Deliverance (1972-2022) 3 – Dueling Banjos

Il 1972 è l’anno della violenza al cinema, delle ultime case a sinistra, dei giustizieri della notte ma anche dei tranquilli weekend di paura.


Duelli a colpi di banjo
(e cause legali)

Nel documentario The Journey (2007), raccolto nel DVD del 35° anniversario, il regista John Boorman racconta che è stato il suo assistente Rospo Pallenberg a trovare il giovane Billy Joe Redden, un quindicenne dal volto perfetto per il ruolo del “campagnolo ritardato”. Il problema però… è che non sapeva suonare il banjo! Niente problema: inquadrato dal basso sulla sua sedia a dondolo non si capisce che la mano che fa gli accordi sul banjo è di un altro. Un vero suonatore.
Nessuno poteva immaginare che quel giorno si stava scoperchiando un vaso di Pandora.

Sfogliando i numeri dei primi mesi del 1973 della rivista musicale “Cash Box” si notano ai vertici delle classifiche artisti come Elton John, Steve Wonder, Diana Ross e vari altri nomi noti dell’epoca, ma in ogni classifica, in posizioni sempre mutevoli, c’è un brano che non c’entra niente con la musica pop eppure da mesi e mesi è fisso nel panorama musicale di tutta l’America: la versione in album è addirittura al secondo posto nella classifica dei 100 dischi più venduti nella settimana del 31 marzo 1973. L’album The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd è al 22°, Space Oddity di David Bowie è al 23° e Tommy degli Who al 39°.
Come possono questi mostri sacri aver conteso le classifiche… con due banjo che strimpellano?

da “Cash Box”, la classifica dei singoli più venduti della settimana del 3 marzo 1973

Ancora un anno dopo l’uscita del film il brano Dueling Banjos è quasi più famoso del film stesso. La cosa assurda è che non si tratta di una musica originale, non è stata scritta per il film, solo adattata, eppure in tutte le classifiche è scritto ben chiaramente «Deliverance Soundtrack/Warner Bros», perché sia chiaro che ora è l’originale ad essere una copia.

Ogni suonatore di banjo della Nazione esce in discoteca con una sua cover del brano, non si contano gli album (all’epoca vinili, 44 o 33 giri) che in un qualche modo scrivono dueling banjos nel titolo, raccolte od originali che siano. È la prova che James Dickey di nuovo aveva capito tutto, anticipato tutto e preparato il successo del film.

Nel suo saggio biografico James Dickey. The World As a Lie (2000) Henry Hart ci racconta che lo scrittore era molto vicino alla comunità locale di musicisti, e un amico (Dugan Barr) un giorno gli ha fatto sentire alcune musicassette con brani di due giovani talentuosi di nome Mike Russo e Roy Brentano.

Dickey dimostrò subito grande interesse per il duo tanto da andarli a sentire in concerti e raduni a Portland, città dove il newyorkese Brentano si era trasferito sin da quando, studente d’arte, di chitarra e banjo, si era trovato con il chitarrista Russo ed avevano subito messo su la loro attività musicale. Il loro repertorio? «Bluegrass, ballads, blues, spirituals, Southern mountain laments, ragtime country music»: non ci provo nemmeno a tradurre, che temo non esistano termini europei per questi stili così autoctoni del Sud americano.

All’epoca i due musicisti sono appena ventenni ma già si fanno apprezzare per il loro repertorio che affonda le radici nelle tradizioni locali, e Brentano stesso racconterà ad Hart che l’approvazione e l’incoraggiamento che ricevettero da un poeta stimato come James Dickey fu per loro motivo di vanto. «Quando la musica partiva, James [Dickey] si illuminava, ed è così che lo ricorderò sempre: sorridente ed estasiato come se noi stessimo presentando lo spettacolo più magico di sempre».
Dickey e il fotografo Wes Taft frequentavano i due musicisti anche al di fuori dei concerti, e il biografo Hart ci racconta di una sera in cui Tart, amico d’infanzia di Brentano, stuzzicò il musicista dicendo che il suo strumento era buono ma lui non un così bravo esecutore. Brentano tirò fuori un manico di scopa a cui aveva legato una corda di nylon messa in modo da potersi accordare: davanti agli occhi allibiti di Taft e Dickey iniziò a usare quello strumento improvvisato per duettare con Russo, eseguendo fra l’altro proprio Dueling Banjos. Dickey si segna quella canzone, che prima o poi dovrà usare.

