Jackie Chan Story 25. Esperimenti

Continua il viaggio agli albori della carriera di Jackie Chan, mediante la sua corposa autobiografia I am Jackie Chan. My Life in Action (1998), eventualmente integrata con l’altra autobiografia Never Grow Up (2015). Sono entrambe inedite in Italia, quindi ogni estratto del testo riportato va intendersi tradotto da me.

Ad Hollywood si invecchia presto, forse per questo tutti ricorrono al chirurgo plastico. Dopo solo tre film, Jackie Chan non è più una novità, non è più “giovane” e le case non sembrano più interessate a produrre l’uscita in sala dei suoi film, visto poi che è nettamente calata la presenza di attori occidentali nel cast. Ora sembrano film cinesi, e il pubblico americano da sempre odia i cinesi, anche se fa finta di negarlo.

Però la distribuzione in home video, in un’epoca in cui le videoteche sono ancora un fenomeno ricchissimo, garantisce a Jackie molta più attenzione di prima e quindi il nostro eroe può concedersi quello che prima non poteva: per esempio tornare a fare un film con protagonista un avventuriero in giro per il mondo con due donne al fianco, come se fossimo tornati negli anni Ottanta.


Indice:


Senza freni e senza regole

Il 17 gennaio 1998 esce ad Hong Kong Who Am I?, che è l’esatta traduzione del titolo cinese, pronto ad incassare quella trentina di milioni di dollari locali che è la media per i film di Jackie. Solo dal settembre successivo il film conosce una distribuzione americana, non in sala, mentre in Italia bisogna aspettare il 1° giugno 1999, però è garantita una (breve) uscita in sala.

La Columbia-TriStar (Sony) in questo periodo sembra interessata al cinema marziale e distribuisce Senza nome e senza regole (questo il curioso titolo italiano) in VHS e DVD già nel gennaio 2000, con Italia1 che lo trasmette il 14 dicembre 2001. La Dynit Sony lo ristampa in DVD dal 2016.

Memore del fatto che i film in cui è un eroe consapevole piacciono solo in Asia (che comunque è un mercato enorme), Jackie forse pensa anche al pubblico americano quando torna ad interpretare un eroe “suo malgrado”, personaggio ormai fisso di questi anni. Nello specifico un agente speciale che, subìto un incidente durante una missione, perde la memoria e si ritrova a correre di qua e di là per il mondo, sia per scoprire la propria identità sia per sbaragliare un’organizzazione criminale, usando tutte le grandi capacità che non ricordava di avere.

Con la regia-paravento di Benny Chan, Who Am I? è in pratica il ritorno di Jackie a quel tipo di film che all’inizio degli anni Novanta la Golden Harvest gli aveva impedito di continuare a fare: ora ci sono più soldi in ballo, ci sono anche distributori americani ed europei alla porta quindi si può spendere di più per lo stile che piace a Jackie, sempre però stando attenti a non esagerare. Questo viaggio comico-avventuroso in giro per il mondo finisce sul tetto di un grattacielo, in un combattimento finale molto controverso.

Come lottatore occidentale stavolta Jackie chiama Ron Smoorenburg, atleta originario dei Paesi Bassi di grandissimo talento, che da allora è rimasto a lavorare come cascatore e lottatore in Asia: ha provato anche a ricoprire qualche ruolo attoriale più di rilievo ma questo non sembra aver dato frutti. Who Am I? è il suo esordio come atleta marziale in video, quindi è stato particolarmente cocente la delusione nel vedersi ritratto come un incapace nel documentario My Stunts (1999).

L’esordio di un grandissimo atleta europeo

Il problema è che i combattimenti di Jackie richiedono un’altissima sintonia e sincronia con i propri avversari, e soprattutto una profonda conoscenza del modo asiatico di combattere in video, molto diverso da quello occidentale. Per questo in tutta la sua carriera Jackie si è circondato di amici ed allievi, cioè persone con cui si allenava quotidianamente, che conosceva alla perfezione, con cui c’era sintonia e ci si capiva al volo. Ritrovarsi un olandese sconosciuto, alto due cinesi e mezzo, che pensa di eseguire tecniche verosimili al posto delle mosse circensi celebri di Jackie è stato un incubo.

