Eliminators (1986) C’erano un mandroide e un ninja…

Il furore di Lorenzo colpisce ancora, e il ninja del Zinefilo tira fuori dall’ombra uno dei tesori più preziosi dell’archeologia video: la versione italiana del film Eliminators, uno dei filmacci Z della Empire di Charles Band che all’estero è disponibile in Blu-ray mentre in Italia se non avete la VHS degli anni Ottanta non c’è altro modo di vederlo.
Non so in quale antico tempio maledetto il nostro Lorenzo abbia trovato l’edizione italiana della DB Video, ma non posso che ringraziarlo per avermi dato la possibilità di rivedere nella nostra lingua questo film a trent’anni dalla mia prima visione.

Io Lorenzo me lo immagino così!!!

Per ovvi motivi le schermate che presento di seguito sono tratte dalla spettacolare edizione Blu-ray, non certo dalla VHS che si vede nella nebbia!

Nota per i collezionisti: come al solito l’edizione digitale moderna è tagliata rispetto a quella in videocassetta, che con il suo 4:3 mostra un’inquadratura più ampia di quelle disponibili in DVD e Blu-ray.


Indice:


Testimonianze dirette

Intervistata da “Starlog” (n. 130, maggio 1988) perché aumentano le voci che stia per lasciare l’Enterprise a fine stagione, Denise Crosby si racconta al giornalista Marc Shapiro, decano della rivista, finché quest’ultimo non arriva alla questione più spinosa: Eliminators. L’attrice riassume ogni commento in un’unica espressione: «Oh Dio!»

«Il budget per l’intero film era inferiore ad un solo episodio di “Star Trek”. Era il mio primo ruolo da protagonista in un film quindi è sicuramente qualcosa che non scorderò mai. Nessuno inizia la carriera con un pessimo film per scelta, e davvero non rimpiango di averlo fatto, per via dell’esperienza acquisita come attrice. Ad essere proprio onesti, però, non è che ami il risultato.»

In anni precedenti l’attrice non era così famosa da venire intervistata, perché altrimenti c’è da scommettere che sul set del film avrebbe rilasciato dichiarazioni entusiastiche. Visto che nessuno andava ad intervistare gli “autori” della Empire Pictures – tanto che in anni successivi Charles Band decise di farsi da solo gli speciali sui propri film, da distribuire in VHS – l’unico dietro le quinte riusciamo ad averlo dai tecnici.

Il giornalista Dennis Fischer di “Fangoria” (n. 42, febbraio 1985) va a trovare John Buechler, un truccatore che sta riscuotendo un discreto successo e che ha infilato una serie di sei film a tema fantastico – La spada e la magia (1982), Android (1982), The Prey (1983), Il demone delle galassie infernali (1984), Trancers (1984) e Ghoulies (1984) – e che di lì a poco avrebbe addirittura diretto Troll (1986), Venerdì 13 parte VII (1988) e Ghoulies III (1990).

Buechler (scomparso nel 2019) ha il compito di creare il costume da cyborg del protagonista e i vari “accessori”, cioè le parti meccaniche che il nostro eroe si stacca ed attacca durante il film, oltre che un modellino della testa umana da cui si possa vedere il cervello elettronico. Mostrato il suo lavoro in corso al giornalista, il truccatore passa a difendere Charles Band, il produttore che già all’epoca colleziona critiche e pernacchie dai fan.

«Charles Band è un giovane Roger Corman. Conosco molto bene Roger e credo di conoscere Charles altrettanto bene, ora, visto che nel corso di un anno ho fatto tre film per lui e sono in pre-produzione per altri due. Immagino ne farò altri ancora, ma non posso entrare nei dettagli. Ho fatto più film con Band di quanti ne abbia fatti in tre anni con Corman, e Charlie mette più soldi nelle sue produzioni. Ora che l’ho visto all’opera, posso dire che Charlie è uno che lavora sodo, e migliora sempre di più la qualità dei suoi prodotti.»

Nel giugno 1986 “Fangoria” torna all’attacco e stavolta è Anthony Timpone, altra colonna portante della rivista, ad intervistare Buechler, nome sempre più importante nell’horror.
Il truccatore racconta che non potrebbe lavorare senza una squadra affiatata a supportarlo, visto che capitano magari due film in contemporanea: per esempio Troll che si sta girando a Roma ed Eliminators in Spagna. Scopriamo così che a gestire il trucco sul campo c’è andato Mitch De Vane, fido braccio destro del truccatore.

