Dead Calm [1962-2022] 1 – Tavola d’acqua

Il personaggio di Gene Hackman ne Il socio (1993) afferma che non ci si può immergere e poi volare nel giro di ventiquattro ore, perciò seguendo questo precetto vi lascerò tempo per riprendervi durante questo ciclo, in cui dovremo immergerci e volare.

Perché se pensate di sapere dove porterà questo anniversario… state sbagliando di grosso.

Ringrazio Sam Simon che nel marzo 2022 ha acceso in me la miccia per questo ciclo esplosivo.


Introduzione
Il mondo su una tavola piatta

La nostra modernità, tutta la nostra cultura occidentale e tutto ciò in essa contenuto nasce esclusivamente da un libro: la Geografia di Tolomeo. Dimenticato per più di mille anni, il testo viene riscoperto dai fiorentini all’inizio di quel Quattrocento che giustamente è salutato come il secolo più importante della nostra storia: perché la quantità e qualità di invenzioni, idee, scoperte e modi di pensare hanno plasmato il mondo per i secoli a venire.

Edizione del 1599

Cosa c’era di così portentoso nel testo perduto di Tolomeo, tornato in Europa passando per la cultura orientale, che l’aveva sempre custodito? C’era un procedimento matematico a cui nessuno in Occidente era arrivato: come una formula magica, quel procedimento permetteva di trasformare la superficie sferica della Terra in modo tale da poter essere rappresentata su una tavola piatta. Il mondo tridimensionale poteva ora essere trasportato in bidimensionale. Sembra materia che possa interessare solo i geografi e invece ha cambiato per sempre il mondo, generando la modernità. Come ama ripetere il geografo Franco Farinelli, quando Cristoforo Colombo è partito per il suo viaggio la Terra era tonda: al suo ritorno era piatta, perché era diventata una mappa.

Dal 1492 la mappa non è più rappresentazione del territorio: la mappa è il territorio, e il mondo che ci circonda viene adattato alla sua immagine. Perché prima viene l’immagine (la mappa) poi viene il reale (il territorio). Prima viene la finzione, poi la realtà.

Come un terremoto la Geografia di Tolomeo ha colpito tutta l’Europa, e al momento di dare un nome a quella procedura di Tolomeo che ci rendeva padroni del mondo, non più suoi abitatori, non si poteva usare un termine qualunque, visto che l’antico geografo alessandrino aveva preso un metallo qualunque come la realtà terrestre e l’aveva trasformato nell’oro di una mappa. Per questo ci si rivolse agli alchimisti e la “magia” di Tolomeo assunse il nome del processo alchemico che trasmutava i metalli vili: “proiezione” (proiettione). Lo stesso nome del procedimento con cui la pellicola impressa diventa film, proiettato sulla stessa tavola piatta che per noi moderni è la realtà.

Esempio di proiezione usata da Tolomeo, da Springer.com

Mentre a Firenze le proiezioni degli antichi geografi contribuivano a creare quella “prospettiva” che avrebbe conquistato il mondo, intanto con in tasca una carta di origine tolemaica il genovese Colombo partiva per l’oceano, una distesa d’acqua simile alla mappa che aveva con sé. Perché quando il mare è in bonaccia, in “calma piatta” (dead calm), si dice… che è una tavola.

Quest’anno festeggiamo una storia di finzione diventata vera, sulla tavola d’acqua, dando vita a una serie di eventi che come le proiezioni tolemaiche ci porteranno verso territori inesplorati.


Intermezzo
Intanto in Polonia…

1961. Da almeno due anni Romek, giovane ventenne aspirante regista, sta cercando di ottenere dal Partito Comunista il permesso di girare il suo primo lungometraggio, il suo esordio cinematografico. Chi lo conosce sa che Romek ha dentro di sé il fuoco giusto per diventare un giorno quel regista che ha sempre voluto essere, con il nome di Roman Polanski, ma intanto ora, in un Paese comunista come la Polonia, deve passare mesi, anni, a tribolare con il Partito perché il copione che ha sottoposto non va bene. Finalmente quel 1961 ottiene il permesso di girare, una volta apportate alcune modifiche alla sceneggiatura, ritenuta troppo graffiante per la società polacca.

Il Partito Comunista aveva ragione, quel copione scritto da Romek e dal suo amico Jerzy Skolimowski era troppo “scottante”, infatti non appena finito di girare il film… la sceneggiatura diventa reale, e occupa i telegiornali di tutti i Paesi anglofoni, anche se nessuno finora sembra essersi accorto di questa coincidenza.


