Oggi, 13 agosto 2019, compie ben 120 anni Alfred Hitchcock: per festeggiarlo, ripesco dal blog “Doppiaggi italioti” un mio pezzo su uno dei suoi travagliatissimi film.
La travagliata nascita
de Il Sospetto
Pago con estremo ritardo una parte del debito di riconoscenza che ho con Matt, lettore del blog “Doppiaggi italioti” che mi ha inviato all’inizio del 2018 degli splendidi cartelli italiani da vari film: per non limitarmi alla semplice esposizione delle immagini e per spendere qualche parola sui film inviati da Matt, mi sembra il caso di partire con Il sospetto (Suspicion, 1941) di Alfred Hitchcock.
Wanger, Hitch e Grant
Il 1941 è l’anno dei destini. Nel 1935 la RKO ha acquistato i diritti di un romanzo noir che il celebre giallista Anthony Berkeley Cox ha scritto firmandosi con lo pseudonimo Francis Iles: Before the Fact (1932). Da anni ogni tentativo di realizzare qualcosa con quel libro è andato a vuoto e ormai il progetto è destinato a giacere impolverato in una scrivania della casa produttrice. Nel 1941 lo raccoglie il produttore Walter Wanger, il quale è sicuro che solo un regista come Alfred Hitchcock possa portarlo sul grande schermo.
Il regista britannico ha appena finito il suo terzo film in America – Rebecca, la prima moglie (1940) – ed è distrutto, fisicamente per l’impegno gravoso ma soprattutto psicologicamente: ha passato la maggior parte del suo tempo a fare a botte col produttore David O. Selznick, che gli ha imposto così tante scelte di sceneggiatura indigeste che alla fine Hitchcock, anche dopo la secchiata di Premi Oscar (compreso quello come miglior regista), disconoscerà sempre Rebecca, considerandolo un film di Selznick. È ormai assuefatto alla benzedrina e ha disperatamente bisogno di soldi: Walter Wanger gliene offre parecchi per lavorare al suo progetto RKO ed Hitch accetta al volo.
Dopo il destino del romanzo e il destino del regista, è la volta del destino di Cary Grant, che sta per dare l’addio al cinema: è amato dal pubblico e ha guadagnato bei soldi, ma il disprezzo dell’Academy lo ferisce nel profondo ed è convinto che i ruoli di spessore siano affidati sempre ad altri. Basta, ha deciso di farla finita… ma quando arriva la notizia che c’è possibilità di lavorare con quel regista britannico cicciottello di cui tutti parlano, Cary ci ripensa ed entra nel progetto chiamato Suspicion, le cui riprese iniziano il 10 febbraio 1941, per finire… chissà…
Il Destino generale ha fatto sì che tutti i singoli destini di queste persone si incontrassero per fare il film, ma ha anche provveduto a renderlo loro il più doloroso possibile.
Con lei/lui fino all’inferno
Estenuato dalla lavorazione di Rebecca, la cui trama era stata massacrata in ogni modo, Hitchcock è pronto a non mollare la presa con Suspicion in quanto sa che il suo “trucco” non funzionerà. Perché il regista ha giocato “sporco” e non sa quanto reggerà questo bluff…
Il problema è che lo splendido romanzo originale è un noir britannico di quel genere particolare che io amo chiamare “Con lei fino all’inferno”, dal titolo italiano di un duro romanzo del 1965 di Elliot Chaze. Un genere in cui un protagonista maschio – non me ne vogliano le lettrici, ma il noir è storicamente maschio, almeno fino alla metà del Novecento – si invaghisce di una donna fatale, bella e pericolosa, la quale lo spinge in un gorgo criminale senza uscita, in una speranza d’amore sempre infranta. Il maschio è disposto a tutto e si danna l’anima, finendo o in carcere o al camposanto.
Berkeley Cox/Francis Iles prende questo tema classico e, con un guizzo di creatività da lodare, lo ribalta: stavolta è una donna a ritrovarsi spinta dall’amore disperato nei confronti dell’uomo sbagliato: un mascalzone amorale, un gaudente squattrinato e truffatore che la porta con sé all’inferno. La protagonista non è cattiva, ma essendo innamorata di un uomo malvagio che cerca fino all’ultimo di “salvare” finisce per subirne in pieno il destino fatale.
Tutto questo è assolutamente infilmabile: per i dirigenti della RKO non una sola singola parola del romanzo di Iles può essere portata su schermo. Perché allora quei geni hanno comprato i diritti del romanzo? Perché acquistare una storia che la morale impedisce categoricamente di portare su grande schermo? Perché questo è il cinema: prende i buoni romanzi e le buone storie solo per il semplice gusto di distruggerli e annientarli.