Ha detto “braccio destro”, quello è il sinistro

L’unica altra testimonianza diretta che ho trovato è quando “Starlog” n. 133 (agosto 1988) intervista l’attore Roy Dotrice che dichiara:

«Abbiamo passato tre mesi in Spagna, la maggior parte passati a prendere il sole sul tetto dell’hotel. Credo che il film avesse buone intenzioni e che il mio personaggio [lo scienziato pazzo] fosse abbastanza buono, ma davvero non mi preoccupo se gli spettatori si sono scordati dell’esistenza di Eliminators».

Nessun altro si è filato questo film all’epoca.


Uscita e distribuzione

“Daily Variety” del 30 luglio 1985 annuncia che le riprese sono iniziate a Madrid, in Spagna, ma la stessa notizia la dà “Fangoria” nel novembre 1985: insomma, le riprese sono iniziate a luglio o a novembre?
Esce in patria americana il 31 gennaio 1986 (stando ad IMDb) e va in onda sabato 21 maggio 1988 sulla mitica Odeon in prima serata: questo è il più fulgido ed iconico degli Eroi di Odeon TV.

Ritaglio del mitico “Radiocorriere TV”

La memoria purtroppo non mi aiuta, non so se ho visto quella prima visione o una replica del 1989 o 1990, comunque dopo Guerriero americano (1985) è il film che più mi fa gridare “Odeon”.

La VHS della DB Films non si sa quando sia uscita, si sa solo che il doppiaggio italiano è stato curato… da Gigi Reder! Il ragionier Filini che gestisce l’edizione italiana di Eliminators rende il film ancora più stra-mitico!

Come ha reagito Fantozzi alla notizia di Filini direttore del doppiaggio


Uomini e Mandroidi

Mettiamoci subito d’accordo: lo sapete quanto sono pignolo (leggi: scocciante) sulle Parole Fantastiche, e visto che riguardo questo film ne esistono da far girare la testa è meglio mettere subito le carte in tavola.

Quando nella citata intervista Dennis Fischer di “Fangoria” deve spiegare cosa sia il protagonista di questo film, si sente forte il rumore di unghie sui vetri: non ha idea di cosa stia dicendo ma qualcosa deve dire. Dunque l’eroe finisce maciullato in un incidente aereo e il suo corpo viene riassemblato con parecchi parti meccaniche: Robocop uscirà solo l’anno dopo, quindi ancora non sembra essere chiaro il concetto di “cyborg” (ORGanismo CIBernetico), cioè una persona umana implementata con parti meccaniche.
Dunque il giornalista parla di «cybornetic», tanto per far capire che sta tirando a indovinare, e propone addirittura che il protagonista sia un «Gobot», cioè – credo di capire – un “cyborg robot”…

1971: Mandroid a fumetti!

Questi problemi lessicali nascono da Buechler, il truccatore che sfoggia nomi a seconda del giornalista che ha davanti. Non pago di Gobot, a “Fangoria” dice che il film si intitola Mandroid, mentre lo stesso anno a “Starburst” dice che il protagonista è un mandroid ma il film si chiama «Eliminators, chiamato anche Sons of Terminator».
In effetti il povero Charles Band aveva avuto l’occhio lungo, aveva battuto James Cameron di ben quattro mesi, quel giugno 1984 in cui ha depositato il diritto d’autore del suo Eliminators, che aveva la seria possibilità di essere “l’altro Terminator” da far uscire in contemporanea. Poi dev’esserci stato qualche casino produttivo e il film viene girato solo un anno dopo quell’ottobre 1984 in cui esce Terminator.

Charles Band ha davvero scelto come titolo alternativo Mandroid per il suo film, come pensa il truccatore Buechler? Per ora abbiamo solo la testimonianza di quest’ultimo. Di sicuro il protagonista è chiamato in quel modo sia nel film che nei titoli di testa.

Mandroid è un orrore di lingua inglese che ogni tanto sbuca nella narrativa almeno dal 1966, quando sulla celebre rivista di fantascienza “IF” è uscito il racconto lungo Mandroid di Robert E. Margroff e altri, ben tre autori che si sono messi insieme per annacquare e rendere noiosa un’idea invece molto intrigante.

