Triple Threat (2019) Tre tigri contro tre tigri

Grazie a Cassidy e alla sua recensione scopro l’esistenza di questo film: sono finiti i tempi in cui seguivo assiduamente le attività degli attori marziali sperando in qualche loro nuovo film che me li facesse amare di nuovo. Troppe delusioni, troppa amarezza: se mi capitano sotto gli occhi bene, se no ciccia. Non ho perso niente.

Né in fondo c’è gran che da perdere con Triple Threat, co-produzione sino-thailandese che ha abbastanza soldi da poter ingaggiare star marziali ancora vive (o sedicenti tali), al contrario di Stallone che per i suoi Mercenari deve accontentarsi di salme in vari stati di conservazione.

C’è una quarta “minaccia”: il film stesso!

Una secchiata di case produttrici asiatiche ci assicura che questo film è 100% asiatico quindi già lo sappiamo: ci saranno occidentali alti che faranno facce cattive, diranno cose esagerate e moriranno da stupidi, mentre i protagonisti minuti e minuscoli saranno buoni di cuore e salveranno la situazione armati di sole, cuore e amore.

Non è certo la trama la forza di Triple Threat, anche se meno scontata del solito, bensì le formazioni messe in campo, davvero un esempio di melting pot e di integrazione razziale da battere le mani: sarebbe bello che anche i Paesi occidentali pensassero a qualcosa del genere.
Passiamo alla questione “Tre tigri contro tre tigri”.

Iniziamo dalle “tre tigri buone”.

Classe 1976, 1 metro e 72 di altezza, dalla Thailandia con furore ecco Panom Worawit, in arte Tony Jaa.

Tony, per favore, fai qualcosa per quei capelli…

A vederlo così sembra lo sfigato del quartiere che quando lo incontri al bar fai finta di non conoscere, ma nel 2003 è stato il fenomenale strumento con cui il maestro Panna Rittikrai ha cambiato il mondo intero, resuscitando il cinema marziale con le sole proprie mani e sdoganando il muay thai acrobatico.

Come ogni star marziale prima e dopo di lui, ad un certo punto ha smesso di fare cinema marziale ed è tornato a farlo solo quando ormai il fisico non glielo consentiva più. Un classico.

Grinta giusta, ma è il resto che non c’è più

Classe 1975, più o meno la stessa altezza, dal cuore della Repubblica Popolare Cinese arriva Tiger Chen.

Ma cos’è, andate tutto dallo stesso barbiere?

Dal peso di due mele o poco più, viene dal Wushu tradizionale ed è sbarcato tardi al cinema: il suolo più noto è quello in Man of Tai Chi (2013) di Keanu Reeves: diciamo che è l’esordiente della comitiva…

A lui toccano le tecniche acrobatiche, ma non aspettatevi chissà che.

Un calcio dalla potenza di due o tre grammi

Classe 1983, 1 metro e 68 di altezza – ma dài, è più basso di Tony Jaa! – da Jakarta arriva l’indonesiano più cazzuto del cinema marziale moderno: Uwais Qorny, nome d’arte Iko Uwais.

Imparate da Iko come si portano i capelli

Grezzo ma promettente in Merantau (2009), classico film di lancio, nel 2011 come Jaa rivoluziona per sempre il cinema marziale con quello che rimane il suo capolavoro inarrivabile: The Raid.

Come ogni geniale esecutore, tutto il resto non arriva al livello di quel film. Forse è in attesa di qualcuno che sappia sfruttarlo meglio.

Passiamo alle “tre tigri cattive”.

Classe 1976, 1 metro e 78 di altezza, nato nel cuore dell’Inghilterra, arriva il tormento e l’estasi del cinema marziale: Scott Adkins, che poteva regnare nell’inferno del cinema di genere ma ha preferito essere servo nel Paradiso del cinema mainstream. Col risultato di fare il servo all’inferno…

Big in Thailand

Dopo una più che dignitosa gavetta decennale, nel 2006 è creta nella mani di J.J. “Loco” Perry e in Undisputed II dona all’universo l’eroe cazzuto di cui aveva bisogno: Adkins non è più riuscito a raggiungere il suo Boyka.