Non so per quale motivo il romanzo in questione sia rimasto inedito in Italia per decenni, ma l’unica sua edizione risale al 1980, quando viene presentato in edicola come numero 355 della collana “I Classici del Giallo Mondadori”, che teoricamente è una serie dedicata alle ristampe ma che spesso e volentieri ha presentato inediti. Ovviamente la copertina di Oliviero Berni ritrae alcuni celebri fotogrammi del film di Hitchcock che diano una vaga parvenza di thriller ad una storia che ne è totalmente priva: il film è una commediola romantica, il romanzo è un noir.
Il bluff di Hitch
Hitchcock ci è già passato con Rebecca, sa benissimo che i produttori non accetteranno mai di prendere un’affermata star comica come il Cary Grant dell’epoca e renderlo un infame, uno spregevole individuo che forse sta pianificando l’omicidio della moglie, schiava d’amore per lui, al fine di ereditare ingenti capitali da sperperare in scommesse ed amanti. Quindi cosa fa Hitch? Il biografo Donald Spoto ha presentato le note che il regista ha consegnato ai produttori, in cui si diceva che il film racconta di una donna che vive in un suo mondo di fantasia: ecco il “trucco”.
Facendo credere alla RKO che il film avrà tutt’altro stile rispetto al romanzo – cioè sarà una commedia sentimentale dove la protagonista si convince che il marito voglia ucciderla, ma è tutta una sua personale fantasia – spera che lo lascino stare così che lui possa girare il film come vuole. Invece non funziona, e gli avvoltoi planano: durante lunghi e interminabili mesi di riprese, la trama cambia e cambia… e cambia ancora. E per ogni fotogramma girato se ne cancellano due, che non vanno più bene.
Una lavorazione disastrosa
La protagonista Joan Fontaine si ammala per lo stress e bisogna interrompere le riprese, intanto si sfora il budget e ancora non si conosce il destino del personaggio di Cary Grant: è colpevole o no? Si girano scene alternative, si monta e si rimonta, prima Grant è un assassino, poi no, poi sì, poi no. Poi, alla fine… succede l’impensabile. Sull’orlo della cancellazione del progetto, la RKO fa un tentativo disperato: prende il girato e… cancella tutti i fotogrammi dov’è presente Cary Grant! Ad un allibito Hitchcok presentano un incomprensibile film di 55 minuti con una donna che immagina non si sa più cosa.
Con la morte nel cuore, Hitchcock si arrende e promette allo studio che trasformerà un durissimo e tesissimo noir in una commediola da cinema parrocchiale: gira così la raffazzonata scena della corsa in auto, dove Grant sembra che voglia uccidere la moglie ma in realtà vuole salvarla, in un patchwork di trame alternative sovrapposte che lasciano il film dolorante se non addirittura morente.
Nella sua biografia, No Bed of Roses (1978), Joan Fontaine racconta che sono stati girati due finali, uno con Grant assassino e uno no: gli spettatori delle proiezioni di prova optarono per la seconda opzione.
Conseguenze
Alla sua uscita in sala, il 14 novembre 1941, Suspicion è un successo, guadagna tantissimo – si parla di circa 4 milioni di dollari dell’epoca contro un costo di un solo milione – la Fontaine vince un altro Oscar e per tutti è un lancio di carriera. Ma fisicamente e moralmente è un massacro. E la Academy ha di nuovo ignorato Grant.
Le riprese sono appena finite quando, il 18 agosto 1941 (ci racconta il biografo Marc Eliot), Cary Grant rifiuta il ruolo protagonista ne Il signore resta a pranzo (1942), fa al volo le valigie e senza dire niente a nessuno parte per Città del Messico. Quando glielo domanderanno, dirà che aveva un disperato bisogno di riposo.
La Fontaine si imbarca da sola sulla S.S. Mariposa diretta ad una crociera fra Hawaii, Samoa e Tahiti.
La versione di Joan
Nel maggio del 1941 Fontaine scrive ad un amico: «Ho appena finito il mio primo film dopo Rebecca. Abbiamo lavorato per sei mesi al costo di un milione e 250 mila dollari e ancora non abbiamo finito. Dovrà essere buono!»
Joan ha solo parole di elogio per il suo co-protagonista, ma in realtà non mancano le stoccatine. Quando sul set un fotografo di scena scattò loro una foto che Joan reputò fatta male, Grant subito la zittì, dicendole che faceva quel lavoro da 18 anni e non aveva bisogno di consigli da lei. Al che la donna gli ricordò che lei era nel cinema da 35 anni: non ebbe risposta.