Costruiti gli androidi per fare i lavori sporchi, ma commesso l’errore di renderli capaci di procreare, dopo poco l’umanità deve combattere un’enorme guerra e alla fine sulla Terra rimangono solo due uomini e una donna artificiale. (Che ovviamente chiamano “androide” perché nessuno ha pensato ad alternative femminili.) Visto che lei è fertile, il nascituro che eviterà l’estinzione sarà appunto un mezzo uomo e mezzo androide, ecco dunque mandroid.
Uscito in Italia nel 1966 nell’antologia C’è sempre una guerra (“Urania” Mondadori n. 450, 4 dicembre 1966) con lo strano titolo Gli A (credo stia per “Androidi”), il traduttore Antonangelo Pinna non se la sente di riportare in italiano l’orrore e lascia “androide” invece di mandroid. Mi sento di concordare.

Nel 1971 lo S.H.I.E.L.D. della Marvel ha bisogno di un’armatura corazzata per fermare gli Avengers ed ecco Mandroid, cioè uomini corazzati che mantengono quel nome anche quando il fumetto arriva in Italia nel 1975.

Com’è possibile che il primo dizionario di forma moderna sia stato della lingua inglese e nessun inglese lo consulta? Perché così avrebbero scoperto che “and-” di android significa già “uomo”, che senso ha aggiungere una “m” per fare il gioco di parole “man-droid”? È vero che gli editori dei romanzi firmati George Lucas all’epoca hanno già creato casini, trasformando ’droid (con l’apostrofo) in droid (senza apostrofo), errore di stampa che ha generato una parola folle ed errata: che sia un richiamo lucasiano?
Il termine non conosce mai vero successo, e mentre il grafico editoriale del romanzo Blade Runner – cioè il vero romanzo di Philip K. Dick ristampato nel 1982 fingendo avesse qualcosa a che fare con la roba di Ridley Scott – si è impazzito e usa mandroid nel sommario di un’opera che parla di androidi (nel libro) e replicanti (nel film), Charles Band stesso fa uscire Android, con un uomo artificiale che nessuno chiama mandroid: perché allora la nascita di questa mostruosità?

Scritta “Mandroid” messa a casaccio sull’edizione 1982 del romanzo Blade Runner

Una possibile spiegazione ci viene dal primo numero della rivista italiana “Sexy Games” (maggio 1988) dedicata ai videogiochi, non solo a sfondo erotico. Nella recensione del gioco di strategia Quazatron leggiamo: «Viene messo in salvo dal famigerato pirata spaziale Mandroid, mezzo uomo e mezzo droide». Che dunque mandroid sia una delirante (e per fortuna raramente usata) alternativa al termine cyborg?
Comunque il nostro Gigi Reder è una persona serie, e queste frescacce inglesi non gli vanno giù: nel doppiaggio italiano del film mandroid viene reso con “androide”, quindi 92 minuti di applausi ininterrotti per Reder!

L’unico Mandroide che Gigi Reder riconosce!


Mai incontrare i miti

Un uomo-macchina, un mercenario, una scienziata e un ninja: non credo che esista al mondo qualcosa che un quindicenne possa trovare più esplosivamente gagliarda. Come la Z ci ha sempre abituato, l’unica cosa che conta è fare una copertina super-spettacolare e che sappia identificare i punti forti del soggetto: poi il resto non conta niente.

Il film che punta tutto sulla locandina!

Infatti niente è proprio ciò che ricordavo di questo film dalla prima visione dell’epoca, malgrado l’abbia rivisto nel 2012 per il mio saggio sul cinema ninja. Un niente totale che avvolge però il cyborg protagonista, che – mi piace ricordarlo – anticipa Robocop nel mostrare una fusione uomo-macchina protagonista positivo della vicenda.
Era dai tempi del cartone giapponese Cyborg 009 (1968 ma visto negli Ottanta) che non mi fomentavo tanto.

Vale la pena di vedere il film solo per questa scena!

Inutile nasconderlo, Charles Band gira robaccia di serie Z con ottime trovate che nessuno sa gestire. Né ci prova Peter Manoogian, regista della casa che fa lo stretto necessario: non è che da solo può salvare l’insalvabile.
La storia racconta di un cyborg che scappa al controllo dello scienziato pazzo che l’ha creato e poi passa il resto del film a tornare indietro. Ma che senso ha? Lo stesso senso del resto delle trovate del film: nessuno.