Jackie spiega la coreografia a Ron, da My Stunts (1998)

Il citato My Stunts mostra un’ampia sezione sul dietro le quinte del combattimento finale con Smoorenburg, pieno di tentennamenti, errori, incomprensioni, e un Jackie sempre più seccato e infastidito dall’incomunicabilità. Alla fine per fare uno Smoorenburg… ci vorranno due degli amici di Jackie.

Bradley James Allan, alto la metà, nei panni di Ron Smoorenburg

Intervistato da Scott Adkins per il suo spettacolo di YouTube “The Art of Action“, il fidato Andy Cheng – storico cascatore della cerchia di Jackie – racconta di come lui e il collega Bradley James Allan (il “cattivo finale” del film successivo!) si sono alternati a ricoprire il ruolo di Smoorenburg in quelle complicate coreografie che l’olandese non riusciva ad eseguire: non perché non ne fosse capace, ma perché Jackie non riusciva a trovare con lui quella sintonia necessaria all’esecuzione della scena. Il problema è che Andy Cheng è asiatico e Allan è più basso di Jackie: nessuno dei due dovrebbe essere in grado di fingersi Smoorenburg, ma questo non è stato un problema. Basta vedere la scena per scoprire che Jackie sta combattendo contro qualcuno che cambia forma, altezza e corporatura ad ogni cambio d’inquadratura.

Una grande scena, affollata di lottatori

Dopo un ritorno ai grandi film avventurosi degli anni Ottanta, dove è l’eroe con due donne al fianco, Jackie prova un altro esperimento: qualcosa di davvero mai tentato prima. Una storia d’amore.


Jackie il romantico

Nell’audio-commento per l’edizione occidentale del film Jackie racconta che originariamente avrebbe voluto fare un terzo episodio di Armour of God, stavolta ambientato in India o Turchia, poi per caso ad una cena fa la conoscenza di un giovane regista, Vincent Kok, con un progetto in tasca: portare al cinema un romanzo famoso in Asia, una storia romantica un po’ fantasiosa, “in salsa Disney”.

Jackie si attiva come produttore, come spesso fa con vari film, e per il ruolo della paesana di Taiwan che fa innamorare il riccone di Hong Kong sembra perfetta Zhang Hui Mei, una famosa cantante taiwanese che però non si sente sicura a recitare in un film, soprattutto visto che per il ruolo maschile è previsto un giovane attore esordiente: perché invece non lo fa Jackie il protagonista? Il nostro eroe non si trova a proprio agio ad interpretare un ruolo romantico – malgrado nelle interviste dell’epoca si lamenti, tra il serio e il faceto, che non gli propongano mai semplici ruoli romantici, non d’azione – così insieme a regista e sceneggiatore modificano la storia per inserire alcune scene marziali “leggere” in una storia romantica edificante. Nel frattempo però la cantante ha firmato per un lungo giro di concerti in Asia e non è più disponibile.

Una splendida Shu Qi in uno dei suoi primi ruoli noti all’estero

La Golden Harvest vuole fare il film e Jackie, dopo aver modificato la sceneggiatura, è innamorato del progetto e quindi si parte lo stesso: dopo aver provinato un migliaio di ragazze del sud-est asiatico, è proprio una originaria di Taipei (Taiwan) ad essere scelta, con cioè le stesse origini del personaggio. Con “solo” una ventina di ruoli in tre anni, per gli standard asiatici Shu Qi è quasi un’esordiente, ma impiegherà davvero poco a diventare una delle nuove grandi dive di Hong Kong… e a far innamorare di sé Frank Martin il Transporter!

Cinquanta sfumature di giallo!

Cos’è piaciuto tanto a Jackie della trama iniziale? La storia d’amore? Forse, ma più probabilmente la possibilità di impersonare un personaggio totalmente diverso dal solito: se stesso. Non un poliziotto, non un eroe qualunque, non un avventuriero, bensì Jackie Chan, un ricco uomo di Hong Kong a cui piace combattere. Quello che si vede nel film è la replica quasi esatta del suo ufficio, rivela Jackie nel citato audio-commento, e gli strumenti ginnici inquadrati sono davvero i suoi, portati sul set per l’occasione. In pratica è uno sguardo sulla vita di Jackie, o almeno quella parte che lui vuole mostrare. Non a caso nella vicenda il protagonista si lamenta che i giornali scandalistici mettano in giro un sacco di malignità sulla sua vita privata, e coincidenza vuole che sin dall’inizio delle riprese nascano voci su una possibile storia d’amore con la giovane Shi Qu, che essendo di vent’anni più giovane ha tutte le carte in regola per essere “l’amante del riccone”.

