Doom 3 (2004) Il remake-reboot

Continua la lunga e dura strada fuori da Doom, in un viaggio transmediale tutto da godere.

Dopo espansioni, rifacimenti e diavolerie varie, il filone di Doom sembra essere stato strizzato al massimo e l’arrivo del nuovo millennio, con l’avvento di videogiochi di qualità superiore e di grande richiamo, probabilmente gli sarà fatale: è il tempo di ripensarlo, di salvare ciò che l’ha reso unico e riscrivere tutto il resto. L’estate del 2004 vede l’uscita di Doom 3.
Quale sarà la trama? Bella domanda…


Il “vecchio” è il nuovo “nuovo”

Malgrado la storia di base riportata da manuali e guide dal 1994, malgrado ben quattro romanzi – di cui almeno il primo perfetto ampliamento di detta storia base – quando nel marzo 2004 la rivista “Xbox Nation” presenta brevemente Doom 3 se ne esce con questa domanda a se stessa: «Un altro massacro senza trama dalla id?» Quindi per gli esperti videogiocatori del Duemila lo storico Doom è un gioco storyless

«La id Software assicura che Doom 3 sarà tutt’altro che carente di soggetto. Si sono lasciati alle spalle le classiche trovate sataniche senza trama di Doom e hanno ingaggiato lo scrittore di fantascienza Matthew Costello, il cui curriculum include altri videogiochi come 11th Hour e The 7th Guest, entrambi lodati per la loro splendida narrazione.»

Posso capire che la rivista non conoscesse la trama dell’edizione del 1993, ma che la id Software annunciasse che ora c’è una storia in Doom mi sembra davvero curioso. Visto poi che è la stessa identica storia!
Ecco le poche righe di trama riportate dal manuale di gioco dell’edizione Xbox:

«Sei un marine, uno dei più tosti della Terra, addestrato nel combattimento e nell’azione. Poco dopo essere stato messo a rapporto per insubordinazione e trasferito allo stabilimento della Union Aerospace Corporation, su Marte, una vasta invasione di demoni invade la base, generando caos ed orrore. Essendo fra i pochi superstiti, devi utilizzare la tua forza di fuoco e tutte le capacità apprese nel combattimento per affrontare l’orda di demoni, capire cosa sia andato storto ed impedire la propagazione del male. Ci sei solo tu fra l’Inferno e la Terra.»

Serviva un romanziere per ricopiare identica la trama del Doom del 1993? Visto poi che dal Duemila il mondo videoludico pare più esigente dal punto di vista narrativo, come mai queste sole poche righe? Addirittura nella voluminosa Prima Official Game Guide (2004) su ben 240 pagine dedicate a Doom 3 solamente mezza colonna di una pagina è dedicata alla trama, ripetendo con qualche parola in più quanto sopra riportato. Alla fin fine non mi sembrano poi così esigenti…

Dan Elektro nel numero di aprile 2004 della rivista specialistica “Game Pro” racconta di un incontro con gli autori del gioco negli uffici texani della id Software, dove il lead designer Tim Willits parla in modo appassionato del soggetto di Doom 3:

«Viene raccontata di nuovo la storia originale, come se il primo Doom non fosse mai esistito. Torniamo su Marte, arriviamo alla struttura della Union Aerospace Corporation prima dell’invasione e notiamo che le cose non vanno bene: la gente è un po’ stressata. Poi riceviamo gli ordini della nostra missione, andiamo e l’inferno si scatena: il nostro lavoro sarà capire chi siano i buoni e chi i cattivi, poi trovare e quindi fermare la causa dell’invasione.
Quando iniziate il gioco non sapete cosa stia succedendo: tutto ciò che sapete è che si tratta di un’invasione e dovete andare al complesso Delta, pensando che se bloccate il teletrasporto avrete salvato il mondo. Arrivati lì, vi accorgete che non sarà così.»

Tutto qua, dunque? Un semplice retelling, come dice Willits? Non è proprio così…


Fantasmi da Marte

Sin dalla sua golden age, la fantascienza adora Marte e i suoi “abitanti”, e un filone ama ritrarli come “fantasmi”. Da ragazzino mi colpì molto la scena del film Il pianeta morto (cioè il sovietico Soyoux 111, 1960) che mostrava come gli antichi abitanti del pianeta fossero scomparsi lasciando solamente titaniche ombre impresse sulle pareti di una grotta: si trattava di Venere, ma quell’immagine è il simbolo di un certo modo di ritrarre i marziani.
Nel celebre film Il mostro dell’astronave (1958) il pianeta rosso è disabitato e gli unici sopravvissuti sono diventati creature mostruose. Diversi racconti di Philip K. Dick parlano dei marziani al passato e delle loro strutture rimaste a raccontarne la storia, e mi piace citare il delizioso fumetto Aliens vs Vampirella (2015), in cui viene scoperta un’antica città marziana con i suoi abitanti “mummificati”. Ovviamente… tutti vampiri!

