Ultimo appuntamento con la belva umèna, la donna crudele dalla parlata esagerata quanto la sua scollatura: lontana ormai dalla forza dirompente del suo esordio in divisa, Ilsa chiude il cerchio. Nata dalle torture naziste, dà l’addio… in quelle comuniste!
Scomparso nel 2011, il canadese John Dunning è “tornato di moda” per un po’ quando la Lionsgate ha portato in sala San Valentino di sangue (2009), innocuo remake in 3D del suo storico slasher. Andando ad intervistare Dunning, il giornalista Calum Waddell presenta su “The DarkSide Digital” n. 6 (ottobre 2013) un ampio ritratto di un appassionato di cinema che ha portato nelle sale di mezzo mondo il peggio del peggio: quel letame da cui sono nati tantissimi fiori, per dirla alla De Andrè.
Sicuramente l’aver lanciato David Cronenberg è una bella freccia all’arco del distributore che lavorava a braccetto con Roger Corman, così come l’aver dato una possibilità al giovane Ivan Reitman, che con Meatballs (1979) ha iniziato la sua carriera: in realtà, Ivan aveva iniziato due anni prima… con una bionda belva umana!
Distribuita dalla storica casa canadese Cinépix di Dunning, l’ultima avventura di Ilsa è prodotta da Julian Parnell, nome finto dietro cui si nascondono quei ragazzacci di Roger Corman e Ivan Reitman, pronti a dare l’addio ad una delle più notevoli produzioni di basso livello dell’epoca.
Nella citata intervista Dunning ricorda di quando il primo film di Ilsa ricevette una caldissima accoglienza, vietato in Germania e quindi frutto di grande curiosità dagli altri Paesi; ricorda di come molti proprietari ebrei di cinema privati l’abbiano tenuto poco, nelle sale americane, sebbene molte persone del cast tecnico-artistico del film fossero ebree; di come vendettero il marchio a Jess Franco per un prodotto pessimo:
«Appioppammo il nome “Ilsa” al titolo del film e lo distribuimmo in America, ma senza successo.»
Racconta di quando l’ultimo film, girato interamente in Canada, viene portato da Roger Corman in America, completamente rimontato e senza “Ilsa” nel titolo, sperando di spacciarlo per un film “normale”. Non andò bene, ma Dunning ricevette una telefonata dall’allenatore di una squadra di hockey russa in trasferta canadese: i giocatori volevano tanto vedere questa tigre siberiana!
Ilsa the Tigress of Siberia esce in patria canadese il 30 settembre 1977 e il 9 marzo 1978 finisce sul tavolo della censura italiana. Malgrado sia il più casto e innocuo della serie, la commissione italiana impone parecchi tagli:
- nelle sequenze iniziali prima dei titoli, scena della impalatura del prigioniero (eliminazione);
- scena dello spappolamento del cranio di un altro prigioniero (eliminazione);
- scena della tigre che dilania il corpo di un prigioniero (alleggerimento);
- scena erotiche a tre (alleggerimento);
- scena del braccio di ferro con stacco della mano finale (alleggerimento);
- scena del morso del sesso nelle immagini computerizzate (eliminazione).
Ben nove metri di pellicola tagliati, e una volta sincerati dell’operazione il 15 aprile successivo il film riceve comunque il divieto ai minori di 18 anni. Visto il film in versione integrale, posso testimoniare come sia una decisione assolutamente esagerata: parliamo di scene di pochi decimi di secondo, girate malissimo e che a malapena si notano.
Il film esce nelle sale italiane dal 17 maggio 1978 con il titolo La tigre del sesso, senza alcun riferimento ad Ilsa, ed è l’unico film della serie a non conoscere alcun tipo di distribuzione in home video.
Pulp Video l’ha recuperato in DVD dall’ottobre 2013.
Dyanne Thorne torna ad impersonare “ufficialmente” Ilsa, anche se ormai il personaggio è più un’entità che appare nel tempo e nello spazio senza alcun criterio riconoscibile.
Stavolta gestisce con pugno di ferro il Gulag 14 in Siberia insieme ai suoi tovarish aguzzini. Siamo nel 1953 e le purghe staliniane stanno volgendo al termine per la morte dell’“uomo di ferro” che le ha generate.
Intanto non mancano certo prigionieri con cui Ilsa può “giocare”, fingendo di interrogarli ma in realtà per il puro piacere di torturarli.
Una rivolta distrugge il gulag e i prigionieri fuggono: li ritroviamo, più di vent’anni dopo, nella Montreal del 1977. Non invecchiati di un solo giorno: al massimo hanno un’acconciatura diversa.