Con il titolo cinese di “Bottiglia di vetro” (cioè l’oggetto che mette in moto la trama), Gorgeous esce ad Hong Kong il 13 febbraio 1999 e stavolta la distribuzione americana non è lì a smaniare, infatti il film girerà in Occidente dal 2000 in cui lo comprerà la Columbia-TriStar (Sony), portandolo anche in Italia quel settembre, in VHS e DVD. Tele+ lo presenta nella seconda serata di sabato 15 dicembre 2001, replicandolo per un paio di mesi. Scomparso nel nulla, riappare nel 2016 quando la Cecchi Gori lo ristampa in DVD.

La giovane Bu (Shu Qi), il cui nome in mandarino significa “no”, è una ragazza di un piccolo paesino taiwanese che sogna la rutilante Hong Kong, in un’epoca in cui il nuovo patriottismo cinese non l’ha ancora resa una Babilonia corrotta, come si vedrà in Iceman (2014). Un giorno in riva al mare trova una bottiglia di vetro con dentro il messaggio di un uomo, Albert, che invita il suo amore a tornare da lui ad Hong Kong: a Bu non serve altro per partire alla volta della grande città, sfidando il razzismo locale contro i taiwanesi. Potrebbe nascere una bella storia d’amore invece questo Albert (un piccolo ruolo per il divo Tony Leung) mette subito in chiaro che è gay e il messaggio era rivolto al suo ex fidanzato.

Spaesata ad Hong Kong, Bu salva un certo Chan (Jackie) da alcuni brutti ceffi, di cui in realtà stava avendo ragione, e scoperto che è un riccone inizia una storiellina d’amore travagliato, perché lei lo ama ma non vuole essere una delle tante ragazze che lui frequenta, e via con una storia facilmente intuibile.

Deliziosi inframezzi marziali alla Jackie Chan

Il ricco Chan veste sempre di bianco, il colore preferito di Jackie, fa affari con la raccolta differenziata della carta, uno degli ideali del nostro, e Bu ripete più volte come il suo piatto preferito sia il riso cinese, che dall’autobiografia sappiamo essere il piatto preferito di Jackie: nel citato audio-commento il nostro eroe confessa che il personaggio corrisponde a lui “solo” per il 60%, e che in pratica l’unica parte inventata è quella affaristica, visto che non ha alcuna familiarità con i computer, internet o la finanza.

Antagonista del ricco Chan è l’amico d’infanzia è Howie Lo, interpretato – indovinate un po’? – da un vero amico di Jackie, Emil Chow, che principalmente è un famosissimo cantante e musicista ma ogni tanto lavora anche nel cinema. Fra i due ricconi c’è molta competitività e alla fine Howie Lo chiama un lottatore d’oltre oceano per colpire Chan dove fa più male: nella sua convinzione di essere un bravo lottatore. Gli affari e i soldi hanno infiacchito il riccone, e così perde contro il campione Alan, cioè l’australiano Bradley James Allan che è allievo di Jackie e suo stuntman, come si vede anche nel coevo documentario My Stunts (1999).

Dopo aver interpretato Ron Smoorenburg, ora Allan è se stesso

Chan deve rimettere a posto la sua vita e allenarsi come si deve, usando gli strumenti e soprattutto la vera routine di allenamento di Jackie, così da tornare in forma e poter battere il piccolo campione di nero vestito.