Ombre: tutto ciò che resta dei venusiani

Non è chiaro se sia stato il romanziere Matthew J. Costello a proporre l’idea o si sia limitato a sviluppare un soggetto fornitogli dalla id Sotware, comunque gli scienziati della UAC su Marte nel 2145 trovano i resti degli antichi marziani, ormai estinti, fra i quali delle iscrizioni che sembrano raccontare una strana storia: un’antica invasione di demoni, arginata solamente con l’uso di uno strano cubo usato da un fenomenale guerriero. (Quest’ultimo ritratto come nelle locandine originali del primo Doom: uno dei tanti squisiti inside joke del gioco.)

Quel misterioso “eroe” non mi è nuovo!

Quindi al tema dei “marziani estinti” viene aggiunto quello del “cubo infernale” – Hellraiser docet – chiamato Soul Cube, un’arma potente che il giocatore troverà solamente dopo essere sceso all’inferno: lì infatti era stata nascosta proprio per permettere una nuova invasione ai demoni.

Narra la leggenda di demoni che vanno a fare un cubo!

Da notare che il cubo viene chiamato Artifact: anche questo un tema molto amato dai videogiochi di fantascienza del Duemila. (Il primo “manufatto” di civiltà scomparse che ho conosciuto è stato nell’Aliens vs Predator 2, Sierra 2001.)

Il Cubo che Spacca!

Questa invasione non sembra trattarsi di una semplice fatalità, e alle apparecchiature di teletrasporto che si collegano con una dimensione infernale si unisce la follia del dottor Malcolm Betruger: sfruttando un’idea nata nel romanzo del 1995, all’uomo i demoni promettono grande potere se li aiuterà nell’invasione. Il resto non cambia molto dalla trama-base del gioco sin dalla sua nascita.


La versione di Costello

Malgrado in alcune interviste venga citato l’ingaggio di un romanziere a gestire la trama di un gioco che tutti credevano senza trama, ben presto questa particolarità a cui tutti sembravano tenere tanto… scompare: a parte citare la trama-base, identica a quella del Doom del 1993, le riviste specialistiche non fanno altro.
Intanto nei primissimi anni del Duemila Dave Callaham butta giù quella che, rimaneggiata, diventerà la sceneggiatura del film tratto dal videogioco (che vedremo più avanti), uscito nel 2005, e mentre vengono distribuiti pacchetti espansivi del videogioco la confusione è tanta: qual è la trama di Doom 3 e chi l’ha scritta? Due domande a cui nessuno importa rispondere: e meno male che dal Duemila i giocatori tengono tantissimo all’aspetto narrativo dei giochi…

Ad anni di distanza, Matthew J. Costello scriverà due romanzi ambientati nell’universo del videogioco che ha contribuito a sceneggiare – Doom 3: Worlds on fire (2008) e Doom 3: Maelstrom (2009) – entrambi pubblicati dalla stessa Pocket Books della precedente tetralogia. Il costo spropositato di questi titoli di Costello – inediti in Italia – mi impedisce un’analisi più approfondita, ma già dalle quarte di copertina, che riporto tradotte qui sotto, penso si possa avere un’idea delle storie.

«L’anno è il 2144 e la battaglia per le preziose risorse della Terra ha imperversato per un secolo. Con le economie globali in rovina e una guerra mondiale totale sempre più vicina, il Governo degli Stati Uniti si è rivolto alla Union Aerospace Corporation, dandole carta bianca sul leggendario pianeta di Marte nel disperato tentativo di costruire lì un avamposto che possa provvedere alle risorse. Ma c’è qualcosa di così segreto che neanche i membri del Governo ne hanno idea…
Il tenente John Kane dell’Unità Speciale una volta si limitava ad essere contento di avere un lavoro e se ne fregava della politica, finché lo Zio Sam gli passava un assegno. Ma questo era prima di ascoltare la propria coscienza e disobbedire ad un ordine diretto. Degradato a soldato semplice, Kane è stato riassegnato al corpo degli United States Space Marines – l’esercito privato della UAC – con la prospettiva di diventare giusto una guardia giurata su Marte…
Ora il destino di Kane lo attende a Mars City: parte comunità abitativa, parte laboratorio centrale, e tutto di proprietà della UAC. È uno strano mondo con strani abitanti, e le migliaia di persone che vivono e lavorano in città hanno già iniziato a considerarsi Marziani. E lontano da Mars City, con gli antichi e strani siti che vengono scoperti sul pianeta, una piccola squadra di marine sta a guardia mentre gli scienziati riportano alla luce strani glifi su pareti e cercano manufatti, avendo già trovato cose incredibili ed inspiegabili: come per esempio un relitto chiamato U1, dal nomignolo “il cubo dell’anima”. Tutto questo porterà al caos e ad un orrore indescrivibile…»

