Howling 2 (1979) Il romanzo

Prima di essere dimenticato in favore del lupo americano a Londra, l’ululato nato dal romanzo di Brandner vive un momento magico che però purtroppo non riesce a sfruttare quanto avrebbe potuto. Di sicuro, però, la saga continua.

Non sappiamo quando Jack Conrad abbia acquisito i diritti del romanzo The Howling per iniziare quel progetto filmico che poi diventerà L’ululato (1981) di Joe Dante, ma di sicuro nel 1978 la casa editrice britannica Hamlyn acquista il romanzo che Gary Brandner aveva pubblicato l’anno precedente per la statunitense Fawcett Gold Medal e l’anno successivo pubblica il suo seguito: Brandner ha scritto questo secondo libro su richiesta dalla casa editrice o perché già sapeva che la sua storia sarebbe arrivata al cinema e bisognava continuare a sfruttarla?
Al di là delle motivazioni, il fatto è che nell’aprile del 1979 esce Return of the Howling, inedito in Italia come quasi tutta l’opera dell’autore. Acquistato il 1° maggio 2019 all’interno della Trilogia di The Howling in eBook, l’ho letto quasi senza volerlo, perché comunque l’autore ha uno stile scorrevole.

Come già detto, Brandner – consapevole o meno – è stato un anticipatore oltre che probabilmente il primo autore di una storia moderna di licantropi: niente streghe, niente maledizioni, niente sortilegi, solo una deriva genetica non meglio identificata e una donna ferita che si arma ed affronta i lupi mannari.
Oggi le ragazze protagoniste sono quasi un obbligo, così come anni fa lo erano le donne forti, ma nella storia della narrativa di genere questo fenomeno è un’invenzione recente. Solo nel 1978 nasce l’idea che una donna possa smettere di piangere, svenire e inciampare per fare addirittura qualcosa che nei secoli precedenti avevano fatto solo gli uomini: prendere in mano la situazione e affrontare la minaccia della storia.
Brander questa idea l’aveva usata nel 1977: ecco perché dico che è stato un anticipatore.

Però la Maledizione del Seguito è inesorabile, e quando l’autore di una storia ispirata ed appassionante si ritrova a dover scriverne un seguito, di solito dà il peggio di sé. Così tutte le invenzioni narrative che hanno reso The Howling un romanzo sorprendentemente moderno per la sua età scompaiono all’uscita di Return of the Howling, un romanzo sorprendentemente vecchio per la sua età.


Il romanzo

«Ti rendi conto che è solamente nei sogni che tu senti questo… ululato?»
Gary Brandner, Return of the Howling

Sono passati tre anni dagli eventi del primo romanzo (malgrado nella realtà siano solamente due), ma Karyn è ancora sconvolta dall’esperienza vissuta a Drago: il paesino dove vivevano i discendenti di un’antica razza di lupi mannari.
La donna, sopravvissuta a stento al massacro finale insieme all’amico Chris Halloran, ha ancora gli incubi ma sta cercando di rifarsi una vita, cercando di dimenticare il marito Roy – diventato lupo per aver fatto sesso con la mangia-uomini Marcia Lura e morto insieme agli altri nel grande incendio del paese – e si risposa con un ricco vedovo. Non sa che nell’ombra degli occhi la spiano.

Karyn e Roy al cinema diventano Karen e Bill, interpretati da attori sposati fra di loro.
In questa ripresa tagliata, presente nel DVD, Dee Wallace fa le boccacce al marito.

Nel film di Joe Dante il marito della protagonista ad un certo punto scompare dalla storia, nella fuga finale vediamo solamente il suo braccio tatuato sbucare dal sedile posteriore dell’auto della moglie. Visto il massacro che è stato fatto della parte centrale del film in sede di montaggio, potremmo considerare il suo ruolo tagliato via con l’accetta come capita all’amica della protagonista, le cui scene sono state tutte strappate via con violenza, anche a rischio di buchi di sceneggiatura.
La mia ipotesi però è che il film voleva lasciarsi aperto un varco narrativo per un eventuale seguito: il marito della protagonista sarebbe stata un’ottima carta da giocarsi nel secondo film. Al cinema questo non accadrà, invece è esattamente quello che avviene nel secondo romanzo.

