National Lampoon 1 (1983) Vacation

La titanica ed inarrivabile illustrazione del celebre Boris Vallejo per la locandina ricorda di quando il cinema era una cosa seria, soprattutto quello comico: quando le vacanze erano un’impresa epica che solo Chevy Chase sapeva affrontare!
Visto che siamo a maggio e si iniziano ad organizzare le vacanze estive, è il momento perfetto per raccontare alcuni film con protagoniste le tragi-comiche avventure dell’americano medio alle prese con le ferie.

È il momento di organizzare le vacanze!

Grazie al film Netflix A Futile and Stupid Gesture (2018) ora sappiamo tutti cos’è stata e quanto abbia significato per la comunità “alternativa” americana la rivista satirica “National Lampoon Magazine”: non mi viene un confronto con riviste italiane – noi avevamo “Linus” ed “Eureka”, ma non so quanto fossero “di rottura” – quindi riassumerei quell’esperienza particolare all’incirca così: “massa di cazzoni che cerca di far ridere così da stimolare un pensiero alternativo”.
Su un numero del 1978 di questa rivista il giovane John Hughes – che potreste conoscere come lo sceneggiatore di successi leggermente epocali come Breakfast Club (1985) e Mamma, ho perso l’aereo (1990), ma anche onesti ottimi successi del periodo come Un biglietto in due (1987) – presenta un racconto umoristico semi-autobiografico, “Vacation 1958”, in cui trasforma in tragi-commedia un ricordo d’infanzia, di quando ad otto anni si è ritrovato incastrato in una vacanza familiare attraverso gli Stati Uniti.
Dopo il successo (immotivato) di Palla da golf (1980) d’un tratto la brigata del “Saturday Night Live” si fonde con gli autori del “National Lampoon” per creare un vero attacco al cuore del sistema costituito: basta con il buon gusto e le commedie romantiche, è il momento di cazzeggiare duro! Nella brigata c’è anche il giovane comico aspirante attore Chevy Chase.

Dal 1983 la vostra guida per le vacanze

Mentre in TV si prestava alla satira politica più tagliente e non faceva sconti a nessuno, al cinema in realtà Chevy stava andandoci molto più cauto, e all’epoca lo troviamo in deliziose commedie sentimentali come Bastano tre per fare una coppia (1980) al fianco di Goldie Hawn e Charles Grodin, cioè il massimo della convenzione dell’epoca. Non parliamo di robbetta dozzinale, alla sceneggiatura c’è il maestro Neil Simon e vi posso assicurare che ricordo con gran piacere il film, visto trent’anni fa!

Comunque Chevy dice sì all’uso responsabile della commedia, così quel mattacchione di Harold Ramis sembra proprio la persona più sbagliata. Al di là della sua carriera di attore comico, è lo sceneggiatore di grandi successi “alternativi” (o supposti tali) come Animal House (1980) che però hanno dato vita ad un genere che lui stesso ha contribuito ad arricchire: i giovani cazzoni che fanno cose cazzone. Da Meatballs (1979) a Stripes. Un plotone di svitati (1981), la scrittura di Ramis è perfettamente in linea con la risata grassa che cerca il “National Lampoon”: che c’entra con un attore più “sottile” come Chase?
Eppure l’alchimia funziona: «Un uomo divertentissimo con una buona testa sulle spalle» è la descrizione di Ramis che ne fa Chase nella sua biografia I’m Chevy Chase… and you’re not (2007) scritta da Rena Fruchter.

Ramis e Chase prendono il racconto di Hughes e lo trasformano in una sceneggiatura “opposta”, cambiando il punto di vista dal ragazzino al padre, con un gusto delicato e un umorismo totalmente contrario alle barzellettacce da caserma che contraddistinguono i filmetti citati. (Grazie al famigerato WGA, il sindacato degli sceneggiatori, nessuno dei due ottiene il credito del copione effettivamente girato.)

Il 5 luglio 1982 inizia la lavorazione – sette settimane di riprese per oltre 65 località toccate – di un film che si chiama semplicemente Vacation, preceduto da un’etichetta che all’epoca assicura grande riscontro di pubblico: “National Lampoon’s”, per far capire che è un prodotto legato alla rivista.