In pratica, è ancora una volta la trama del gioco classico, ma il romanzo che segue fa pensare ad una suddivisione in due parti…

«Siamo nel 2145. Dopo aver disobbedito ad un diretto ordine, il tenente John Kane dei marine si ritrova degradato e riassegnato al corpo degli United States Space Marines: l’esercito privato della UAC (Union Aerospace Corporation). Poco più che una guardia giurata, Kane accetta riluttante il proprio destino a Mars City, la comunità-laboratorio sul leggendario pianeta rosso.
Ma Kane non può immaginare gli orrori che lo aspettano: aberrazioni da incubo e fusioni oscene di carne e macchine attendono i ricercatori nel loro tentativo di svelare gli arcani segreti dello straordinario passato del pianeta. Mentre cresce la terrificante violenza, kane e un gruppo di sopravvissuti deve dar fondo ad ogni propria capacità per sperare di farcela e lascaire vivi Mars City.»

Ripeto, non ho letto questi due romanzi per via del loro costo elevato, ma dalle trame mi sembrano la semplice riproposizione del gioco con una storia divisa in due parti. (Dalla Doom Wiki scopro che originariamente il progetto prevedeva tre romanzi, ma tutto è stato interrotto dopo il secondo. Ipotizzo per mancanza di risposta dal pubblico.)
Perché però il protagonista si chiama John Kane, quando vive le stesse identiche esperienze che in Doom 3 vive Thomas Kelly? Ci sta che un autore decida di romanzare la storia di un altro personaggio dello stesso universo, ma allora perché ricopiarlo sul protagonista?

Probabilmente la Pocket Books abbia voluto ripetere l’operazione del 1995, cioè una serie di romanzi ispirati ad un videogioco ma con trame rielaborate, solo che poi la monomedialità ha mietuto un’altra vittima: dopo l’apocalittico fallimento del film nel 2005, nel 2009 anche i libri dimostrano che ogni appassionato non esce mai dal proprio medium d’elezione.


Conclusione

Malgrado decenni di esperti e appassionati a ripetere che Doom non ha trama, al massimo uno spunto di partenza, una trama c’è ed è anche complessa, arricchita dalle varie espansioni e riedizini. Troppo complessa per aver voglia di capirla e saperla riassumere. Visto che Davi Doom l’ha già fatto, riassumendo tutte le trame di tutti i Doom dal 1994 ad oggi, con schermate e ogni tipo di spiegazione: mi limito a rimandarvi al suo video.

Quella che ho citato è la trama-base, lo spunto se volete, ma è quello che è servito ad uno sceneggiatore per scrivere uno dei più esplosivi fallimenti del cinema del Duemila…

(continua)


Bibliografia

  • Doom 3, da “Xbox Nation” n. 12 (marzo 2004)
  • Dan Elektro, Fear Factory, da “Game Pro” n. 187 (aprile 2004)

L.

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25 risposte a Doom 3 (2004) Il remake-reboot

  1. Cassidy ha detto:

    Le antiche iscrizioni di un eroe che ci ha salvati tutti, ci vedo tracce di “Evil Dead” in qualche modo 😉 Appena ho un po’ di tempo proverò a vedere tutto il video, la trama di Doom sembra un mistero anche per le riviste di settore. Cheers!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Il problema principale è che oltre allo spunto di partenza, citato brevemente nei manuali, c’è la trama veicolata attraverso i compuer – quelli che durante tutto il gioco devi fermarti ad azionare, se vuoi avere un’idea di cosa sia successo alla base UAC – e visto che pochi badano a quello che viene considerato “un di più”, la trama vera continua ad essere ignota.
      Invece lo youtuber che cito si è sparato non so quante ore di gioco ad azionare tutti i computer, a seguire tutti i fili di 25 anni di Doom, espansioni comprese, e il risultato è sorprendente. Purtroppo è una storia troppo complessa per riassumerla qui – ammesso di averla capita bene, con tutti quei rimandi da un gioco all’altro! – ed esula dal viaggio, ma ho messo il video proprio per testimoniare che esiste eccome una trama di Doom 😉

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  2. Austin Dove ha detto:

    errore di battitura:
    ” a rapporto per insubrodinazione”

    come oramai saprai non ho mai giocato tanto a doom ma mi ricordo bene mentre passavo le ore a guardare mio padre giocarci che a inizio capitolo c’era un bel testo introduttivo narrativo

