Il 15 marzo di esattamente cento anni fa veniva proiettato a Berlino Nosferatu, eine Symphonie des Grauens di F.W. Murnau, un film muto destinato a scrivere una pagina di storia del cinema: malgrado le vicissitudini che l’hanno segnato (come visto ieri), il film si conquista l’eternità come il vampiro di cui parla.
Per l’occasione la nostra amica Vasquez ha imbracciato il suo smart gun migliore ed è partita in missione sulle tracce del non-morto più famoso dell’immaginario occidentale e dei suoi successivi eredi.
Ecco i partecipanti all’iniziativa:
- “La Bara Volante“
- “Vengono fuori dalle fottute pareti“
- “The Obsidian Mirror“
- “Non quel Marlowe“
- “Gabriele Segapeli” (YouTube)
L’ombra di Nosferatu
di Vasquez
Quando mi è stato proposto di unirmi alla celebrazione del centenario del film Nosferatu il vampiro di Friedrich Murnau non nascondo che mi sono sentita decisamente onorata, ma anche alquanto intimorita dall’impresa. Il film è un caposaldo, della cinematografia e dell’horror, e ispira un certo timore reverenziale, se non proprio soggezione. Non mi sento in grado oggettivamente di scrivere una recensione di un film – al massimo posso riportare le mie impressioni – a maggior ragione di quel film: non so nulla di espressionismo, tedesco o non tedesco, di scenografia, fotografia, inquadrature proprie del cinema muto ormai perse nei tempi, tutto è cambiato nel modo di fare cinema.
La tentazione di tirarmi indietro è stata forte, ma ho scoperto che può esistere un modo di guardare a quel Nosferatu con occhi diversi, facendolo sembrare un po’ meno fuori dal suo tempo (persino un po’ più spaventoso), attraverso gli omaggi che gli sono stati tributati da un secolo a questa parte. Ho iniziato quindi la mia personale caccia al vampiro, affrontando un percorso un po’ tortuoso: a volte ho dovuto fare un passo indietro per farne due in avanti, c’è stata qualche piccola deviazione lungo la via, ma l’arrivo è stato più che soddisfacente, anche se, come sempre, mai esaltante quanto il viaggio.

Primo passo (di qui non si scappa): vedere Nosferatu il vampiro (1922) diretto da Murnau.
Prima di questo non credo di aver mai visto per intero un film muto. Bisogna cambiare completamente la propria impostazione mentale per una cosa del genere: non ci si può distrarre un attimo, non solo per leggere le didascalie, ma perché la storia è affidata completamente alle immagini, un modo di narrare che oggi non si usa quasi più, per incapacità o forse per pigrizia, chissà.
La storia è nota: il giovane Hutter (Gustav von Wangenheim), impiegato in un’agenzia immobiliare, viene mandato in Transilvania presso il conte Orlok (Max Schreck) per illustrargli l’acquisto di una nuova proprietà. Nel suo soggiorno finirà vittima del conte vampiro, il quale credendo di averlo lasciato in fin di vita prende la via del mare per arrivare nella cittadina di Wisborg, portando con sé orde di topi e la peste.
La moglie di Hutter, la bella Ellen (Greta Schröder), intuisce il collegamento dell’arrivo di Orlok con quello della Morte Nera che sta decimando la città e si sacrifica, nutrendo il conte, di fatto distraendolo fino a quell’alba che con la sua luce farà svanire il vampiro.
L’atmosfera è molto particolare, si passa da una situazione idilliaca, quasi allegra, alla valenza di sogno che assume il viaggio di Hutter tra i Carpazi, con le superstizioni dei paesani che non vogliono accompagnarlo fino al castello, e il surreale tragitto che si ritrova a fare, in carrozza, col conte Orlok a cassetta.
La cosa che mi colpisce di più però è l’aspetto del vampiro: enormi orecchie a punta, pelato tranne che per dei ciuffi disordinati sulle tempie, incisivi aguzzi invece dei canini ai quali siamo tutti abituati, alto, segaligno e di nero vestito. L’aggettivo che viene in mente guardandolo è sgradevole.
