Visto che l’intervista a Bruno Mattei è così piaciuta, ne approfitto per tradurre un’intervista a un altro maestro coevo, anche per continuare ad indagare sulla questione “Chi ha diretto Zombie 3?”.
In realtà il titolo è un po’ un’esca per i naviganti, perché l’intervista non è a Fulci bensì a sua figlia!
Nel ventennale della morte di Lucio Fulci (1927-1996), la rivista “Rue Morgue” (n. 61, ottobre 2016) organizza una commemorazione a cura di Stephen Thrower, che dopo aver ricordato l’opera del regista romano lascia la parola a Jovanka Vuckovic, che intervista Antonella Fulci, figlia di Lucio.
Traduco l’intervista, anche per avere un ritratto del regista mio compaesano (e mio omonimo) provenienti da una fonte particolarmente vicina a lui.
Lucio Fulci è stato responsabile di alcune delle scene splatter più cruente nella storia del cinema horror, eppure aveva la reputazione di essere un mansueto [pussycat] nella sua vita personale: è mai stato in conflitto con alcune delle violenze che ha scatenato sullo schermo?
Non credo, perché per lui i film horror erano solo uno dei generi in cui ha lavorato nella sua vita. Penso che non ci sia alcuna connessione tra la violenza che vedi nei suoi film e lui come persona. Non ha mai preso troppo sul serio ciò che la gente diceva dei suoi horror. Ci sono molte persone in tutto il mondo che considerano alcuni dei simboli nei suoi film a livello di icone ispiratrici – come il Libro di Eibon in E tu vivrai nel terrore! L’aldilà (1981). Lo prendono come qualcosa di magico, gotico, goffo, e mio padre non ha mai avuto questa intenzione. Anche per quanto riguarda la violenza, era il suo lavoro ed era solo una parte della sua carriera.
Ha lavorato come critico d’arte prima di passare al cinema: si considerava un “artista”?
Assolutamente no, si è sempre definito un artigiano del cinema. Ma gli piaceva davvero l’arte, è stato critico d’arte e giornalista. Ha iniziato la sua attività scrivendo articoli e poi scrivendo sceneggiature, quindi l’inizio della sua carriera è stato dietro le quinte.
La prima volta che hai visto uno dei suoi film horror è cambiato il modo in cui lo consideravi come padre?
Per niente. Avevo all’incirca vent’anni quando lui ha iniziato a girare film horror, ed ero spesso sul set: è come quando vai a trovare i parenti a lavoro. Ero sul set di Zombi 2 (1979), girato sulla spiaggia di un’isola vicino Roma. Ho visto gli attori al trucco con i volti devastati, in quanto zombie: controllavo il lavoro dei tecnici degli effetti speciali.
Parlando di zombie, gli horror più sanguinosi dell’età dell’oro di Lucio si basavano molto sugli incredibili effetti protesici di Giannetto De Rossi: com’era il loro rapporto di lavoro?
Si conoscevano molto bene. In passato Giannetto De Rossi era stato assistente truccatore in altri film. Se non sbaglio, in Una lucertola con la pelle di donna (1971) gli effetti speciali sono stati realizzati da Carlo Rambaldi, ma penso che anche allora Giannetto deve aver partecipato.
Ma tornando agli zombie, quando Giannetto era il curatore ufficiale degli effetti speciali ha avuto lui l’idea di usare materiali naturali per truccare gli zombie – i vermi sono addirittura veri – e mio padre ha approvato, perché dovevano realizzare effetti molto complicati con pochissimi soldi, quindi usavano materiali che potessero trovare facilmente. Penso che l’idea fosse molto funzionale e mio padre ci trovò qualcosa di brillante, perché gli zombie sembravano davvero naturali con tutta quell’argilla e quel fango sui loro volti. Se qualcuno avesse creato i vermi come effetto speciale, sarebbe sembrato falso, quindi hanno semplicemente usato quelli veri.
Dato che stiamo parlando di vermi, come hanno fatto quella scena in “Paura nella città dei morti viventi” in cui migliaia di vermi entrano volando dalla finestra come uno sciame?