Ilsa nel frattempo gestisce un bordello dove registra i clienti per ricattarli, e così riconosce che i nuovi clienti sono suoi ex prigionieri fuggiti. Riacciuffati, ripartono le torture, non si sa perché.
Film che non ha né capo né coda, privo di sceneggiatura e quel poco che c’è è da menare in faccia Marven McGara, che per fortuna ha firmato solo questo film e poi è scomparso nel nulla.
La storia non ha altro motivo d’essere se non mostrare scene di sesso e torture, salvo che NON mostra scene di sesso né torture, se non per qualche vago fotogramma: principalmente mostra donnine svestite che ballano sulle note di pessima musica. Quindi è un capolavoro di totale inutilità. Si salva giusto qualche veloce inquadratura di Dyanne Thorne, che però è un po’ poco per reggere un film intero: la noia totale e il fastidio a pelle è tutto ciò che si ottiene dalla visione di questo film.
Una ghiottoneria che Dunning ci regala nell’intervista citata è quella per cui Ilsa sarebbe stata addirittura recensita dal “The Washington Times”, il quale, nelle parole del distributore:
«disse che Ilsa era la prima vera cattiva donna [female villain]. Prima c’erano la Moglie di Frankenstein e la Figlia di Dracula, c’erano sempre state donne cattive ma sempre legate a uomini: Ilsa era autonoma, indipendente, e molto più cattiva.»
Un giudizio molto curioso e che ci spinge a riflettere sulle “donne cattive” al cinema, per scoprire che il recensore in questione è stato troppo ottimista. Sia perché non esiste alcuna moglie di Frankenstein (un ruolo di pochi secondi che non ha alcun modo di essere “cattivo”!) sia perché Ilsa ha potenziato un personaggio in realtà esistente sin dagli anni Trenta: la bieca direttrice di un carcere femminile. La sua forza è stata quella di diventare direttrice di carceri unisex.
Nel ciclo sul genere WIP (Women In Prison) abbiamo visto splendide donne crudeli come Amelia van Zandt (Ida Lupino) in Women in Prison (1955) ma anche procaci direttrici dalle connotazioni erotiche, come la mitica Pam Grier che con Women in Cages (1971) dà il via al filone. Ilsa, come già detto, non aggiunge nulla di nuovo: semplicemente esagera tutto, tortura di più ed è molto più provocante delle sue colleghe.
Questo però solo nel primo film: gli altri titoli sono inutili ombre sbiadite della Leggenda della Lupa, come viene chiamato il mito di Ilsa: la She-Wolf che non si limita alle connotazioni sessuali del termine – come abbiamo visto in campo lupesco – ma anche a quelle di violenza sanguigna. Peccato che dopo un primo film che ha fatto la storia… ci siano solo ore di buco.
Come un altro celebre film che si conclude tra i ghiacci, La Cosa (1982) di John Carpenter, anche Ilsa finisce il suo viaggio in un finale sospeso e gelido. Si siede… a vedere cosa succederà…
L.
Bibliografia
- Lianne Spiderbaby, Legend of the She-Wolf, da “Fangoria” n. 303 (maggio 2011)
- Calum Waddell, Canada’s One-Man Master of Mayhem, da “The DarkSide Digital” n. 6 (ottobre 2013)
- [WIP] Savage Island (1985)
- Ilsa 4 (1977) La tigre della Siberia
- Ilsa 3 (1977) La donna bestia
- Ilsa 2 (1976) La belva del deserto
- Ilsa 1 (1975) La belva delle SS
- [WIP] Caged (1991) Le prede umane
- [WIP] Nightmare in Badham County (1976)
- [WIP] La calda bestia di Spilberg (1978)
- [WIP] Switchblade Sisters (1975) Rabbiosamente femmine
- [WIP] Swamp Women (1956)
Addio Ilsa! Eri troppo avanti quando hai esordito e per questo ti hanno fatto fare un’inversione a U che ti ha condotto nella mediocrità assoluta. E là, tra la melma, non hai saputo distinguerti dalla massa di prodottini senza mordente e senza anima.
Ora aspettiamo qualche anno finché un “regista visionario” recupererà le tue pellicole più inutili e le innalzerà a cult assoluti (con critici che faranno a gara a farsi le pipp… Pardon, faranno a gara ad elogiare le avventure di Ilsa proto-femminista relegata a ruolo di aguzzina per manifestare la sua superiorità sugli uomini, bla, bla, bla,… Solo così, in un ambiente totalmente maschio-centrico, poteva avere successo, bla, bla, bla,… Padrona della sua sessualità,… bla, bla, bla,…). E solo in quel momento le tue due stelle torneranno a brillare.
