubblico mi trovassero convincente. Servirono mesi di allenamento con il coach olimpico Ralph Faulkner, ma alla fine ci riuscii.»
Questa dichiarazione di Kaye è riportata dal biografo Michael Freedland nel saggio The Secret Life of Danny Kaye (1985) e testimonia la grande preparazione tecnica e perizia dietro il film. Però la biografia racconta anche altro.
La lavorazione è un disastro, le canzoni scritte da Sylvia Fine (moglie di Kaye) non arrivano mai, il sonoro dà mille problemi e bisogna rigirare più volte con un enorme sperpero di denaro. Alla prova costumi tutti scoprono con orrore che Danny Kaye ha delle zampette inguardabili: non può mostrarsi così sullo schermo, così per tutte le riprese indosserà un’imbottitura che gli faccia le gambe almeno umane. L’attore si lamenterà che, per via di quel costume laborioso da indossare, in quelle settimane riuscirà ad andare in bagno solo alle tre del pomeriggio!
Nella produzione ci ha messo soldi anche Kaye e sua moglie, come produttori esecutivi, quindi il flop è un disastro per tutti. Ma nessuno da noi sapeva niente, e il film alla fine si lascia guardare con piacere.
Malgrado le solite noiose canzoni che funestano ogni film americano considerato “brillante”, l’umorismo di Kaye alterna gag fisiche a giochi di parole, che secondo me funzionano addirittura anche oggi. Siamo lontani da quel buffone datato e un po’ triste di Sogni proibiti (1947), che faceva davvero il giullare con le vocette e le faccette: qui fa il giullare per finta e l’umorismo risiede in trucchi da attore più consumato.
Divertenti le scene dove recita accanto ad una giovanissima Angela Lansbury, la celebre Signora in… in…
La biografa della Lansbury, Margaret Wander Bonanno, definisce questo film «un buon canto del cigno per quello che può essere considerato il primo capitolo della sua carriera» (Angela Lansbury. A Biography, 1987), indicando che l’attrice è pronta per ruoli più impegnativi che di semplice contorno.
Mentre Angela parte per il suo prolifico futuro, finisce qui questo omaggio ad un mio Natale passato. Non ricordavo nulla del film, se non impressioni che però possono riferirsi alle valanghe di “cappa e spada” simili visti da ragazzino.
Che sia un ricordo falso o meno, rimane un caro ricordo di una Vigilia da bambino, passata con Danny Kaye in attesa di aprire i regali: basta poco, per un bel Natale.
L.
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Oh la Lansbury giovane… che poi nei tratti è sempre lei, come dimostra soprattutto l’immagine della “signora in verde”
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È identica, sia da giovane che da adulta 😛
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ciaone, passato bene natale?^^
sarò io, ma non sarei felice se mettessero canto del cigno e mia carriera nella stessa frase positiva xD
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Ho ridotto al minimo sindacale le visite dei parenti, quindi ho passato un buon Natale 😛
La biografa stava dando per chiuso quel periodo di gavetta per Angela, fatto di piccoli ruoli che comunque le hanno donato visibilità: visto che la frase è stata scritta sul finire degli Ottanta, quando l’attrice era amata da tutto il mondo, direi che è innocua 😀
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Off topic: ho visto Bone Dry e confermo che si è trattato di un’ottima visione, un film di lotta e di governo, cioè fatto con cuore e con criterio. E col dilemma che se Luke avesse ceduto alle avance della barista milf non avrebbe mica fatto peggio 😂😂😂
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ah be’, sicuramente gli conveniva cedere alla milfona: è questo l’insegnamento del film 😀
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😂😂😂
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Non sono mai inciampato in questo film, Natale o meno… Comunque, ho parenti rumorosi e a Natale non sono mai riuscito a seguire nulla in tv -_-
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Il titolo e il protagonista (soprattutto lui, ovvio) mi dicono che “Il Giullare” devo averlo visto su qualche rete minore (il che significa come al solito passaggi televisivi improvvisati, di cui non rimane quasi mai traccia in nessun archivio), probabilmente nei primi ’90… ma, cercando di scendere più nel dettaglio, la mia memoria a riguardo comincia a floppare come il risultato finale del film.
P.S. Certo che il vero colore della Signora è un enigma, un mistero… anzi, oserei dire che siamo dalle parti di un giallo vero e proprio 😉
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ahahah sapevo che avresti trovato una degna conclusione alla mia gag sulla Lansbury 😛
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Recupero oggi questo post! Dev’essere proprio un film assai simpatico! Quel genere di film che intrattengono piacevolmente. Non ne avevo mai sentito parlare e anche Danny Kaye lo conosco poco. Mi ricordo di una sua breve apparizione, peraltro molto divertente, nel ruolo di dentista nei Robinson ma per il resto ho la nebbia. Devo rimediare.
Mitico lo slogan del giullare! Non so perché mi ricorda quella barzelletta dove una serie di sarti con i negozi tutti sulla stessa via si autopubblicizzano con “Il migliore di Parigi”, “il migliore della Francia”, “Il migliore d’Europa” e quando si arriva all’ultimo sarto si legge il cartello “Il migliore della strada”.
Fantastica la gag della Lansbury multicolore, variegata più di un gelato tutti frutti.
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C’è stato un periodo in cui Danny era molto presente in TV, poi credo ne sia scomparso del tutto.
La barzelletta è mitica e mi ricorda un aneddoto raccontato da una “studiosa di propaganda falsa”. C’era un ufficiale di marina parecchio indisciplinato e il suo capitano scriveva spesso un rimprovero nel diario di bordo, che al ritorno a casa avrebbe poi avuto conseguenze. L’ultima sera l’ufficiale, per salvarsi, prende di nascosto il diario di bordo e scrive: “Oggi il capitano non è ubriaco”. Con il geniale suggerimento che quanto scritto in precedenza è stato frutto dell’alcol, l’ufficiale con una sola bugalia ha annullato ogni verità: tecnica ben nota a tutti i politici 😛
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Ahahaha, che perfetto esempio di ottimizzazione!
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Meglio ateocomunista che cattocomunista, no? 😆
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Dovresti rivederlo ora, da bambino non puoi aver notato per esempio una chicca come l’uso anacronistico di cannocchiali per scrutare l’orizzonte. E poi, il balletto del giullare insieme a tutte le guardie… avrà mandato tutti in fallimento ma è ancora divertentissimo!
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L’ho rivisto due o tre anni fa, ovviamente non regge il confronto con il bel ricordo del Natale passato, ma gli voglio sempre bene. Negli Ottanta Danny Kaya passava molto spesso in TV quindi lo considero un amico d’infanzia 😛
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