In un minuto il nostro Mandroid (Patrick Reynolds, che dalla vergogna poi si è ritirato dal cinema) scappa dallo scienziato cattivo Reeves (Roy Dotrice) e raggiunge la scienziata buona, e bòna, Nora Hunter (l’esordiente Denise Crosby). Perché la raggiunge? Niente, così, per fare un saluto.
Devo andare, dice, e parte. Per dove? Per tornare indietro dallo scienziato da cui è appena scappato, ma stavolta ci metterà ottanta minuti di film per fare la strada di un minuto, affrontando pericoli che evidentemente all’andata non ha incontrato. Perché la scienziata lo segue? Basta con le domande: non esiste alcuna risposta, perché non esiste alcuna sceneggiatura.

Pronto? Enterprise? Vi prego, portatemi via!

La scienziata d’azione Nora si porta appresso una sua invenzione, «Sonda, pattuglia e operazioni tattiche: Spot in breve, un tipo di esploratore elettronico». Il solito robottino carino che piace al pubblico, peraltro mi sembra parecchio debitore di quello di The Black Hole (1979).

Sono gli anni Ottanta, i robottini spaccano!

Quando il robottino svolazzante e lucente si posa sulla spalla del mandroide, è chiaro che qui si stanno citando i classici: cioè il rapporto stretto fra Automan e Cursore risalente al 1983!

Uomo cibernetico con robottino svolazzante luminoso…

… è puro Automan (1983)!

Tolti i primi minuti, in cui il mandroide si stacca e si riattacca le braccia, spara raggi laser e si trasforma in centauro armato – applausi a scena aperta – per tutto il resto del film il personaggio è una semplice lattina vuota che non serve a niente.
Il mercenario Henry Fontana (Andrew Prine) è una nullità che fa battutine e la scienziata è un personaggio scritto espressamente per mostrare le grazie di Denise Crosby. Lodevole iniziativa, non si discute, ma un po’ pochino per una intera sceneggiatura.

Ogni scena con Denise è meritevole, però se poi ci fosse anche una storia…

Cosa manca? Ah, sì, il ninja. Negli anni Ottanta i ninja spaccano e così tocca chiamare qualcuno, tipo Conan Lee, che nel 1982 si è fatto notare con l’ottimo Ninja in the Dragon’s Den: prelevato da Hong Kong prima di affermarsi, e bruciato in America perché dopo il suo ninja da spiaggia Kuji non può più farsi vedere in giro, diciamo che questo è il canto del cigno della sua carriera.

Conan Lee in una divisa ninja regolamentare e assolutamente plausibile!

Però fa in tempo a regalarci una scena di ninja che combatte uomini primitivi con un nunchaku: cosa si può chiedere di più ad un film?

Abbattere uomini primitivi a nunchakate: fatto!

L’intenzione di buttare nello stesso pentolone più temi da narrativa di genere è palese, e a un certo punto pure uno dei personaggi, Fontana, se ne accorge e grida:

«Cos’è questa storia, un maledetto fumetto a puntate? Ci sono i robot, ci sono gli uomini delle caverne, c’è anche il kung fu. E immagino che ora mi racconterete una bella storia di fantascienza.»

Troppo poco per salvare un film vuoto, occupato unicamente da un panzone e uno smilzo – esercito personale dello scienziato pazzo – che cercano di fermare quattro beoti che passeggiano per la campagna. E uno di loro è un cyborg senza alcun motivo, visto che ai fini della trama la questione non ha la benché minima importanza.
Il perfido Reeves vuole andare indietro nel tempo per diventare imperatore romano, quindi a cosa gli serva un mandroide non è chiaro, ma arrivati a quel punto dubito che ci si ancora qualcuno sveglio per farsi queste domande.

Personaggi vuoti nella nebbia

Giudicare oggi una minchiata Z di Charles Band del 1986 è ingiusto, anche perché io stesso posso testimoniare come nel 1988 o 1990 era roba gagliardissima: però, ad onor del vero, il fatto che dalla visione dell’epoca mi sia rimasta in memoria solo qualche scena significa che anche all’epoca era chiaro come fosse una fregatura.

Sono cresciuto nell’idealizzazione di questo film e non avrei mai dovuto rivederlo – mai incontrare i propri miti – ma la tentazione era forte e comunque ringrazio di cuore Lorenzo per avermi dato la possibilità di risentire il doppiaggio italiano, dall’oblio in cui ormai è finito.


