Nel 1972 la narrativa d’intrattenimento dà voce alla rabbia popolare e testimonia il crollo rovinoso delle istituzioni: polizia e politica sono colluse con quei criminali che fingono di combattere, quindi la giustizia vera può arrivare solo… da un Punitore.
Quella carogna di Henry Silva
Non potevo ignorare il consiglio di Andrea del blog Malastrana VHS per questo ciclo dedicato al violento cinema della punizione, ma prima dovevo fare questa premessa: quella carogna di Henry Silva ha battuto tutti sul tempo!
Trovare materiale sul celebre e prolifico caratterista è davvero difficile, ma sarebbe bello un giorno capire come un attore di piccoli ruoli cine-televisivi sia finito a fare il protagonista per gli italiani sotto copertura: che il segreto siano i natali a Brooklyn? Probabilmente Henry Silva vanta sedicenti origini italiane come tutti i “broccolini”.
Quale che sia il motivo, quando l’aiuto regista pugliese Emilio Miraglia fa il salto di qualità e diventa regista – con lo pseudonimo di Hal Brady – sceglie Silva come attore feticcio.
Dopo aver esordito con Assassination (1967) – che non è il film omonimo con Charles Bronson, ma è inquietante come i due attori si incontrino durante la loro carriera – Miraglia presenta un film di vendetta privata che però anticipa molto del cinema dei “punitori”.
Con un divieto ai minori di 14 anni, essendo ancora troppo presto per la violenza al cinema, il 21 marzo 1968 riceve il visto di censura Quella carogna dell’ispettore Sterling, nelle sale torinesi dal 26 aprile successivo, e a Roma dal 1° maggio.
Siamo in anni “carognosi”, con film come Quella carogna di Frank Mitraglia (1968) di John Berry o Carogne si nasce (1968) di Alfonso Brescia, e romanzi come l’ottimo Carogne si nasce di James Hadley Chase, nelle nostre edicole dal dicembre 1963, o Anonima carogne di Richard Stark (Donald E. Westlake), nelle nostre edicole dal luglio 1964.
Ho voluto citare i romanzi perché questo film è chiaramente figlio della narrativa popolare che all’epoca – quando, pensate un po’, in Italia si leggeva e anche tanto – era veicolata in gran parte anche dalla narrativa “bassa”, quella da edicola, quella che nessun critico serio o intellettuale leggeva.
Gli anni Sessanta hanno visto l’esplosione di quel genere che mi diverte chiamare italian pulp, un oceano di autori nostrani nascosti dietro nomi anglofoni pencolanti che raccontavano su carta storie semplici che scimmiottavano i film americani. L’investigatore duro, il vampiro zozzone, il ladro astuto, il giustiziere mascherato e via dicendo. Storie rozze e spesso scritte male, ma figlie di una passione cocente che ha spinto milioni di nostri connazionali a premiare queste iniziative editoriali.
Il film di Miraglia – sceneggiato da Massimo De Rita e Dino Maiuri – sembra fatto della stessa materia dell’italian pulp: una storia semplice, a tinte forti e creata sullo stile americano.
Il film inizia con Sterling (Henry Silva) che va al funerale: non sappiamo altro. Visto che sembra accompagnarlo la moglie, potremmo immaginare che sia il funerale di loro figlio, ma proprio in questa incertezza sta il segreto della riuscita della scena. Vediamo un dolore muto, intenso e privo di spiegazione.
La mono-espressione tipica di Silva ci aiuta a leggere questo dolore sul volto del protagonista…
A quella carogna dell’ispettore Sterling, un poliziotto troppo duro per la polizia, un Callaghan ante litteram, hanno ucciso il figlioletto e questo ha fatto crollare tutto. Sterling era già ossessionato di suo da un caso che non lo faceva dormire e lo aveva fatto sospendere dal lavoro: ora l’ultimo barlume di “normalità” a cui aggrapparsi se ne è andato. Ora è solo caduta.
Allontanato tanto dalla moglie che dalla polizia – espulso cioè da quel sistema sociale a cui lui si era sempre votato anima e corpo – Sterling non è più un borghese, non è più un rappresentate delle istituzioni, non è più un uomo giusto… è solo una carogna. La caccia agli assassini del figlio può iniziare.
Come dicevo, il film parla di una vendetta personale eppure riesce ad essere un precursore di quei “punitori” che nasceranno dal 1969, i quali non perseguiranno vendette personali bensì assurgeranno alla carica di “esecutori” di leggi che la società non riesce più ad imporre.
