Cane di paglia (1971-2011) Analisi scacchistica

Grazie a Cassidy che me l’ha ricordato su La Bara Volante, mi sono rivisto Cane di paglia (Straw Dogs, 1971) di Sam Peckinpah (in DVD restaurato dalla Sinister Film nel giugno 2019), il celebre film con Dustin Hoffman e Susan George ispirato dal romanzo The Siege of Trencher’s Farm (1969) di Gordon M. Williams, giunto in Italia solamente nel 2010 grazie a Lupetti.

Quella che segue è l’analisi di una sola scena del film (e relativo remake) fatta inizialmente per il mio blog CitaScacchi, ma visto che è venuta corposa mi piace condividerla anche qui.


Gioco di coppia

Il matematico americano David Sumner (Hoffman) si è trasferito nel paesino della moglie Amy (George), sperduto in Cornovaglia: la sera non sembra esserci molto altro da fare se non giocare a scacchi.
All’inizio della prima scena “intima” della coppia mostrata dal film vediamo Amy molto impegnata a studiare il “nobil giuoco”.

Per spiegare l’importanza della scena mi affido al saggio Justified Lives. Morality & Narrative in the Films of Sam Peckinpah (1993) di Michael Bliss, che annovera la sequenza in questione tra le quattro principali del film che denotano il carattere del protagonista maschile.

«Di solito vediamo Amy proporsi fisicamente nella relazione di coppia, mentre David persiste nel suo ruolo di intellettuale. Nella scena della stanza da letto David vede sua moglie impegnata in un’attività intellettuale e la spinge a rinunciare, perché si sente minacciato nella sua predominanza su di lei. Chiaramente David vuole giocare solo quando vuole lui

Infatti mentre Amy è seriamente impegnata a studiare la partita, David arriva e senza mascherare una certa aria di superiorità muove una propria pedina e dà scacco.

Cosa muove David? Ai fini della narrazione non ha importanza, ma perdendo un po’ la vista confrontando l’inquadratura prima e dopo la mossa mi sento di affermare che abbia mangiato la Regina bianca della moglie con una sua pedina nera.

Tre scene a confronto. Fra la prima a la seconda si vede una pedina mangiata
la quale finisce in alto (cerchio al centro) poi inquadrata meglio più avanti

Farsi mangiare la Regina è davvero difficile, essendo la pedina più potente dell’intera scacchiera ogni giocatore presta la sua massima attenzione a non metterla a rischio, a meno che non faccia parte di una strategia: lo stupore di Amy rende chiaro come non si aspettasse quella mossa dal marito, così come ci spiega che sta muovendo i primi passi nel “nobil giuoco”. Il che ci rende ancora più antipatico David, che fa lo smargiasso con chi è palesemente un giocatore meno di esperto di lui.

Per fortuna Amy ha un manuale di scacchi che l’aiuta. Già, ma che libro è?

Si tratta di Selected Chess Masterpieces del Gran Maestro jugoslavo (oggi serbo) Svetozar Gligorich (o Gligorić), volume che nel 1970 esce sia per la londinese Pitman che per la newyorkese McKay.

«Non solo uno dei migliori giocatori in circolazione oggi, ma uno degli studiosi più attenti delle aperture. Inoltre è uno dei giocatori più attivi nel circuito europeo.»

Così ci viene descritto Gligorich nel saggio Chess Panorama (1975) di William Lombardy e David Daniels, a testimonianza di come quello citato in Cane di paglia sia un personaggio molto famoso nell’Europa dell’epoca, anche se solo all’interno della comunità scacchistica.

Subito dopo la mossa del marito, Amy comincia a leggere ad alta voce dal libro:

«Quest’ultima mossa mette il Bianco in una posizione disperata, senza nessuna possibilità di potersi servire dei suoi pezzi bloccati, di conseguenza egli decide di sacrificarne qualcuno per alleggerire la situazione.»

Non so perché il doppiaggio italiano – curato dalla CD di Sergio Graziani, stando al sito di Antonio Genna – si sia preso così tante libertà, ma sta di fatto che in originale la frase si riferisce ai pezzi neri, non al bianco, si parla di «disorganized pieces», di pedine disorganizzate, sparpagliate, non di “pezzi bloccati”, e soprattutto si parla di «developing at any price», sviluppare il gioco ad ogni costo, non “alleggerire la situazione”.