L.

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28 risposte a Eliminators (1986) C’erano un mandroide e un ninja…

  1. Evit ha detto:

    Caccia le schermate italiane!
    Reder dirigeva per la Videorecording che curava i doppiaggi dei film che uscivano per la DB Video, scommetto che è proprio un doppiaggio della Videorecording. E gli è andata anche troppo bene al film! 😄

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  2. Sam Simon ha detto:

    Grande Denise!!!!

    Mandroid comunque è davvero una parola ridondante figlia dell’ignoranza. Fai bene a martellare sulla cosa! :–)

    (e sono intrigato dall’HTML che usi per fare gli indici dentro le pagine… Se mi dici che anche uno zero in html ci può arrivare mi metto a fare delle ricerche… Che dici? Grazie!)

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  3. Cassidy ha detto:

    Un film anticipatore, che poi però si perde in quel dettaglio secondario chiamato, avere una trama. Che peccato, soprattutto per Denise Crosby, la sua prematura dipartita dall’Enterprise ha tolto molto alla serie e qui non fa assolutamente nulla. Comunque per il tuo vocabolario delle parole del futuro, esiste anche un “Manborg” (2011) folle e spassoso film Canadese di quei due genietti di Steven Kostanski e Jeremy Gillespie. Cheers!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      nooooooooo Manborg nooooooooooooo! 😀
      Grazie della dritta, dovrò trovare modo di insultare a dovere quel termine!
      Se pensi che Band ha depositato il copyright di questo film mesi prima che uscisse “Terminator” è chiaro che Charles stava sul pezzo e poteva essere in grado di cavalcare l’onda di Cameron, ma poi – come dici bene – c’è quel piccolissimo problema della trama che comunque avrebbe ammazzato tutto…

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      • Giuseppe ha detto:

        Eh, sì, “purtroppo” esiste anche il Manborg (si persevera con la ridondanza) del 2011 😀
        Quanto a “Eliminators” l’ho sicuramente visto anch’io ai tempi su Odeon TV ma, essendo uno dei titoli meno divertenti della Z (Charles)Bandiana, è solo con il post di oggi che mi è tornato qualcosa alla mente, protagonisti compresi: per dire, mi ero completamente dimenticato persino della presenza di Denise Crosby e Roy Dotrice… peccato perché gli ingredienti (robotici e no) ci sarebbero pure stati ma da soli, senza uno straccio di ricetta (chiamiamola trama, sì), non servono a niente.
        Comunque Dotrice non ha certo bisogno di questo ruolo di scienziato pazzo per farsi ricordare: a me basta il suo perfido Commissario Simmonds dalla brevissima carriera in Spazio 1999… 😉

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  4. Willy l'Orbo ha detto:

    Ninja, robottini, Charles Band, Odeon, Buechler (con tanto di Troll e Ghoulies al seguito), Gigi Reder, centauri armati, scienziate e mercenari…in una parola, anzi, in una lettera…Z!
    92 minuti di applausi ininterrotti anche per Lorenzo e Lucius, grazie di cuore per questo pezzo! 🙂 🙂

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  5. Lorenzo ha detto:

    Io ricordo solo la ridicola scena del ninja che si concentra e riesce a saltare attraverso le pale di una specie di turbina 😀

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  6. Il Moro ha detto:

    Questo post è pregno, pregno, pregno! Mandroidi, bionde, ninja, cavernicoli, robottini, carri armati umani, Gigi Reder! Che volere di più?

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  7. Madame Verdurin ha detto:

    Sono alle prese con una recensione (su richiesta) di Blade Runner per la quale non so dove sbattere la testa… qui, in mezzo a un mucchio di altre cose divertenti, ho trovato anche la faccenda dei “mandroidi” di Dick, grazie!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Occhio che sei caduta in un trappolone: sono il più grande odiatore di Blade Runner del mondo, sono probabilmente l’unico ad odiare quel film, ma sono anche fra i pochi ad averne studiato tantissimi aspetti. Potrei quindi offrirmi di aiutarti ma potrei darti frutti avvelenati 😀
      Scherzi a parte, “Mandroid” è una parola che si è inventato il grafico del libro: non ci sono nel testo né nel film di Scott, è una parola che ogni tanto appare ma (per fortuna) non si fila nessuno.
      Il libro, sottolineo, è spacciato come novelization del film ma non lo è, visto che Dick si rifiutò di farlo, come racconto qui.
      Se poi vuoi sapere da dove arriva il titolo “Blade Runner”, che non c’entra niente con la storia, ti consiglio questa “indagine“.
      Per qualsiasi altra cosa, scrivimi pure a lucius.etruscus@gmail.com 😉