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  3. Il Moro ha detto:

    Di sicuro esistono giochi con meno trama di Doom… ma allora il punto forse è: ma della trama di Doom frega davvero qualcosa a qualcuno? 😀

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  4. Willy l'Orbo ha detto:

    Per me Doom (videogioco) è anni ’90. Stop.
    Tuttavia…faccio un’eccezione perché Lucius è sinonimo di qualità, perché non si parla assolutamente solo del videogioco ma anzi!, perché si citano Hellraiser, Alien e Predator, perché con il tuo lavorio stai dando luce, spessore e dignità ad una trama prima ignorata, insomma, un sacco di perché! 🙂
    …e poi mi vedrò anche il video-spiegone 🙂

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  5. Zio Portillo ha detto:

    Seguo quelli che mi hanno preceduto. Appena riesco mi gusto il video-spiegone.

    Però non capisco… Giocare ad un videogame semplice o complesso che sia, è un’esperienza che chiede di immedesimarti e viverla, non dico al 100%, ma ad un 90% almeno. Se ad un tratto ci sono dei pc che mostrano schermate che elencano snodi, sviluppi e progressi, perché non leggerle? Magari ad una seconda tornata di gioco puoi bypassarle, ma la prima volta vuoi leggerle o no? Almeno per capire cosa sta succedendo e a chi cavolo stai sparando!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Temo che valga l’assunto ormai chiaro: i primi a disinteressarsi della trama di Doom sono i giocatori di Doom! 😀
      Addirittura ci sono due linee temporali di trama, a seconda dei giochi che prendi in considerazione, e nel 2016 è uscito quello che alcuni chiamano “Doom 4” che continua la storia del terzo. Visto però che parliamo di giochi dove ti basta sparare e raccogliere oggetti, alla fin fine nessuno se ne è preoccupato più di tanto.
      La cosa incredibile è che mi sono visto i gameplay completi di “Halo” e “Halo 2” e non esiste trama (o meglio, c’è ma è del tutto ininfluente): com’è che il clamore su Halo raggiunge livelli da culto religioso quando ha una trama ancora minore di Doom?
      Ad esagerare con un solo medium si finisce sempre sbilanciarsi troppo: meglio essere transmediale 😛

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      • Conte Gracula ha detto:

        Un po ho giocato a Halo: è bello, e te lo dice uno che detesta gli sparatutto in prima persona!
        Sulla trama, non mi pronuncio, ci ho giocato troppo poco 😛

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Quando si spara agli alieni è sempre bello, sono d’accordo 😀 Solo che trovando splendida l’invenzione del pianeta-anello, pieno di misteri (parlo del primo episodio), avrei sperato in un maggiore approfondimento o comunque a qualche sviluppo, rimanendo deluso. Nel secondo già si parla di altro, aggiungendo cose senza stare troppo a spiegare le precedenti…
        Mi sa che per questo mi converrà rivolgermi a romanzi e fumetti 😉

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    • Conte Gracula ha detto:

      Dipende da quanto sono lunghi quei testi. Prendi i giochi di The Elder Scroll: lì trovi dei libri, più o meno seri, che raccontano storie di quel mondo, ma leggere a monitor è sempre un po’ fastidioso. O magari sei nel mezzo di una missione e non vuoi interromperti per leggere un papello lunghissimo.

      Nel caso di Doom, non so se i dossier siano molto lunghi. In generale, sono certo che sia meglio veicolare un po’ di informazioni tramite dialoghi e non tramite scritti.
      Nel caso di Doom, puoi far trovare dei sopravvissuti ai mostroni di Carpenter o magari delle intelligenze artificiali (che magari i demoni non si sono filati perché di forma non umana) ma comunque, dovrebbero essere inserti sintetici 🙂

      Potresti anche far trovare archivi di memoria, da portare a questi personaggi perché li decrittino e ti raccontino la storia…

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  6. redbavon ha detto:

    Il fatto che la trama sia così frammentata è dispersa tra più capitoli a distanza di diversi anni di pubblicazione è di fatto la negazione di un qualsiasi valore narrativo. Impossibile da seguire, tremendamente difficile da ricordare tra un capitolo e l’altro. Avendolo giocati tutti incluso il più recente e l’espansione del terzo in tutta sincerità la “trama” è solo un pretesto per scrivere un testo sul retro della confezione. Non se ne avverte la mancanza.
    DooM è nato così ed è un raro caso di fedeltà alle origini nei videogiochi, che con il trascorrere delle generazioni hanno visto l’aumentare della componente narrativa per le mutate esigenze ed età dei loro fruitori. DooM – come franchise -è il paradigma degli FPS puri, eredi degli shoot’em up 2D (anche in questo caso la trama è un orpello).
    Storicamente la trama in Id Software è sempre stata considerata inutile e la “tradizione” è continuata anche quando è passata all’editore Bethesda Softworks
    Sotto Bethesda infatti le IP di Id Software sono state così differenziate sia a livello di contenuti sia di sviluppo:
    – DooM rimane a Id Software ed è un FPS puro, fedele alle origini (è stato lo slogan del più recente capitolo)
    – Wolfenstein è stato affidato agli svedesi MachineGames ed è un FPS fanta-horror con un’ambientazione pseudo-storica, una certa varietà di personaggi e una componente narrativa di maggiore spessore, caratterizzata dalla linearità.
    La terza IP di Id Software ovvero Rage è un FPS con ambientazione post-apocalittica alla Mad Mac, con una struttura “open world”; la trama è quindi tipicamente “liquida”.
    Bethesda con questi tre franchise copre il genere FPS. Inoltre per il genere con una componente narrativa di spessore e un’azione più riflessiva (a tratti “stealth”) ha un altro franchise e ha acquisito lo sviluppatore: Dishonored e Arkane Studios. Questi ultimi hanno sviluppato anche Prey (un vecchio franchise con una storia travagliata), che è un FPS con elementi RPG.
    Tutto ciò non per annoiare con citazioni da “Lascia o Raddoppia” ma per confermare che DooM è senza trama per una precisa segmentazione del mercato da parte dell’editore, nonché proprietario di Id Software.
    —-
    PS: non ho citato Quake tra le IP perché è da Quake 4 (quindici anni fa o giù di lì) che manca un prodotto con una “campagna” per giocatore singolo e corrispondente trama. È un franchise con una forte vocazione al multiplayer competitivo.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ne approfitto per chiedere lumi: perché si considera Doom senza trama, malgrado sia molto complessa, con rimandi ai primi titoli (e spiegazione del perché nel primo Doom il giocaotre moriva) mentre invece la recente reincarnazione di Wolfenstein o addirittura il primo Halo sono considerati “con trama”? In entrambi i casi posso saltare le cinematiche e sparare-sparare-sparare fino alla fine, fregandomene del perché: in un caso sparo ai nazisti, nell’altro agli alieni. In nessuno dei due casi c’è alcuna trama specifica (ed è un maledetto peccato, perché nel gameplay di Halo fino alla fine ho sperato mi parlassero di più di quello splendido pianeta-anello!)
      A me che vengo da fuori, che cioè non sono dentro al mondo videoludico, sembra la stessa tecnica: intermezzi cinematici con trama che posso ignorare (tanto al massimo c’è il tasto “missione” che mi tiene informato su cosa fare) e possibilità di sparare e basta. Perché però solo Doom è considerato senza trama?
      Forse dobbiamo metterci d’accordo sulla trama. In Wolf3D dovevi arrivare ad Hitler e fermare la sua attività di sforna-cattivi, in Doom dovevi trovare il mostrone gigeriano e fermare la sua attività di sforna-cattivi: questa non è la trama, come dicevi anche tu l’altra volta, bensì l’assunto iniziale del gioco. Cos’è allora una trama?
      “Doom 3” riprende identica la trama di Doom del 1994 ma la rende più manifesta, non c’è bisogno di leggerla nei cartelli finali perché si svolge davanti a noi, con gli scienziati traditori, gli inganni, gli orrori e l’idea del cubo all’inferno. Il caprone sforna-mostri del 1994 non era chiaro cosa fosse, se non leggevi le scritte: qui i “piani” delle creature sono più manifesti. Perché allora dici che neanche questa è una trama o una narrazione?
      Il fatto che a nessuno interessi non vuol dire molto: temo che molto pochi di quelli che hanno giocato ad “Alien: Isolation” abbiano colto l’importanza narrativa della storia, i tanti rimandi e le sottigliezze della trama, ma questo non toglie che c’era una narrazione. Anche lì, però, si potevano ignorare i computer durante il tragitto e saltare le cinematiche, limitandosi al solito “cerca e trova” (parecchio noioso, personalmente, stando al gameplay.) Perché quel gioco o Halo avrebbero trame e narrazioni mentre Doom 3 no? Per me che guardo dall’esterno – che cioè non sto sparando ma studiando – mi sembrano casi molto simili, cambia solo la qualità delle storie.