Siete pronti alle vacanze più anomale del 1983?

Il “Los Angeles Times” del 7 agosto 1983 riporta l’uscita del film in 1.175 cinema americani e dopo il primo weekend si porta a casa 8,3 milioni di dollari: secondo la Warner Bros è di gran lunga il miglior esordio di quell’estate di un film comico. Il 2 maggio 1984 “Variety” afferma che in totale la pellicola ha tirato su un incasso di 65 milioni, e per far capire quanto abbia stracciato ogni pronostico la stessa rivista ci informa che la CBS aveva negoziato con la Warner Bros i diritti di trasmissione televisiva: due passaggi in TV in due anni al costo di 4,5 milioni. (Ammazza quanto costano i passaggi TV!) Visto però che il film è diventato immediatamente un successo, la Warner ha alzato la posta e di milioni ne ha ottenuti 8,5! Intanto dalle proiezioni su canali via cavo e dalle videocassette arrivano altre secchiate di milioni.
Non stupisce che Chase dovrà cominciare ad andare “in vacanza” con regolarità…

Al fianco di un caratterista server una grande attrice

Perfetta compagna d’avventure di Chevy è Beverly D’Angelo, all’epoca stella nascente grazie al successo del suo ruolo nel film di culto Hair (1979). Nella biografia di Chase viene raccontato che l’attrice era dubbiosa se fare il provino perché avrebbe dovuto interpretare la madre di una quindicenne, lei che aveva appena compiuto trent’anni, ma suo marito adorava il copione e la spinse a farlo.

Eppure la regola aurea delle attrici dell’epoca era “Non fare la madre, non fare commedie, non recitare con animali”, e lei stava per fare la madre in una commedia. A completare il quadro, l’attrice aggiunge: «Grazie a Dio Chevy era un animale». Così le ha prese tutte e tre!

Il film finisce sul tavolo della cesura italiana il 30 gennaio 1984 e riceve il visto il 3 febbraio successivo con un titolo invariato, National Lampoon’s Vacation.

Esce nelle nostre sale il 23 marzo 1984 ma non sembra rimanerci molto. Uscito in VHS Warner in data ignota, Italia1 lo trasmette nella seconda serata di lunedì 3 agosto 1987: ditelo che non volete farlo vedere a nessuno!

Poche repliche fanno dimenticare in fretta un film che invece avrebbe meritato molta più attenzione.
In fondo erano altri tempi, in cui la station wagon protagonista di un film veniva pronunciata dai doppiatori stèscion uàgon, ma c’era il “Grande” Canyon ed air bag addirittura veniva tradotto “sacchetto anti-urto”: ve lo ricordate quando si usava l’italiano? Bei tempi…

Una stèscion uàgon con “sacchetto anti-urto”

Possibile non si sia accorto nessuno che dietro la facciata da commedia ci sia uno dei più drammatici film dell’epoca? Eppure è così: il successo comico dell’anno, che ha dato vita ad una serie di seguiti di qualità inferiore – che Chevy Chase non ha mai amato, come testimonia nella sua biografia – in realtà è un prodotto pioniere che con parecchi anni di anticipo racconta uno dei momenti più drammatici per l’americano medio: il crollo dell’american dream.
Dalla fine degli anni Ottanta nascerà un coro di voci alternative che presenterà una vasta gamma di personaggi “bruciati” dalla scoperta che il sogno americano non è stato altro se non un sogno – «You are not just a dream» canterà Madonna nel 2003, quando sarà il momento di rimettere insieme i cocci di una intera cultura – ma prima di tutto questo era arrivata la satira, che al contrario di quello che pensano gli italiani non serve ad insultare bensì ad aprire gli occhi: stupisce come il gusto per il pecoreccio e le battute da caserma del “National Lampoon” sia riuscito a creare un’opera così “equilibrata”, forse non se ne sono accorti…