Il ritorno del marito mannaro

Roy (il marito di Karyn, che nel film si chiama Bill) si è salvato dall’incendio insieme alla sua amante, la mangia-uomini Marcia Lura. La quale però è rimasta seriamente ferita durante lo scontro con Karyn e ci ha messo ben tre anni a guarire. La pallottola d’argento che la protagonista le ha messo in corpo non solo le ha creato ferite fisiche, ma le ha “rovinato” per sempre la possibilità di trasformarsi in lupa: quando è Luna piena, ora, il corpo di Marcia Lura si trasforma in un orripilante conglomerato di carne e peli senza forma, qualcosa per cui la donna vuole vendicarsi con Karyn.
E l’unico modo che ha per farlo, è usare proprio suo marito Roy, rimasto lupo mannaro nel pieno dei suoi poteri.

«Dimmi che non ti piace quando giunge la notte e senti il tuo corpo cambiare. Dimmi che non ti piace il sapore della carne viva e del sangue bollente.»

Marcia ha risvegliato in Roy gli istinti più animaleschi che giacevano in lui, e li usa per tenerlo stretto a sé e costringerlo a pianificare l’uccisione della sua ex moglie.

«Guardami, Roy, e dimmi che non ti è piaciuto uccidere. Dimmi che non hai esultato nel sentire il potere dei tuoi muscoli dilaniare la gola di quella vecchia donna che è stata così pazza da sbarrarti la strada. Dimmi che mentre facevi scempio dei corpi di quella coppia nel loro letto non hai provato un piacere sessuale. Riesci a dirmelo?»

No, Roy non riesce a dirlo e così sebbene non gli piaccia l’idea di uccidere Karyn lo stesso segue la sua lupa crudele.

Karyn intanto ha capito che qualcosa non va, malgrado tutti le diano della pazza, e si è resa conto che le morti che continuano a circondarla non sono casuali: qualche lupo dev’essersi salvato da Drago e la sta cercando. Raggiunto l’amico Chris che in Messico sta cercando anche lui di rifarsi una vita, inizia una nuova “missione”: se nel precedente caso era di attacco, stavolta è tutta in difesa.

Karyn e Chris di nuovo in azione

Il grave problema del romanzo è che si mette a darci delle “regole di licantropia” di cui non se ne sentiva il bisogno, e arriva pure la vecchia strega dai poteri misteriosi: cioè il vecchiume che nei decenni aveva contribuito a seppellire le storie di licantropia.

Scopriamo così che i lupi mannari da sempre utilizzano gli zingari come schiavi, e quindi la crudele Marcia sa sempre ogni mossa di Karyn perché… frotte di zingari sono ovunque e spiano la donna! Ovviamente il Messico sciaborda di zingari e vecchie streghe legate ad antichi riti dimenticati, e per di più vivono in grotte sperdute in zone proibite. Insomma, una baracconata di cattivo gusto che fa pensare: ma allora le ottime idee del primo romanzo sono state solo un caso? Possibile che l’autore stesso non capisca quali fossero gli elementi forti della sua opera?

Illustrazione di Daniele Serra

Il massimo dell’invenzione è dire che le pallottole d’argento non funzionano più – non si sa perché – e così entra in scena un coltello d’argento. Un po’ pochino da un autore che nel precedente libro ha regalato molto di più.

È davvero sorprendente assistere all’involuzione di Gary Brandner, che prima scrive un romanzo non certo originale ma sorprendente perché anticipa i successivi dieci anni di invenzioni narrative, anche e soprattutto al cinema, che viene addirittura copiato da Stephen King e poi scrive un secondo romanzo dove torna così indietro da sembrare più vecchio dell’anno in cui è uscito. Ecco che diventa lecito dubitare che le invenzioni di The Howling siano state volute: probabilmente l’autore ha sparato a caso e non si è reso conto dei centri che ha fatto, visto che li ha sistematicamente cancellati tutti nella seconda opera.

