Morti viventi 7. Bill, Tony e gli altri creatori di zombie

Dopo Trash con le grazie all’aria, uno degli elementi iconici del Ritorno è la qualità dei suoi effetti speciali: come può una produzione miserrima, con pochi spiccioli come budget, permettersi effetti splatter che sembrano provenire da film più costosi? Semplice: basta ingaggiare un giovane genio che ancora non sa di esserlo. Per esempio Tony Gardner.

I maghi degli effetti speciali Tony Gardner e Chet Zar ai lati del loro Darkman (Liam Neeson)
(Foto di Melinda Sue Gordon, da “Gorezone” n. 17, primavera 1991)


Nascita di un genio del trucco

Quello che cerca di iscriversi alla celebre scuola di cinema californiana USC è un giovane di diciannove anni proveniente dall’Ohio, il nostro Tony Gardner, che vede i propri amici entrare… e lui rimanere fuori, perché non ci sono più posti disponibili. Tony dovrà aspettare un anno mentre i suoi amici entrano nel “giro”, ma questo non lo ferma e inizia a impratichirsi con le tante piccole produzioni filmiche indipendenti, impegnandosi in un’attività all’epoca di enorme richiamo: il trucco per gli effetti speciali. Va ricordato che dal 1980 di Venerdì 13 la richiesta da parte dei film horror di effettacci cruenti e sanguinolenti è schizzata ben oltre le stelle, quindi per chi voglia entrare nel mondo del cinema armarsi di borsa del trucco è un ottimo sistema.

Tony scopre non solo che con il trucco ci sa fare, ma che grazie a questa attività può imparare molto sulle tecniche cinematografiche in generale. Tornato a casa per le vacanze estive, riceve una telefonata da Rick Baker, all’epoca è il nome più importante del trucco da cinema: per caso a Tony va di farsi un lavoretto estivo? Il giovane sa che la scuola di cinema inizierà di lì a poco, è tentato di rifiutare ma certo lavorare con un maestro del campo è qualcosa che non capita tutti i giorni. Ma sì, dài, facciamoci questo lavoretto con Rick Baker.

Quell’estate il giovane truccatore che non ha ancora fatto un giorno di scuola di cinema lavora al fianco di un maestro del settore a truccare da zombie i ballerini del videoclip Thriller (1983) di John Landis, uno dei più iconici di Michael Jackson. Capito su che razza di treno in corsa sia salito, Tony non mollerà più Baker negli anni successivi.

Alla faccia del lavoretto estivo!


Tutti odiano Bill Munns

Gli effetti speciali del Ritorno sono affidati al controverso William “Bill” Munns, che nei documentari viene trattato malissimo da tutti e sembra convogliare un disprezzo davvero esagerato: forse il non appartenere più all’ambiente del cinema sin da subito dopo il film di O’Bannon fa sì che la classica gentilezza fra colleghi che si usa nelle interviste possa essere messa da parte. Tanto Bill non potrà più “vendicarsi” professionalmente.

Il più odiato in tutti i documentari sul film! (da More Brains, 2011)

Uno degli effetti più d’impatto curati da Munns per il film è quello dello scheletro che fuoriesce dalla tomba e grida nella notte, fra tuoni e lampi. Il non poter essere interpretato da un attore in costume ha fatto sì che si trattasse di un vero scheletro azionato da cavi, ma dove nascondere i cavi in uno mucchio d’ossa? L’idea è stata quella di infilarli tutti nella colonna vertebrale fino al cranio: l’effetto è spettacolare, eppure il biasimo per il tecnico è profondo. Il suo più acerrimo detrattore è William Stout, seccato perché i mostri creati non corrispondevano ai bozzetti che lui aveva disegnato per il film, ma probabilmente fra i due doveva esserci altro: l’odio profondo che Stout riversa su Munns in tutti i documentari sul film è troppo esagerato per trattarsi di semplice differenza di vedute sul lavoro.