Comunque ciò che qui conta è che Amy legge un vero brano da un vero libro: avrà per caso un qualche legame con la vicenda del film?

La scena prosegue con David che si infila nel letto, infila una mano sotto la camicia da notte della moglie e trova un modo particolare per distrarla: la donna accetta la “distrazione” e il gioco erotico con il marito, fa una mossa (muove un pedone di due caselle) e gli scacchi escono dalla vicenda. Come se fossero stati un puro elemento decorativo. Invece sono di più.

Grazie a kupdf.net si può consultare il citato saggio di Gligorich e scoprire che il brano letto da Amy si trova a pagina 132, riferito ad una partita svolta in un torneo di Bamberg (Baviera) nel 1968, tra il Gran Maestro estone Paul Keres per l’Unione Sovietica (bianchi) e il Gran Maestro tedesco Lothar Schmid per la Germania Ovest (neri). L’intera partita può essere studiata grazie a Chessbase.com, ma non assomiglia minimamente a quella vista nel film. Semplicemente perché quest’ultima… è sbagliata.


La partita (sbagliata) del film

Come abbiamo visto, la scena inizia con David che si siede sul letto, mangia la Regina bianca della moglie con una sua pedina nera e le dà scacco. Anche un giocatore più che mediocre come me conosce una regola inesorabile degli scacchi: una volta subìto uno scacco, l’unica mossa consentita è quella che eviti l’effetto (spostare il Re), lo blocchi (coprire il Re sotto attacco con un’altra pedina) o ne rimuova la causa (cioè mangiare la pedina avversaria che dà scacco). Amy, contravvenendo alla più rigorosa regola del gioco, muove un pedone a casaccio, segno che il manuale del celebre scacchista non le ha insegnato niente.

Mentre i doppiatori italiani si preoccupavano del perché Amy, che gioca con i pezzi bianchi, analizzasse la mossa del marito come se stesse giocando con i neri, Sam Peckinpah non ci pensava minimamente: pur organizzando alla perfezione il suo gioco, a lui degli scacchi non frega niente… e se ne vanta!

Prima ancora di iniziare ad imparare le mosse dei pezzi, c’è la regola della scacchiera: qualunque sia la tua posizione al tavolo, l’ultima casella a destra dev’essere bianca. Sam Peckinpah fa allestire una partita in corso… su una scacchiera posizionata con l’ultima casella a destra nera! E ci fa pure un primo piano su questo errore madornale.

Visto che la scacchiera della scena con David non corrisponde a quella della risposta di Amy, visto che la mossa di David non la si ritrova e che la risposta di Amy lascia il Re sotto scacco (nella foto in alto, l’Alfiere nero in D3 minaccia il Re arroccato in B2), è chiaro che a Peckinpah non importa assolutamente nulla di mostrare una partita vera, o anche solo plausibile. A lui, come a moltissimi altri registi, importa la potenza evocativa degli scacchi.

Dubito fortemente che si sia affidato ad un qualche esperto scacchistico, come invece fanno altre produzioni (più ricche), la mia idea è che Peckinpah sia stato un novello Roger Zelazny che, desideroso di usare una partita a scacchi come simbolo della storia che si vuole raccontare, sia andato in libreria e abbia cominciato a sfogliare manuali sull’argomento. La rivista specialistica “Hollywood Reporter” del 24 marzo 1970 annuncia l’arrivo di Sam Peckinpah alla regia del film, e a quell’epoca il saggio di Gligorich era già nelle librerie, sia americane che britanniche: ipotizzo che Sam abbia cercato un testo utile alla scena fra quelli disponibili al momento per poi metterlo direttamente tra le mani dell’attrice. (Quella inquadrata è l’edizione londinese del manuale, quindi potrebbe benissimo essere una decisione presa già durante le riprese in Gran Bretagna.)