Forse Brandner si è reso conto dell’errore (o qualcuno gliel’ha fatto notare) visto che il terzo libro – The Howling III (aprile 1985) – torna ad essere ambientato in un paesino della provincia americana, ma viste le premesse non ho alcuna voglia di leggerlo. Se un giorno cambierò idea, aggiungerò un post al ciclo: per ora romanzi e fumetti legati a The Howling finiscono qui. C’è già abbastanza da farsi male coi filmacci…

L.

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30 risposte a Howling 2 (1979) Il romanzo

  1. Cassidy ha detto:

    Probabilmente gli unici ad aver riconosciuto il valore delle trovate del primo romanzo sono stati tu, Joe Dante e Stephen King. Evidentemente Brandner aveva giusto capito che le persone volevano altri lupacchioni. Ti sei già spinto parecchio in là sul lato oscuro della luna (piena), i seguiti dei film me li ricordo solo per il senso di fastidio che mi hanno lasciato, sono sicuro che il Zinefilo farà giustizia! 😉 Cheers

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  2. Willy l'Orbo ha detto:

    Ma allora la maledizione dei seguiti colpisce anche gli autori di libri! 😮😮😮
    Condivido con Cassidy il fastidio per i seguiti e non vedo l’ora che lo zinefilo anestetizzi la ferita aperta! 😉😅

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  3. Giuseppe ha detto:

    Salvi, confrontando il sequel con l’originale, avrebbe detto che “una volta il lupo andava via come il pane… Adesso invece el va no!” 😉
    Ricordo che pure Martin Mystére ha avuto i suoi licantropi (di origine atlantidea)…

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  4. Zio Portillo ha detto:

    Mi sa che i seguiti non li ho mai visti e a sto punto c’ho pure paura a scoprire come sono…

    Curiosità che ovviamente rimarrà senza risposta. Sarebbe bello capire se Brandner c’ha avuto cul@ nel creare un primo romanzo avanti di 10 anni rispetto alla concorrenza, oppure è stato un geniale e il “crollo” dei seguiti è frutto delle pressioni della casa editrice o di una sua poca voglia. Tanto il titolo buono l’ha già portato a casa, che gli frega a lui? Due zingari, ‘na vecchia strega e beccatevi il seguito senza rompere le palle!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Se non hai mai visto i vari seguiti della saga, ritieniti fortunato perché sono di una bruttezza e stupidità epocali!
      Sul “Caso Brandner” provo a fare un paragone con David Morrell, che nel 1972 scrive quel romanzo-capolavoro di “First Blood” e poi è costretto a guardare come viene totalmente stravolto dieci anni dopo per il film “Rambo”. Morrell ci prova a sfruttare un po’ la novella fama acquisita e si abbassa fino a firmare la novelization di “Rambo 2”, ma è proprio roba fatta a occhi chiusi per pagare le bollette, e poi passa ad altro.
      Brandner due anni dopo aver azzeccato un romanzo è già totalmente sbragato, e quando la saga arriva al cinema è lui stesso ad infilarsi ovunque, con brutte idee e pessime sceneggiature. Quindi ci crede, nella saga di Howling, sebbene non sia proprio capace di sfruttarla.
      L’unico “mistero” è se nel 1979 Brandner già avesse saputo che sarebbe stato fatto un film: se sì, allora ha scritto al volo il pessimo “Howling 2” solo per sfruttare l’eco che sicuramente sarebbe nata; se no, voglio sperare che gliel’abbia chiesto espressamente la casa editrice visto il successo del primo romanzo.
      Se invece ha proprio voluto lui scrivere il secondo episodio, allora è proprio uno scrittorino da cui stare molto a distanza…

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  5. Pingback: Howling 2 (1985) Quella lupa di tua sorella | Il Zinefilo

  6. Conte Gracula ha detto:

    Magari uno dei due l’ha scritto il wereghost, il fantasma mannaro…

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  7. SAM ha detto:

    Bradner non credo abbia anticipato nulla col suo Howling: semplicemente, ha scoppiazzato i fumetti horror della EC e quelli di Zio Tibia, dove apparivano spesso personaggi che finivano in paeselli sperdutii, popolati da silenziosi bifolchi che poi si rivelavano essere una colonia di lupi mannari