Ad un certo punto infatti il nostro eroe sbotta e aggredisce verbalmente un giornalista che lo incalza, accusando la stampa di demonizzare la polizia quando ci va con le mani troppo pesanti e accusarla di lassismo quando ci va con i piedi di piombo. Aggiungendo un paio di frecciatine alla polizia che avrebbe le mani legate, mentre quelle di una “carogna” sono libere, abbiamo un giustiziere della notte ante litteram.
Va comunque sottolineato che siamo lontani dai “giustizieri” futuri, qui Sterling è tutto fuorché un privato cittadino: è un ex ispettore, è stato addestrato a sparare e nel combattimento, ha già armi a disposizione e sa come usarle così come sa tendere trappole ai cattivi. Non deve imparare tutto strada facendo, come faranno Bronson o Franco Nero anni dopo, è già pronto a distribuire la sua giustizia con la mano pesante, non cedendo però mai ad istinti da vigilante.
Il film si svolge a San Francisco, meta sognata da tanti italiani dell’epoca, come ci testimonia la canzone omonima del 1967 di Bobby Solo. Però della rivoluzione cultural-sessuale si vede giusto qualche donnina svestita nei localini notturni, roba più attinente al noir casereccio dei libri in edicola.
Miraglia è molto bravo a non creare un film bloccato nel suo tempo, a non cedere alla tentazione di qualcosa fruibile solo nel 1968, e con una regia fresca e piacevole secondo me regala la pellicola anche ai posteri. Alcune inquadrature e scelte registiche le ho trovate molto ricercate, per essere un filmettino abbastanza “andante”, e probabilmente l’ardore da neo-regista ha spinto il nostro Hal Brady a non limitarsi ad un lavoro di maniera.
A quella carogna di Sterling non interessa la Giustizia, a lui interessa solo far fuori gli assassini del figlio, quindi si auto-esclude dal “cinema dei punitori”, di quelli che invece vogliono portare giustizia per tutti i torti subiti dai cittadini, ma lo stesso è impossibile non avvertire in questo film i primi vagiti di idee che nasceranno nel 1969 con Mack Bolan e nel 1972 con il Death Wish di Brian Garfield.
Da questo sodalizio Henry Silva inizia una lunga collaborazione con il cinema italiano, che credo l’abbia trattato molto meglio di quello americano: da noi Silva era protagonista ed era ritratto sulle locandine, in patria dovrà aspettare parecchio… semmai c’è finito, in una locandina americana!
L.
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Molto interessante anche questa deviazione perché il giustiziere/punitore può essere declinato in mille salse senza perdere quella spinta (dal basso) che ne ha decretato il successo presso il pubblico.
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Inoltre è utile a mostrare come in realtà nulla nasca dal nulla, è tutto un continuo processo evolutivo.
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Se lo ha fatto, forse per qualche ruolo da cattivo, moltoeglio essere il re delle carogne allora, ottimo titolo, ci sta a pennello in questa rubrica di punitori e beh, anche un po’ di carogne per stare in tema 😉 Cheers
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Diciamocelo, Henry Silva è famoso per ruoli da carogna, non certo da buono 😛
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Pingback: Quella carogna dell’ispettore Sterling (1968) | IPMP – Italian Pulp Movie Posters
Film e post molto interessanti! Aggiungo: faccione di Silva indimenticabile! Con il post di ieri temo che passerò il resto della settimana ad immaginare uomini con l’aspetto di Silva che massacrano gli assassini del figlio usando una zampa equina e canticchiando i motivi di Olmo! Ahahaha! 🙂
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hahah per me l’aggiunta di Silva nel film di ieri sarebbe stato un valore in più ^_^
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Bei ricordi, quando gli attori americani -e inglesi- potevano collaborare con il cinema italiano perché C’ERA ancora, il cinema italiano (di genere): Henry Silva, Keenan Wynn, John Saxon, Rod Steiger, Martin Balsam, Robert Webber, Eli Wallach, Joseph Cotten, Donald Pleasence, David Hemmings…
Qui, poi, l’Italia ha dimostrato di saper giocare d’anticipo per l’ennesima volta (e per l’ennesima volta senza davvero rendersene conto, temo) pur rimanendo più dalle parti dei futuri ispettori Harry Callaghan e Jack Regan che non di giustizieri alla Paul Kersey (con il quale Sterling ha ben poco a che fare, alla fine).
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Paradossalmente questi film nascevano per seguire la moda americana e invece finivano per anticipare mode future: quanto talento sprecato per una cinematografia che dato tanto e le è tornato indietro davvero poco.
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