Può darsi benissimo che la scelta del passaggio da far leggere all’attrice sia stato casuale, ma guarda caso sulla scacchiera inquadrata in primo piano abbiamo una parte (i bianchi) completamente aperta, dove addirittura anche il Re è minacciato dopo l’arrocco, pratica che si utilizza al contrario per metterlo maggiormente al sicuro. E una parte (i neri) che ha lasciato praticamente immobili i pedoni per far uscire pezzi più forti a minacciare l’avversario.
Sarebbe stato bello se gli assedianti di fine film fossero stati quattro, come le quattro pedine che aggrediscono i bianchi senza difesa sulla scacchiera, invece sono cinque, ma credo che comunque sia quello il simbolismo che cercava Peckinpah: pedine impreparate che si vedono minacciate da un attacco improvviso.

Non va dimenticato che il brano letto sta descrivendo una partita vera in cui un campione occidentale ne ha battuto uno sovietico: non erano solo scacchi, agli occhi di un estraneo a quel mondo, bensì uno scontro di civiltà, proprio come quella fra l’americano David e i “cani di paglia” britannici. Peckinpah probabilmente cercava una partita in cui una delle due parti si dimostrasse ad un certo punto inadeguata allo “scontro” per poi rimontare e vincere, proprio com’è avvenuto nella partita Keres-Schmid nella Bamberg del 1968. (Gioco che riuscì anche a Zelazny per il suo racconto La variante dell’Unicorno.)

Se il regista avesse curato meglio la scacchiera, sarebbero state più chiare le sue intenzioni, invece la confusione delle parti (con il doppiaggio italiano che tenta di rimediare), la scacchiera sbagliata e le mosse non combacianti non ci permettono altro che mere supposizioni.


Il remake

Per festeggiare i quarant’anni del film di Peckinpah la Screen Gems ha la bella pensata di riproporlo, trasformando la campagna britannica nell’assolato sud degli Stati Uniti, per poi lasciare pressoché invariato tutto il resto. Scritto e diretto da Rod Lurie, il titolo Straw Dogs (in DVD Sony 2012) viene lasciato intradotto ma a volte viene chiamato Cani di paglia, al plurale, come giustamente doveva essere già per il primo film.

Nella nuova scena della camera da letto sembra che l’autore abbia voluto ricreare addirittura la stessa partita a scacchi, con il Bianco molto aperto e il Nero molto chiuso, ma stavolta David mangia solo un pedone, non la Regina.

Il “gioco erotico” prende subito il sopravvento ma stavolta è più scenografico, con David che usa pedine degli scacchi per carezzare la gamba della moglie.

E il brano scacchistico letto da Amy?

«Questa mossa costringerà il Nero ad una fuga disperata, senza la possibilità di poter utilizzare al meglio i suoi numerosi pezzi. Il Nero perciò potrà considerare…»

Malgrado la traduzione sia diversa – a cura della CDC Sefit Group, stando ad Antonio Genna – e stavolta il doppiaggio italiano rispetti il colore in questione anche a costo di rendere incomprensibile il testo, l’attrice legge esattamente lo stesso brano del 1971, ma in mano non ha il manuale di Gligorich. Stando ad un sito che vende il libro utilizzato per le riprese del film, l’attrice ha in mano un fantomatico Understanding the Game of Chess di Rod Sakharov: non ho trovato traccia né del titolo né dell’autore (il cui nome rimanda ad un celebre scacchista) quindi ipotizzo un “libro falso” inventato appositamente per il film.

Può darsi che il remake stia semplicemente riproponendo il testo letto nel primo film, senza alcuna voglia di crearne uno diverso, oppure quella frase scelta da Peckinpah nel 1971 era così simbolica dell’intera vicenda che si è preferito lasciarla uguale, anche a costo di leggerla su un libro inesistente.

L.

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23 risposte a Cane di paglia (1971-2011) Analisi scacchistica

  1. Sam Simon ha detto:

    Questo è in lista da tempo immemore ma ancora non ce l’ho fatta a recuperarlo.. :–/

    Bella l’analisi scacchistica!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Non so quanto il film del 1971 possa funzionare ancora, se visto oggi per la prima volta, ma basta che tieni sempre a mente la data: ogni volta che pensi “questa cosa l’ho già vista”, sappi che è venuta dopo il 1971. Ogni singolo tema che infiammerà i Settanta, Peckinpah l’ha anticipato!