La tipica casa “tecnologica” dell’americano (e italiano) medio anni Ottanta

Girato in ogni angolo dell’America, il film è stato un immenso lavoro organizzativo. Racconta Chase nella sua biografia: «Harold ha sistemato tutto con la più brutta macchina che è riuscito a trovare.» E le indicazioni attoriali sono state molto semplici: «“Fai tutto a mille”, e così ho fatto, ed ho trovato Clark Griswold».
Non prendiamoci in giro, Chase non è un attore: è un caratterista. Clark W. Griswold è Chevy Chase, forse un po’ più entusiasta rispetto ad altri suoi ruoli ma lo stile di fondo è il suo.
Quello che non è chiaro è se l’attore fosse consapevole di star interpretando il ruolo più drammatico della sua carriera: quello del moderno Candido.

Un lungo viaggio alla scoperta di un’amara realtà

Mai mi sarei immaginato di affiancare i cazzoni del “National Lampoon” a Voltaire, eppure Vacation è la perfetta versione moderna del Candido, o L’ottimismo (1759): un’opera umoristica con l’unico, dichiarato e palese scopo di confutare una tesi di partenza.
Nel Settecento Voltaire parte dalla tesi che «Viviamo nel migliore dei mondi possibile», cara alla sua cultura, e inizia a smontarla, pezzo per pezzo: il suo Candido, ottimista quasi fino alla stupidità, parte per un lungo viaggio avventuroso in cui gli accadono le cose più incredibili – e umoristiche – e tutto gli dimostra che il mondo è un posto assurdo che non ha una sola briciola di perfezione, ma lui prosegue imperterrito, perché se tutti dicono che questo è il mondo migliore possibile, dev’essere vero.
Lo stesso viaggio viene compiuto da Griswold, ma la tesi da sfatare a cui lui non vuole rinunciare è un’altra: il sogno americano.

Se non è puro americano medio questo…

Se lavori sodo e stai alle regole del sistema, hai diritto ad una vita agiata, hai diritto ad una bella moglie fedele, hai diritto ad una bella casa ma soprattutto… hai diritto al divertimento.
Dalla sua vita quasi da cartolina, Griswold vuole riscuotere ogni singolo diritto che gli garantisce il sogno americano in cui credono tutti, perché l’America – come il mondo di Candido – è il migliore dei mondi possibile. Quindi nella sua bella casa che gli spetta di diritto utilizza gli strumenti dell’agio di cui ha diritto…

Sul tavolino da caffè ci va di tutto, tranne che il caffè

… per organizzare la vacanza di cui ha diritto. Ed essendo un Candido entusiasta, la spara grossa mettendo in preventivo quasi quattromila chilometri di viaggio in auto, per stare vicino alla famiglia.
Griswold, che di mestiere gestisce additivi alimentari, lavora duramente tutto l’anno per garantirsi la sua fetta di sogno americano e vuole fare come nel decennio precedente hanno fatto i Jefferson in TV: «We finally got a piece of the pie», prendersi finalmente una fetta di quella torta.

La donna sognata e la donna sposata

Inizia il viaggio in un’America che esiste solamente nella confusa ed entusiastica mente di Griswold, che come ogni mappa – cioè rappresentazione ideale del mondo – è piatta e non corrisponde ad alcuna realtà se non alla propria.
L’entusiasta protagonista trascina la sua recalcitrante famiglia in tutti quei posti che dimostrano ampiamente come l’America stia vivendo tutto tranne che un sogno, come solo anni dopo diventerà di dominio pubblico. I Griswold sono di Chicago ma dei quartieri alti, e quando si ritrovano nel ghetto tra papponi e ladri il nostro Clark non perde il sorriso… ma alza i finestrini dell’auto.
Viaggiano per la mitica America rurale, protagonista di tanti classici della letteratura locale, ma in realtà abitata da buzzurri squattrinati come il cugino Eddie (Randy Quaid, sempre perfetto in ruoli sgradevoli).

