La setta (1991) Il silenzio dei tubi innocenti

Malgrado il tempo impietoso e totalmente impazzito, il calendario dice che siamo in estate e facciamo finta che sia così, se non altro è l’occasione giusta per l’annuale Notte Horror, evento patrocinato da The Obsidian Mirror in omaggio al mitico ciclo di Italia1.

Quest’anno ne approfitto per attingere ai tanti film d’annata che negli ultimi anni Cine34 ci ha regalato a piene mani e in altissima qualità, recuperandoli dagli archivi polverosi dov’erano stati murati vivi dalla distribuzione italiana negli ultimi trent’anni.

Il ciclo di Cine34 dedicato agli spaghetti horror

Il 25 marzo 2020 va in onda su Cine34, all’interno del ciclo “Brivido Rosso”, il film La setta, con cui festeggio questa Notte Horror 2021.

Ottenuto il visto della censura italiana il 1° marzo 1991, con il divieto ai minori di 14 anni per la tematica e per alcune scene scabrose, quello stesso 1° marzo il film inizia ad essere proiettato in sala.
Penta Film e Cecchi Gori lo portano in VHS mentre la sola Cecchi Gori lo presenta in DVD nel 2002. Dal novembre 2019 Cecchi Gori ha presentato un «nuovo master HD» (o almeno così c’è scritto sulla locandina) sia in DVD che in Blu-ray.

Italia1 lo presenta in prima visione martedì 29 giugno 1993, in seconda serata.

Già dal titolo si capisce che ci sarà acqua a casaccio, nella vicenda

Siamo nell’assolata California del 1970, quando in una comunità di Figli dell’Amore Eterno di verdoniana memoria arriva un uomo misterioso, che si presenta ripetendo identiche le parole di Sympathy for the Devil (1968) dei Rolling Stones, come gli viene fatto notare, e spiega la sua scelta con i misteri iniziatici che si nascondono dietro la musica dei Rolling Stones. Già ho capito che questo film farà male. Molto male.

Sesso, droga a Tomas Arana: roba da infarto

Dopo che l’uomo misterioso, chiamato Demon (il noto caratterista Tomas Arana), ha maciullato tutti i Figli dell’Amore Eterno come sacrificio umano al culto venerato dalla setta dei Senza Volto Così Non Si Vede Che Arrossiscono A Dire Stupidate, facciamo un balzo in avanti alla Francoforte del 1991, quando la tecnologia ha fatto passi da gigante… e hanno inventato il FatPhone di Balasso!

FatPhone, e il futuro… è già passato!

I titoli di testa ci dicono che il film è stato scritto da Dario Argento, Giovanni Romoli e Michele Soavi, oltre che diretto da quest’ultimo, ma ovviamente La Ssetta è stato sin da subito presentato come “film di Dario Argento”. Così il Dario nazionale racconta al giornalista Lamberto Antonelli de “La Stampa” (18 febbraio 1991):

«La setta è ambientato alla fine degli anni ’60 quando in America c’era un interesse enorme per ogni forma di fenomeni paranormali, per il satanismo, le sette appunto. Il film, che abbiamo girato in gran parte in California e in Germania, parte da questa idea, da questa domanda: che cosa ne è stato di quella gente? Di quelle credenze? Di quelle angosce?»

In realtà Robert Curti, nel suo Fantasmi d’amore (Lindau 2011), specifica che Argento «riprende e stravolte un copione di Gianni Romoli in origine intitolato Katacumba, pensato per Luca Verdone», il fratello di Carlo che quel 1991 esce in sala con La bocca (1991).
Usando un’espressione elegante come «carburazione lenta», quando io avrei detto “noia micidiale”, Curti commenta:

«Le tentazioni da horror metropolitano sono abbandonate a beneficio di un’ambientazione suburbana se non campagnola, in una Germania (ricreata tra Castel Gandolfo e Palazzola) che recupera in parte le atmosfere alla Grimm di Suspiria; tornano poi le fisse argentiane per l’acqua come elemento misterico e l’idea dei sotterranei della casa della protagonista come un mondo parallelo, visti in Inferno, nonché la curiosità per l’universo animale dei lavori più recenti, tra conigli senzienti e insetti fecondatori introdotti nel naso.»