E Lucius sarà là ad aspettare tutti al varco. Blogger visionario.
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La sfortuna di Ilsa è che non è stata citata da Tarantino, quindi per i critici altolocati non esiste 😀
Scherzi a parte, come sempre i problemi di censura garantiscono grandi incassi ma poi nessuno ha voglia di tornare ad affrontare quei problemi nei film successivi, così la formula sembra essere la stessa: primo film che scandalizza, seguiti innocui come fiabe per bambini.
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Sì, Tarantino non credo l’abbia mai citata ma non mi scandalizzerei se domani uno gli chiede cosa ne pensa di Ilsa e dei suoi film e lui se ne esce con “Sono tra i miei film preferiti di sempre! La Thorne, bla, bla, bla,… Proto-femminismo, bla, bla, bla,…”.
Aspettiamo il prossimo regista-citazionalista. Tanto il recupero-coatto è toccato a tutti. Dai film di Banfi con le varie liceali, professoresse, poliziotte ai Cinepanettoni di Boldi&De Sica, dai peplum ai film sui kaiju, da Corman a Waters. Pellicole e registi che per anni sono stati bistrattati e spernacchiati, a turno sono tutti tornati in auge con addetti ai lavori che hanno fatto a gara per elogiarli e recuperarli.
Per quanti riguarda i seguiti, il problema è sempre lo stesso. Hai fatto il “botto” con il primo film, perché sbattersi a inventarsi roba nuova? Via col riciclo di idee e tiriamo a campare per 3-4 film strizzando ogni goccia possibile dall’idea e poi passiamo ad altro. Film che costano zero e incassano 5 sono meglio di film che costano 5 e se tutto va bene vanno in pari.
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La produzione in serie manderebbe in sollucchero i fan, purtroppo gli autori non sembrano aver voglia di passare gli stessi guai censori. Se gli altri film di Ilsa avessero mantenuto lo stesso grado di nefandezze del primo, ancora oggi uscirebbero suoi film! Invece si limitavano a spogliarelli casti, su pessima musica, dialoghi demenziali e la povera Thorne da sola non bastava a reggere l’intero film: quanto doveva durare una sua doccia?
Il fatto che i critici abbiano per decenni disprezzato Corman e i suoi per poi venerarlo, fa capire quanto valgano i critici 😛
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In realtà la nostra “Belva uména” é uscita indenne e ignorata dal citazionismo di Tarantino: tra i finti trailer di fine primo tempo di “Grindhouse” (quelli uccisi dalla divisione in due film italiota, da cui é spuntato “Machete” e il geniale “Don’t” di Edgar Wright), il connivente Rob Zombie ha diretto un corto che riassume le due rubriche del Zinefilo “Werewolf women of SS” con il culo di Sheri Moon Zombie, Sybil Danning (sempre lei!) e Nicolas Cage che ruba la scena. Una scemenza più mitica se raccontata, da cui NESSUNO ha pensato di tratte un film oppure di riscoprire i film che lo hanno ispirato. Il che vuole dire che il Zinefilo riscopre meglio di Tarantino, ma su questo non avevo dubbi 😉 Cheers
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Ah è vero, avevo letto di questo fake trailer con Sybil: davvero strano non ne sia nata qualche tarantinata! Forse a forza di fare i “gggiovani”, pure i critici tarantini si sono messi gli occhiali e hanno preso a fumare la pipa, come dici tu 😀
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Il vero problema ora è…quale saga allieterà ora i nostri venerdì sul Zinefilo?
Ci vorrebbe qualcosa di epocale come quella su Chuck Norris.
Magari una bella saga su Miguel Ferrer? O su tutti i film/romanzi/racconti che hanno “ispirato” Ridley ScottO per il suo Alien…
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Sai che mi hai dato una grande idea su cui riflettere? Anche perché parlando di Scott hai detto “il suo Alien” ed è vero, tanti credono quel film sia suo quando le prove dimosrano l’esatto contrario, né Scott all’epoca si azzardava ad affermarlo. E’ solo una delle tante fake news aliene cresciute con il tempo, ed ora Scott fa il padre nobile…
In effetti, visto che la Titan ha appena pubblicato il volumone “The Making of Alien”, sarebbe il momento di presentare una “Storia Etrusca di Alien”: come i protagonisti parlavano del film prima di inventarsi le leggende che ancora oggi si ripetono in Rete… 😛
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Ah lo so benissimo, cosa credi, seguo fedelmente anche 30 Anni di Aliens 😉
Il mio “il suo Alien” era appunto ironico (ma forse non si era capito, sorry)
comunque una bella serie di post dando a Scott ciò che è di Scott ma che asciughi il falso mito dello Scott Deus Ex Machina sarebbe una figata, soprattutto vista la cura che metti negli approfondimenti ^^
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Ti ringrazio, e la leggenda del “suo” Alien purtroppo è la vulgata che va per la maggiore: avevo capito che eri ironico (a non essermi spiegato sono stato io ^_^ ) mentre nei giornali e in Rete è pieno di fan convinti che quel film sia davvero “suo”. Mi hai dato un’ottima idea, sai? Ci sto pensando da prima… Solo che è un peccato iniziare d’agosto, quando i lettori sono tutti al mare: mi sa che si parte a settembre, mentre per il mese più caldo ho visioni di un sole inesorabile che illumina i giusti e gli ingiusti, così come gli incauti… Quelli per esempio che durante un viaggio si perdono in un campo di grano….