La faccia che fa Stout quando gli citano Munns!

Al di là di eventuali antipatie personali, le dichiarazioni di Munns lasciano trasparire un problema molto concreto, e così riassumibile: è stato assunto per un lavoro che poi è enormemente lievitato lasciando però intatto il compenso. Stiamo parlando di una regia esordiente in una minuscola produzione scalcinata, e sebbene esistesse un preciso storyboard del film è stato durante la lavorazione che sono usciti fuori problemi ed idee nuove che in pre-produzione non erano stati affrontati: Munns è stato assunto per fare un lavoro, poi questo lavoro è raddoppiato (a parità di compenso), poi i tempi previsti si sono dimezzati, e infine un regista alle prime armi ha cominciato a cambiare idea più velocemente di quanto un tecnico degli effetti speciali potesse stare dietro.

«Questo era il problema ricorrente durante la produzione di questo film: Dan [O’Bannon] si fissava su un dettaglio, al punto da diventarne ossessionato. Aveva una sua idea di perfezione, tutto doveva essere come lo immaginava, perciò trascurava tutto il resto per concentrarsi unicamente su quel dettaglio.»

Così racconta Munns nel documentario Come fare un morto vivente (2016), testimoniando il serio problema di ritrovarsi incastrato fra un regista dalle continue pretese aggiuntive e una produzione non disposta a scucire un solo dollaro in più del pattuito. Per fare un esempio, la creazione del perizoma inguinale della nuda Trash non era una spesa prevista dall’ingaggio, visto che è stato un problema sorto durante le riprese. (Possibile che a nessuno in pre-produzione sia venuto in mente che si sarebbe dovuto riprendere una donna nuda?) Oltre al costo di produzione del perizoma, Munns ha dovuto mettere un suo operatore a lavoro sul perizoma ogni giorno, per farlo indossare all’attrice e poi toglierlo, più la consequenziale manutenzione. Chi ha pagato per questi costi aggiuntivi? La produzione no di sicuro, né O’Bannon o Stout, quindi Munns ha lavorato in perdita con in più il biasimo dei due citati: oltre al danno, anche la beffa.

Una scena mitologica nata fra odio e disprezzo

La questione sembra generare solo disinteresse negli intervistati dei vari speciali sul film: il cast tecnico ed artistico fa a gara a sputare su Munns, colpevole tra l’altro di aver creato un orribile manichino per la scena dell’uomo decapitato. Nessuno di loro sembra rendersi conto che costruire qualcosa ha dei costi di produzione, e che se non ci sono soldi (e il regista si sta inventando il film sul set, invece che in pre-produzione) il risultato non può che essere mediocre. La versione ufficiale è che Munns non era capace, mentre fra le righe è possibile leggere qualcosa di più sottile.

Si è creata infatti una situazione molto pericolosa, all’insaputa degli interessati: cioè la guerra di bande che Dan O’Bannon già ha conosciuto sul set di Alien (1979): William Stout odia Bill Munns ma ama O’Bannon, e infatti passerà tutta la sua vita a inondarlo di lodi sperticate, mentre Munns non sembra apprezzare Dan, quindi è scontato come finirà la storia. Bill Munns viene licenziato «per disaccordi con i produttori e con il regista». Dopo l’uscita di questo film non ci sono più sue tracce nell’IMDb, ma sappiamo che ha passato sette anni a studiare il celebre filmato di Bigfoot. Chi lavora con O’Bannon può avere seri effetti collaterali.