A quanto mi sembra di capire, dunque, Argento ha preso la storia di Romoli e ci ha riversato tutte le cose che gli piacevano, e visto il risultato oserei dire che non si sia molto preoccupato se poi quegli elementi da lui amati avessero un qualsiasi significato all’interno del film, o se invece risultassero ridicoli in modo devastante.
Così abbiamo uno dei protagonisti che trova un antico librettino manoscritto, grande quanto un’agendina telefonica, con su incisa un’antica mappa dei tubi dell’acqua (sarà il Tubonomicon?), gli stessi tubi che per giorni un coniglio interroga di qua e di là, ma nonostante tutto questo interesse i tubi rimangono silenti: il film doveva chiamarsi… Il Silenzio dei Tubi Innocenti!

In questo antico manoscritto in miniatura non si capisce un tubo!

E venne un vecchio, che sapeva tante cose, che non ne diceva manco una, che si auto-invitò a casa della maestrina, che c’aveva er coniglio senziente, che poi il vecchio scende in cantina, che la cantina c’ha un pozzo gigantesco, col vecchio che butta ’na roba de foco, poi il vecchio muore con uno straccio in faccia, poi venne il coniglio che mio padre comprò.
Credevo non mi piacesse il Dario Argento regista, invece scopro un disprezzo novello e vivace per l’Argento sceneggiatore!

Vecchio che muore fa 80, con lo straccio in faccia 28 e col coniglio sulla panza 19:
giocate, che è un terno sicuro! Poi facciamo a metà…

Recitando arcane formule sataniche («Gentalyn, Tachipirin, Felden») assistiamo ad una trama in libertà, con scene che si susseguono senza alcuna pretesa di consequenzialità: è come se Soavi avesse raccolto dal pavimento della sala di montaggio un po’ di pellicola scartata da altri registi e si fosse divertito a mettere tutto assieme. Tanto che ci frega? Basta scrivere “Dario Argento” in locandina che la gente compra il biglietto e i critici esultano, non serve mica fare un film vero.

Herbert Lom, distrutto dal non aver mai fermato l’ispettore Clouseau

Non riesco proprio ad essere un attento osservatore come il citato Curti, la cui recensione del film è mille volte migliore del film stesso.

«Se La chiesa rileggeva l’iconografia medievale in chiave blasfema, La setta snocciola un rosario di riferimenti religiosi disparati. I richiami all’iconografia cattolica sono declinati in chiave paradossale (l’apparizione del cristologico Damon nel prologo) o surrealista: si vedano la simil-sindone che riproduce le fattezze di Lom e si appiccica malignamente – e magrittianamente – ai volti delle vittime, e il simil-Cristo legato a un albero in una scena onirica che a tratti rimanda alla sequenza dell’adorazione dei piedi in L’Âge d’or

Tutto bello, tutto interessante, ma il problema è che non c’entra una mazza con la trama, se proprio vogliamo ridere a chiamare trama quella de La setta: come al solito il Diavolo è così incapace da aver bisogno di una donna – proprio quella, mica una qualsiasi – per partorire il suo solito figlio, e su questa trama sviluppata in trenta secondi Soavi e Argento costruiscono una cattedrale di nulla per riempire i 125 minuti rimanenti. Ripeto: 125 minuti! Fatti di conigli che rosicchiano tubi, aironi che escono dai pozzi, gente che va, che viene, che muore non si sa perché, e a cui cadono robe dalle mani.
Sicuramente sarà tutta roba simbolica, e sicuramente il problema è mio visto che basta dire Argento a far cadere le mutande di tutti, ma non riesco proprio a capire come facciano questi film ad essere ancora oggi considerati film, invece che puro onanismo simbolico, quando non proprio presa in giro dello spettatore.

Basta, m’arrendo: tiratemi fuori da ’sto film!

