Siccome sono un pazzo furioso, non pago delle millemila iniziative in cui sono impegnato mi invento quest’altra rubrica: è troppo forte la voglia di condividere le armi in narrativa che mi hanno colpito.
Le foto sono tutte ad alta risoluzione ma non sono “cliccabili”, quindi se volete zoomare dovete aprirle in un’altra finestra.
Il giorno dei lunghi fucili
Grazie a RaiPlay (che purtroppo ha già cancellato tutto) mi sono visto un film che negli ultimi quarant’anni nessun italiano ha potuto vedere, dato che – ignoto ad home video e TV – Il giorno dei lunghi fucili (The Hunting Party, 1971) di Don Medford è stato riesumato solo lo scorso agosto 2021 in DVD dalla A & R Productions, che va lodata per averci restituito un titolo sfortunato e ingiustamente disprezzato, all’epoca della sua uscita.
Siamo molto lontani dal western patinato anni Sessanta, qui tutto è brutto, sporco e cattivo: per intenderci, lo stile è quello de Il mucchio selvaggio (The Wild Bunch, 1969) e coincidenza vuole che «la banda di Calder» del doppiaggio italiano è in realtà Calder’s bunch. Il “mucchio” è sempre quello, sia buoni che cattivi e con la propensione a morire in modo truculento e scenografico.
Tutto questo alla critica italiana non piace. “La Stampa” lo considera uno «spaghetti western di ritorno» (chissà, forse perché è girato in Spagna come i titoli nostrani?), disprezzandolo in ogni modo, mentre “l’Unità” lo definisce «western balistico psicanalitico» pieno di efferatezze e con una regia di mestiere. Probabilmente anche questo ha contribuito alla scomparsa totale del film dall’Italia.
Su un punto “l’Unità” aveva ragione da vendere: è davvero un film “balistico”.
«Voglio farvi vedere una cosa, ragazzi: lo Sharp Borchardt, calibro 54, il miglior fucile del mondo. Spara cartucce a palla, con la nuova polvere di DuPont è preciso fino a 800 yards.»
800 yards (che il doppiaggio italiano non traduce) sono all’incirca 730 metri, molti di più di un normale Winchester che – ci viene spiegato – ne raggiunge al massimo 274 (300 yards). «Neanche Gesù Cristo potrebbe sparare più lontano».
A parlare è un Gene Hackman cattivissimo, spietato affarista – con gusti sessuali frizzantini che però la censura rende poco chiari – che organizza un viaggio in treno con i suoi amici affaristi altrettanto spietati, dove potersi rilassare, spupazzarsi qualche donnina allegra e andare a caccia. Per ingraziarsi i suoi amici magnasghèi Gene Hackman regala loro uno di quei nuovi fucili a testa.
Gli ospiti conoscono quell’arma per averla vista al «Creedmoor International del ’77», che credo sia una fiera campionaria o qualcosa del genere, e di sicuro apprezzano il regalo, visto poi che in modo poco signorile l’uomo specifica il costo di ogni fucile: «700 dollari ciascuno». Non sta bene fare un regalo e poi subito sottolineare quanto lo si è pagato.
Dopo una notte di alcol, fumo e donne, il risveglio di Gene Hackman è burrascoso, perché un capostazione ha fermato il treno per consegnargli un terribile messaggio: sua moglie Candice Bergen è stata rapita da Oliver Reed. Cioè la sua bionda e giovane moglie insoddisfatta è finita tra le maschie mani di un giovane mascalzone britannico dallo sguardo che ingravida. È chiaro che la cosa finirà male. Molto male.
Gene Hackman diventa ancora più cattivo, comincia a lamentarsi che non vuole pagare il riscatto, adducendo motivazioni di grande signorilità: un’intera banda si sta sbattendo la moglie, con grande soddisfazione della donna, e poi chiedono a lui pure dei soldi? Che se la tenessero, quella bagascia. Ah, che gentiluomo! Un marito d’oro! Ma in fondo Hackman non c’è più, perché al suo posto… c’è la reincarnazione del conte Zaroff.