Stando al biografo Hart, il giorno in cui si è girata la scena del “duello”, sul set sono arrivati i musicisti Eric Weissberg e Steve Mandell per insegnare ai due attori – il giovane Billy Redden, totalmente digiuno di banjo, e Ronny Cox, con una conoscenza media della chitarra – a muoversi davanti alla cinepresa come se fossero gli esperti che sembrano in video. Poi i due musicisti sono stati portati ad Atlanta e durante il successivo fine-settimana hanno inciso il brano che sentiamo suonare ai due attori.
Non è specificato, ma è molto probabile che sia stata la Warner Bros ad ingaggiare Weissberg e Mandell, con grande scorno di Dickey che invece a lungo aveva spinto perché ingaggiassero i suoi amici Russo e Brentano.

Appena sentito il nastro con Dueling Banjos, il regista Boorman si è detto così soddisfatto da chiedere ai due musicisti di curare l’intera colonna sonora del film: nei successivi due fine-settimana i due incidono quattordici ore di musica, con ogni variante possibile del brano principale.
Tornati al loro lavoro di musicisti, Weissberg e Mandell non si sono resi conto di quello che è veramente successo, come capita a molti di quelli che lavorano con le grandi major hollywoodiane. A far crollare il castello di carte, però, sarà Dickey stesso.

Il film Un tranquillo weekend di paura è la trasposizione esatta del romanzo omonimo, scena per scena, ma per forza di cose non può vantare tutti i dialoghi presenti nel libro, per ovvi motivi si è dovuto tagliare, comprimere, riassumere e anche reinventare, in modo da dire le stesse cose ma in meno tempo. Chi ha fatto tutto questo? Qui nasce un bel problema.

I documentari sul film sono tutti elogiativi, celebrativi e tutti gli interessati sono fantastici, non esistono problemi né attriti: le magagne rimangono sotto la superficie come la mano di un cadavere malamente sepolto in acqua.

Christopher Dickey, nel suo Summer of Deliverance (1998), ci informa – con una certa malizia – che il regista John Boorman a film compiuto ha voluto vedere riconosciuto il proprio contributo attivo alla sceneggiatura, visto poi che portano la sua firma alcune trovate diventate iconiche tipo il povero Beatty che fa il verso del maiale. Chris sottolinea come l’intento di Boorman fosse di condividere i crediti di sceneggiatore e quindi i soldi, ma papà Dickey ha risposto subito andando a bussare alla WGA, il famigerato sindacato degli autori che di solito dà ragione agli autori, bruciandoli a vita. Non stupisce che Dickey non lavorerà più con grandi major, destino condiviso con tutti quelli che hanno chiesto un arbitrato alla WGA.

I biografi di Dickey sono straordinariamente vaghi sulla questione, quindi possiamo solo dedurre ciò che è successo da ciò che sappiamo: prima di venir scacciato dal set, Dickey si aggirava con il chiaro e dichiarato intento di controllare fin nei più minimi particolari il suo film, un sentimento che non sembra essersi sopito con l’uscita al cinema della pellicola e il relativo successo di critica e pubblico. Raramente i recensori cinematografici concedono molto spazio al romanzo da cui è tratto un film di successo, e quindi possiamo immaginare che Dickey non sarà stato per nulla contento di vedere dappertutto citato Boorman come autore del suo film.

Questo tilt autoriale ha spinto Dickey ad un gesto insano: attribuirsi la paternità del brano musicale Dueling Banjos. Se proprio non poteva sventolare la paternità del film, poteva farlo della sua colonna sonora.