Decisamente particolari i documenti che Hutter porta con sé da far visionare al conte, da parte del titolare dell’agenzia immobiliare Knock. Chissà che lingua credevano si parlasse in Romania! Forse nelle intenzioni dovevano sembrare formule oscure, o magari uno strano codice tra Orlok e Knock (Alexander Granach), suo complice a Wisborg.
Una scena particolarmente disgustosa si verifica quando Hutter, ospite del conte Orlok a cena, si taglia accidentalmente un dito mentre sta affettando il pane. Alla vista del sangue il vampiro non resiste, provando in tutti i modi a nutrirsi di quella goccia di sangue, riuscendoci. Il ribrezzo e il raccapriccio che ho provato al pensiero che Orlok potesse avvicinarsi a qualcuno tanto da leccargli via del sangue da un taglio mi ha fatto capire quanto la scelta del look del personaggio di Schreck sia stata azzeccata ed efficace.
Nonostante il film non mi abbia ispirato paura o orrore come deve aver fatto ai suoi contemporanei, è indubbio che ci sia stato uno studio alla base dell’aspetto e delle movenze del mostro.
Anche nel momento in cui si erge dalla sua bara con un movimento che è diventato proprio del non-morto che si risveglia (come ben illustrato anche da Leslie Nielsen) si intuisce che è un essere che non appartiene a questo mondo.
L’opera è nota anche e soprattutto per essersi salvata dalle ire della vedova di Bram Stoker, che rivendicando i diritti d’autore sul romanzo Dracula scritto nel 1897 da suo marito, chiese la distruzione di tutte le copie esistenti della pellicola.
Di conseguenza devo tornare indietro di venticinque anni.
Il giovane avvocato Jonathan Harker, appena assunto in uno studio legale, viene mandato in Transilvania presso il conte Dracula, per chiudere una transazione. Verrà lasciato nelle mani e tra i denti delle tre Spose del vampiro, mentre Dracula si reca alla conquista di Londra, facendo distribuire, e poi distribuendo egli stesso, bare con dentro la terra per il suo riposo in giro per la città.
Dopo aver trasformato Lucy in vampira, Dracula si dedica alla trasformazione della di lei amica Mina, trovando però sulla sua strada il professor Van Helsing, il quale recluta: il marito di Mina Jonathan Harker, Arthur che sarebbe dovuto diventare il marito di Lucy di lì a poco, Quincy Morris ex pretendente di Lucy, e il dottor Seward ex allievo dello stesso Van Helsing.

Bram Stoker, secondo me, non avrebbe mai immaginato
che il suo Dracula sarebbe diventato davvero immortale
Stoker attribuisce ogni sorta di potere al suo vampiro, incluso il trasformarsi in nebbia e in pipistrello, e l’avere il comando su lupi e topi. La luce del sole non è un problema tranne per il fatto che appunto inibisce i suoi poteri. Viene ucciso da Quincy Morris, il quale lo pugnala al cuore col suo kukri, coltellaccio usato dal popolo nepalese dei Gurkha (o Ghurka, l’ortografia non è chiara).
Non c’è traccia di peste, e scopro che la scena che più mi ha colpito in Nosferatu non è presente nel libro: Harker non si taglia il dito mentre affetta il pane durante la cena.
Si taglierà invece mentre si fa la barba con l’aiuto di uno piccolo specchio che si è portato da casa: il castello infatti ne è privo. Harker si renderà conto che la vista del sangue ha uno strano effetto sul suo ospite…

da Dracula di Bram Stoker (1992):
l’unica scena nel film di Coppola che può dirsi proveniente dal libro di Stoker
In seguito Harker subirà l’attacco delle tre Spose del conte, ed è un assalto voluttuoso e intenso, una scena di tentazione e dannazione, un’agonia di deliziosa anticipazione di un’estasi che non ci sarà: la furia del conte nella sua gelosia interrompe il momento di lascivia, «Via vi dico! Quest’uomo appartiene a me!». Si dice addirittura che questa sfuriata sia apparsa all’autore in sogno, ispirandogli l’intero romanzo.