La campagna è bella, peccato ci viva Randy Quaid…

Questo “ramo” della famiglia Griswold vive nello squallore e mette al mondo figli come se piovesse, tutti destinati alla stessa vita grama: si consolano con sesso e droga, gli unici rimedi apparentemente in grado di riempire il vuoto della loro vita.
Ma questo rimane il migliore dei mondi possibili e Candido va avanti, di tragedia in tragedia con solamente la patina da commedia. Il suo entusiasmo si scontra con ogni ostacolo possibile, scopre la cattiveria e l’ingiustizia, scopre che le carte di credito non gli danno alcun credito e che l’aver seguito tutte le regole non gli garantisce alcun diritto.
E l’apice si raggiunge quando finalmente la famiglia Griswold arriva alla meta, il parco di divertimenti di Walley World: può esistere sogno più drammatico?

Il più squallido dei Paradisi possibili

Qui il bisturi dei ragazzacci del “National Lampoon” si fa più tagliente e crudele, perché Candido Griswold è così succube della propaganda culturale in cui vive da considerare un parco divertimenti come un Paradiso a cui aspirare: solamente se si siano rispettate tutte le regole della società si avrà diritto ad entrarci. Lui le ha rispettate, quindi ha il dannato diritto di divertirsi con le giostre dell’alce…
L’apoteosi, nonché una delle più ispirate scene del film, è la corsa verso il parco giochi: al rallentatore… con Chariots of Fire di Vangelis in sottofondo…

Momenti di (vana)gloria

All’apparenza è una divertita parodia di Momenti di gloria (1981), il filmone del momento, invece è il manifesto drammatico di una cultura perduta: Griswold e tutti quelli come lui non stanno correndo a perdifiato verso una vita migliore, verso un mondo migliore o anche solo un sogno migliore. Corrono, cadono e fanno cadere gli altri… per raggiungere uno stupido parco giochi…
Sembra una gag, quella in cui papà Griswold rallenta per far andar avanti suo figlio – momento toccante in cui il padre apre la strada perché suo figlio possa superarlo – ma poi ride e, con una faccia alla “ti credevi, eh?”, lo supera di nuovo. Dietro la scena divertente c’è l’acre arrivismo spietato che si nasconde dietro il sogno americano: io ho diritto al divertimento, tu che cazzo vuoi?
Ci vorranno anni perché questa consapevolezza intorbidi la cultura americana in ogni aspetto narrativo: Vacation è stato il pioniere che ha aperto la strada, mascherato da commedia.

Salve, sono San Pietro vestito da John Candy

Il compianto John Candy qui fa da San Pietro, con le chiavi del Paradiso dei Divertimenti. Qual è l’incubo di ogni pio fedele? Di aver passato un’intera vita a seguire le regole della propria religione… per poi scoprire di non aver diritto al Paradiso. Quindi comprendiamo benissimo il tilt che subisce la povera mente di Griswold: lui ha seguito tutte le regole… ed ora gli viene negato il diritto al divertimento? Ha attraversato il mondo, ha compiuto il più catartico dei viaggi solo per scoprire che la meta… era solo un sogno irrealizzabile?
Non stupisce che il più piccolo dei borghesi prenda la pistola…

Se io dico che il parco è aperto… il parco è aperto

Esattamente dieci anni dopo sarà facile per Abel Ferrara, nel suo capolavoro Occhi di serpente (1993), parlare della violenza disperata che nasce dal crollo di quella struttura etica chiamata american dream, ma nel 1983 un amorevole padre di famiglia che prende la pistola perché vuole entrare in un parco di divertimenti è un’immagine potentissima. Un colpo di rasoio alla cultura americana mascherato da commedia.

Ci si diverte a bestia, eh?

Se tutto questo non bastasse, davanti al parco divertimenti chiuso Griswold snocciola chiaramente il succo del film e l’anima stessa della cultura americana dell’epoca:

«Lo guardiamo alla TV, compriamo i suoi adesivi, andiamo ai suoi film… ci deve qualcosa! Cacchio se ci deve qualcosa!»