Ah, con una manichetta antincendio e, dietro, un ventilatore.
Anche in quel caso erano veri vermi?
Sì, anche quelli erano veri! (ride) Sì, lo so, è disgustoso.
Incredibile! Gli attori sapevano che avrebbero avuto vermi veri sparati in bocca?
No, ma sono abbastanza sicura che alcuni dei primi piani siano stati fatti con del riso. So comunque che Catriona MacColl ha subìto questo trattamento con vermi veri sul viso: non credo che le sia piaciuto molto. I vermi sono stati lanciati velocemente per tutto il set e poi hanno dovuto raccoglierli tutti.
Dopo aver realizzato commedie di grande effetto negli anni ’60, tuo padre si è dedicato con grande successo ai thriller, tra cui “Una sull’altra”, “Una lucertola con la pelle di donna” e “Non si sevizia un paperino“. Cosa ha spinto il suo cambio di stile dalla commedia leggera ai thriller violenti?
Anche prima delle commedie aveva fatto dei thriller, quindi penso che fosse abbastanza a suo agio con lo stile: negli anni ’70, in Italia, era un genere che la gente amava. Prima c’erano le commedie e dopo le commedie la gente voleva vedere i film dell’orrore, perché vedeva in video i titoli provenienti dagli Stati Uniti: ogni regista italiano in quel periodo ha realizzato almeno un horror o un thriller. Così capitò che Enzo G. Castellarl ricevette una sceneggiatura ma non poteva realizzare il film, quindi mio padre fu la seconda scelta. Ha realizzato il film e ha avuto molto successo.
Cosa dici ai critici che accusano “Zombi 2″ di sfruttare il successo dello “Zombi” di George A. Romero?
Penso che non sia vero, perché il film prende in prestito più da I Walked With a Zombie (1943), cioè dagli zombie classici invece che da quelli di Romero, che sono in qualche modo modernizzati.
Hai ragione, non sembrano nemmeno uguali esteticamente.
Esattamente. Mio padre, quando la gente tirava fuori l’argomento, diceva che i suoi zombie provenivano dal voodoo e non da qualcosa che si trova nel mondo moderno. Vengono da Haiti, dalle antiche cerimonie, sono parte del folklore. Gli zombie di Romero erano invece una specie di satira della società moderna.
Com’è stato il rapporto di Lucio con i suoi coetanei italiani, Argento e Bava?
Be’, Mario Bava e mio padre erano vecchi amici, sin da quando Bava era direttore della fotografia e decoratore di set: ho una foto di mio padre e Mario quando erano sul set di chissà quale film. Erano amici intimi, mio padre lo considerava un genio molto prima che altri lo scoprissero. Con Dario Argento non c’era lo stesso rapporto, si sono conosciuti poco prima della morte di mio padre.
Avrebbero dovuto lavorare insieme su “MDC – Maschera di cera”.
Già, hanno lavorato alla sceneggiatura, ma mio padre è morto prima che potessero iniziare le riprese. Da quello che ho visto, comunque, non si prendevano molto bene.
È stato spesso paragonato ad Argento, a volte in modo negativo. Fulci si è mai arrabbiato con quelli che sottostimavano il suo lavoro e le sue idee?
In questo ambiente è normale che i registi abbiano qualcosa da dire l’uno sull’altro, ma lui non si è mai davvero arrabbiato per questo. Non vedeva alcuna somiglianza tra i suoi film e quelli di Argento. Ci sono un paio di film, due scene, che sono visti come molto vicini a quelli di Argento, ma le sceneggiature non sono state scritte da mio padre.
Ha mai espresso il desiderio di dedicarsi ad altro, oltre ai film?
Sì, navigare. Era un appassionato marinaio e se avesse potuto sarebbe tornato indietro e avrebbe navigato di mestiere.