A parte la celebre scena della tizia a cui strappano la faccia – il perché del gesto lo sa solo Argento – il film è totalmente privo di quelle scene splatter che hanno reso celebre Dario, perché il simbolismo va bene ma a vendere negli anni Ottanta sono le budella al vento. Se a questa “mancanza” aggiungiamo quella che Curti stesso definisce «una sceneggiatura a tratti davvero goffa», ecco che il risultato lascia molto a desiderare, sebbene Curti di nuovo sia più elegante: «Il risultato è interlocutorio».
Al di là del risultato al botteghino, visto poi la brevissima permanenza in sala e la distribuzione successiva non certo capillare, La setta è troppo argentiana per essere un film di Soavi, ma è troppo diverso dall’Argento delle grandi occasioni per essere un film argentiano. Insomma, un figlio di nessuno che forse nelle sole mani di Soavi, o dello sceneggiatore originale Romoli, magari avrebbe avuto ben altro risultato. Per esempio…
Per esempio in quello stesso 1991 in cui Soavi-Argento ritraevano una giovane donna in abito bianco che veniva calata in un pozzo oscuro, entrando a contatto con forze maligne, a distanza di soli tre mesi (giugno 1991) dall’altra parte del mondo usciva il romanzo capolavoro Ring di Kôji Suzuki, inserendo elementi scientifici invece che religiosi ma capace di creare una storia perfetta, invece che semplici scene buttate a caso.

Bella l’idea del pozzo visto dal basso: meno male che avrà un luminoso futuro altrove

Con La setta abbiamo solo animali che entrano ed escono a casaccio, acqua a casaccio, rimandi cristiani totalmente inutili e fuori contesto, insomma roba che ci si poteva aspettare da un autore esordiente, non da gente con quindici anni di carriera sulle spalle.

Per trent’anni mi ero risparmiato questa visione indigesta, finché mi sono lanciato nel pozzo oscuro del cinema horror italiano, sacrificandomi in nome di quella divinità oscura chiamata “Notte Horror”.

Le tappe della Notte Horror 2021

L.

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36 risposte a La setta (1991) Il silenzio dei tubi innocenti

  1. Madame Verdurin ha detto:

    Grazie Lucius per esserti immolato sull’altare della Notte Horror ed esserti sorbito questo film affinché nessun’altro di noi debba mai farlo! A quando il Tubonomicon su Non Quel Marlowe? 😀

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  2. Sam Simon ha detto:

    Ahia, mi sa che sei incappato nel migliore Argento, quello i cui film vanno visti in compagnia per passare serate sfiziose tra una risata e l’altra non necessariamente generata dalla visione dei suoi film…

    Mi dispiace che queste più di due ore siano state per te un supplizio vero e proprio!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Era come se avessi addosso quello straccio che si vede in locandina, che appare nel film senza alcuna spiegazione né motivo d’essere. Io già di mio trovo odioso tutto ciò che porta la firma di Argento, figuriamoci questo che è tutta una roba simbolica buttata a casaccio: che tristezza…

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      • Giuseppe ha detto:

        Io potrei dire che per me “La Setta” è un soprannaturale incubo fulciano e lynchiano al tempo stesso (e quindi “abbandonate ogni logica voi ch’entrate”), con una spruzzata di cosmico spiazzamento lovecraftiano, ma sono consapevole che questa mia difesa d’ufficio si fonda su tre pilastri che NON ami particolarmente 😉 Argento non lo tiro nemmeno in ballo, che qui stava già in fase calante e giusto la firma poteva metterci (senza Romoli e Soavi il suo apporto “creativo” sarebbe equivalso a zero, a essere buoni). Parlando poi di ispirazioni letterarie, poi, la faccenda dei tubi mi ha fatto in qualche modo venire in mente non tanto il terribile Tubonomicon 😀 ma bensì “Bastoni” di Karl Edward Wagner: prendendola un po’ alla lontana, sostituisci agli enigmatici tubi gli altrettanto enigmatici graticci di legno, e la soluzione all’enigma può essere altrettanto spiacevole… con la differenza che per Wagner è esplicita, a differenza del film.
        P.S. Credo che l’idea originale di Romoli abbia lasciato tracce (non dichiarate) nella miniserie televisiva “Voci Notturne”, del 1995. L’ultimo prodotto fantastico davvero degno di nota dell’emittente di stato… o, forse, dovrei dire l’ultimo in assoluto 😦

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Il citato saggio attribuisce al solo Argento la varia simbologia che costituisce lo scheletro del film, in quanto se tolta non rimane nulla di nulla, quindi non so quale sia l’apporto di Soavi in un prodotto senza trama, sceneggiatura, personaggi e intreccio. Non mi strappo le vesti per la chiusura di quella stagione italiana dell’horror 😛

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      • Sam Simon ha detto:

        Nel 1991 quello di buono che aveva da dire l’aveva detto Argento, se non ti piace nemmeno con le sue opere precedenti… allora qui hai fatto il kamikaze!