Esce il Drago Bill,
entra la Tigre Tony

Il responsabile di produzione Michael Bennett chiama un altro esperto di effetti speciali, Kenny Myers, e gli spiega la situazione, mostrandogli quanto Munns già ha preparato e quanto rimane da preparare. Dopo aver studiato il problema, il responso di Myers è stringato: «Siete nei guai». Al giornalista Ron Magid di “Fangoria” (gennaio 1986) così Myers ricostruisce la sua reazione una volta ricevuta la proposta di prendere in carico gli effetti del Ritorno:

«Non volevo dire di no, ma neanche volevo dire di sì perché pensavo: “Scordatelo, nessuno può salvare questa nave che cola a picco”. Così ho rifiutato l’offerta, ma fatti giusto due metri fuori la porta mi sono reso conto che non era la mossa giusta. Mi sono voltato, sono tornato dentro e ho detto: “Guardate, se riesco a mettere insieme la squadra giusta, allora ci riuscirò”».

Kenny Myers da “Fangoria” n. 51 (gennaio 1986)

Va precisato che a questo punto avanzato delle riprese O’Bannon ha finalmente capito cosa vuole, quindi Myers ha quel quadro della situazione che Munns non ha mai avuto: Myers sa cosa deve fare e sta a lui organizzarsi per farlo. Munns riceveva ogni giorno richieste diverse, aggiuntive, contrastanti, senza tempo per farle né alcun pagamento. Quello che stupisce di questa incresciosa situazione è che Myers si mostri sprezzante nei confronti del collega e lo critichi con sufficienza nei documentari: sarebbe stato divertente vedere a ruoli rovesciati come si sarebbe comportato lui.

Il vero eroe della scena è il tizio che fa il cadavere

Comunque a Myers bastano poche ore per chiamare gli uomini giusti per l’impresa, fra cui Tony Gardner, e subito tutti si mettono a lavoro per fare l’impossibile: effetti speciali almeno dignitosi avendo un budget risibile. Per esempio c’è da fare delle maschere zombie per la scena finale, in qui i paramedici e i poliziotti vengono sovrastati da una folla di morti viventi, e visto che non ci sono soldi per tutte quelle maschere si improvvisa un po’, giocando molto sul visto-e-non-visto. (Pare anche sfruttando la “bruttezza naturale” di alcune comparse!) La fine della storia è frustrante, visto che i primi piani previsti delle maschere migliori alla fine non sono mai stati girati.

C’è da creare la protesi sull’attore che interpreta il cadavere sul tavolo operatorio perché l’imbalsamatore interpretato da Don Calfa possa infilargli un tubo in pancia: si parla di una scena di qualche secondo, che però sono servite dodici ore di lavoro per realizzare. Con il povero finto morto che è dovuto rimanere immobile sul lettino per tutto il tempo. Ugualmente una grande quantità di tempo si è dovuta spendere per creare il movimento dei pezzi smembrati dello zombie che infilano nella fornace: nascondere i cavi per i loro movimenti e farli andare tutti insieme è stato tutt’altro che facile. La mano che fuoriesce dal sacco nero e afferra la caviglia di Calfa ha richiesto almeno un giorno di lavorazione per risultare efficace, senza cavi o tubi in vista.

Brian Peck e Tony Gardner con una bionda diversamente viva
(dal documentario More Brains, 2011)

Per azionare i meccanismi che muovono i vari manichini o modellini di arti monchi, serve personale che la produzione non può permettersi: per fortuna fra gli attori c’è Brian Peck. «Quando Brian entra in un film, lo fa fino ai capelli», commenta Myers alla citata “Fangoria”, per indicare come il giovane attore abbia dato una mano in ogni attività di produzione, non solo interpretando il suo ruolo e vari morti viventi sullo sfondo di molte scene, ma anche azionando meccanismi e dando una mano ogni volta che poteva. Visto che Peck interpreta il ruolo di un punk schizzato, si è pensato dovesse avere dei denti rovinati. E l’attore conosceva chi poteva costruirgli una protesi del genere: un amico di nome Tony Gardner. Peck dunque fa conoscere il giovane truccatore ad O’Bannon e, parlando, esce fuori che Tony è bravo a costruire cadaveri: possiamo solo immaginare quanto debbano aver brillato gli occhi di Dan. In un attimo Gardner si è ritrovato fra gli zombie.