C’è da dire comunque che la componente seduttiva e conturbante appartiene esclusivamente ai vampiri di sesso femminile: Stoker non fa nulla perché noi possiamo in qualche modo parteggiare per Dracula, che addirittura quasi non vediamo, se non attraverso le conseguenze delle sue azioni.

Yutte Stensgaard in Mircalla, l’amante immortale (Lust for a Vampire, 1971) della Hammer
Probabilmente Stoker attinge da Sheridan Le Fanu la sensualità delle sue vampire
(“una e trina”, come Millarca, Carmilla e Mircalla, e languide allo stesso modo)
La fisionomia del conte Dracula è differente da quella del conte Orlok: ha un volto aquilino con naso sottile e arcuato, fronte alta e bombata, capelli folti tranne che intorno alle tempie, orecchie pallide estremamente appuntite, sopracciglia molto folte, e la bocca ferma, dal taglio crudele, nascosta dai folti baffi (bianchi, si scuriscono dopo che si è nutrito); e i denti aguzzi sono i canini.

da Il conte Dracula (1970) di Jesse Franco, l’unico film con un Dracula baffuto:
prima, durante, e dopo la cura a base di emoglobina
Ecco allora che nei film successivi a quello di Murnau, approvati finalmente dagli eredi di Stoker, l’aspetto del vampiro cambia, grazie alle performance di Bela Lugosi prima, e di Christopher Lee poi, e l’iconografia “nuova di zecca” del conte Dracula viene impressa a fuoco nelle menti di tutti noi.
Continuando il mio percorso in cerca di un’interpretazione a me più accessibile del Nosferatu del 1922, arrivo al 1979, quando viene girato un remake del film di Murnau.

Terzo passo (pari avanti adagio): vedere Nosferatu, il principe della notte di Werner Herzog.
Anche se qui vengono recuperati i nomi originali del romanzo, e abbiamo “Dracula” e non più “Orlok”, il film pesca molto di più da Murnau che da Stoker, compresa l’epidemia di peste con annesso sacrificio della moglie di Harker, Lucy (le due donne del libro, Mina e Lucy, vengono spesso fuse in un unico personaggio nelle varie trasposizioni, a volte anche scambiate di ruolo). E compreso anche l’aspetto del vampiro.
Grazie soprattutto all’interpretazione di Kinski, il mostro perde parte del suo lato più disgustoso per acquisire una nota di dolente solitudine che suscita una sorta di empatia, se non proprio di pietà.
Ed è sempre grazie a Kinski se riesco a non sentirmi nauseata nella scena – che qui ritrovo, con mia felice sorpresa! – in cui Harker si taglia il dito affettando il pane davanti al conte, il quale ovviamente non accompagna il suo ospite nel pasto, se non in modi inaspettati.
Il vampiro però non svanisce alla luce dell’alba – invenzione del film del 1922, pare dello stesso Murnau – ma verrà trafitto al cuore da Van Helsing con un paletto. E purtroppo il sacrificio della bella Lucy (interpretata da una assurdamente stupenda Isabelle Adjani) sarà inutile, in un finale che mi ha lasciato di stucco.
A questo punto, su consiglio di un amico (grazie Lucius!) mi tocca fare una piccola deviazione, perché sempre nel 1979 viene trasposto per la TV uno dei primissimi romanzi di Sthephen King, Le notti di Salem (1975), con una miniserie che mi è sempre sfuggita, ma che ora finalmente riesco a recuperare.
A casa Marsten, imponente e antica villa che incombe dalla collina sovrastante la cittadina di ’Salem’s Lot, è arrivato un nuovo inquilino con il suo aiutante. Seguono casini.
