Morti viventi 5. Ballando sulle tombe

L’attrice Jewel Shepard ci ha guidati nei primi giorni delle riprese del Ritorno, in quel luglio del 1984, ma giunti alla fine delle sei settimane arriva un altro testimone diretto dell’epoca, ad intervistare attori e tecnici e a darci una testimonianza dal set dei morti viventi.


Dalla Stella Nera di Benson
ai morti viventi di Burbank

15 agosto 1984. Gli americani adorano gli antichi Romani ma non seguono le loro tradizioni, quindi per loro questa data non ha alcuna particolarità, ignorando il Ferragosto dei latini. Si lavora come qualsiasi altro giorno, e il giornalista Kris Gilpin si trova a Burbank (Los Angeles) per andare ad intervistare un regista all’opera. Nella Città degli Angeli d’estate non piove mai, ma Gilpin deve intervistare Dan O’Bannon. Quindi piove.

Mi immagino la scena in bianco e nero, con il giornalista bagnato che bussa alla porta dello studio e, ad un losco usciere, dice: «Sono qui per Dan O’Bannon». Al che un fulmine illumina il cielo scuro e piovoso… e i cavalli nitriscono, terrorizzati.

Scherzi a parte, in questa settimana finale di riprese il giornalista è accolto con simpatia e alcuni tecnici gli mostrano i set dove sono state appena girate delle scene con attori “vivi e non morti”, mentre gli viene raccontato che il giorno prima la troupe è stata a Sylmar, località a trenta chilometri dalla città nota per i cimiteri. Uno dei campi santi è stato immortalato nel film.

Gilpin viene guidato dalla pubblicitaria Judith attraverso il set del magazzino di prodotti medicali che apre il film, e il giornalista assiste in diretta alle riprese di una scena in cui un diversamente vivo aggredisce un punk (non viene specificato ma è chiaro si tratti di Brian Peck) con indosso delle spille, dove si legge “Twilight Zone” ed “Eraserhead”. L’attore Drew Deighan (che interpreta il primo dei paramedici) spiega al giornalista: «dei prodotti chimici rianimano i morti che poi si nutrono di cervelli vivi, senza i quali soffrono come se fossero in overdose da eroina. C’è anche un mezzo cadavere che parla». Il tutto detto sghignazzando.

Brian Peck (al centro in basso) ucciso da un morso zombie

Finita la scena si spostano tutti su un altro set, dove davanti al giornalista curioso l’attore Don Calfa comincia a gettare «sacchi della spazzatura sospetti» in un forno spento – il fuoco ci sarà solo in seguito – dicendo: «Le ossa non sono un problema, la parte più difficile da bruciare è il cuore: è solamente un grande muscolo duro». Poi spinge il piano mobile verso il forno ma questo scivola e cade, fra le risatine generale. «È per questo che si fanno le prove», dice qualcuno.

Dopo le prove arrivano i tecnici a montare le cineprese, e spostandosi Dan O’Bannon si volta e vede Gilpin: l’occhio del regista cade sulla maglietta estiva che il giornalista sta indossando. Una maglietta con il poster di Dark Star (1974). Se era un modo furbetto e lecchino per strappare la simpatia del regista… è perfettamente riuscito. «Dove l’hai trovata?» gli chiede Dan, avvicinandosi sorridente. Gilpin ha preso la maglietta qualche tempo prima ad una convention di fantascienza, dove due casalinghe fan del film le vendevano di produzione propria. Il giornalista si gira per mostrare il retro della maglietta, dov’è ritratta la città di Benson in Arizona: Benson Arizona è il nome del tema musicale di Dark Star, ma è scritto da John Carpenter. Madornale errore. O’Bannon trova subito da ridire: «Non assomiglia per niente a Benson, sembra più la Luna».

All’una di pomeriggio scatta la pausa pranzo di mezz’ora, e Gilpin può appartarsi con O’Bannon per fargli un’intervista da pubblicare su “The Splatter Times” n. 5 (inverno 1984).

In cosa è diverso il Ritorno dagli altri titoli zombie dell’epoca? Nel rispondere, Dan non si trattiene.