Tony dei morti viventi! (dal documentario More Brains, 2011)

Essere il più giovane del set ed avere solamente due settimane e pochi soldi per completare un lavoro enorme non è una situazione facile da gestire: figuriamoci quando Gardner si ritrova a poter lavorare solamente la sera, visto che il giorno è dedicato al suo lavoro a tempo pieno sugli effetti speciali di Cocoon (1985), il celebre film di Ron Howard. Nessun problema, «mi piace lavorare sotto pressione», confessa a “Fangoria”. E creare il morto vivente più iconico del film, che in seguito rimarrà fra le creature più amate del cinema di genere, mette ancora più pressione.

Tony non si limita a creare un mezzo corpo di una donna morta: crea un corpo “scomponibile”. «Lei [la morta vivente] ha due paia di braccia, un petto, due spine dorsali, un bacino e due teste: una in agonia e una che potesse mimare il labiale. Dan [O’Bannon] voleva uno stile surreale per il film e quindi anche per la donna morta. Voleva avesse occhi blu, denti bianchi, una lingua rosa e lunghi capelli biondi».

La morta vivente in sottana viene completata solamente dieci minuti prima dell’orario in cui dev’essere sul set per girare, e quei dieci minuti sono stati studiati perché è il tempo che serve per salire in auto e guidare come un pazzo per arrivare in tempo. Il solito Peck darà la voce alla donna morta durante le riprese, venendo poi doppiato da un’attrice per il film definitivo: nel cofanetto DVD o Blu-ray Midnight Classics 2018 c’è il montaggio di lavorazione del film dove potete ascoltare la morta vivente parlare con la voce di Peck.

A quanto pare tutti volevano una foto con la “mezza signora”
(dal documentario More Brains, 2011)

L’unico momento in cui Tony e Kenny Myers lavorano insieme è durante le riprese della scena in cui Peck viene aggredito e “morso” alla testa dalla morta vivente in questione, spruzzando litri di sangue ovunque. «Lui [Myers] stava all’interno dell’obitorio, al caldo e all’asciutto, mentre io lavoravo fuori al buio, sotto la pioggia ad azionare il pupazzo della morta vivente».

Beati voi, che i morti viventi li vedete al caldo

L’ultima impresa di Tony è “allargare” la bocca di Linnea Quigley, visto che si era deciso che i suoi morsi da morta vivente dovessero essere più d’impatto.

Un giovane e luminoso futuro attende Tony Gardner, che ancora oggi è là a gestire morti viventi per la saga Zombieland, ma ogni futuro inizia da un passo: quello compiuto da Tony subito dopo il Ritorno è seguire Stan Winston sul set di Aliens (1986) di James Cameron. Tony è uno che ha cavalcato con i grandi, eppure tutto è iniziato… con una borsa del trucco, in attesa di essere ammesso alla scuola di cinema.

Tony Gardner, il maestro che ha cavalcato coi maestri

(continua)


Fonti

  • “Come fare un morto vivente” (The FX of Return of the Living Dead, 2016), documentario presente nel cofanetto Midnight Classics Limited Edizion, 3 DVD o 3 Blu-ray.
  • More Brains! A Return of the Living Dead (2011), documentario presente nel cofanetto Midnight Classics Limited Edizion, 3 DVD o 3 Blu-ray.
  • Ron Magid, The Makeup FX of “Return of the Living Dead”, da “Fangoria” n. 51 (gennaio 1986)
  • Bill Warren, This Year’s Blob – Part 2, da “Fangoria” n. 78 (ottobre 1988)

L.