Nonostante la miniserie si perda per strada il personaggio di padre Callahan (imperdonabile!) devo dire che l’ho apprezzata parecchio, soprattutto grazie alla prova di David Soul: un’autentica sorpresa per me trovarlo qui.
Altro giro, altra sorpresa: l’aspetto di Kurt Barlow, il vampiro facente funzione di conte.
Nonostante sia passato diverso tempo dall’ultima volta che ho letto il libro, non mi pare proprio di ricordare che Barlow fosse fatto a forma di Nosferatu! Di conseguenza mi tocca fare un’altro passo indietro e tornare al 1975 per verificare com’è che King ha descritto la sua personale versione di Dracula.
Zio Stevie mi fa tribolare: sempre prolisso fino all’eccesso, qui si mette a lesinare le descrizioni di Barlow, così come lesina le sue apparizioni: lo vediamo tre, quattro volte al massimo, fugaci “comparsate” di poche righe su 444 pagine. Come un pipistrello che svolazza nei pressi di una finestra illuminata (e come nel libro di Stoker) quella dell’essere immondo è una presenza che aleggia, della quale ci accorgiamo solo a causa delle sue azioni deplorevoli.
Comunque qualcosa riesco a tirar fuori: volto forte, intelligente, e bello in una maniera quasi tagliente, repulsiva, zigomi un po’ alti, capelli inizialmente bianchi con qualche macchia grigio ferro stranamente virile, neri e lucidi nel finale, pettinati all’indietro a rivelare una fronte alta e cerea. I denti aguzzi naturalmente sono i canini.

Questo è già un po’ più somigliante a quello descritto da King:
Rutger Hauer/Barlow, dalla miniserie Salem’s Lot (2004)
Quindi nel 1979, ben due versioni dell’immortale conte recuperano l’aspetto del Nosferatu del 1922, quando l’iconografia vampirica sembrava ben delineata, radicata, e immutabile. Tanto che in quello stesso prolifico anno esce addirittura un’altra trasposizione del libro di Stoker, Dracula di John Badham, che propone, di nuovo, l’immagine del vampiro ormai considerata “classica”.
Ma mentre il film di Herzog con Kinski pone già nel titolo la sua dichiarazione di intenti, la trasposizione di Tobe Hooper del libro di King non ha alcun obbligo nei confronti del film di Murnau: l’immagine di Barlow qui presentata quindi, è un omaggio, uno dei più sentiti, ad un film universalmente riconosciuto come capolavoro. Sarebbe bello sapere se l’idea di truccare in questo modo il vampiro principale della storia sia venuta fuori dal regista o dall’attore.

Sesto e ultimo passo (… e poi dritto fino al mattino): L’ombra del vampiro (2000) di E. Elias Merhige
L’omaggio più esemplare l’ho trovato però nel film di Merhige, un film del film, che inizialmente sembra in tutto e per tutto un documentario su come Murnau abbia messo su pellicola il suo Nosferatu, peraltro anche molto interessante, ma poi fortunatamente va da tutt’altra parte.
Alcuni cartelli all’inizio, inseriti a mo’ di film muto, mi portano subito dentro la storia: ai Jofa Film Studios di Berlino si sta girando l’ultima scena in interni del più realistico film sui vampiri mai realizzato, e il suo regista sta per entrare nella storia.
Le attrici però sono sempre le stesse, in ogni tempo e in ogni epoca: vogliono più attenzioni, più notorietà, più visibilità. Greta Schröder (Catherine McCormack), protagonista femminile, non vuole lasciare Berlino proprio ora, all’inizio della stagione teatrale: le stanno offrendo parti eccezionali! Paghe eccezionali! E poi non c’è paragone: solo il pubblico teatrale riesce a donarle la vita, mentre quella “cosa” (la cinepresa) gliela toglie.