«È così diverso che va al di là di qualsiasi descrizione: mi mancano le parole per farlo. Sono una persona istruita e so esprimermi bene, ma devo dire che ci sono certi processi creativi che non è possibile descrivere a parole. Non so quindi dare l’idea di cosa sia diverso, ma posso dirti che ci sono particolari che lo contraddistinguono. Però in termini di tono, di qualità e di stile non ho parole: posso solo mandarlo su schermo e dire: “Ecco, vedete?” Magari qualcuno saprà descriverlo come io non so fare, magari qualche critico potrà trovare le parole. Tutto ciò che io posso dire è che ho cercato di essere “me” con tutte le forze. Sono nato per dirigere film, è qualcosa che ho dentro da 37 anni.»

«[…] Nel mio primo film da regista ho voluto provare che sono in grado di fare un sacco di cose, così non dovrò farlo per il mio secondo film, non dovrò cioè discutere con qualche produttore che mi chiederà “Saprai gestire gli attori? Saprai gestire la cinepresa? Sai spaventare il pubblico? Sai fare dell’umorismo? Sai fare scene serie? Sai creare dell’emozione? Sai gestire l’azione? E gli effetti speciali?”. Non vorrò più sentire domande del genere.»

Malgrado i registi di solito non rivelino il budget che avevano a disposizione, O’Bannon non ha problemi a raccontare al giornalista che il film è costato tre milioni di dollari, ma specifica che la pre-produzione è stata lunga e costosa, quindi da sola si è presa un milione di dollari prima ancora di girare una sola scena.

Quanto ci ha messo a scrivere il film? «Davvero poco, è stata la cosa più veloce che io abbia mai scritto: ero sotto pressione e l’ho scritto in un mese circa.»

Dan O’Bannon sul set

«Il tipo di umorismo che mi piace prevede che persone credibili si ritrovino in situazioni impossibili, per poi vedere come se la cavano a gestire la cosa.» E per le sue “persone” Dan afferma di aver voluto prendersi otto mesi di casting proprio per scegliere una squadra perfetta, un gruppo di giovani attori affiatati che sapessero gestire le varie reazioni generate da una situazione impossibile. «Ho ricevuto molte note dalla Hemdale, che dicevano all’incirca: “Quando succede questa cosa i personaggi rimangono lì imbambolati, senza sembrare inorriditi e senza correre in giro”. Al che rispondevo: “Be’, a volte la gente reagisce in un modo, a volte in un altro”.»

La pausa per il pranzo finisce con dieci minuti di ritardo. Gilpin e O’Bannon tornano alle loro vite e dobbiamo abbandonare questo 1984: è il momento di fare un salto avanti e conoscere altre testimonianze di quei giorni di riprese.


Linnea: diventare regina
ballando su una tomba

Anno 1988, il cinema horror impazza ovunque e oltre a milioni di spettatori frutta milioni di lettori: riviste specialistiche nascono come funghi, con titoli come “Slaughterhouse” (mattatoio). Nel primo numero di questa nuova testata c’è il giornalista Roy Weitzner che si diverte ad immaginarsi in cura da uno psichiatra: da anni è ossessionato da una “regina urlatrice”, anzi la regina delle regine urlatrici. The Queen of Scream Queens.

Uno dei principali motivi di successo del film

Si chiama Linnea Quigley e lo sta dannando, visto che lui l’adora e lei sbuca fuori in tanti piccoli horror. Poi un giorno… la catastrofe… l’abisso… esce il Ritorno.

Psichiatra: «Buon film, eh?»

Roy: «Lasci stare il fottuto film, Linnea era incredibile nel ruolo di Trash, la punk che balla nuda su una tomba. Gesù, dottore, avreste dovuto vederla, era… Niente, è stato l’inizio della fine. Quando il film è uscito in videocassetta l’ho visto e rivisto in continuazione. A volte mi svegliavo nel pieno della notte solo per guardarlo. Per questo ne ho comprate tre copie.»

Finita la scenetta e iniziata l’intervista, Weitzner non fa certo segreto del fatto che vorrebbe dall’attrice ghiotte e magari frizzanti dichiarazioni riguardo alle riprese del Ritorno, per l’intera durata del quale è rimasta nuda sul set: non trova soddisfazione in questo. Anche perché l’attrice probabilmente da anni si sentiva ripetere le stesse domande, quindi è particolarmente poco loquace. Ecco un esempio di dialogo tra i due:

Roy: «Come sei arrivata ad interpretare Trash nel Ritorno»

Linnea: «Facendo un’audizione.»