Come detto all’inizio, in quegli anni il brano musicale ha avuto semmai più fortuna del film, perché poteva contare su valanghe di cover e omaggi che ne hanno cementato la fama. Tutti sapevano che non l’aveva scritto Dickey, al massimo l’aveva fatto conoscere agli autori del film, ma il romanziere ormai iniziava a perdere i contatti con la realtà. Non dobbiamo dimenticare che parliamo di un uomo i cui problemi di alcolismo diverranno sempre più presenti e devastanti nella sua vita, a volte sciogliendogli troppo la lingua. (Il suo citato biografo Hart racconta di episodi in cui, salito ubriaco su un qualche palco, Dickey si sia lanciato in commenti razzisti non certo all’altezza della sua fama di poeta: potremmo dire che era l’alcol a parlare, ma già i latini sapevano che in vino veritas.)

Il biografo Hart ci racconta che una volta vinto l’arbitrato WGA che gli garantiva l’autorialità della sceneggiatura, Dickey ha subito iniziare a dichiarare in giro che il brano musicale Dueling Banjos l’aveva composto lui, e che lui stesso l’aveva fatto sentire ad Eric Weissberg. Visto che Dickey non era certo noto per avere un qualsiasi talento musicale, qualcuno ogni tanto gli chiedeva come facesse ad affermare una cosa del genere, al che il poeta forniva una dimostrazione inoppugnabile: ti pare che quell’ebreo newyorkese di Weissberg possa capirne qualcosa di musica del sud? E meno male che Dickey era un poeta…

Hart ci racconta che ancora nel 1975 Dickey non appena si trovasse a parlare in pubblico, che fosse un’aula universitaria, un palco o un’intervista, piazzava sempre nel discorso di essere il vero autore del celebre brano e che gli altri gli avevano rubato quella proprietà intellettuale. Ogni tanto era più lucido e mansueto, e forniva una spiegazione già più accettabile: la Warner Bros non aveva compiuto alcuna ricerca sui detentori del copyright del brano. Magari è anche vero, ma da qui a dire che l’autore è Dickey ne passa parecchio.

Paradossalmente Weissberg stesso conferma questa stortura, visto che lui ne è vittima. Come abbiamo visto, a lui e Mandell è stato chiesto di incidere un brano e poi di trasformarlo in colonna sonora: in un paio di fine-settimana sottratti ai loro impegni l’hanno fatto e poi sono tornati al loro lavoro. Un giorno del 1972 un amico chiama Weissberg e si complimenta con lui per il suo disco, che tutte le radio stanno mandando in onda, e la risposta del musicista è: quale disco?
Scoperto che Dueling Banjos è finito nelle discoteche di tutta America, il musicista chiama il suo contatto alla Warner Bros per chiedere come mai abbiano sfornato un disco senza neanche interpellarlo, e la risposta è: quale disco?

Come visto, Dueling Banjos è un enorme successo, che come ogni altro successo è figlio di tanti padri. Però a guadagnarci è solo la Warner Bros – anche se ufficialmente finge di non saperne niente – che l’ha presentato senza neanche avvertire gli esecutori fisici di quella musica. Questi ultimi probabilmente non si sono accorti che nel contratto che hanno firmato cedevano ogni loro nota musicale alla Warner Bros, che quindi ne avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva. (Come scoprirà Philip K. Dick nel 1982, una grande casa può fare ciò che vuole con tutto ciò che è legato al proprio film.)

La sottigliezza sta nel fatto che Mandell e Weissberg non si sono mai detti autori del brano, semplicemente hanno fatto quello che è stato chiesto loro: il regista ha chiesto di incidere il brano e loro l’hanno fatto. Nessuno ha chiesto se il brano fosse loro! Altrimenti Weissberg avrebbe risposto che il brano Feudin’ Banjos è stato inciso nel 1955 da Arthur Smith per la MGM Records, e poi la versione Mocking Banjos è stata incisa nel 1957 da Carl Story e i Brewsters per la Mercury Star Day, in cui si sfidano un banjo e un mandolino; nel 1962 il gruppo The Dillards ha registrato la loro versione, Dueling Banjos, e un anno dopo Dickey l’ha sentita suonare da Russo e Brentano a Portland.
La storia produttiva del brano è ben nota, e purtroppo Dickey non risulta come autore in nessun modo.