Secondo la Fontaine l’errore di Grant è stato di non rendersi conto che la vera protagonista del film era la donna, non l’uomo: lui era il cattivo della storia, ma Grant se ne rese conto solo a metà delle riprese. Questo, unito al vizio di Hitchcok di mettere zizzania fra gli attori, sempre secondo la Fontaine, creò una distanza fra i due, che in realtà già di loro non sembrano molto uniti.
L’arrivo in Italia
Sulle future videocassette italiane c’è scritto che il film ha ricevuto il visto censura del nostro Paese il 30 novembre 1945, ma il documento del Ministero dello Spettacolo dell’epoca è datato 12 maggio 1946, in una copia richiesta nel 1974 presentata da ItaliaTaglia.it.
Ecco la deliziosa sinossi così come è stata presentata all’epoca della commissione presieduta dal ministro Vincenzo Calvino:
«Gianni Esgart, sventato fannullone di bell’aspetto e di modi cortesi si è conquistato la simpatia di Lina Mecludi ragazza ingenua vissuta ed educata in un piccolo villaggio. Il temperamento di Gianni vince le reticenze di Lina e i due fuggono per sposarsi all’insaputa del padre della ragazza. Poco dopo la giovane sposa viene a conoscenza degli imbrogli finanziari nei quali si trova il marito e teme che egli possa commettere qualche atto insano. Per la devozione che sente per il marito e per il suo amore decide di offrirgli un eroico perdono.
L’aspetto d’esteriore calma nei personaggi maschera un cupo risentimento, ma, attraverso episodi di grande drammaticità, Lina riesce a convincere Gianni a cominciare una nuova vita convinti l’uno e l’altro del loro amore.»
Il 29 aprile 1961 viene presentato nelle sale italiane con il titolo Suspicion e come «nuova edizione», quindi c’è da immaginare una precedente uscita in sala, come testimoniato dalle molte locandine cinematografiche dell’epoca vendute su eBay: se però l’ha fatto è stato talmente “sotto tono” che non sembra aver lasciato tracce.
Da notare che sebbene oggi molti siano convinti che gli italiani nell’èra pre-internet fossero totalmente ignoranti di inglese – tanto perché il razzismo culturale è sport nazionale italiano – il film nel 1961 è stato presentato con il titolo originale, visto che gli italiani l’inglese l’hanno sempre conosciuto bene.
Con il titolo Il sospetto viene presentato in prima serata dal primo canale nazionale (quello che sarebbe diventato Rai1) l’8 febbraio 1966.
Conosce una vivacissima vita in VHS, ristampato più e più volte (soprattutto da minuscole case, senza data e spesso senza firma): una delle ultime ristampe è all’interno della collana “I grandi capolavori del brivido” (1994) di DeAgostini.
Presentato in DVD da Sony e RKO nel novembre 2005 e poi nell’ottobre 2012 da Cecchi Gori e Profondo Rosso, la Dynit Rko lo ristampa dal 21 gennaio 2015.
Pseudobiblia
Sia nel romanzo originale che nel film il personaggio di Cary Grant è un forte lettore, e ad un certo punto ci viene anche presentata una romanziera di successo che darà alla trama la spinta necessaria: la donna infatti ha “scoperto” un ingrediente da cucina che, se usato in certe dosi precise, è un veleno mortale impossibile da identificare nell’autopsia. Ovviamente l’ingrediente non viene mai citato e l’idea serve solo per aggiungere un ulteriore “sospetto” alla protagonista che il suo amatissimo Johnny ora abbia lo strumento perfetto per farla fuori.
Sia nel romanzo che nel film viene citato uno pseudobiblion dell’autrice (perché, malgrado ciò che potete leggere in Rete, il singolare di pseudobiblia NON è assolutamente pseudobiblium…)
La terribile signorina Sedbusk parlava di omicidi. E, come il solito, ne parlava con enfasi, battendo perfino il pugno sul tavolo. […]
— Certo, nella società attuale, per ammazzare qualcuno ci vuole un coraggio che pochi hanno — proseguì impavida la signorina Sedbusk rivolta al maggiore Scargill. — Non so se avete letto il mio libro La morte ha il cuore caldo.
Il maggiore Scargill assunte un’aria colpevole. — Nnno, non credo.
L’autrice non ebbe difficoltà a perdonarlo. — Non importa, l’ho citato perché è lì che ho esposto la mia teoria.
Come si vede, nel romanzo – tradotto dalla storica Luciana Crepax – la romanziera Sedbusk cita il proprio giallo La morte ha il cuore caldo, contenente pericolose idee che la protagonista teme saranno utilizzate dal suo amato Johnny, mentre nel film l’autrice (interpretata da Auriol Lee) ha scritto un libro dal titolo diverso, non citato a voce e quindi non tradotto in italiano: Murder on the Footbridge (“Omicidio sulla passerella”), ovviamente una trovata da far combaciare con la scena in cui si ha l’impressione che Johnny stia per uccidere la moglie proprio su una passerella.