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9 risposte a Morti viventi 7. Bill, Tony e gli altri creatori di zombie

  1. Cassidy ha detto:

    La parte che preferisco dei contenuti speciali, per me è sempre quella dedicata alla creazione degli effetti speciali, m’incanto proprio a guardare come vengono creati mostri e trucchi vari, quindi la porzione del cofanetto della Midnight dedicato al “Ritorno” è quella che ci hai raccontato, con dovizia di dettagli aggiuntivi. Tony era letteralmente un bambino in un negozio di caramelle, ma una menzione la merita anche il povero Munns, non puoi lavorare bene in quelle condizioni, certo che se poi finisci sulle tracce del Bigfoot è più facile che i tuoi (ex) colleghi ti utilizzino come capro espiatorio 😉 Cheers!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Una volta incontrato O’Bannon, è difficile non riportare danni 😀
      Scherzi a parte Tony ha scelto il mestiere giusto al momento giusto, e in un’epoca di mitologici effetti speciali si è ritrovato a lavorare con tutti i maestri giusti: chissà che fine hanno fatto i suoi amici entrati alla scuola di cinema un anno prima di lui 😛

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  2. Zio Portillo ha detto:

    Apro una veloce parentesi su THRILLER. Solo per quel videoclip (anzi, minifilm) ci sarebbe materiale per un ciclo di post di qualche settimana. Ogni volta che qualcuno ne parla escono fuori aneddoti sempre nuovi ed interessanti. L’ultimo esempio è stato in queste settimane quando durante POLAROYD (trasmissione estiva tappabuchi creata da Fabio Alisei e Wender dello ZOO DI 105) hanno parlato proprio della sua produzione. E non diciamo nulla sull’album omonimo perché le settimane diventerebbero mesi!

    Ma torniamo al RITORNO. Più continui in questa analisi e più mi pare assurdo di come siano riusciti a creare un film della Madonna. Ad ogni puntata c’è una crisi, una rogna da risolvere, corse contro il tempo, problemi pre e post-produttivi, un budget ridicolo che si assottiglia sempre più,… Eppure nonostante sto caos il risultato è una pellicola meravigliosa.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Proprio perché le premesse erano devastanti il mito è stato ancora più forte: tutto il film è studiato per essere “al contrario” della moda imperante, e se questo penalizza sul momento, ti regala la fama futura.
      Litigi sul set è difficile non averne, non vuol dire molto: come visto, sul set di Alien c’era molto più odio ma semplicemente perché giravano molti più soldi. La forza del Ritorno è aver avuto grandi autori di effetti speciali in un’epoca in cui era ancora possibile averne: dopo il 1990 questo film non avrebbe avuto senso e sarebbe stato schifato da tutti, così come non l’avrebbe visto nessuno prima che nel 1980 Cunningham sdoganasse lo splatter. Insomma, la fortuna di beccare il momento giusto non è da sottovalutare.

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  3. Willy l'Orbo ha detto:

    Solito post che “rapisce” la tua attenzione e vorresti che non te la rendesse, dal caos sul set con tanti di odio interpersonale alle nuove sfolgoranti leve (Gardner uber alles), dai tanti dettagli nella creazione degli effetti speciali agli accorgimenti messi in opera per superare ogni scoglio…senza dimenticare un altro particolare confortante di questi pezzi, quel “continua” alla fine!!! 🙂

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  4. Giuseppe ha detto:

    Altri ficcanti retroscena che dimostrano di nuovo quanto tutte le cose filassero lisce in questo film, reparto effetti speciali compreso 😀
    Sebbene la (meritata) parte della Tigre qui spetti al giovane e geniale Tony Gardner, letteralmente l’uomo giusto al momento giusto con i maestri giusti, credo sia doveroso ricordare l’apporto del Drago Bill Munns che, semplicemente, si è trovato a pagare di persona (e con gli interessi, considerando fra questi il disprezzo -tipico di chi, rispetto a un collega, si è trovato con il culo ben al caldo- mostrato da Kenny Myers) colpe non sue… C’è quasi da stupirsi, dopo tutto questo, di aver avuto come unica conseguenza il mettersi per anni sulle tracce del Bigfoot restandoci tra l’altro fino alla sua momentanea “rinascita” artistica, visto che si è occupato degli effetti di un horror in tema (“Hoax”) giusto l’anno scorso.

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