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Non è certo quella l’anticipazione a cui mi riferisco: paeselli, lupi mannari e pallottole d’argento esistevano almeno dal 1941 del film “L’uomo lupo”, erano il canone. Però erano sempre stati trattati in maniera “vecchia”, con antiche maledizioni, brughiere nella nebbia, lugubri castelli e roba varia: tutto questo NON c’è nel primo romanzo di Brandner, che invece è una storia scritta con canoni moderni, almeno per il 1977. Il fatto che Stephen King copi paro paro l’episodio della ferita del mannaro la dice lunga su quanto avesse idee fresche questo romanzo: tutta roba del tutto assente nel secondo, purtroppo.

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      • SAM ha detto:

        Ma infatti neppure nei fumetti EC o di Zio Tibia si faceva riferimento a maledizioni o simili : ci sono questi posti isolati e arretrati , come “non aprite quella porta” insegna , con creature che vivono li da chissà quanto e sono cavolacci per gli stranieri di passaggio. Le ambientazioni sono contemporanee ( per i tempi ) e ambientate o in rurali località del sud USA o si, in arretrate location dell’ est europeo che però non hanno nulla di gotico o ” vecchio style .
        Puoi leggerne gratis una qui
        http://crypticcorridor.blogspot.com/2016/10/concerto-for-violin-and-werewolf-ec.html

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Ma questa è una storia singola, per lo più in perfetto stile classico. Licantropus della Marvel ha una maledizione e così Vampirella della Warren e tutti i vari suoi mostri seguono le regole scritte negli anni Trenta: grimori con maledizioni, medium che evocano spiriti e via dicendo. Nessuno di loro pensava ad un paese con una deriva genetica, e soprattutto non era prevista una donna che li affrontasse senza grida e senza svenimenti. (A parte ovviamente Vampirella, che comunque era aiutata da due uomini.)
        Il romanzo di Brandner è l’esatto opposto del fumetto che mi hai segnalato, per questo sono rimasto stupito quando Brandner stesso nel secondo libro ha cambiato totalmente stile, proprio rifacendosi a storie classiche.

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  8. SAM ha detto:

    Non a caso i fumetti sopra erano amati da King, che ha attinto spesso da loro, omaggiandoli ( Creep Show 1 e 2 su tutti )

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Sicuramente i fumetti erano amati ma i racconti con gli uomini lupo apparivano già nei racconti degli anni Venti e Trenta, sulle riviste pulp, quindi anche i fumetti non fanno che riproporre canoni antichi con stile antico. Il primo vero lupo mannaro moderno è quello di Brander e poi di Joe Dante.

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      • SAM ha detto:

        Se poi vogliamo dire “chi è arrivato prima ” c’è il racconto pulp del 1958 di Ralph Thornton ” ero un giovane lupo mannaro ” ambientandolo in una scuola degli anni 50, dove la trasformazione è dovuta al siero di uno scienziato pazzo. Ripeto che Brander ha inventato praticamente nulla ( da qui la differenza di qualità dal primo al secondo romanzo ) , mentre nei film , l’apporto di Dante ( e Rob Bottin ) nello svecchiare l’immagine del licantropo è stata sicuramente maggiore

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Non è una gara a chi arriva prima, ad inventare uno stile non è chi lo usa per primo ma chi lo rende famoso: Brandner non l’ha reso famoso, quindi non stiamo parlando di lui come di un innovatore.
        Il fatto che un tizio nel 1958 abbia scritto un qualcosa, non vuol dire che abbia inventato uno stile, così come ben pochi riconoscono a Dante il primato, visto che Landis col mannaro americano è mille volte più famoso.
        Non so perché ti accanisci su Brandner, visto che neanche l’hai letto: a meno che quel tale Thornton non abbia inventato una donna che da sola ed armata affronti un paese di lupi mannari, quando fino al 1978 non esistono storie del genere, ribadisco che Brandner ha avuto idee innovative: non nuove, innovative. Le donne c’erano anche prima, ma urlavano e frignavano; i lupi mannari c’erano anche prima, ma erano vittima di maledizioni e spesso non controllavano la loro trasformazione.
        E, come ho già detto, negli anni Venti e Trenta sono uscite valanghe di storie mannare: non è escluso che fra di esse non ce ne fosse qualcuna più moderna delle altre, ma non è rimasta nell’immaginario collettivo quindi non ha lanciato alcuno stile.