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      • redbavon ha detto:

        Comprendo le tue perplessità, ma ritengo siano frutto del fatto che hai giocato a DooM, ma non a tutti il resto dei videogiochi che ho citato. Lo stile di gioco dei recenti DooM è differente dalle produzioni più o meno coeve di Wolfenstein, Rage e Halo; assolutamente non comparabile con Alien Isolation (che utilizza la visuale in prima persona, ma non è un FPS).
        DooM è il capostipite, DooM è la matrice. Gli FPS successivi sono una stratificazione di contenuti e gameplay sull’infrastruttura di DooM.
        DooM – per esigenze di mercato – è rimasto negli anni pressoché immutato: il marketing ne ha fatto un elemento di differenziazione quando gli FPS hanno saturato ogni segmento e nicchia di consumatori.
        Anche dal punto di vista tecnologico, fino a quando il motore Unreal non ha iniziato a ingranare, era Id Software a dettare legge, grazie a quel genio del codice che è Carmack (che ora è in Oculus Rift).
        Id Software con DooM ha inventato gli FPS: Valve Software con Half-Life li ha cambiati per sempre. Giocare a HL infischiandosene della trama è vivere un’esperienza del 30% del suo potenziale empatico e di divertimento.
        Se non consideri il “gameplay” ti è difficile comprendere la differenza tra FPS con una “trama” e FPS senza.

        Doom 3 si inserisce in un momento storico in cui tutti gli FPS hanno una “trama” (per quanto esile sia); da qui, l’esigenza di rendere DooM 3 differente dai precedenti, enfatizzandone una “storia” (puro riciclo) e inserendo nel gameplay un elemento “survival”. DooM 3 ha ambientazioni buie, i nemici non arrivano a frotte per farsi macellare, ma sono nel buio in agguato. Viene introdotta la torcia per illuminare le zone buie, ma il suo utilizzo inibisce quello dell’arma. Questo elemento stravolge talemte il gameplay di DooM, che si contano su una mano i giocatori che non hanno utilizzato la “mod” che installava la torcia sull’arma di modo da illuminare e sparare. È una questione di “gameplay” al quale sono abituati i giocatori affezionati a un certo “franchise”.
        Già sono andato lungo, ma posso continuare con gli altri titoli che hai citato per farti notare le differenze di “gameplay”. La presenza di una “trama” che si sviluppa nel gioco, di un universo più ampio di quanto si percepisca nel gioco (Halo è il “numero 1”), di interazione con i PNG sono elementi integranti dell’esperienza che mi fanno considerare DooM senza trama e tuttavia un gran bel gioco anche senza.
        Half-Life, Halo, Wolfenstein senza gli elementi descritti sarebbero cloni di DooM senza “anima”.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Non giocando a questi giochi, è proprio sul loro gameplay completo che mi baso, visto su YouTube.
        Quindi sta nell’evoluzione dei numeri successivi del gioco il succo per stabilirne la narrazione? Però per esempio “God Of War” mi è piaciuto il terzo, anche se non conoscevo i due precedenti. Sono parti parlate dove ogni tanto devi ammazzare qualcuno, proprio come Doom 3 (anche se lì ne ammazzi di più), per questo da estraneo al mondo videoludico ci posso stare a dare etichette differenti ma a sentire che in fondo la struttura di base è la stessa: se vuoi la narrazione guardi le cinematiche, consulti i computer che trovi o raccogli i fogli lasciati in giro per livelli, se non ti interessa salti tutto e spari o meni! 😛

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      • redbavon ha detto:

        Vedere giocare è differente dal giocare, sopratutto se non sei un giocatore. Viene a mancare un elemento essenziale dell’esperienza, cioè l’interazione in prima persona. Trovo noiosissimi gli youtuber che raccontano le sessioni di gioco. Se è poi è un titolo che ho giocato lo trovo insopportabilmente noioso. E’ come leggere un libro e sentirselo leggere da un terzo. Provo a utilizzare anche una metafora cinematografica: se sei abituato a vedere un film in lingua originale e poi lo vedi doppiato, qualcosa stona; il film è lo stesso, il doppiaggio è ben curato, ma qualcosa non torna, “suona” differente. La mia esperienza di un videogioco può essere differente da quella che uno youtuber mostra. Lo youtuber che citavi nel caso del gioco di Alien che non sapeva nulla della saga originale, prendendo delle cantonate epocali, replica l’esperienza di mia moglie che sta alla fantascienzacome Stalin al Papa e pretende di raccontarmi un film di Star Wars o di Star Trek.
        La “narrazione” non è un collage di filmati o di “pizzini” sparsi per le ambientazioni: è una vecchia concezione di “narrazione” quando i videogiochi non ne avevano e – aggiungo – non ne avevano bisogno.
        La “narrazione” si fonde con l’interazione in un videogioco per cui gli autori hanno progettato che la narrazione sia rilevante anche ai fini di “gameplay”
        In DooM la narrazione non è rilevante ai fini del gameplay: non riduce nulla dell’esperienza così come è stata progettata dagli autori; in God of War III si può dire altrettanto, anche se questo terzo capitolo è la fine di un arco narrativo in cui Kratos trova finalmente la sua vendetta e apparentemente muore. “Apparentemente” perché lo ritroviamo nel più recente God of War in terre nordiche. Quest’ultimo episodio invece è dal punto di vista narrativo rilevante e innovativo perché – per farla breve – implementa sia una storia ricca di sfaccettatura, personaggi, un rapporto tra padre e figlio e una certa libertà di (inter)azione con la storia grazie alla sua struttura “open world” tra le migliori in assoluto. E’ uni dei pochi “open world” che mi ha trasmesso la sindrome del FUEPS fino a quando non l’ho terminato.
        Vengo allora alla tua provocazione: se non ti interessa (la trama) salti tutto e spari o meni! Se lo faccio in God of War III non mi sono perso granché, se lo faccio nell’ultimo God of War è più complicato avanzare perché non ha uno svolgimento lineare, ma sopratutto mi sono perso la magiore parte del suo valore aggiunto. E’ come avere una Ferrari e guidarla a 50 all’ora!
        Per citare un FPS in cui la trama è rilevante, BioShock di cui ho scritto e hai letto. La narrazione sfrutta i “pizzini”, i filmati e tutte le “scorciatoie” tipiche dei videogiochi, ma vi aggiunge nell’interazione una magistrale opera di formazione del personaggio, di scelte con conseguenze, di modellazione di un universo coerente. Anche BioShock puoi vederlo o giocarlo infiaschiandotene di questi “particolari”, ma è come leggere un giallo e andare a leggere all’ultimo capitolo chi è l’assassino.
        Ritorno a DooM: DooM è sinonimo di azione frenetica, di attacco a testa bassa, nemici sempre più coriacei, armi sempre più “cazzute”. Ha una filosofia molto “old-style”, non necessariamente negativa come accezione. La trama non è rilevante.
        Tanto non è rilevante che dopo l’esperimento “più narrativo” di DooM 3, si è ritornato alla “vecchia maniera” nel più recente capitolo, intitolato semplicemente “DooM” (e non DooM IV) per enfatizzare un recupero delle origini.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Perfettamente d’accordo su tutto, tranne il fatto che essendo io impossibilitato a vivere quelle esperienze… sono contento che esistano i gameplay su YouTube così almeno possono consocere storie che altrimenti mi sarebbero negate 😛
        La mia non è una provocazione, è proprio una domanda per cercare di capire cosa significhi “narrazione” in un videogioco. Ovvio che l’interattività è parte integrante e oserei dire fondamentale di un gioco, così come sentirsi raccontare un film non è la stessa cosa che vederlo. Idem per il “saltare”. Da appassionato di cinema marziale molto spesso da ragazzo mi conservavo su VHS solo le scene di combattimento dei film, per poterle rigustare in seguito: è in fondo come saltare le cinematiche nei giochi e andare al succo.
        Potrei farlo anche con un libro, e in fondo mi è capitato: libri noiosi in cui ho saltato pagine per andare ai momenti salienti. Questo non vuol dire che sia il modo migliore di leggerli, ovvio, così come per capire la narrazione di un libro devi leggerlo, non sentirtelo raccontare.
        Stabilito tutto questo “fuori tema”, tornando al tema il mio problema con la questione Doom è aver scoperto – tramite il video che cito nel pezzo – che esiste una trama persino nel Doom del 2016, dove specifico che “chiamano” Doom 4, non “si chiama”. Visto che lo stesso romanziere ha scritto una continuazione della trama di Doom 3, e visto che ci sono personaggi che si sviluppano e una storia che procede, onestamente il considerare la saga senza tarma mi sembra davvero esagerato, a meno che con “trama” non si intenda qualcos’altro. L’esperienza di gioco non è una trama, così come vedere un film o leggere un libro non c’entra nulla con le rispettive trame e narrazioni.
        Molte volte nel blog critico un film dicendo che “è senza trama”, o “la sceneggiatura è assente ingiustificata”, ma sono ovviamente esagerazioni: c’è sempre una trama e una narrazione, anche nel peggiore dei film. Può essere una trama buttata via così, giusto per passare il tempo fra una scena d’azione e l’altra, può essere una trama pretenziosa venuta male, può essere mille cose: ma una trama c’è e c’è una narrazione, in qualsiasi film, anche il più fetente.
        Ecco perché insisto a dire, tramite il video in questione, che “Doom 3” ha una trama e una narrazione: può non piacere, può essere disprezzata, può essere considerata al di sotto dello standard medio, può essere considerata la Cenerentola dei videogiochi, tutto è possibile, ma rimane il fatto che c’è.