La finzione diventata realtà
sulla tavola d’acqua

Il 16 novembre 1961 Nicolaos Spachidakis, secondo ufficiale del cargo greco Captain Theo, osserva le acque al largo delle Bahamas quando nota un qualcosa di strano, di irriconoscibile, qualcosa che lo spinge ad avvisare i suoi superiori. Più il cargo si avvicina allo strano oggetto, che spicca sulla massa d’acqua perché bianco, più diventa chiaro trattarsi di una minuscola scialuppa di salvataggio, ma lo stesso c’è qualcosa di strano. È come se…a bordo ci fosse qualcosa. Qualcuno.
Nessuno degli uomini della Captain Theo riesce a decifrare l’oggetto in questione finché la nave non gli è accanto, e lo stesso è impossibile da credere: in mezzo all’oceano, a migliaia di chilometri di nulla d’acqua, c’è una minuscola scialuppa con a bordo… una minuscola bambina bionda… che guarda in alto e fa “ciao ciao” con la manina.

Uno dei marinai allibiti ha l’idea geniale di scattare la foto della vita, nel vero senso della parola: il suo scatto finisce immediatamente sulle grandi pagine della rivista “LIFE”, due enormi pagine completamente ricoperte di deserto d’acqua con al centro la bambina, subito battezzata “Trovatella del mare” (Sea Waif).

La “trovatella” nel deserto d’acqua, dalla rivista “LIFE”

Mentre l’equipaggio della Captain Theo trae in salvo la bambina e cerca di farsi dire chi sia, da dove arrivi e perché sia da sola in mezzo all’oceano, a terra il capitano Julian Harvey sta raccontando agli inquirenti per filo e per segno gli sfortunati eventi che hanno portato al naufragio della nave che guidava da skipper al largo delle Bahamas, la Bluebelle, e la dipartita del resto dell’equipaggio. Lui è l’unico sopravvissuto, andato alla deriva per giorni su una piccola barca di legno prima che il 13 novembre 1961 la petroliera portoricana Gulf Lion lo recuperasse. Appena giunto a portata di voce, l’uomo ha gridato ai soccorritori:

«Il mio nome è Julian Harvey, sono capo veliero della Bluebelle. Ho una bambina morta, qui, credo che il suo nome sia Terry Jo Duperrault».

Harvey si è confuso, la bambina si chiama Renè Duperrault, ma per il resto ha ragione: è morta. Il 16 novembre dunque Harvey racconta alla Guardia Costiera, che ha preso in carico il caso della Bluebelle, i tristi eventi che hanno portato alla tragedia del mare, e chi l’ascolta con attenzione storce la bocca. Indagini successive appureranno che la Bluebelle era una costosissima nave di ultimissima generazione, costruita appositamente per gestire alla perfezione tutti i problemi che Harvey ha raccontato, ma anche se quel 16 novembre nessuno lo sa ancora o ne ha le prove… lo stesso il racconto di Harvey ha troppe falle per non far nascere sospetti in chi l’ascolta.

Julian Harvey (da Mdig.com)

La deposizione è quasi finita quando qualcuno entra trafelato e dà ai presenti l’incredibile notizia: è stata trovata una bambina in mare, miracolosamente indenne, la quale da un primo veloce interrogatorio afferma di essere sopravvissuta al naufragio della Bluebelle. Julian Harvey si dice contento, guarda fuori dalla finestra, poi si congeda senza aggiungere altro: la sua confessione si è conclusa. Il giorno dopo verrà trovato morto suicida nella sua stanza d’albergo. No, “suicidio” non è il termine giusto: meglio “massacro”.
Il suo corpo è stato trovato ricoperto da lacerazioni profonde, Harvey si è auto-inferto ferite che gli hanno lacerato pelle, carne e muscoli fino all’osso, morendo dissanguato in una scena da film splatter. Quanto erano terribili i segreti che si portava dietro per indurlo a torturarsi in quel modo al pensiero che la “trovatella del mare” avrebbe rivelato a tutti la verità?