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  9. SAM ha detto:

    Non è a che l’ abbia con Brandner, è che la trama del suo libro mi pare tutta tranne che innovativa.
    Ha pescato elementi qua e là che andavano di moda all’ epoca . Non trovo chissà che idea rivoluzionaria una donna che spara ai lupi mannari , visto che siamo negli anni 70 e di protagoniste femminili forti ed emancipate è pieno un pò ovunque ( pure nei film , grazie al filone rape e revenge , come “Thriller – En Grym Film” ) .
    E’ vero non ho letto il libro, ma non ve nè bisogno per giudicare il soggetto, che mi pare tutt’ altro che memorabile .
    Brandner mi sembra pescare un pò qua e là riuscendo , a suo merito , di confezionare qualcosa che abbia presa sul pubblico e incarni lo spirito del tempo ( in epoca di “amore libero” uomini lupi in preda ai loro appetiti ci stanno come il cacio sui maccheroni ).
    Gli stessi film di Dante e Landis non è che siano stati considerati innovativi per la trama o che ( che nel caso del primo film era pure piena di buchi dovuti al pessimo montaggio ) , ma solo per la sequenza della trasformazione a vista che all’ epoca era una cosa shokkante , come tu stesso hai scritto in altri articoli .
    Il film di Landis poi, dal successo maggiore di quello di Dante , pescava proprio da classico del cinema lupesco, con maledizioni, brughiere nebbiose ( almeno all’ inizio ) e ambientazione londinese ( ma moderna ) .
    Il fumetto della EC non lo trovo affatto in stile classico ( ma forse da questa idea perché scritto e disegnato più di 50 anni fa ) , ma molto moderno come concezione .

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Di nuovo, come più volte specificato, non è la trama ad essere innovativa ma lo stile utilizzato, che al contrario delle classiche storie di lupi mannari che avevano riempito librerie e cinema fino a quel momento si poneva in modo più “moderno”, o “contemporaneo” quando non era usanza farlo. Questo non significa che Brandner sia “padre nobile” o “maestro” di qualcosa, è un autore ignorato e mai preso in considerazione, quindi non sto dicendo che sia un innovatore, ma nel suo piccolo è sorprendente come (a quanto pare a sua insaputa) abbia saputo anticipare tematiche che solo di lì a poco avrebbero preso piede.

      Con “Thriller” di nuovo confondi piccoli casi isolati lo stile: il fatto che esistano filmetti che facciano una cosa, non vuol dire che quella cosa abbia riflessi nell’immaginario comune, semplicemente perché non sono film di grande notorietà.
      Il fatto stesso che Joe Dante tolga alla sua protagonista il ruolo di “final girl” fa capire come ancora nel 1981 non era sicuro mostrare al cinema cose che in realtà i piccoli film già mostravano: donne grintose che prendono la situazione in mano ed ammazzavano senza problemi. Un’eredità che il WIP (Donne in prigione) può rivendicare addirittura dagli anni Trenta!
      Con “Halloween” su larga scala e con “I Spit on Your Grave” su scala minore si è iniziato a sgretolare l’idea che una donna debba per forza frignare e inciampare, come ha sempre fatto nel cinema del Novecento, e negli anni Ottanta sarà pieno di donne grintose: nel 1977 quando scrive Brandner, no, non è assolutamente scontato, così come per avere lo stile “GWG” (Girls With Guns) bisognerà aspettare il 1986 di “Aliens”: vuol dire che prima le donne non sparavano? No, sono apparsi film dove sparavano ma erano casi isolati: lo stile – cioè la ripetizione di regole diventate canoniche – è nato solo allora.
      Brandner non se lo fila nessuno e ha scritto un romanzo dimenticato, nessuno vuole esaltarlo, ma lo stesso ha preso una storia antica e l’ha trattata in modo moderno quando non era usanza farlo, e per questo va lodato. Anche se poi lui stesso ha cambiato totalmente stile ed è tornato al classico.

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