È lo sfogo dell’americano che ha seguito le regole, ha lavorato come doveva lavorare, ha speso i soldi dove e come doveva spenderli, seguito le regole ed ovviamente si sente migliore di quella marmaglia che le regole non le ha seguite: per esempio la famiglia di parassiti del Cugino Eddie, i papponi e i ladri di Chicago, lo sceriffo criminale del Grand Canyon e tutti gli altri sfigati che non sono stati al gioco. Griswold c’è stato, ha seguito ogni regola… e ora ha diritto al suo divertimento, alla sua fetta di torta, al suo sogno americano. Scoprendo solo alla fine… che non è mai esisto alcun gioco. Era tutta propaganda.

Ecco che succede quando guidiamo in direzione di un sogno…

Ripeto, dietro la maschera da commedia dell’anno batte il cuore di tenebra di un film drammatico che rispecchia il crollo di valori di un’intera popolazione: se qualcuno se ne fosse accorto, forse non ci sarebbe stato bisogno di arrivare a prendere le pistole, come agli americani piacerà fare negli anni successivi…

Cartolina dalla famiglia Griswold

L’incredibile operazione di raccontare il Candido di Voltaire in chiave moderna e di rappresentare il crollo di un’ideologia in forma di commedia non è servito a nulla: Vacation apre la porta al genere comico “vacanze catastrofiche” che dimentica ogni più piccolo sottotesto ed ogni satira, come vedremo nelle prossime settimane.

L.

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35 risposte a National Lampoon 1 (1983) Vacation

  1. Zio Portillo ha detto:

    Urca che post ispirato! Analisi lucidissima di un film scemotto che da ora in poi rivedrò sotto una luce completamente diversa. Credo di averlo visto al cinema da piccolino… Ricordo perfettamente solo il finale col parco chiuso, ma il resto nulla di nulla.
    Qualcosa in più ricordo del seguito europeo.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Per motivi misteriosi questo storico film è molto meno distribuito di quanto meriterebbe, sembra quasi che con la “caduta” di Chevy Chase tutti i suoi film siano scomparsi, malgrado siano tutti prodotti da grandissime case.

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      • Zio Portillo ha detto:

        Ti ricordi quando un paio di anni ti scrissi in privato dicendoti che avevo intenzione di riguardare e recensire i nostrani cinepanettoni? Dall’originale VACANZE DI NATALE fino allo scisma e alla reunion tra Boldi e De Sica. Ovviamente con la bimba in giro per casa il progetto è giocoforza accantonato. Però leggendo questo tuo post mi è ritornata voglia di farlo. Solo per leggere un tuo contro-post che analizza la disgregazione della famiglia tradizionale attraverso i personaggi delle pellicole. Il padre che da colonna della famiglia man mano è diventato un putt@niere bugiardo. La madre è diventata via via sempre più allegra e fedifraga. I figli dei rincogli@niti bamboccioni senza alcuno spirito costruttivo,… E via così.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Sei sempre il benvenuto, ma scrivere di quei film esula dalle mie forze: ti leggerò volentieri ma un contro-post non mi sento in grado di farlo 😉

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  2. Cassidy ha detto:

    Esagero se dico che la locandina di Boris Vallej è una delle più belle di sempre? La posa dell’eroe alla Conan, in versione comica è ancora meglio, “L’armata delle tenebre” insegna 😉

    Non esiste un corrispettivo italiano di “National Lampoon” perché come hai ben sottolineato, in uno strambo Paese a forma di scarpa la satira non esiste, ma quei ragazzacci hanno davvero dato tantissimo al cinema, basta dire che da quella cricca, è uscito anche il mio grande amico John Landis 😉 Sono stra felice per questa nuova rubrica, sai benissimo come la penso su Chevy Chase ma le sue vacanze mi hanno sempre fatto ridere, penso che questo sia il post definito sul film migliore della serie, mi hai messo addosso la voglia di rivederlo grazie a questa nuova chiave di lettura!

    Ti ringrazio anche perché d’ora in poi, manderà in tilt tutti i miei colleghi parlando di “sacchetto anti-urto”, visto che siamo nel settore e normalmente gli correggo tutte gli anglicismi inutili, ora ne ho un altro potentissimo da utilizzare! 😉 Cheers

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  3. Conte Gracula ha detto:

    Credo di non averlo mai visto, sai?
    A ogni modo, chiave di lettura interessante e profonda, mi chiedo solo una cosa: questo film ce l’ha, Pangloss?