Roy: «Cos’hai dovuto fare?»

Linnea: «Be’, prima di tutto ho dovuto leggere la parte per la direttrice del casting, e visto che sono piaciuta poi ho dovuto leggere per il regista e il produttore. Poi ho dovuto danzare e fare tutti i dialoghi.»

Roy: «Come sono state le riprese? Ho sentito che è stato “difficile” per alcuni attori.

Linnea: «Sì, è stato difficile. Faceva molto freddo, di notte, ed era tutto molto scomodo.»

Come si vede non è proprio un’intervistata che abbia piacere a dilungarsi nelle risposte, comunque qualche informazione riusciamo ad ottenerla, per esempio riguardo a piccoli incidenti sul set.

Beverly Randolph, che interpreta la dolce Tina, deve scendere una scala che sta per distruggersi, ma il problema è che l’attrice esita a mettere il piede sul gradino fallato, sapendo che dovrà cadere: per dare più realismo alla scena, i tecnici le hanno indicato il gradino sbagliato così che l’attrice ha potuto recitare con grande realismo, suo malgrado. Si è ferita leggermente ma soprattutto non ha più avuto fiducia nei tecnici di scena. Anni dopo, nel documentario More Brains (2011), la Randolph racconta:

«Avevo paura di cadere in mezzo ai gradini mentre correvo, allora [O’Bannon] mi mandò al trucco, sistemò uno scalino finto e al mio ritorno mi disse di provare. Iniziai a correre per le scale e caddi nello scalino: ero tutta nera e blu dal fianco alla caviglia, mi faceva malissimo: per questo mi vedete per qualche minuto a terra. Dan gridava: “Perché non si alza e corre?” Stavo malissimo. Credo che [Dan] avesse dei modi un po’ bruschi.»

La celebre caduta a propria insaputa

Questa storia della Randolph che non sapeva quale gradino avrebbe ceduto l’attrice la ripete identica da decenni, così come la si può trovare in qualsiasi raccolta di trivia e curiosità sul film, eppure a me non convince. Semplicemente perché una volta visto il film ad alta definizione… la faccia della “cascatrice” non assomiglia minimamente a quella dell’attrice. Visto poi che la Randolph non è mai inquadrata di viso quando vediamo il suo personaggio cadere, mi permetto di ipotizzare l’uso di una controfigura. Magari l’attrice si è ferita durante la prima ripresa, quella venuta male tanto da convincere Dan a ideare il trucco del gradino ignoto, ed è stata subito sostituita da una più convincente cascatrice (o cascatore truccato) professionista. Questa interpretazione è solo una mia ipotesi, però basta vedere la scena per notare che non c’è alcuna rassomiglianza fra “cascatrice” e attrice.

A me la “cascatrice” non sembra proprio Beverly Randolph (a destra)

Tornando ai ricordi di Linnea, durante una scena in cui dovevano litigare, Clu Gulager si è rotto un’unghia e Thom Mathews si è ferito seriamente alla testa. E uno dei figuranti, vestito da zombie, ha dovuto mangiare un cervello di vitello, sentendosi male: il suo “sacrificio” è stato vano, visto che poi la scena non è stata inserita nel montaggio finale.

Infine Linnea racconta di quando è stata sepolta nella terra fangosa, completamente nuda, con sprezzo delle norme di sicurezza: doveva semplicemente trattenere il respiro finché il regista non dava lo Stop. «Volevo decisamente fare tutto in un solo ciak, perché non volevo essere sepolta di nuovo nel fango». Sul set non c’era niente, neanche una doccia, quindi poi i tecnici hanno ripulito l’attrice con le pompe antincendio, lì davanti alla sua “tomba”.

Cosa fa Linnea quando non recita? «Guido la mia Harley Davidson». Tutto qua il suo contributo: forse il ripetere sempre le stesse cose l’ha un po’ stufata.

Per saperne di più sul “cuore” del film, cioè Trash che balla nuda sulla tomba – la scena che ha fatto finire il Ritorno nel Gotha del Cinema – ci torna maggiormente utile il documentario More Brains (2011) con le sue interviste multiple.