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      • Madame Verdurin ha detto:

        Non hai idea di quanto mi senta sollevata: Blade Runner non mi è piaciuto nemmeno un po’! Ma, conoscendolo come pietra miliare della fantascienza, pensavo fosse un problema mio… Ho iniziato il libro ma già dai primi capitoli sembra chiaro che non hanno molto in comune… Non so come ringraziarti, ti contatterò se vado nel pallone, intanto mi leggo tutto quello che mi hai passato, grazie infinite!

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Ti capisco benissimo, l’esagerata (e per me immotivata) enfasi con cui si parla di Blade Runner rende molto difficile per chi non l’ha gradito dire la propria, perché passa per quello che “non ha capito” o semplicemente per avere un pessimo gusto. E’ raro che gli appassionati di filmoni, troppo spesso amati perché “lo fanno tutti”, sono disposti ad un dialogo aperto, meglio l’integralismo spicciolo.
        Ho visto il film nei primissimi anni Novanta sonnecchiando della grossa: ammazza che mosceria 😀 Poi pian piano tutti quelli che l’avevano ignorato nel decennio precedente hanno iniziato a dire che era il più grande capolavoro della storia del mondo: per carità, so’ gusti, però è raro che qualcuno dica “perché” gli è piaciuto il film.
        Paradossalmente l’unica cosa che all’epoca m’era piaciuta era la voce fuori campo finale, poi d’un tratto quelli che l’amavano hanno detto che è apocrifa e ora la odiano e la prendono in giro: gli stessi che nei Novanta la consideravano un capolavoro 😀
        Curiosissimo poi di leggere la tua recensione, tienimi informato ^_^

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  8. Phil ha detto:

    Uno dei film più trasmessi da odeon insieme a Guerriero Americano. Lo guardavo e lo riguardavo da bambino, poi purtroppo, avendo 2 vhs originali, l’ho rivisto… e lo ricordo fiacco come non so cosa. Non puoi sbagliare il ritmo di un film con un mandroid, un ninja, un mercenario e una scienziata topa, non puoi!!! Eppure… però il mandroid l’ho sempre trovato molto ben fatto e con la faccia giusta. Peccato, una cosa così fatta a modo poteva essere davvero una bomba incredibile.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Gli elementi c’erano tutti ed erano tutti buoni, soprattutto all’epoca: Band aveva avuto senso del tempo – avrebbe potuto battere Terminator e anticipare Robocop! – e senso di ciò che piaceva al pubblico delle videoteche, ma è riuscito lo stesso a rovinare tutto con una trama assente e personaggi che passano il tempo a camminare in campagna. Davvero triste.

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      • Giuseppe ha detto:

        Nel 1986 aveva già un capolavoro come From Beyond da piazzare… certo che, se solo avesse riversato la stessa cura in questo Terminator/Robocop ante-litteram, allora sarebbe stata una doppietta degna di entrare nel mito!

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  9. SAM ha detto:

    Ohh, finalmente uno dei più rappresentativi ( e preplicati ) Eroi di Odeon, insieme al Demone delle Galassie Infernali e Ghoulies.
    Praticamente, tutti i film di Band ( l’italianissimo Carlo Antonini ) erano trasmessi da Odeon.
    Eliminator mi deluse già all’ epoca per il fatto che

    (SPOILER )

    il protagonista robot venisse ucciso dal cattivo che poi viene fatto fuori a sua volta dalla dottoressa .
    Insomma, protagonista inutile al 100%
    Sulla questione Mandroidi c’è da ridere, visto che la Marvel si era praticamente appropriata del termine con gli omonimi tipi dei suoi fumetti .
    E di sicuro deve essergli garbato questo Eliminators, dato che poi negli X-men salteranno fuori i Reavers, che graficamente devono al nostro un cafè ( almeno in modalità carro armato )

    http://thefwoosh.com/2018/09/hey-hasbro-more-reavers-please/

    I Gobots erano una serie animata/copia stracciona dei Transformers , by Hanna & Barbera

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