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  4. w ha detto:

    Si fa presto a dire vacanze, estate…ma da me c’è la neve! 🙂
    Al di là degli scherzi, dal sacchetto anti-urto a Voltaire, il tuo post è un viaggio nel viaggio, un’analisi che proietta un film sullo sfondo storico culturale dell’american dream, farlocco o decaduto che sia.
    Non l’ho mai visto ma di pepe nelle mie voglie ne hai messo un bel po’…. 🙂

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    • Willy l'Orbo ha detto:

      Willy

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Se ti capitasse, te lo consiglio, sia perché alla fin fine è divertente – con moderazione – sia perché ha dato il via (come vedremo) ad un filone prolifico.

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      • Giuseppe ha detto:

        Quel filone prolifico che ha tratto in inganno la mia memoria, devo dire, perché è talmente tanto tempo che non mi rivedo questo primo National Lampoon Vacation da averlo confuso con uno dei suoi non sempre entusiasmanti seguiti… vuol dire che mi rifarò il prima possibile, spinto dalla tua analisi impreziosita ulteriormente da quel brillante e assai amaro (amaro perché fin troppo azzeccato) parallelo Clark W. Griswold/Candido che hai portato avanti nel post 😉

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Quando ti capita, prova a rivedere il film pensando al Candido e al suo “ottimismo”, e vedrai il film sotto una luce completamente diversa 😉

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  5. Kuku ha detto:

    Questo post – bellissimo per altro – mi ha fatto venire in mente la casalinga anni ’80 del libro Pomodori verdi fritti, dove dive che da giovani alle ragazze veniva inculcato che dovevano fare le serie e non concedere niente agli uomini prima del matrimonio e che le ragazze cosiddette “facili” poi avrebbero avuto vita difficile. La casalinga, da adulta, si rende conto di come tutte queste paranoie erano per niente, alla fine le ragazze “facili” hanno le stesse difficoltà delle altre e quelle che si facevano mille ansie per rimanere caste e pure non è che poi avevano il matrimonio dei sogni.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ogni tanto nei film citano l’espressione “Chi comprerà la vacca se può avere il latte gratis?” per descrivere quella scala di valori pre-matrimoniali 😀
      Scherzi a parte, ogni cultura ha le proprie scale di valori – quest’idea del “non essere facili” la si può trovare anche da noi – che poi può capitare scricchiolino se non addirittura crollino: dovrebbe stare all’arte (anche all’intrattenimento) far riflettere e puntare il dito sulla questione, anche se poi le soluzioni arriveranno (se arriveranno) da altre parti.
      Ricordo ancora l’impressione che mi fece il film “Sedotta e abbandonata” (1964) con la giovane Sandrelli: proprio mentre le trasmissioni di approfondimento ci volevano spiegare che gli integralisti islamici sono fermi al Medioevo, il film dimostra che noi eravamo identici a loro ancora ieri! (E chissà che ancora non oggi…)

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      • Kuku ha detto:

        Sì, ma al di là della cosa in sè, il tuo discorso su Chase che si fa il mazzo per poi avere il suo pezzo di sogno americano, come se fosse automatico, mi ha fatto venire in mente la casalinga a cui è stata inculcata una certa mentalità e un certo modo di fare le cose come se queste garantissero poi chissà cosa. Certe mentalità prevedono una rigida divisione settoriale tra giusto/sbagliato, il lavoro in un certo modo, il matrimonio in un altro modo, tutto catalogato precisamente.