Pronto? No, non lo faccio Boyka 5, piantatela!

Classe 1967, 1 metro e 85 di black dynamite, da Brooklyn, New York, arriva la montagna marziale che tutti vorremmo come amico: Michael Jai White.

Io con gli indonesiani mi ci lavo i denti

Dopo una dignitosa gavetta esplode nel mondo marziale con Universal Soldier. The Return (1999) ed è l’unica star marziale nella storia dell’universo ad essere migliorato col tempo!

Peccato che nel film sia solo una inutile comparsa, che sta seduto e dice cose a caso: grande occasione mancata.

Simbolo della parte di Michael: puro sfondo sfocato

Classe 1979, 1 metro e 85, arriva da Liverpool Michael Bisping che non ho idea di chi cacchio sia…

Oh… ma tu chi sei?

Per finire, le “tre tigri” buttate via, che è un crimine contro l’umanità…

Classe 1984, 1 metro e 62 di potenza esplosiva, da Bangkok arriva la tigre Yanin Vismitananda, meglio nota come JeeJa Yanin.

Bastano quegli occhi a metterti a tappeto

Proveniente sempre dalla scuderia di Panna Rittikrai, nel 2008 ha conquistato il mondo con Chocolate e ha fatto il bis con Raging Phoenix: purtroppo in seguito ha deciso di fare giusto comparsate e poco altro.

In questo film vale meno della tappezzeria: giusto un paio di inquadrature e poi via nel nulla…

Un personaggio nella nebbia: immenso spreco

Classe 1969, dal Belgio come quell’altro famoso belga ma di ben altra pasta, Dominic Horevoets si fa chiamare Dominiquie Vandenberg e dovrebbe essere molto più famoso, già solo per la sua storia personale…

Lo so, nessuno si ricorda più di me…

È scappato dalla Legione Straniera per andare ad interpretare un film sui combattimenti clandestini… Sembra la trama di Lionheart (1990) e invece è la vita vera di Dominiquie, il cui Pit Fighter (2005) è un gioiello del genere, con pure una comparsata di Adkins.

Classe 1974, 1 metro e 88 di pura agilità, dai Paesi Bassi arriva Ron Smoorenburg.

Oh, m’avete chiamato solo per pulire a fine festa?

Sant’Iddio, hai ingaggiato le gambe più veloci d’Europa, hai una star marziale che pur senza clamore ha combattuto contro tutti i più grandi attori di genere, e cosa fai? Lo chiami per sparare in due scene e lo fai fuori subito? Che spreco…

Dài, Tony, combattevamo meglio in The Protector (2005)

Con una storia che alterna vendette personali, tradimenti e complotti internazionali a fare da sfondo vago e un po’ sfocato, assistiamo ad una parata di scene d’azione sapientemente create da Jesse V. Johnson.

Lo stunt coordinator britannico mastica azione dagli anni Novanta e guarda caso uno dei suoi primissimi film è il citato Pit Fighter, tanto perché alla fin fine il cinema marziale è una grande famiglia. Di cinema marziale ne mastica dallo spumeggiante (ma rozzo) The Fifth Commandment (2008) e gli è capitato di dirigere vecchie star d’azione sia in The Butcher (2009) che in The Package (2013).

Con qualche soldo in più è passato a dirigere Adkins nel 2018 sia in Accident Man che in The Debt Collector: spumeggiante il primo, appannato il secondo, nessuno dei due memorabile. Sicuramente questo Triple Threat è stilisticamente migliore.

Tre tigri…

… contro tre tigri

Johnson ha una secchiata di attori d’azione da gestire e teoricamente dovrebbe dare spazio uguale a tutti, ma alla fine non è così. Le tre tigri buone hanno il loro giusto spazio e l’unico cattivo a combattere è Adkins: gli altri sono carta da parati.

Ma questo non sarebbe un problema, se Adkins non continuasse imperterrito a portarsi dietro Tim Man come coreografo…

Ti spacco il parabrezza con la capoccia!