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      • Sam Simon ha detto:

        Per quanto non sia facile, provo sempre a comprendere il contesto storico con qualche ricerca… però hai fatto bene a dirmelo, così lo affronto con una certa predisposizione ad imparare! :–)

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Quanto prima recupererò il romanzo originale, il cui autore si è così seccato per la riscrittura di Peckinpah da non voler più vendere ad un americano 😀
        Vorrei capire quanto c’è di Sam nella storia e quanto venga dal romanzo, perché rappresenta un momento importantissimo per la nascita della “violenza cruda” che impegnerà tutti gli anni Settanta. Di solito si faceva iniziare con “L’ultima casa a sinistra” (1972) di Wes Craven, ma qui, un anno prima, abbiamo già tutti i semi piantati!
        Purtroppo il mitico “Il giustiziere della notte 3” sono rimasti davvero in pochi a conoscerlo, quindi pochi apprezzeranno che una delle trappole di Paul Kersey è tratta di peso da “Cane di paglia” 😛

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  2. Cristian Maritano ha detto:

    Ottima ricerca certosina non ci ho mai fatto caso nel film di Peckinpah, dopo lo scoperchiamento su Bara e questo pezzo penso che lo rivedrò.

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  3. Cassidy ha detto:

    Gran post, me ne assume tutte le colpe e le responsabilità 😉 Ho sempre pensato che la scena degli scacchi fosse il modo di Peckinpah di anticipare il finale, un po’ come lo scorpione circondato e dato in pasto alle formiche di “Il mucchio selvaggio”, che anticipava il destino dei protagonisti, qui i pezzi sulla scacchiera sono sotto assedio come accadrà ai Summer. Non mi ero nemmeno mai accorto della scacchiera alla rovescia si vede che hai l’occhio allenato, complimenti 😉
    David poi cerca costantemente di sminuire la moglie ribadendo la sua superiore intelligenza, Amy di suo cerca di fare una cosa molto intelligente come giocare a scacchi per attirare la sua attenzione, anche se va in panico al primo scacco subito. Per assurdo nel film lei si rivelerà più lucida di lui in alcuni momenti difficili, la differenza tra la teoria e la pratica. Cheers!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ti ringrazio di aver scoperchiato il Vaso di Peckinpach e di avermi spinto ad analizzare una scena che avevo già beccato un decennio fa ma mai studiato.
      La Rete è piena di siti con liste di “scacchi e cinema”, curioso nessuno faccia notare la scacchiera sbagliata. Non è certo un mio merito l’averla “tanata”, semplicemente ho preso la partita vera del 1968 citata nel film per cercare di vedere se corrispondeva a quella mostrata… e non mi tornavano i colori 😀
      Hai ragione, per me qui le pedine degli scacchi sono il perfetto corrispettivo delle formiche con lo scorpione dell’altro film, un piccolo elemento quasi casuale mostrato all’inizio ma che è perfetto simbolo della vicenda, e soprattutto del finale.
      Comunque David è veramente antipatico, per quanto Amy in più punti faccia di tutto per essere seccante è chiaro che lui cerchi sempre di fare la figura del superiore.

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  4. Celia ha detto:

    Non sapendo una cippa di scacchi, non avevo idea di cosa stessero facendo né che potesse esserci un corrispettivo tra pedine ed aggressori. Chapeu, Maestro.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Per carità, è che a forza di catturare citazioni scacchistiche si comincia a intravedere un “disegno”. Molto spesso una scena come questa è messa lì apposta a simboleggiare la vicenda, più raro che un primo piano sulla scacchiera ci riveli che la disposizione stessa delle pedine ha una valenza simbolica.
      Spero che l’attenzione riposta sulla recente serie “La regina degli scacchi” spinga le emittenti a tirare fuori quei film splendidi che mostrano quanto una partita possa dare tantissimo ad una trama: purtroppo i grandi titoli di questo genere sono tutte chicche per collezionisti, ignoti alle TV!