A quanto pare, Jackie ha davvero questi strumenti nella sua palestra

Nell’audio-commento Jackie ci spiega che il genere romantico di Hong Kong è un grosso rischio produttivo, perché in quel caso il mercato asiatico è ristretto: una storia d’amore è molto parlata, e i Paesi in cui servono sottotitoli non amano vedere questi film in lingua straniera. Se invece c’è Jackie Chan in locandina, vuol dire che le parole non contano e c’è tanta azione, quindi anche mercati sterminati come quello indiano comprano i suoi film. Aggiungiamoci poi che sin dagli anni Ottanta Jackie ha un grande numero di donne fan che a quanto pare non tollera che l’attore baci le attrici, ecco che non esistono scene di baci nei suoi film per non perdere il massiccio e affezionato pubblico giapponese. Visto però che il tempo passa e, ipotizza Jackie, quelle fan ormai sono adulte e sanno che lui non vive di solo amore platonico, magari un bacio in questo film se lo può concedere. Ma alla fine non si è fidato: il bacio fra lui e Shi Qu si vede solamente alla fine dei titoli di coda, tra le scene tagliate.

Insomma, fare una commedia – anche se d’azione – è un grande rischio per Jackie ma ha voluto provare lo stesso: i risultati al botteghino sono stati buoni, ma non sembra che si sia aperto per il nostro eroe una nuova èra di film d’amore.

In realtà il vero motivo per la nascita di questo film è un altro, molto più personale, ma lo vedremo la settimana prossima.

Ma… i cinesi usano le posate???

Una curiosità. Mentre tutto il mondo sta imparando ad usare le bacchette cinesi, qui i due protagonisti usano le posate occidentali! Mi sa che i cinesi dei ristoranti ci stanno prendendo in giro…

(continua)


L.

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17 risposte a Jackie Chan Story 25. Esperimenti

  1. Zio Portillo ha detto:

    Puntata di intermezzo… Che serve più che altro a far capire come i tempi siano cambiati per l’ennesima volta.

    Trovo interessanti due punti (a parte il discorso posate/bacchette… Qua bisogna indagare! Mo’ vado dal bar dei cinesi qua all’angolo e scateno una guerra che non te la sogni neppure!). Il primo è che un super-atleta come Smoorenburg nono riesca a “coordinarsi e a sintonizzarsi” con Jackie. Limiti dell’olandese (troppo alto?) o mancanza di adattamento di Jackie? In fondo lui è la star e sono gli altri che devono rapportarsi a lui e non viceversa. Poi magari Smoorenburg è veramente legnoso e a parte le lunghe leve indubbiamente coreografiche, non è “flessibile” e “di gomma” come gli asiatici. Boh! Sarebbe interessante saperne di più…
    La seconda cosa è la “misoginia” di Jackie che saltuariamente riappare. Qua addirittura non può baciare la partner del film perché sennò le fan giapponesi si incazzano?!?!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Fammi sapere come andrà la Battaglia delle Bacchete 😀
      Smoorenburg è uno splendido atleta, dovunque appaia regala oro, ma il problema è che di solito le coreografie si studiano prima, si fanno prove, gli atleti interessati capiscono cosa devono fare, e poi si va a girare. Con Jackie non funziona così: il primo giorno che arrivi sul set ti dicono “fai questo, questo, questo, questo, questo, questo, questo, questo, questo e questo: ok, si gira”. Capisci che imparare un’intera coreografia in un secondo e trovare immediatamente sintonia con Jackie è davvero qualcosa di titanico, anche perché Chan dopo vent’anni a combattere sempre con gli stessi collaboratori dà per scontato che tutti capiscano quello che ha in testa, visto poi che parla solo cantonese sul set. Ti immagini a parlare un inglese stentato con un danese senza esperienza?
      Inoltre Ron cerca di tirare tecniche credibili, che non è lo stile di Jackie, ma in generale non è lo stile di Hong Kong, che affonda le radici nelle rappresentazioni dell’Opera di Pechino: è uno spettacolo, senza alcuna pretesa di sembrare un vero combattimento. Il che significa che non devi tirare un calcio che sembri vero, ma un calcio che sia palesemente falso, anche se poi in video sembrerà verosimile: non è facile per un esordiente capire un intero mestiere nei pochi secondi che gli vengono concessi sul set.

      Stando a tutte le fonti, quando è trapelata la notizia che Jackie si è sposato una giapponese si è suicidata, e un’altra si è presentata alla Golden Harvest e ha ingoiato una lametta, o qualcosa del genere. Nel 1999 Jackie racconta a un giornalista americano che è perseguitato da donne stalker che gli scrivono robe inquietantissime, insomma: le fan di Jackie sono un po’ “pazzerelle”, quindi capisco il suo desiderio di non starle troppo a stuzzicare. Anche perché in Asia non c’è il mito del bacio, obbligatorio invece in Occidente, quindi essendo un divo d’azione non ha alcun motivo di darsi pena per le scene d’amore.