In questo film c’è una “tigre solitaria”, appunto Tim Man. Classe 1979, Thailandese nato in Svezia (!) prima con Bangkok Adrenaline (2009) e poi con Kill ’em All (2012) ci ha fatto credere in un altro grande eroe dalla Thailandia. Invece sul set di Ninja 2 (2013) conosce Adkins e avviene la tragedia: diventa suo coreografo di combattimenti fisso, con il grave difetto di non essere un coreografo.

Oh, nessuno ci ha detto niente: facciamoci una passeggiata

Tim Man non ha una visione spettacolare di una scena di combattimento, ha poco ritmo e tende sempre al “pastrocchio”: fa tirare tante tecniche che alla fine si confondono e al massimo del climax fa tirare un calcetto che risulta fiacco. Ora, o segui lo stile di Hong Kong e tiri mille tecniche, ma fatte bene e con ritmo perfetto, o segui lo stile americano e tiri calci e pugni potenti che bucano i muri, o segui la tradizione thai di Panna Rittikrai e fai volare i lottatori in modo che lo spettatore si innamori.

Eh sì, bei ricordi, ma molto appannati

Tim Man fa tutte e tre gli stili insieme, fatti tutti e tre male. Già hai per le mani delle star marziali molto appannate, per non dire imbolsite, se poi crei combattimenti poco incisivi alla fine cosa rimane?

Scott ci ricorda che ancora gliel’ammolla…

Il problema di Triple Threat è appunto che alla fine non rimane niente. Non ci sono tecniche memorabili, non ci sono momenti chiave, non c’è il classico big fight finale né il going berserk del protagonista, ma solo cinquanta sfumature marziali molto vaghe.

Un doppio calcio volante buttato via a spreco

L’idea è buona ed è divertente trovare così tante culture ad interagire insieme – un thailandese, un cinese ed un indonesiano contro un britannico, un americano e un belga! – ma al di là di questo rimane ben poco: troppi personaggi da gestire, con tre giovani sceneggiatori non molto ispirati e quindi alla fine solo tanta caciara. Divertente e che merita una visione, ma non molto di più.

L.

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22 risposte a Triple Threat (2019) Tre tigri contro tre tigri

  1. Zio Portillo ha detto:

    Devo ancora trovare tempo di vederlo. A furia di leggerne recensioni fiacche (per non dire di peggio!) continuo a rimandarne la visione. A sto punto non so se saltarlo che tanto non mi perdo nulla, oppure turarmi il naso e via. Come un cerotto: colpo secco e si passa oltre. Sono combattuto anche se l’opzione n.1 si sta facendo sempre più concreta man mano che i giorni passano e il calendario si infittisce.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Sono finiti i bei tempi marziali, puoi saltare tutti i film che vuoi e non cambierà nulla: protagonisti qui sono tutte star sfiatate che fanno giusto il minimo sindacale, ma senza troppo impegno. Riguardati i loro film storici che è meglio 😛

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  2. Il Moro ha detto:

    Prima o poi mi aspetto da te una classifica dei migliori film marziali di sempre!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Per carità, già è piena la Rete di classifiche 😀
      L’universo marziale è così sconfinato che non si possono fare classifiche, con le profonde differenze che ogni cinematografia in ogni epoca ha sfoggiato 😛

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  3. Conte Gracula ha detto:

    Tra gente che fa il minimo sindacale e messaggi politici discutibili (asiatici tutti buoni, occidentali tutti cattivi, come in molti film cinesi) mi sembra che non ci sia nulla da vedere, quindi… circolare, gente, giusto?