        E a proposito dell’argomento sesso et similia a me viene in mente La ragazza con la pistola, credo stesso periodo.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        E’ bello e tranquillizzante avere un codice da seguire per avere dei diritti, delle regole da rispettare così poi da poter pretendere qualcosa, e se ci pensi gran parte della nostra vita è basata su questo. Purtroppo seguire quelle regole non garantisce i risultati sperati…

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  6. benez256 ha detto:

    Sapevi che sarei andato in brodo di giuggiole per il tavolo “tecnologico”, vero??? 😀

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      ehhhh era una “trappola” tesa proprio per te 😛
      Quanti ricordi, all’epoca quelle forme computerizzate si potevano vedere sui tavolini di tutte le case…

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      • benez256 ha detto:

        Per dovere di completezza volevo far notare che i mirabolanti capolavori di elettronica presenti sul tavolo sono un Apple II e un Bally Astrocade, curiosamente entrambi del 1977 e quindi entrambi già abbastanza datati nel 1983. Ovviamente si tratta di macchine molto più economiche rispetto a quelle più (all’epoca) recenti, anche se ci sarebbe da fare alcune precisazioni a riguardo, visto che, ad esempio, nel 1982 il C64 appena uscito costava 400$ e il vecchio Vic-20 139$, quindi assolutamente concorrenziali nei confronti dell’Apple II. E’ molto curiosa a mio parere la scelta di mettere un Bally Astrocade come console, visto che si tratta di un pezzo che non ha avuto un enorme successo e che ha avuto una storia un po’ travagliata di cambi di proprietà e restyling, l’ultimo dei quali proprio nel 1982 (si tratta del modello in foto); la scelta più “comune” sarebbe potuta essere quella del buon vecchio Atari 2600 (già VCS), che nel 1983 aveva già qualche anno sulle spalle (anche lui, di nuovo, fu commercializzato a partire dal 1977) ma era di gran lunga la console più di successo ai tempi, tanto che Atari divenne per un periodo la società con la crescita più rapida AL MONDO.

        Tutto questo per far capire che se dovessi ideare una rubrica del tipo “computer e console nei film” contami pure 😀 😀 😀

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Occhio a quello che proponi, perché poi arrivo davvero a bussarti alla porta! 😀
        Ti ringrazio per il commento e questo è già una puntata bella pronta della “rubrica” ^_^

        Sono noti casi di product placement, dietro quindi pagamento, ma questi ovviamente prevedono il lancio di un prodotto nuovo, appena uscito. (Come per esempio faceva la saga “Venerdì 13” negli stessi anni, proprio perché si rivolgeva ai giovani e potenziali acquirenti.)
        Invece da quanto scrivi potrei ipotizzare un caso diverso, come quello per cui le case automobilistiche forniscono modelli vecchi al cinema per farli esplodere o incidentare davanti alla cinepresa: chissà che questi vecchi modelli siano stati regalati dalle case proprio per toglierseli di mezzo.
        Però questo è un film Warner Bros di alto livello, mi suona davvero strano che le rispettive case non abbiano regalato l’ultimo modello per una scena come questa, dove cioè sono ben inquadrate le apparecchiature: anche se avrebbero dovuto pagare, sarebbe comunque valsa la pena visto che il film è stato visto da decine di milioni di potenziali acquirenti.
        Si potrebbe addirittura ipotizzare che quella scena sia stata girata molto prima del 1982 delle riprese, ma Chevy Chase era da poco nel cinema e quindi mi sembra strano.
        Mistero…

        P.S.
        Hai scatenato il drago: stai preoccupato per la nuova rubric! 😀

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      • benez256 ha detto:

        Non so quanto effettivamente siano durate le riprese ma per un film del 1983 che non penso preveda così tanta pre e post produzione ipotizzo al massimo inizio 1982 e già per quell’anno sia l’Apple che il Bally erano vecchiotti. L’unica idea relativa proprio all’Astrocade, è quella che abbiano provato a “lanciare” l’ultimo restyling uscito proprio quell’anno, ma penso anche che una “vetrina” offerta da un film di peso potesse essere sfruttata da società con ben più capitale, tipo appunto Atari.

        Ad ogni modo io sono pronto e carico a pallettoni per la nuova rubrica. Tu dammi film e fotogrammi e io mi auto-sguinzaglio alla ricerca di console, computer e giochi piazzati nei film!

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Ti ho scritto in privato per organizzarci, sempre che non abbia sbagliato indirizzo 😛

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  11. loscalzo1979 ha detto:

    Una lettura interessante di questo film, bel lavoro!
    Peccato che i successivi seguiti siano alquanto penosi…

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