I titoli italiani
de Il sospetto
Titoli di testa
Scritte interne
Il film vanta un numero considerevole di lettere, telegrammi, missive, appunti, biglietti, ricevute e quant’altro, tanto da sembrare più un film da leggere che da vedere. Matt mi ha inviato una selezione di splendidi cartelli italiani, ricreati dalla distribuzione nostrana dell’epoca, che mi piace confrontare con l’originale.
Titoli di coda
L.
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Prima di leggere un pezzo che sarà sicuramente interessante e che mi consentirà di sfuggire per un po’ alla canicola viaggiando con la mente, volevo sottolineare la positiva valutazione per questo blog della ricorrenza…delle ricorrenze!
Mantenere memoria di nascite, morti, uscite di film è un modo per rinverdire la memoria e le emozioni rivivendo ancora una volta quel personaggio o quella pellicola! 👏👏👏
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Ti ringrazio ma non merito questi complimenti: è stato solo un caso fortuito l’aver scoperto la nascita di Hitch, di solito invece dimentico un botto di compleanni che potrebbero dar vita ad iniziative, anche condivise. Su questo sono più bravi Cassidy e il blog “L’ultimi spettacolo” 😉
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Li meriti, credimi 😉
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Fai pure il modesto, ma credo che a Hitch sarebbe comunque piaciuto questo tuo post. MOLTO più dell’indegno modo in cui è stato costretto a girare il film, questo è certo 😉
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Anche per ricordare che quello che vediamo in video non è sempre ciò che il regista voleva, anzi spesso è l’esatto contrario!
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Vero! 😉
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Un bell’artIcolo, ben documentato. Aggiungo un piccolissimo aneddoto. Nella scena in cui Cary Grant sale le scale col fatidico bicchiere di latte, Hitch voleva concentrare l’attenzione proprio sul bicchiere (sarà avvelenato?). Dopo vari tentativi, optò per introdurre una piccola luce nel latte, che lo fece risaltare come voluto.
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Grazie dei complimenti e dell’aneddoto, in effetti è una scena molto potente e “ben illuminata” ^_^ Purtroppo la resa video è decisamente peggiore della stessa scena nell’ottimo romanzo…
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Vero. Del romanzo ricordo che mi è piaciuto soprattutto il finale non definito. Una scelta coraggiosa rispetto al mantra “whodunnit?” dei gialli dell’epoca.
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Infatti è più un romanzo noir, con la discesa all’inferno stavolta della donna, che è sì vittima di un personaggio oggettivamente negativo e mascalzone, ma essendone perfettamente consapevole è un destino che accetta fino in fondo, quindi ricopre un ruolo che invece di solito nel noir è maschile. La ricordo un’ottima lettura 😉
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Lucius, stanno tutti in ferie! Ci siamo solo noi due… Articolo, al solito, molto interessante.
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Ahahah se Hitch fosse nato in Italia nessuno avrebbe mai festeggiato il suo compleanno 😀
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Non è vero, io non vado in ferie 😛
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Mi avevi già convinto a: Il 1941 è l’anno dei destini.
Il Destino generale ha fatto sì che tutti i singoli destini di queste persone si incontrassero per fare il film, ma ha anche provveduto a renderlo loro il più doloroso possibile.
Il libro di Elliott Chaze, infatti, non l’ho trovato, ma ne vedo un altro, La fine di Wettermark, che pare interessante.
Non è che magari hai già scritto – o intenzione di scrivere – qualcosa su Cornell Woolrich e La donna fantasma [ https://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=7979 ]?
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Mmmm questa sì che è una sfida che vorrei tanto accettare 😛
Metto in cantiere…
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Benedico e ringrazio (cit.).
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Il film sarà costato un milione, ma sarebbe costato la metà, se avessero approvato una linea narrativa all’inizio della storia e l’avessero seguita.
Il vizio di mettere becco nei fatti degli autori non è, dunque, una moda di oggi e tutto ciò è molto triste…
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Il bello è che i critici e i fan analizzano i film di Hitch come se ogni singolo fotogramma fosse voluto dall’autore e fosse pregno della sua essenza, mentre almeno certi film sono patchwork di lotte di sceneggiatura e bracci di ferro con la produzione che alla fine sono più campi di battaglia che opere cinematografiche!
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Gran bel post! I miei complimenti.
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Ti ringrazio ^_^
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Gran bel post
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Ti ringrazio 😉
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