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Così come nei film occidentali gli “stranieri” sono stereotipati, mi sembra giusto che avvenga lo stesso nei film asiatici 😛
      Credo che l’unico Paese che batta la mani davanti ai vergognosi stereotipi di cui è vittima sia l’Italia: continuiamo a fare i buffoni nei film stranieri e ci commuoviamo… Guarda come De Niro fa bene l’italiano…
      In questo periodo il mondo anglofono è impazzito per la serie TV “Killing Eve”, dove fra i vari colpi dell’assassina protagonista nella prima puntata ce n’è uno in Italia, Paese totalmente privo di città visto che ogni storia qui ambientata si svolge in campagna. Siamo ovviamente nel Chianti, dove notoriamente si tengono riunioni della malavita siciliana, capeggiata da Remo Girone che fa cose incomprensibili. Come sempre la protagonista parla un italiano perfetto e tutti a ballare la tarantella, tipica danza dei mafiosi siculo-toscani. Se un film italiano avesse fatto vedere un londinese che ama ballare la tipica danza della sua famiglia, la quadriglia irlandese, nelle trasmissioni britanniche ci avrebbero presi per il culo, a noi invece fa piacere.
      Quand’è che gli italiani cominceranno a lamentarsi dei ciechi e stupidi stereotipi di ogni prodotto anglofono? Quindi in Asia fanno bene a ritrarre gli occidentali come buffoni ciarlieri e senza cervello: serve a rimettere a posto l’equilibrio culturale 😛

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      • Conte Gracula ha detto:

        A me ha stancato tutto questo fiaccume in fase di scrittura, mi annoia. Giusto in una commedia demenziale potrei reggerlo: immagina un film in cui ogni nazione è resa come secondo lo stereotipo di un’altra! XD

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      • Giuseppe ha detto:

        Il punto è: arrivano almeno a capirlo che si tratta di ciechi e stupidi stereotipi o, cosa purtroppo più probabile, vanno in solluchero per come vengono ritratte la nostra “solarità” (che sta bene dappertutto) e le nostre “tradizioni” (dopo tutto, CHI non balla la tarantella in ogni sperduto angolo privo di città del nostro paese)? Almeno Triple Threat sta a dimostrare che chi di stereotipo ferisce di stereotipo perisce 😛 … ecco, se magari fosse stato pure un vero divertimento marziale sarebbe stato meglio (ma ormai per questo siamo fuori tempo massimo: sono praticamente quasi tutti “ex”, come pure Michael Bisping “ex” kickboxer e “ex” grappler).

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        In effetti il titolo del film doveva essere “Triple Ex”, così magari ci faceva una comparsata pure Vin Diesel 😀

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      • Conte Gracula ha detto:

        Mi sa che no: l’idea imperante è che gli italiani e l’Italia non se li fila nessuno, perciò se c’è uno che parla come Super Mario o dice ciao, grande onore, si sono accorti che esistiamo. 😦
        Ora: a me gli stereotipi fanno ridere, ma so che sono stereotipi, il problema è quando uno non lo sa e allora è un fiorire di giapponesi che fanno i samurai e si suicidano per onore entro i vent’anni, statunitensi grassi come Jabba che sparano in aria a qualsiasi età, nordeuropei che assemblano tutto come se fosse un mobile all’Ikea, francesi vestiti da mimi, italiani che fanno pizze nella loro villa a Milano fronte spiaggia e con le colline senesi alle spalle e, ovviamente, cinesi che volano e uccidono mammuth con un dito!

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        ahaha descrizione perfetta 😛

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      • Conte Gracula ha detto:

        A questo punto, è un film che vorrei vedere 😛

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      • Giuseppe ha detto:

        Beh, Conte, a Milano qualche estate fa l’avevano portata la spiaggia “artificiale” dalle parti di Porta Sempione, per dar l’illusione di vacanza al mare a chiunque fosse stato costretto a rimanere in città (almeno presumo: non posso però escludere che ci fosse pure chi ne approfittava prima di partire per le ferie vere e proprie)… fatto ovviamente salvo il piccolo dettaglio della totale assenza di mare a Milano ma, metti che un produttore anglosassone stesse passando di lì in quel momento, l’idea dell’italiano tipo con villa fronte spiaggia nel milanese era già bell’e che pronta (e chissà quante pizze al taglio giravano da quelle parti, poi) 😀

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  4. Cassidy ha detto:

    Associarlo al mitico “Tre tigri contro tre tigri” è un colpo di genio, lasciatelo dire 😉 Perfetta analisi di tutti gli interpreti, quasi una scheda definitiva dello stato delle loro carriera. Sul film sono totalmente d’accordo, in un tuo post musicali scrivevi che spesso i duetti in musica, sono meno della somma dei nomi coinvolti, guardando questo film pensavo a quelle parole. Cheers!

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