La “trovatella del mare”

La bambina in realtà aveva ben poco da rivelare, visto che sin dal primo minuto in cui si è risvegliata dal coma seguito al recupero ha impegnato ogni sua forza nel rimuovere l’accaduto, nel dimenticare la sua brutta avventura – qualunque essa sia stata – tanto da spingersi in seguito a cambiare nome. Terry Jo Duperrault è scomparsa in mare insieme alla Bluebelle e alla verità su quella fatale notte in cui quasi tutto l’equipaggio è svanito nel nulla. Oggi c’è solo Tere Duperrault, maritata Fassbender, una madre di famiglia che non vuole avere nulla a che fare con quel passato.

Tutto ciò che rimane a noi è una supposizione. Subito prima di salpare a bordo di quella nave, Harvey aveva stipulato un’assicurazione sulla vita della sua sesta moglie, e se lei disgraziatamente fosse morta d’incidente in acqua lui avrebbe incassato una cospicua somma di denaro, quindi l’ipotesi è che l’uomo abbia inscenato la morte della moglie quando per mera sfortuna è stato pizzicato in flagrante da qualcuno della famiglia Duperrault, e a quel punto ha dovuto far sparire tutti i testimoni. Non è un caso se le dichiarazioni di chi ha salvato Harvey alla deriva raccontano di un uomo in difficoltà, come se prima avesse provato a nascondersi dai propri soccorritori e poi si fosse sbrigato ad inventare una storia di comodo, sbagliando infatti il nome della bambina.

Nel 2010 Tere Duperrault ha deciso che era ora di riesumare la sua vecchia sé, Terry Jo, e raccontare quel terribile evento della sua infanzia, collaborando con lo psichiatra Richard Logan al saggio Alone. Orphaned on the Ocean, ma certo riportare alla luce ricordi che per cinquant’anni ha tenuto sepolti nella mente, rifiutandoli e rigettandoli, non fornisce alcuna certezza oggettiva. La parte più interessante del saggio è la ricostruzione minuziosa degli eventi, che ho usato per quanto finora qui raccontato.

Al momento del “pezzo forte”, in cui dopo decenni di silenzio finalmente Terry Jo racconta quella terribile verità che ha spinto Harvey a massacrarsi, scopriamo che la bambina in realtà non aveva visto gran che, le è rimasto giusto il vago ricordo di Harvey che si aggirava sul ponte con un fucile, prima che vari eventi la spingessero a bordo della scialuppa di salvataggio sui cui è stata trovata tre giorni dopo.
Su come una bambina così piccola sia sopravvissuta senza acqua e cibo, in un deserto d’acqua infestato da squali, sotto il sole inesorabile, è sorprendente quanto i misteriosi eventi della Bluebelle.

Ciò che è davvero successo quella fatale notte del novembre 1961 a bordo della Bluebelle non lo sapremo mai con certezza, ma ciò che conta è che per tutto il 1962 il caso ha tenuto banco sui giornali di tutto il mondo anglofono, un così scottante fattaccio di cronaca con mistero allegato che non poteva sfuggire all’attenzione anche dei professionisti del mistero: i romanzieri gialli.
Diversi autori hanno detto la propria sull’argomento, iniziando a speculare sugli eventi che hanno portato alla tragedia: cosa succede quando in uno spazio chiuso, come una nave nel deserto d’acqua, delle persone cominciano a dare di matto? E cosa le spinge a superare i limiti, come sicuramente li aveva superati Harvey sulla Bluebelle?

La Bluebelle nel 1960 (circa)

Quel 1962, sessant’anni fa, Charles Williams si mette alla scrivania e comincia a scrivere un romanzo fortunato dal titolo Dead Calm, non legato agli eventi della Bluebelle ma chiaramente ispirato agli attori di quella tragedia. E al personaggio palesemente costruito sul vero Harvey l’autore mette in bocca una frase strana, immotivata, non spiegata:

«le mappe non hanno più confini»
(maps don’t have edges any more).

Dal Quattrocento noi siamo il popolo della mappa, il nostro reale nasce dalla proiezione di esso su tavola, e se la mappa non ha più confini significa che la finzione che genera la nostra realtà non ha più limiti.

È solo un mio personale volo pindarico, lo specifico, ma lo considero il modo con cui il romanziere Williams ha voluto far sapere che aveva visto al cinema il primo film di Roman Polanski e aveva capito da dove la realtà della Bluebelle aveva tratto origine.

La realtà nasce sempre da un’immagine, da una mappa. Senza più confini.

(continua)

L.