«Eravamo tutti davanti alla cinepresa e guardavamo in alto verso Linnea, e intanto lei ballava: è la scena migliore», racconta John Philbin, che interpreta quello che ci provava con Jewel ed era esortato a “strangolare un pollo“. «Quando ho fatto la scena della lapide ricordo che ero agitata», interviene Linnea stessa, stavolta più loquace. «Non sapevo che cosa avrei fatto una volta  salita sulla lapide: mi sono lasciata andare e basta, non ho mai pensato che sarebbe stato chissà che nel film, né niente del genere. Io muovevo il sedere qua e là e ricordo Miguel [A. Núñez jr.] ai miei piedi.» «Tra i miei ricordi più belli ci sono… le tette di Linnea», conferma Núñez, che aggiunge un concetto chiave: «Non sapevo che fosse possibile stare nudi sul set». Infatti… non si può!

Dal documentario More Brains (2011)

Il production design William Stout racconta nel documentario che mentre veniva girata la prima versione del ballo di Linnea, completamente nuda sulla tomba, è arrivato di corsa il produttore Graham Henderson gridando: «Mio Dio, Dan! Non puoi far vedere i peli pubici!» O’Bannon non batte ciglio e fa depilare l’attrice. «Ero imbarazzata da morire», ricorda Linnea. Si riparte a girare la scena con stavolta Trash senza veli e senza peli, ma Henderson torna alla carica: «Mio Dio, così è ancora peggio! Si vede tutto!»

Linnea si prepara ad entrare nella storia del cinema

Henderson prende l’attrice e la manda dal curatore degli effetti speciali, che in quel momento è ancora William Munns, al quale affida un compito davvero particolare: far scomparire i genitali dalla donna. «Avrei dovuto creare una protesi per coprire la parte del corpo che normalmente verrebbe coperta dalla parte inferiore di un bikini». «Non avevo idea di come avrebbero fatto il calco», ricorda Linnea: «mi hanno versato l’alginato negli slip e poi l’hanno tirato via… È stato un po’ strano.» Il risultato è una protesi perfetta del pube dell’attrice, che la rende in pratica una Barbie.

Non state vedendo ciò che credete: c’è una protesi-slip che copre le pudenda!

Si ritorna a girare la scena e Philbin è lì sotto a guardare… cosa? «Quando l’ho vista ho detto: “Non so… Ma… non c’è niente lì! Non guardo nel posto giusto? Non ci vedo più? Sto impazzendo?» «Per chi stava ai miei piedi», racconta Linnea, «tra il buio e i razzi di segnalazione, dev’essere sembrato molto strano. Ricordo chiaramente che lo zolfo dei razzi di segnalazione mi diede alla testa: mi sentivo sballata.»

Malgrado quello di Trash sia un personaggio minore, è così iconico e così ispirato che regala all’attrice un’enorme notorietà e la fa illudere di avere una carriera, che purtroppo durerà ben poco, anche se dopo il 2010 Linnea sembra rinascere a novella vita.

Negli anni successivi al Ritorno non si limita ad apparire qua e là in filmacci horror, ma inizia a produrre filmacci per conto suo e il suo capolavoro resta un corso di ginnastica horror (Linnea Quigley’s Horror Workout): un’attrice deve esercitarsi a gridare e… ad agitare una motosega! Sono in fondo le basi del mestiere.

(continua)


Fonti

  • Kris Gilpin, A behind-the-scenes look at the making of Return of the Living Dead, da “The Splatter Times” n. 5 (inverno 1984)
  • Roy Weitzner, The Queen of the Scream Queens, da “Slaughterhouse” n. 1 (1988)
  • More Brains! A Return of the Living Dead (2011), documentario presente nel cofanetto Midnight Classics Limited Edizion, 3 DVD o 3 Blu-ray.

L.