Novello erede del protagonista de La pericolosa partita (1932), Hackman comunica ai suoi amici ricconi che non si va più a caccia di quaglie: si è aperta la stagione della caccia all’uomo. Quale occasione migliore per provare quei nuovi fucili?
Non stiamo parlando di rudi uomini della frontiera ma di ricconi di città, quindi è chiaro che se affrontassero la banda di Oliver Reed perderebbero prima ancora di alzare un dito, ma ora i quattro amici sono armati di un fucile eccezionale, dotato per la prima volta di un “telescopio” (telescope), e quindi possono colpire a distanza: facendo i cecchini, il cattivo Hackman e i suoi ricconi spietati cominceranno a sparare alla banda di Oliver Reed come fossero pesci in un barile.
Per chi tifare, in questa storia? Per una banda di tagliagole, assassini e stupratori o per degli spietati ricconi che fanno le stesse cose ma di nascosto? Qui sono tutti cattivi e la vicenda è nerissima, spietata e sporca. Dispiace che sia le biografie di Hackman che di Reed trattino questo film come una drammatica scelta sbagliata di carriera, perché è un noir tostissimo solo mascherato da western.
Ricconi con la passione per la caccia all’uomo… armati di inediti fucili con mirino telescopico… nel Far West… Be’, a questo punto non posso che citare il re italiano di questo genere.
Tex contro i lunghi fucili
Il citato film con Gene Hackman è apparso in Italia negli anni Settanta ed è subito scomparso nel nulla, inedito in qualsiasi formato, quindi darei per sicuro il fatto che il mitico Claudio Nizzi – fra le colonne portati del Tizzone d’inferno nazionale – non si sia ispirato a questa storia per l’albo di “Tex” n. 430 (agosto 1996) intitolato Gli uccisori. A meno che invece gli autori texiani non fossero soliti vedersi film importati in lingua originale per attingere idee.
Certo però che le premesse sono simili in modo sospetto. Di nuovo abbiamo la contrapposizione di una banda di lestofanti e di alcuni ricconi senza scrupoli, solo che stavolta la banda non è cattiva, semplicemente è formata da gente così disperata dalla povertà da essersi ritrovata ad organizzare una rapina, peraltro fallita. E chi ha messo in tali difficoltà questi poveracci? Ovvio, i due ricconi che ora, con l’avallo della legge, stanno dando loro la caccia.
I due ricconi possono colpire da lunga distanza i fuggiaschi perché sono armati di fucili di precisione con montato un mirino telescopico («mirino a cannocchiale di fabbricazione tedesca»), che gli altri personaggi danno prova di non aver mai visto. Come si può vedere dai disegni del mitico Vincenzo Monti – che quando ero ragazzo annoveravo fra i miei disegnatori texiani preferiti – il mirino è molto più corto di quello del film con Gene Hackman, ma l’effetto è lo stesso: colpire da lunga distanza così che anche due vigliacconi possano fare stragi.
Al contrario del film, qui nel fumetto sono solo i due ricchi cacciatori d’uomini ad essere cattivi, a tal punto da dare parecchio filo da torcere persino a Tex e ai suoi pards, armati come sempre di armi “convenzionali” che hanno bisogno di più vicinanza per essere efficaci.
La morale è che solo i vigliacchi usano i “lunghi fucili”, anche se però così facendo ci regalano grandi storie.
(Le vignette a colori sono tratte da “Tex: collezione storica a colori” n. 172.)
L.
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In un ciclo che parla di armi posso lamentarmi o stupirmi se ci si addentra nel western? In teoria no, in pratica…perdona la mia petulanza, ahahaha! 🙂
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Eppure sono sicuro che questo film ti piacerebbe, basterebbe che dimenticassi che è un western, anche perché in fondo non lo è molto: è una caccia all’uomo spinta da odio e amore, con tre ottimi attori, fra cui un Gene Hackman di una cattiveria unica 😉
Comunque ti prometto che dalla prossima settimana ti faccio riprender fiato ^_^
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Grazie per il consiglio e…per la tregua! Ahahah! 🙂 🙂 🙂
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L’ho visto anch’io e che dire….Scelte di carriera sbagliate? Davvero? Fossero tutte così, le scelte sbagliate, io ci metterei la firma 😉
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Concordo ^_^
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