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        era uno dei pochissimi film della storica “Notte Horror” di Italia1 che non avevo ancora linkato nella pagina riassuntiva: almeno ho colmato una falla 😛

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      • Sam Simon ha detto:

        Da completista allora ti capisco al 100%!

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  3. Cassidy ha detto:

    Penso sia davvero tutta qui la questione, troppo poco Soavi e tanto Dario Argento, che in veste di sceneggiatore è l’incubo numero uno di tutti quelli che amano le trame cartesiane, che filano e trovano incastri riusciti. Sull’elenco medicinale delle formule sataniche ho sputato un polmone dal ridere, ci proverò anche io alla prossima sortita in farmacia 😉 Cheers

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  4. babol81 ha detto:

    Un altro di quei film che, pur essendo una “bimba di Notte Horror”, non sono mai e dico mai riuscita a guardare nei mille passaggi televisivi. A quanto pare non mi sono persa granché!

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  5. Willy l'Orbo ha detto:

    Ahahaha! Sul Tubonomicon mi sono ribaltato dalle risate! 🙂
    Sul film, effettivamente pare un figlio di nessuno come testimoniano i (non) risultati…
    Di Soavi ricordo con piacere la produzione precedente (La chiesa, Deliria) mentre di questo, fino alla lettura della tua rece, non casualmente, non ricordavo praticamente…un tubo!!! 🙂

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Nei primissimi Novanta noleggiai in videoteca “La chiesa” pronto ad un horrorazzo ghiotto: il dolore provato nella visione mi ha tenuto in seguito a debita distanza da quel film, e di solito cerco di non immischiarmi con gli spaghetti horror dell’epoca, con cui non vado proprio d’accordo 😛

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      • Willy l'Orbo ha detto:

        Ce l’ho addirittura in dvd e ne conservo un ricordo positivo, potrei ricredermi visto che non lo vedo da bel po’ ma sugli horror sono meno “leggendario” (nel significato ormai codificato dallo zinefilo) di te! 🙂

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      • Giuseppe ha detto:

        Se vuoi soffrire davvero, lascia perdere l’innocente “La chiesa” e riguardati il film che mi ha fatto perdere definitivamente la voglia di fare ancora la difesa d’ufficio di quel che rimaneva del Darione Nazionale (i suoi Masters of Horror non fanno testo, essendo prodotti USA a tutti gli effetti): “Il Fantasma dell’Opera”, annata 1998… vedrai, di sicuro dopo NON mi ringrazierai 😛

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Mi è già bastata la cocente delusione di quello con Englund nei primi Novanta, ho chiuso con il Fantasma dell’Opera. E col Darione nazionale ho chiuso già prima di aprire 😀

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  6. Pietro Sabatelli ha detto:

    Adocchiato già precedentemente, in lista per il futuro, ha un non so che di intrigante 😉

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  7. Obsidian M. ha detto:

    «Il risultato è interlocutorio» è una frase bellissima che devo assolutamente ricordarmi di usare anch’io il giorno che mi capiterò di recensire qualcosa di altrettanto nullo senza per forza infierire.
    Per un attimo mi è balenata l’idea di usarla tra un paio di settimane quando toccherà a me prendere la parola nella “Notte Horror”, ma purtroppo ho scelto un titolo sui cui sarà dura non infierire…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Certe volte mi lascio prendere dall’emotività e scrivo stroncature inutilmente cattive, così torno indietro e cerco di ammorbidire, perché il critico migliore è quello che non infierisce, pur se comunque ti fa capire la stroncatura. Non è però facile, quando hai di fronte film che ti tirano fuori il diavolo che c’è in te 😀
      Curioso di leggere la tua stroncatura contenuta ^_^

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