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16 risposte a Morti viventi 5. Ballando sulle tombe

  1. Cassidy ha detto:

    In effetti in alta risoluzione sembra proprio di vedere un cascatore in costume, probabilmente l’attrice si è fatta male sul serio quindi hanno deciso di girarla ancora con un professionista (o una professionista) poi hanno lavorato di fantasia per le storie di produzione. Di sicuro quando i protagonisti nel film ripassano per la seconda volta su quella scala, uno di loro dice di fare attenzione per via del gradino rotto, ho sempre pensato ad una sorta di scherzo sul set finito dei dialoghi 😉 Linnea è leggendaria, anche in “La notte dei demoni” di mostrava con gran generosità in favore di macchina da presa, ma la sua Trash qui ha decisamente contribuito al successo del film, inutile girarci attorno 😉 Cheers!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      L’umorismo e i punk, certo, ma voglio vedere se lo stesso film senza Trash smutandata avrebbe avuto lo stesso successo 😛

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      • Giuseppe ha detto:

        Cosa a quanto pare non ben compresa fino in fondo nemmeno da un produttore come Henderson, con il suo bigotto intervento anti-pelo pubico o, meglio, anti-pube e basta vista la “brillante” idea finale della protesi… ma poi, era davvero così convinto che il pubblico non se ne sarebbe mai accorto? Che testina di vitello (giusto per restare in tema) 😛
        Tornando a Dan, fa sempre piacere ritrovare la sua innata modestia come in questo caso, quando parla del film a Gilpin 😉
        P.S. Mi sembra evidente che in quel gradino non ci stia cadendo Beverly Randolph (a maggior ragione viste le premesse pericolose di quella scena)…

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Più che un bigottismo dei produttori temo sia stato un riportare Dan alle basilari norme del set: se non si fosse trattato di una minuscola produzione indipendente con attori giovani e ignari di tutto, la casa di produzione si sarebbe vista arrivare lamentele e magari pure qualche richiesta di danni morali, avendo obbligato attori e troupe a guardare i genitali di un’attrice. Lo so, sembra strano, ma le rivendicazioni sindacali del mondo del cinema fanno un baffo a quelle degli operai in fabbrica 😀
        Oggi sono altri tempi, molto più medievali, ma quello che è successo a Chris Pratt temo potesse succedere anche all’epoca. L’attore ha raccontato che mentre girava uno dei primi episodi dello splendido “Parks and Recreation” doveva mostrarsi nudo all’attrice protagonista, di spalle e con le normali protezioni genitali. Lui invece pensò fosse divertente mostrarsi davvero nudo, e in effetti la reazione dell’attrice è molto spontanea. Il giorno dopo Chris si vede recapitare una lettera della produzione che lo esortava a non mostrarsi più nudo sul set, pena sanzioni o altri provvedimenti, e soprattutto di non raccontare in giro questa storia. Cosa che ovviamente Chris ha subito fatto, addirittura appendendo con orgoglio la lettera nel suo ufficio ^_^
        Nessuno dei ragazzini del “Ritorno” si sarebbe mai lamentato di aver visto Linnea nuda, è ovvio, ma i produttori non possono saperlo e lì ci vuole un attimo che fiocchino cause per danni morali, così come qualche spettatore offeso dai peli pubici mostrati a tutto schermo. Una scena di due fotogrammi rischiava di rovinare l’intero film.

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      • Giuseppe ha detto:

        In effetti, temo anch’io che la “disavventura” di Pratt sia senza tempo (nel senso che una cosa del genere poteva benissimo verificarsi anche sul set de “il ritorno”, ai tempi)…
        In questo caso, che si sia trattato di bigottismo/regole basilari/micidiale mix di entrambi, sento comunque di dover adattare un celebre proverbio alla bisogna: “Tira più (guai) un pelo di figa che non un carro di zombie” 😀

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        ahahaha ci sta tutto!! ^_^

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  2. Zio Portillo ha detto:

    Ah, quanto sono puritani gli americani quando gli fa comodo! Vedere gente che uccide male altra gente è ok. Mostrare attori travestiti da zombie mentre mangiano cervelli (di vitello) fino a star male va bene ma poi lo tagliamo da montaggio. Piazzare un’attrice tutta nuda in mezzo al fango e dirle di trattenere il fiato per 30 secondi è un po’ tirato per le norme di sicurezza ma dai, chiudiamo un occhio e poi laviamo la ragazza con gli idranti anti-incendio tipo Rambo. Facciamola pure ballare su una tomba tutta nuda, che ce frega! Ma se esce un pelo del pube… Oddio! Isterismo dei produttori. Va bene, prendiamo l’attrice e la rasiamo. Peggio che peggio! Soluzione? Un bel calco per rendere l’attrice clone della Barbie.