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  2. Madame Verdurin ha detto:

    Ora mi sento davvero scema per tutto il tempo che ci ho messo a imparare a usare in modo decente le bacchette! Non dico che ci prendo le mosche, ma ho fatto passi da gigante, convinta di rispettare la tradizione… Basta, d’ora in poi riso cantonese solo con lo sporchiaio! Ma mi tieni in sospeso così adesso? Non vale!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      ahaha è sempre bene chiudere con un cliffhanger, si fidelizza i lettori 😀
      Comunque il contagio culturale è davvero strano: noi italiani mangiamo molto più sushi dei giapponesi, che invece impazziscono per la cucina italiana, e usiamo le bacchette cinesi mentre i cinesi usano le posate: le usanze degli altri sono sempre più buone 😛

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  3. Cassidy ha detto:

    Terribile quando si vede così palesemente il cambio tra attore e cascatore, o tra atleti come in questo caso nei film, mi tira proprio fuori dalla storia. Il secondo film invece sembra sfizioso, forse Jackie Chan è riuscito a “vendermi” un film romantico, certo che ogni tanto, potrebbe interpretare sé stesso in un film no? Una volta, tanto per cambiare 😉 Cheers

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Inoltre è la prova che Jackie a forza di essere “unico” è rimasto da solo, incapace di interagire con chiunque non sia un suo allievo o amico stretto. Quando in “Triple Threat” atleti diversi, di nazionalità ed esperienza diversa, si sono scontrati non ci sono stati problemi, anche se provenivano da cinematografie diverse (e c’era pure Smoorenurg!) ma se uno si chiude nel proprio castello e interagisce solo con i propri scudieri, ecco che la “star straniera” fa nascere parecchi problemi.
      “Gorgeous” mostra un personaggio totalmente diverso dagli altri di Jackie, ti consiglio la visione 😉

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  4. Willy l'Orbo ha detto:

    Post interessante come sempre, da cima (mi ha stuzzicato assai la parte in cui si parla del suo rapporto con l’olandese alto “due cinesi e mezzo” 🙂 ), passando per il mezzo con il Jackie “romantico” fino in fondo quando forse abbiamo scoperto uno dei più grandi complotti della storia, quello delle bacchette!!! 🙂

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  5. Giuseppe ha detto:

    Lo scorno del povero Smoorenburg è assolutamente giustificato: come altro potresti reagire, quanto ti rendi conto che stai passando per quello che non sei? L’incapacità, qui, era semmai quella di Jackie nel far capire al partner olandese quello che avrebbe voluto da lui… Non essendo più un novellino da tempo, Jackie avrebbe anche potuto (e dovuto) accettare la realtà di un panorama marziale che non ruotava soltanto intorno ad amici e allievi.
    “Gorgeous” mi sembra decisamente più stuzzicante come cosa, assieme ovviamente al complotto internazionale delle bacchette cinesi… 😉

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  8. Kukuviza ha detto:

    Il film Senza regole l’ho beccato per caso l’altra sera, anche se a metà, e mi sembrava divertente. Interessante la cosa della mancata sintonia tra lottatori, d’altronde ha senso, ridicolo invece le mille inquadrature con lottatori cangianti!

    Jackie romantichello!!!! Chi se lo immaginava! E le fans perfino si incazzano se bacia le attrici? ammazza come sono gelose! Povero Jackie, doveva stare attento a mille cose per fare un film. Peccato che non hanno inserito un pseudolibro! o la sua autobiografia!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Forse la piaga del “romantichello con scrittore protagonista” non è arrivata ad Hong Kong, come invece ha invaso tutte le nostre reti, altrimenti ti pare che Jackie non si prendeva il ruolo di scrittore / lottatore? 😀
      “Senza regole…” lo replicano spesso, fa parte di quei pochissimi film di Jackie che girano in Italia, al contrario delle decine di altri suoi prodotti noti solo agli appassionati più stretti, che se li scaricano dai pirati perché se aspettano la distribuzione ufficiale muoiono di vecchiaia 😛

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