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      • redbavon ha detto:

        Non ho scritto che in quanto non sei videogiocatore sei “impossibilitato”, non ho “censurato” così nettamente, non ho messo distanza tra me e te in quanto uno videogiocatore e l’altro no. Ho scritto: è un’esperienza differente. E’ differente per cercare di farti cogliere la differenza del punto di vista, che – a quanto pare – non è passato.
        Non ritengo di essere andato “fuori tema”, ma di avere provato a ampliare il concetto di “trama” contestualizzando nel medium di cui si scrive, i videogiochi.
        Ho risposto alla tua domanda “Cos’è allora una trama?”.E la mia risposta è contenstualizzata in questo medium. L’assenza di trama che non significa che non ne esiste una traccia: la trama esiste dai primi videogiochi, Space Invaders ne ha una, Street Fighter II ne ha più di una una. Un videogioco senza trama equivale a dire che ha una trama “insignificante, irrilevante”, che è una delle pricipali argomentazioni dei detrattori dei videogiochi come valore culturale e, al contempo, disvalore formativo. Sai quanto combatto questo pregiudizio.
        Cosa è allora una trama – ho voluto aggiungere – nei videogiochi? Non è una risposta secca e lineare, perché ha subito evoluzioni piuttosto complesse,
        sconosciute ai più, perché una trama in un videogioco la puoi raccontare dietro una copertina o su un paio di paginette oppure la sperimenti in prima persona nel “gameplay” di Half Life, BioShock, Halo Reach, Ico, The Journey (in cui apparentemente non c’è né viene dichiarata all’inizio), The Last of Us o God of War.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        No, no, non intendevo che volessi prendere distanza, era per dire che un non giocatore come me trova utili i gameplay, non potendo fare il gioco in prima persona 😛
        La vediamo in modo diverso perché vedo che consideri la trama come parte dell’esperienza di gioco, mentre io divido l’esperienza del medium dalla storia. Ovvio che a parità di storia, un medium può appassionare di più di un altro: proprio come detto nel caso del film di Doom (2005), la stessa identica trama che nel film mi ha profondamente deluso invece nel romanzo, in mano ad un autore migliore, mi ha mediamente divertito. Ma da qui non dico che la trama di un libro stia nella lettura o la trama di un film stia nella visione, semplicemente reputo che medium diversi abbiano linguaggi diversi e quindi esperienze diverse. Però la trama è altra.
        Con questo non intendo solo lo spunto, il soggetto, ma anche lo stile. Tu mi citi giochi, io ti cito un film. Qual è la trama di “Lola corre” (1998)? Lola corre, fine! Ovviamente la forza del geniale film sta nello stile, nell’esecuzione, nelle trovate di sceneggiatura e nell’esperienza fusa con la musica. Ma se qualcuno mi chiede di cosa parli il film, posso raccontarlo: è ovvio che l’esperienza del film sarà molto più profonda del semplice racconto, ma secondo me le due cose non sono fuse.
        Il tema del dottore che scende a patti con i demoni e li aiuta già era accennata nel romanzo di Doom del 1995, quindi ritrovarla in “Doom 3” e poi nel film del 2019 è importante ai fini del mio speciale, dove cioè racconto l’evoluzione della trama del gioco, così come raccontare come cambino le entità mostruose: da demoni ad alieni, da mutazioni genetiche a Sumeri! Queste non sono esperienze di gioco, sono risvolti di sceneggiatura apportati dai romanzieri e dagli autori che hanno partecipato a questo universo: poi ogni medium le veicolerà a suo modo, con esperienze e stili diversi, ma rimangono scelte di sceneggiatura. Ed è a queste che penso, nello speciale.

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  7. Giuseppe ha detto:

    Mi chiedo se e quante volte Zio John (Carpenter) abbia mai giocato a Doom, a questo punto (per quanto i suoi fantasmi o antiche essenze che dir si voglia abbiano mire di difesa e non di invasione, che invece qui spetta -dal punto di vista marziano- agli esseri umani)… 😉
    Ah, Il pianeta morto… Alias “Soyoux 111 – Terrore su Venere”, almeno nella versione dal finale più pessimistico ottenuta troncando la sequenza finale del ritorno sulla terra, se non ricordo male. Ad ogni modo, un film senz’altro da vedere!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Sai che prima di questo post non avevo mai notato la somiglianza con il film di Carpenter? MI sa che è il momento giusto per rivederlo 😛
      Nel miticissimo cofanetto “Stelle rosse” c’è la versione estesa del film con a scelta l’edizione italiana. Ovviamente la versione completa è molto più bella, però da ragazzino quelle ombre sui muri mi impressionarono non poco.

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  8. stefano petrini ha detto:

    Non ho trovato l’edizione in italiano dei libri di Doom 3..in inglese non riesco ad immedesimarmi nell’atmosfera.Che peccato

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