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22 risposte a Dead Calm [1962-2022] 1 – Tavola d’acqua

  1. Il Moro ha detto:

    Un altro grande articolo del Zinefilo! Conoscevo già la storia di Tolomeo, ho fatto in passato qualche ricerca sulla “mappa di Mercatore” per la mia saga di racconti “Ucrònia” ed era uscito anche questo. Da pelle d’oca la storia della bambina in mezzo al mare. Rimaniamo in trepidante attesa della continuazione!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      La storia del Quattrocento è di una meraviglia infinita, è un peccato che non venga mai citata nel nostro immaginario collettivo, visto che teoricamente dovremmo esserne i discendenti diretti.
      Mercatore era adorato da Voynich, una delle sue prime imprese (dal forte sapore di truffa) è stato proprio vendere un brandello di mappa attribuito (solo da lui) a Mercatore, e decenni dopo quello che fisicamente ha regalato il Codice Voynich, non riuscendo a venderlo, era un rispettato venditore di libri antichi… che ha iniziato la carriera trovando guarda caso un atlante di Mercatore decisamente sospetto.
      Gli europei adorano ciò che noi abbiano ormai dimenticato, tanto da imbastirci sopra affari sopsetti 😛

      Vedrai che questo ciclo ci porterà nei posti più incredibili e inaspettati possibili ^_^

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  2. Pingback: Dead Calm: recensione del film

  3. Sam Simon ha detto:

    Mi sento onorato di avere ispirato un ciclo de Il Zinefilo! La storia della Bluebelle è da brividi, e il film di Noyce riesce a portarne sullo schermo una versione diversa ma altrettanto terribile…

    Grazie per il link alla recensione! :–)

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  4. Cassidy ha detto:

    Altro giro, altro grande post oltre che gran inizio, non vedo l’ora di leggere il resto 😉 Cheers

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Devo seguire il consiglio di Gene Hackman e farvi riprendere fiato, fra un volo e un’immersione ^_^

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      • Giuseppe ha detto:

        In effetti qui non solo si vola alto già dall’inizio ma, in contraddizione al consiglio di Gene Hackman, ci si immerge contemporaneamente in un mare di attese: Tolomeo, Polanski, la tragedia della Bluebelle… così, a occhio e croce, se il buongiorno si vede dal mattino qui ci sarà da navigare parecchio 😉
        P.S. Anche oggi c’è gente che considera la terra piatta, e purtroppo non nel modo in cui l’intende Farinelli…

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Per fortuna l’unico popolo che ha mai creduto davvero alla Terra piatta sono stati gli americani dall’Ottocento in poi, e quindi anche gli italiani: per tutta l’antichità si è sempre saputo della sua sfericità senza alcun dubbio in proposito. Gli italiani antichi per fortuna erano più razionali di quelli di oggi 😀

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  5. Willy l'Orbo ha detto:

    Bellissimo pezzo: si inizia con Tolomeo, si prosegue con Polanski, si prosegue con la storia della Bluebelle, che non conoscevo e che ho letteralmente divorato. Non so esattamente dove condurrà questa traversata ma per ora…il naufragar m’è dolce in questo mare! 🙂

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  6. Lory ha detto:

    Work in progress…..da una ‘pulce’ a marzo, direi quindi una lenta ‘covata malefica’, ahahahah, another masterpiece! 😉

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      ahaha in effetti mi sento tanto un personaggio cronenberghiano, dopo aver ricevuto quella pulce marzolina, che ormai mi ha scavato dentro e metamorfizzato a livello kafkiano 😛
      Scherzi a parte, sono contento ti sia piaciuta la prima tappa e speriamo piacciano anche le prossime 😉

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  7. Vasquez ha detto:

    In quella foto in costume Harvey ricorda proprio Billy Zane. Non ho ancora deciso se è più incredibile la storia del film di Polanski che viene prima di quella della Bluebelle, o la storia della Bluebelle in sé. Decisamente il tutto meritava un approfondimento Etrusco.

    Ringraziamo tutti Sam Simon ispiratore di cotanto contenuto. Sei partito da “Il socio” e ci hai portato sulla Bluebelle. Attendiamo tutti trepindanti l’approdo 😉

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Come vedi stiamo già volando e immergendoci insieme, ma il resto del ciclo ci porterà ben più lontano 😛
      Il mistero della Bluebelle avrebbe meritato un film a sé, o almeno una puntata di una qualche trasmissione del mistero: in fondo di “navi scomparse in mare” ce n’è in abbondanza, e questa meritava la giusta attenzione. Invece ad aver maggior successo è stato il romanzo che ha generato, come vedremo nelle prossime puntate 😉

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