Mentre fervono i preparativi per raggiungere la Cecoslovacchia, dove verranno girati gli esterni, tutti si chiedono chi interpreterà il vampiro. Quanto è alto? E il trucco? Di che tipo di vestito ha bisogno? Non lo sa nessuno. Si sa soltanto che è stato scelto da «herr Doctor» in persona, vale a dire lo stesso Murnau (John Malkovich). Pare sia un certo Max Schreck (Willem Dafoe), e che come parte della preparazione si immerga completamente nel personaggio che deve interpretare. È per questo che non viaggia col resto della troupe, è già in Cecoslovacchia, lui, per assorbire le atmosfere del luogo. Apparirà sui set già truccato, e girerà le sue scene esclusivamente di notte.
La prima apparizione di questo geniale attore che applica “il metodo” – introdotta efficacemente dalle parole del regista e aiutata dall’atmosfera cupa del posto – è strabiliante! Terrorizza tutti: il co-protagonista Gustav (Eddie Izzard), l’operatore di macchina Wolf (Ronan Vibert), braccio destro del regista, il produttore e scenografo Albin (Udo Kier). Per non parlare dello sceneggiatore Henrik Galeen (Aden Gillett), che diventa addirittura poetico: «Davvero notevole! L’ouverture alla nostra sinfonia dell’orrore!», ma herr Doctor minimizza: sono solo stravaganze innocue.
L’occasione per presentare il genio al resto della troupe arriva al momento di girare quella che ormai considero la mia scena preferita del film di Murnau.
Gustav Von Wangenheim e Max Schreck sono seduti a tavola. Di nuovo herr Doctor suggerisce le espressioni, di fatto interpretando il copione a voce per i suoi attori. L’atmosfera è un po’ inquietante: mentre Orlock studia i documenti, Hutter cerca invece di studiare il suo ospite durante la sua cena. Quasi non sembra umano (prendi il coltello),
pensare di dover trascorrere la notte lì (lo guardi attentamente, continua a tagliare),
insieme a lui(taglia, taglia, verso di te),
nel castello (taglia, non abbassare lo sguardo, continua a tagliare),
da soli (verso di te, taglia, ATTENTO AL DITO!!!)
Non credo che la scena si sia svolta così com’è stata ricostruita, col regista che facendo sussultare l’attore in scena lo distrae al punto da fargli dimenticare di avere in mano un oggetto tagliente, e affettandosi un dito, ma bisogna dirlo: è una ricostruzione da applauso! E infatti ho applaudito! E ho anche sussultato!
Come idea l’ho trovata assolutamente geniale, e la scena ne guadagna, perché è il momento in cui si scoprono le carte.
Si sa, no? cosa succede ad un vampiro alla vista del sangue, e infatti l’essere che si fa chiamare “Max Schreck” – che per tutti è solo uno di quei pazzi di Stanislavkij – perde il controllo lanciandosi su Gustav e il suo povero dito. L’illuminazione salta, e mollato Gustav, il mostro si lancia sul povero Wolf, che non si riprenderà dall’assalto.
Produttore e sceneggiatore vogliono fermare le riprese: non si può andare avanti senza operatore, è insostituibile, solo lo stesso Murnau può fare quel lavoro.
Ma questa è la sinfonia di Murnau, il grande cineasta, e nessuno può rovinargliela. Penserà lui a tenere sotto controllo quell’esaltato. Non troppo però, perché il tutto potrebbe risolversi in un vantaggio per la troupe, che non avrà bisogno di sembrare spaventata, in quanto lo sarà sul serio.
E se Henrik ha scritto la sceneggiatura per esorcizzare i suoi demoni, adesso anche herr Doctor ha il suo demone personale da domare. La metafora è più vera di quanto si creda: Murnau ha fatto un patto col suo demone, dove era inclusa la non eliminazione di nessuno dei suoi uomini. Perché ha ucciso il suo operatore? Perché invece non si è mangiato la segretaria di edizione?