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Se e quando davvero uscirà questa rubrica mi sentirò orgoglioso e me ne andrò in giro a testa alta per averti (forse/magari) dato l’idea!
E’ una cosa troppo grossa e importante in effetti da “sprecare” in estate, merita sicuramente un pubblico numeroso e adeguatamente reattivo, ti direi intanto di raccogliere informazioni e materiale ma so che sei già più che preparato per “LA missione ScottO” quindi ora resta una sola domanda…cos’hai in canna per i prossimi venerdì?
#curiositàmorbosamodeON
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Dalla fine dell’anno scorso ho iniziato a lavorare ad un saggio sulla storia di Alien da far uscire in ebook insieme a quello “ufficiale” Titan, ma il problema è che lo sforzo è immane e alla fin fine il mio nome vende pochissimo. Così a forza di procrastinare ho rinunciato al progetto: il tuo spunto mi dà l’idea di recuperarlo – già ho scritto una corposa parte iniziale – e usarlo a puntate come speciale, e a questo punto lo posterei in contemporanea sia sul Zinefilo (che è il mio blog più seguito) che sul blog alieno.
Quindi sappi che già ora puoi andare a testa alta, perché la “Storia Etrusca di Alien” è tutta colpa tua! 😀
Per i venerdì d’agosto ne approfitterò per un ciclo a cui già pensavo tempo fa, quando ho trovato una super-chicca per partire con il piede giusto 😉
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ONORATISSIMO!!!
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Immagino già un remake nel periodo di Putin, con Ilsa che regala come caramelle pasticche di viagra misto a polonio…
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ahahahah in effetti nell’epoca Putin ci starebbe benissimo una nuova Ilsa ^_^
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Alcune cose mi colpiscono: la prima immagine popputa (ergo, potente), i tagli perbenisti ed inutili di stampo italico, la riflessione sulle donne cattive ed il fatto che bisogna aspettare Ilsa per parlare di gulag con un’approfondita analisi socio-storico-politico-popputa (ironia a cianfo 🤣)! 😅😅
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Pingback: Ilsa, la tigre del sesso (1977) | IPMP – Italian Pulp Movie Posters
Finisce come “La Cosa” ma la scena del braccio spezzato durante il braccio di ferro, ricorda anche “La Mosca”, insomma echi dei migliori remake di sempre, per un film che imita l’originale ma alla fine é una brutta copia, si salva davvero solo la protagonista, bona e tanta anche con il colbacco. Cheers!
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E’ vero, sai che non ci avevo pensato? E Cronenberg all’inizio stava nella barca di Corman e compagni di bevute, chissà che non abbia visto il film, peraltro girato nella sua patria canadese. 😛
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Così è terminata ufficialmente anche questa saga… Ma il finale del post mi fa pensare a un possibile futuro, dove potremmo rivedere Ilsa al comando dell’Avamposto 31… e alle prese con una creatura aliena che cambia continuamente forma per resistere alle sue torture 😀
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Mica male! Appena riescono a strappare Carpenter dal suo divano, magari il film nasce sul serio ^_^
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Appena letti tutti e 4, “il nudo da ospedale mi ha fatto scompiscire”. E’ incredibile come si siano persi in un bicchiere d’acqua, peccato. I problemi con la censura,il fascino del film proibito che non puoi vedere è già pubblicità gratuita di suo,mi sa che in quegli anni,l’unico che aveva capito tutto era Russ Meyer,il suo Vixen incasso più di 20 milioni a fronte di un costo irrisorio,e non si tirò di certo indietro negli anni successivi. A proposito,se addizioniamo Meyer + Zinefilo viene su una ricetta da lecarsi i baffi.
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Eh chissà, un giorno forse… 😛
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