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  5. Pietro Sabatelli ha detto:

    Sinceramente la parte più noiosa del film 😀

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  6. Willy l'Orbo ha detto:

    Non sono un intenditore di scacchi, pur avendoci giocato qualche volta a tempo perso, ma, in ogni caso, sia per la ricostruzione certosina che per il tono simbolico del tutto, ho trovato il post ottimo e davvero interessante (avendo inoltre visto entrambi i film)!
    In pratica hai preso un “dettaglio” e tramite ricerche, ne hai tratto fuori un mondo, chapeau Lucius, anzi, scacco matto! 🙂

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  7. Madame Verdurin ha detto:

    Un falso libro sugli scacchi? E Marlowe che ne pensa 🙂
    Io non mi intendo di scacci, conosco appena le regole, ma credo che sia una metafora affascinante che il cinema ha usato spesso e molte volte nel modo giusto (e c’è anche una puntata della Signora in Giallo dove gli scacchi permettono di trovare il colpevole!). Ad esempio in Agente 007 – Dalla Russia con Amore una delle scene inziali mostra proprio un torneo internazionale di scacchi, poi si scopre che il campione è un membro della Spectre e che deve uccidere Bond; lui stesso poi usa la metafora degli scacchi per descrivere lo scontro tra lui e 007 (ma vedo dal tuo Citascacchi che ovviamente lo sapevi già questo :).

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Il fascino degli scacchi come simbolo è irresistibile e per fortuna tantissimi autori vi hanno ceduto: dalla Signora in Giallo a Colombo fino al detective Monk, una partita a scacchi è sempre il metodo migliore per scoprire l’assassino ^_^
      Sono innumerevoli i film che inseriscono una partita a scacchi proprio a simboleggiare un personaggio dalla mente acuta, come il campione russo da te citato, o una trama complessa, come un thriller o una storia nera. Per non parlare delle citazioni in film bellici, in cui la partita sulla scacchiera è perfetta proiezione di quella fra due eserciti nemici, o magari fra due soldati o due ufficiali.
      Citazioni scacchistiche escono fuori in ogni dove, ma le migliori rimangono quelle “simboliche” 😉

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  8. Zio Portillo ha detto:

    Ottimo post Lucius! Al di là del film, mi hai riportato ragazzino quando imparai a giocare (male) in prima elementare. Il mio maesto (di scuola) era fissato con gli scacchi e ci insegnò le basi da subito. Tutti avevamo la nostra scatola privata e la nostra scacchiera.

    Poi alle medie andai in una famosa scuola privata (i miei ci tenevano e ci speravano… Li ho parecchio delusi dal punto di vista scolastico). Facevamo tempo pieno e i pomeriggi c’erano “dei club” dove ci venivano insegnati discipline sportive, oppure scacchi e dama. Con tanto di tornei locali, nazionali e internazionali. Credo lo facciano ancora…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Credo ci siano sempre i club, ma certo temo che la “scrematura” sia forte. Da ragazzino mi insegnò mio padre e le mie sfide le ho avute esclusivamente al computer, ma le pochissime partite giocate con un essere umano le porto tutte nel cuore ^_^

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  9. Vincenzo ha detto:

    oh non sapevo neanche che avessi un blog di (cita)scacchi…
    sarà che ne hai troppi! 🙂 🙂
    ti citerò a un collega blogger che ci andrà a nozze!!!

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  10. Giuseppe ha detto:

    No, decisamente a Peckinpah non interessava essere corretto circa le regole e la posizione di scacchi e scacchiera (rendendo così più confusa la funzione simbolica che il gioco avrebbe dovuto avere all’interno del film)… del resto, si sa, a lui non interessava proprio essere corretto e basta 😉
    Interessante e metaforica analisi scacchistico/cinematografica, comunque, anche per un non-giocatore come il sottoscritto…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Resta però un mistero: se Sam era così disinteressato agli scacchi da arrivare a inquadrare in primo piano una scacchiera “sbagliata”, siamo sicuri che sia stato lui a trovare quel manuale di Gligorich? Può essere benissimo entrato in libreria e averlo trovato sullo scaffale, visto che era fresco di stampa, ma possibile se lo sia letto tutto in cerca di una frase che simboleggiasse la vicenda? Forse ha avuto qualche aiutino…

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      • Giuseppe ha detto:

        Probabile di sì: difficile immaginarlo così scrupoloso verso il manuale di Gligorich e, contemporaneamente, così menefreghista nei confronti di una corretta messa in scena…

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