Willem Dafoe è incredibile per quanto è credibile nei panni di un vero nosferatu che interpreta se stesso. Non ci prova neanche a far credere di essere un attore, anche se per tutti è solo un grande, uno straordinario artista di cui ogni teatro tedesco dovrebbe beneficiare. Talmente calato nella parte, che in un momento verità, grottesco e brillante allo stesso tempo, a domanda risponde:
— Dove è nato?
— Quando è diventato vampiro?
— Che ne pensa del libro Dracula dal punto di vista tecnico?
L’Intervista col vampiro di cui tutti avevamo bisogno senza saperlo!
Lo spettacolo deve andare avanti. Al cambio di operatore alla cinepresa corrisponde quasi un cambio di tono del film (quello vero e quello rifatto): Murnau deve placare sia finanziatori che la creatura che si fa chiamare “Max Schreck”, a cui ha promesso vita eterna, su pellicola, e Greta, al sangue. Quest’ultima però solo dopo aver girato la scena finale, quella della morte del conte Orlock.
Le cose non vanno esattamente come previsto, ma l’arte merita ogni sacrificio. E se il regista non si fa scrupoli ad immolare i membri della sua troupe sull’altare del cinema, così la vanità del nosferatu, intossicato di sangue e desiderio, si rivela più forte del suo istinto di sopravvivenza.
Ne L’ombra del vampiro (Shadow of the Vampire, 2000) non c’è alcun riferimento alla peste, ed è anche giusto così, in quanto il film prende una direzione completamente diversa da quella che sembrava inizialmente: non è un “dietro le quinte” su come è stato girato Nosferatu (anche se può sembrarlo), non ci spiega le scelte di cast, di regia, di sceneggiatura (anche se sembra che lo faccia).
È la storia di un patto maledetto per l’immortalità: del regista, del conte, della stessa pellicola, quale che fosse la volontà di Florence Balcombe in Stoker. Se siamo ancora qui a parlare di quel film dopo un secolo, se negli anni gli sono stati tributati omaggi così ben riusciti, seppur così diversi, penso che si possa benissimo concludere che il patto, con buona pace della vedova, sia stato adempiuto alla perfezione.
V.
Ringrazio Vasquez per la disponibilità e il vampirico viaggio nell’universo di Nosferatu.
L.
– Ultimi post vampirici:
- [Asylum] Bram Stoker’s Way of the Vampire (2005)
- La leggenda dei 7 vampiri d’oro (1974)
- Mimesis: Nosferatu (2018) Il vuoto col vampiro intorno
- Vampirismo senza limiditismo (guest post)
- L’ombra di Nosferatu (guest post)
- Bloody Mallory (2002) Alle origini della Z
- BloodRayne 3 (2011) The Third Reich
- BloodRayne 2 (2007) In the Weird Wild West
- BloodRayne 1 (2005) Dalla cantina etrusca
- Out for Blood (2004) La paura dilaga
Uno splendido viaggio tra orribili vampiri! L’aspetto del conte Orlok è divenuto talmente iconico da superare quello del Dracula originale, una creatura spaventosa e disgustosa che pretende di potersi muovere tra gli umani, conosciuto da tutti, anche da chi non ha mai visto nessuno dei film.
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Gli incisivi puntuti però sono inguardabili: molto meglio i canini, più di classe 😀
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Grazie mille Moro! È stato un oscuro viaggio, e ancora non ho capito chi è che guidava la mia carrozza…😛
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Tanto non avresti potuto opporti in alcun modo 😛
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Bellissimo post, complimenti per esserti ricordata dell’unico Dracula baffuto, quello di Franco. Menzione speciale per il bellissimo “L’ombra del vampiro”, Dafoe è incredibile, così come il discorso sul cinema, Orlok viene “bruciato” dalla luce come le immagini sulla pellicola, infatti il titolo originale di quel film era proprio “Burning by the light” (storia vera). Cheers!
