Ho già raccontato più volte che il britannico Scott Adkins ha fatto una onorevole e dura gavetta prima di arrivare a risplendere nel ruolo della vita, cioè del lottatore russo Boyka: ecco perché mi piange il cuore a vedere la sua produzione successiva, decisamente non all’altezza della faticaccia che si è fatto per “salire di livello”.
Proprio come suoi illustri predecessori – da Cynthia Rothrock a Richard Norton e Gary Daniels – Adkins ha iniziato la carriera cinematografica nell’unico posto che accetta a braccia aperte bravi atleti, chiudendo un occhio sulla loro capacità di recitare: Hong Kong. Qui la recitazione è talmente imbrigliata in canoni attoriali fissi e preimpostati che basta fare le boccacce per essere perfetti, per un occidentale, l’importante è essere ottimi atleti: e Adkins è un ottimo atleta.
Dopo aver fatto una comparsata in Spia per caso (gennaio 2001), Adkins ha un ruolo un po’ più visibile e il 13 settembre 2001 – cioè due giorni dopo l’attentato alle Torri Gemelle! – nei cinema di Hong Kong esce 地上最強 (Dei seung chui keung, letteralmente “Il più forte della terra”) di Stephen Tung Wai (Wei Tung).
Con le coreografie di Jack Wong Wai-Leung (che ha esordito nel 1998 curando i combattimenti di Jet Li in Contract Killer), il film parte dallo spunto di Battle Royale (2000) per gettare le basi di un sotto-genere che conoscerà successivi rimaneggiamenti occidentali come The Tournament (2009), guarda caso sempre con Adkins, ma anche The Condemned (2007).
Siamo all’alba dei reality e quindi ecco l’ideona: un torneo marziale ad eliminazione fisica trasmesso on line, con una secchiata di lottatori di ogni genere che si gonfiano come zampogne e solo uno deve rimanere in piedi. Eroi locali dovranno per forza di cose affrontare i volgari e tronfi lottatori occidentali, che gridano e fanno le boccacce: diciamo che il film è talmente scontato che non serve vederlo, basta la locandina, se non fosse per le ottime sequenze di combattimento.
A metà film arriva lo scontro fra Fang Jin (Jun Ngai Yeung) armato di bo e Isaac Borman (Scott Adkins) armato di nunchaku. E scopriamo che Scott è un drago col nunchaku!
Purtroppo nell’Occidente del Duemila il cinema marziale è estinto quindi Scott non riprenderà mai più in mano l’arma, ma la prima volta che l’ho visto ho strabuzzato gli occhi: le tecniche che esegue sono tutte “normali”, non è che si inventa chissà che, ma la bravura sta nel come si eseguono, e Scott è dannatamente fluido e sicuro nel padroneggiare il nunchaku. Gioia marziale per gli occhi!
Ecco perché tratto molto male la produzione di Adkins del dopo-Boyka, perché ha faticato per arrivare ad essere il miglior attore marziale occidentale – e in realtà del mondo, visto che le vecchie tigri dell’Asia ormai sono in pensione – quindi rinunciare a tutto per fare il lacchè di Van Damme o per fare semplici action da due soldi è stato un crimine contro l’umanità.
L.
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Le citazioni di inizio rece sono da pelle d’oca per Willy! Norton, LEI, Daniels…quanti giovedì!
E anche The condemned e The tournament, pur putridi, sono film che mi “riscaldano” un po’. Il film in oggetto non lo conoscevo ma nella sua struttura basilare pare interessante…grazie per lo spunto! 🙂
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Non è un film da consigliare, ma è una parata di combattimenti niente male 😉
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E, tra l’altro, scopro solo adesso grazie a te quanto qui Adkins fosse abile pure nell’uso del nunchaku 😉
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E’ davvero un peccato che abbia relegato a questo piccolo ruolo la sua bravura nel nunchaku. Quand’anche l’avesse imparato solo per il film, comunque ha raggiunto un livello di fluidità che altri “nunchakari” al cinema di sognano 😛
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