Il citato Arthur Smith, autore della versione originale, appena scoperto il fattaccio fa causa alla Warner Bros e ottiene il 75% dei diritti pregressi e il 100% di quelli futuri di ogni disco Warner contenente Dueling Banjos.
Rimane invece a bocca asciutta Weissberg, che esegue tutta la colonna sonora del film. Ha provato a chiedere alla Warner almeno di produrre un nuovo disco dove lui riesegue il brano, così da poter guadagnare qualcosa da una canzone ai vertici delle classifiche in tutto il Paese, invece esce fuori che senza dirgli niente la Warner ha già mandato in discoteca un album di Weissberg, una raccolta che contiene anche il suo duetto di banjo, un altro successo da cui il musicista non ha guadagnato un soldo.

Poco prima di questi eventi (1971) un romanziere di nome David Morrell pagava cinquecento dollari un avvocato che gli dava il consiglio della vita: fatti mettere tutto nero su bianco, anche le cose più assurde, ridicole, inimmaginabili e improponibili. I soldi meglio spesi di sempre, visto che ancora oggi Morrell batte cassa ogni volta che qualcuno anche solo pronuncia la parola “Rambo”.

Giovani autori in ascolto, non credete alle lusinghe, ai “facciamo a fidarci” e alla buona fede delle grandi case: mettete tutto nero su bianco, e camminate sempre spalle al muro. Soprattutto se andate in canoa per conto della Warner Bros.


Il capolavoro finale

Il brano Dueling Banjos è eseguito da tantissimi musicisti, essendo diventata un’icona musicale, ma il vero valore di un’opera d’arte lo si giudica anche da quanto e come viene citata.

Nell’episodio 4×22 (30 aprile 1993) della sit-comOtto sotto un tetto” (Family Matters) il celebre Steve Urkel non permette ad alcuna ragazza di rapirgli il cuore, che è votato alla vicina di casa che non se lo fila di pezza. Eppure una ragazza si è invaghita di lui, malgrado sia un fastidioso casinista amante della fisarmonica: come si può vincere il cuore di Urkel… se non con un duello alla fisarmonica?

(continua)

L.

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12 risposte a Deliverance (1972-2022) 3 – Dueling Banjos

  1. Cassidy ha detto:

    Ricostruzione perfetta dell’enorme casino, mi colpisce perché dice molto degli americani, con quei dischi in circolazione, il più venduto era un duello di Banjo che li riporta tutti alle loro radici. Morell mito, sempre e comunque ma come sempre anche gran post, di sicuro so che canzone avrò in testa tutto il giorno, anche nella versione di Steve Urkell 😉 Cheers

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      I Pink Floyd possono andare su tutte le Lune che vogliono, quando sbuca fuori un banjo per gli americani non c’è più partita 😛
      Quando pensi che le grandi case non possano giocare così sporco, esce fuori che hanno fatto di ben peggio: bisogna sempre camminare spalle al muro, con la Warner Bros!

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  4. Vasquez ha detto:

    È incredibile come queste major siano tanto più avide quanto più sono grosse, è l’unica vera costante di quel mondo che visto dal di fuori può sembrare una fabbrica di sogni, quando invece è solo una fabbrica di soldi.
    Nel suo “L’ombra dello scorpione” King fa suonare a Leo, un ragazzo autistico, un brano con la chitarra dopo averlo ascoltato una sola volta, e non ho dubbi che il Re abbia preso la scena da qui.
    Nella puntata 5×08 dei Simpson, Bart, Homer, Flanders e figli hanno una disavventura su un fiume, e in sottofondo si sente lo strimpellare di un banjo, giusto per testimoniare quanto il binomio banjo + fiume sia indissolubile da Deliverance in avanti.
    Bellissima ricostruzione storica, e le varie versioni sono tutte accattivanti, anche se devo dire che due banjo insieme “non mi suonano”, preferisco di più quando c’è la chitarra a fare da contrappeso. Ma Kermit è sempre stato mancino? 😛

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  5. Giuseppe ha detto:

    Dopo un post d’indagine così approfondita a riguardo, sento un irrefrenabile desiderio di imparare a suonare il banjo (sempre facendo attenzione che non ci sia la Warner Bros nelle vicinanze) 😉

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  6. Willy l'Orbo ha detto:

    Articolo ottimo, all’altezza di Dueling Banjos…e della parodia di “Otto sotto un tetto”! 🙂

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