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Per non parlare dei viaggi narrativi, a braccetto con le figlie di Le Fanu (Carmilla, Mircall, ecc.), insomma Vasquez si è buttata a corpo (non)morto nell’universo nosferato-draculesco, e qualcosa mi dice che i suoi canini (o peggio gli incisivi) stiano iniziando a mutare…
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Grazie Cassidy! Il merito è anche del professor Etrusco, che se ti assegna un compito non è che puoi fare le cose a tirar via…anche perché se tu dici che sulla Bara si va a pane e salame, dalle mie parti si va a pane e porchetta (con la crosta), quindi mi servivano solide basi per affrontare il viaggio 😀
Bellissimo parallelo tra il conte “bruciato” dal sole, e la pellicola “bruciata” forse dall’ardore per l’arte, che poi era la fine che voleva la vedova per la pellicola originale. “Burning by the light” sarebbe stato un bel titolo, ma bisogna ammettere che “Shadow of the vampire” è più suggestivo.
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Quel giorno nel buio della sala del mio cinema preferito rimasi bruciato dal vampiro Dafoe, di una bravura mostruosa (è il caso di dirlo) e calato in un ruolo splendido.
Visto che ormai Willem vive in Italia non abbiamo pensato a coinvolgerlo in questo viaggio ^_^
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Nooo, ma sul serio?!? Facciamo ancora in tempo dai: qualcuno gli chieda l’amicizia su facebook, nessuno lo segue su instagram? Tra poco meno di 16 ore sarà l’alba di un nuovo giorno e lo perderemo per sempre…
P.S. Canini e incisivi sono ancora quelli di ordinanza: li controllo tutte le mattine, sai com’è…
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Per contattarlo dobbiamo aspettare che cali la luce del sole 😛
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Viaggio stupendo, grazie Lucius e Vasquez!!!
Qualche passo di questo viaggio l’ho fatto, e la lettura del libro di Stoker, lo ammetto, non è che mi abbia fatto impazzire… ma che dire, ha creato un mito immortale! Lui e altri autori del tempo, chiaro (penso a Le Fanu, i cui libri che ho letto comunque non mi hanno fatto gridare al miracolo nemmeno quelli)!
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Io il viaggio l’ho fatto trent’anni fa, in quel 1992 in cui andai fuori di testa per il Conte grazie all’imminente uscita del film di Coppola (dopo il quale mi è del tutto passata la passione 😀 ) e con le “figlie” di Le Fanu ho viaggiato una decina d’anni fa, quindi sono contento che sia stata Vasquez a lanciarsi sulle piste di sangue del Conte 😛
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Io invece ho affrontato Stoker una quindicina d’anni fa, quando mi sono dato alla lettura di tanti classici della letteratura anglosassone. Alcuni li ho trovati incredibilmente belli (A Tale of Two Cities, The Junge Books, The Adventures of Huckleberry Finn…), ma altri, come Dracula, mi hanno un po’ deluso, temo…
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Ti ringrazio molto Sam Simon. Devo dire che il “Dracula” di Stoker l’ho trovato sì datato (anche per il tempo che ci mette ad arrivare al punto) ma non pesante, insomma abbastanza scorrevole. Peggio è stato Le Fanu: quelle fanciulle affette da languore perenne, fino a quando non scoprono chi è in realtà Carmilla ho fatto abbastanza fatica. Che poi nessuno spiega cosa ci sia di così affascinante a mordere o a farsi mordere a sangue sulla giugulare, sarà che detesto le zanzare… 😛
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Credo che se non fosse stato per le giovani attrici scelte ai tempi d’oro, delle vampirelle di Le Fanu si sarebbe persa ben presto memoria, non essendo certo racconti che lascino il segno. A parte sul collo 😀
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Non posso che concordare.