    Anno 1981, “Bianco, Rosso e Verdone”. SBAM! Pube in primissimo piano in un film per famiglie con Mimmo (Verdone) confuso che corre a piangere dalla nonna (che poi, tra le mille interviste e racconti di quel set, pare che Leone non fosse contento dell’attrezzatura della Vukotic e mandò a chiamare una prostituta professionista ben più “attrezzata”).

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Le regole della censura italiana degli anni Ottanta non erano le stesse americane, ed entrambe sono profondamente mutate nel tempo, premettendo che c’è differenza fra quello che vedono gli attori e quello che vedono gli spettatori. (Se nessuno denuncia la produzione, solamente anni dopo sapremo che un’attrice è stata sepolta viva senza alcun rispetto delle norme di sicurezza: oggi manderebbero in galera l’intera troupe!)
      Oggi ci sono regole ferree per cui un attore non è tenuto a vedere il suo collega nudo, perciò si usano coperture varie durante le riprese: facile che nel 1984 fosse diverso, ma va comunque ricordato che parliamo di una minuscola e infinitesimale produzione indipendente, dove sul set non c’era nessuno a controllare.
      Però qualsiasi cosa succeda sul set, comunque i genitali rimangono in video e ci sarebbero seri problemi: perché impelagarsi con la distribuzione quando basta una mutanda-calco? 😀
      E sulle morti violente la censura ci va giù duro esattamente come il nudismo, per questo tutti i registi horror intervistati hanno dichiarato di aver girato scene moooooolto più cruente, così che poi togliendo roba per via della censura sarebbe comunque rimasto qualcosa.

      L’Italia degli anni Ottanta non fa testo, era “tana libera tutti” sebbene quei film fossero casti e puri rispetto agli anni Settanta. Poi nei Novanta è arrivata l’inquisizione e un film di oggi se le sogna certe libertà.

      Per finire, l’esempio che fai però riguarda un pube intravisto distorto attraverso una vasca dei pesci: nel “Ritorno” parliamo di una ragazza a gambe larghe inquadrata in primo piano a genitali completi! E’ una cosa un po’ diversa 😛

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  3. The Butcher ha detto:

    Un film che mi ha sempre divertito e che riesce a intrattenermi ancora oggi. Ottimo articolo e bellissimo approfondimento.

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  4. Il Moro ha detto:

    Non ricordo nulla della scena del ballo sulla tomba, quindi credo che andrò a cercarmela! 😉

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Do per scontato che tu sia sarcastico, visto che non puoi non aver visto anche solo una volta questo film senza ricordare uno dei motivi per cui il film va ricordato 😀
      Pensa che addirittura il trailer italiano del film mostrava Trash che balla nuda! Diciamo che dei morti viventi frega fino a un certo punto…

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  5. Willy l'Orbo ha detto:

    La parte su Linnea mi ha riportato ai tempi dello zinnefilo (che se non erro era sempre venerdì)!
    Comunque articolo interessantissimo, soprattutto la parte sulle problematiche “pubiche”, mi hanno distolto per un attimo lo sguardo dalle immagini…giusto un attimo!!! 🙂 🙂

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  6. SAM ha detto:

    Diciamo anche che gli americani sono si dei bigotti, ma ci sono Paesi ancora più di loro ( specie al tempo ) come la Germania , o l’Inghilterra.
    E se vuoi vendere questi film all’ estero, devi censurare preventivamente certe cose.
    Noi eravamo il Paese più libertino d’Occidente, forse solo la Spagna ci stava dietro, abbiamo visto cose in tv che negli altri Stati si sognavano o dovevano pagare per vederle.
    Per il resto, è ovvio che l’attrice della scalinata si sia fatta molto male al primo ciak e sia stata sostituita da uno stuntman, palesemente uomo ( ora, andate a mostrare la scena incriminata alla casa di produzione, così la modifica digitalmente !).
    Sarebbe interessante sapere quella scena a che punto del film è stata fatta, così sapremmo se nel resto del film, l’attrice per caso zoppica , per vero o per finta.

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