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Le Fanu l’ho letto su spinta di un’amica che c’ha fatto un intero dottorato sopra, ma personalmente concordo con te…
Anche sui morsi sul collo! X–D
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Pingback: Nosferatu – Eine Symphonie des Grauens: recensione del film
Quando Vasquez parte in missione allaccio le cinture! Grazie a lei e a Lucius per un viaggio portentoso! 🙂
E stasera, quando affetterò il pane, mi sa che avrò più di un dejà vu in salsa vampiresca, speriamo di non tagliarsi! 🙂
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ahahah sempre guardinghi quando si taglia il pane, che il Conte è sempre dietro l’angolo 😛
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Ahahah! Giammai! 🙂
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Gentilissimo Willy, grazie davvero! E attento mi raccomando…
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Vi rassicuro: il taglio del pane è andato liscio senza perigliosi spargimenti di sangue al seguito! Ahahah! 🙂
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Hai fatto bene a tenerci informati 😛
Metti che invece un morso vampirico ti avesse trasformato? Un Willy amante di Star Trek e del western! 😀
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stupendo articolo! me lo salvo
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Addirittura! Ma grazie davvero 😊
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Perché “addirittura”? Se l’articolo è (come giustamente dice Austin) stupendo, Vasquez, allora vuol dire che è proprio quello il termine esatto per descriverlo e cioè, per l’appunto, STUPENDO 😉 👍
Io, nel mio piccolo, ti posso dedicare questo omaggio…
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Nooooooo ma cos’è????? 😀
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No vabbe’ raga così non vale però…mi fate pizzicare gli occhi…
Grazie mille Giuseppe. Erano anni che non rivedevo una sequenza di Buck Rogers, e l’ultima volta ero ancora bimbetta e la mia TV era in bianco e nero. Mi piaceva da impazzire e sono sicura che piacerebbe tantissimo anche alla peste di casa.
Quel vampiro lì sembra un misto tra gli alieni de “Lo zoo di Talos” e il Gary Oldman versione vecchia signora nel “Dracula” di Coppola 😀
Concordo con Lucius, qui: “Noooooo ma cos’è?????”
🤣🤣🤣
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Mmmmm Buck Rogers mi manca, ricordo le pubblicità che vedevo in giro e la parodia di Duffy (Duck Rogers) ma è una lacuna nella mia fanta-educazione 😛
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Bellissimo excursus nei mondo dei non-morti, tra canini e incisivi aguzzi, plagi e vedove vendicative. Benveniuta nel magico mondo del cinema muto. A questo punto sei pronta per “La stregoneria attraverso i secoli” di Benjamin Christensen, altro caposaldo horror muto di cui, guarda caso, proprio quest’anno si celebra il centenario (e non mi dispiacerebbe vederlo affrontato in uno speciale zinefilo!)
Tornando a Nosferatu, esiste una chicca portoghese (non autorizzata) piuttosto gustosa: si tratta di “O Barão” (Il Barone, 1942), del regista Edgar Pêra, tratto dall’opera omonima dello scrittore António José Branquinho da Fonseca, personaggio di spicco del secondo Modernismo portoghese. Le vicissitudini del film furono travagliate tanto quanto quelle di Nosferatu: l’anno successivo alla sua uscita la pellicola fu distrutta dal regime di Salazar e solo di recente, nel 2005, furono ritrovate negli archivi della cineteca di Barreiro due bobine e la sceneggiatura del film creduto perduto.
E niente.. dovunque egli si presenti, c’è sempre un Van Helsing pronto a impalettarlo…
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E’ un anno gonfio di anniversari, già è in corso quello del Giustiziere della notte – questa settimana sospeso causa vampiri! – e questa estate ne partirà uno potente e gagliardo.
Però il richiamo della stregoneria è irresistibile, mi sa che lo mettiamo nel menu ^_^
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E dopo il Conte, il Barone! Chissà perché non è mai il Contadino, o lo Scrivano 😛
Ti ringrazio moltissimo, Obsidian Mirror. Il cinema muto ha un altro passo rispetto a quello a cui siamo abituati oggi, ed è stata una bella scoperta.
Certo adesso che mi sono liberata del Conte (almeno spero…) non so se me la sento di affrontare le streghe 😛
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