Da “Zombie 2” in poi, o anche prima con “Sette note in nero”, tuo padre si è spesso confrontato con il soprannaturale nei suoi film: cosa pensi che lo abbia indotto ad esplorare il soprannaturale, e da dove ha tratto ispirazione per queste escursioni?
Credeva che il soprannaturale non fosse in realtà “sopra-naturale”, sentiva che invece aveva una grande influenza nella vita di tutti. Ha iniziato ad esplorarlo perché era interessante raccontare storie “normali” con un tocco soprannaturale. Anche in Non si sevizia un paperino (1972), c’è una storia magica ambientata in un posto in realtà molto semplice, come un paesino nel sud Italia. Per lui era una realtà. Ad esempio, quando perdeva qualcosa diceva: “Ho sentito mia madre dirmi che” – qualunque cosa avesse perso – “era in questo posto”. E ovviamente sarebbe andato lì e l’avrebbe trovato.
Credeva che un posto come l’Inferno potesse essere reale?
Non in modo cattolico. Era decisamente spaventato da ciò che sarebbe potuto accadere dopo la sua morte, dal tipo di esperienze che avrebbe potuto avere, ma credeva nell’Inferno sulla Terra più che nell’Inferno come luogo cattolico tradizionale.
Molti fan devoti di Fulci hanno liquidato il suo famigerato film del 1982 “Lo squartatore di New York” come l’opera più malata e meschina del suo canone, e fino ai giorni nostri ben pochi la difendevano. Cosa ne pensi di quel film?
Be’, non posso essere obiettiva perché sono stata sul set per l’intera durata delle riprese e mi sono divertita molto. Puoi vedere il film da vari punti di vista: secondo me parla di perdenti. Si svolge in una città dove se non sei un vincitore non sopravvivi. Non ci sono personaggi positivi, ognuno di loro ha un grosso problema. Il film lo vedo come un sordido melodramma.
Fulci è stato accusato di misoginia nei suoi film – soprattutto per quanto riguarda “Lo squartatore di New York” – e si diceva che fosse particolarmente crudele con alcune delle sue attrici: era vero e, in tal caso, quale luce puoi gettare sulle sue ragioni?
Molte persone hanno pensato che a causa di mia madre avesse iniziato a odiare le donne, ma si sbagliano. La gente mi fa spesso questa domanda, su come trattasse le donne, a causa di Catriona MacColl e dei vermi, e a causa di Daniela Doria che deve letteralmente sputare l’anima ne Paura nella città dei morti viventi (1980), ma non era un misogino: a volte era il suo strano modo di dire “Ti apprezzo”. Se giocava in modo pesante con qualcuno, e questo poteva includere delle urla, significava che quel qualcuno gli piaceva. Avresti dovuto conoscerlo. Se non lo conoscevi in effetti poteva risultare pesante. Di recente, infatti, stavo guardando una cosa in TV in cui Giannetto De Rossi parlava di mio padre sul set di Zombie 2 (1979). Disse che mio padre si metteva a urlare e poi a ridere e se qualcuno che non lo conosceva avesse sentito tutto questo avrebbe potuto pensare che fosse pazzo.
A proposito di mio padre, ci sono molti pettegolezzi. Avrei voluto che tutte le persone a cui sono piaciuti i suoi film avessero avuto la possibilità di incontrarlo, perché era una persona unica, più nella vita reale che nella sua carriera cinematografica.
Di tutte le voci che hai sentito, quale ti piacerebbe di più chiarire?
Penso forse a quelle che lo vorrebbero il curatore di un qualche strano culto. Se chi dice queste cose assurde l’avesse mai incontrato, avrebbe scoperto che era un grande burlone.
Qual è la vera storia dietro la sua uscita anticipata dalle riprese di “Zombi 3”?
Era malato in quel momento e stavano girando nelle Filippine. Ha accettato l’incarico ma la sua salute era cagionevole e ha dovuto abbandonare tutto. Io non c’ero, ma ho sentito che ha avuto diversi grossi problemi con la produzione perché pensava che avesse un budget troppo basso per completare il film, quindi Claudio Fragasso e Bruno Mattei hanno finito il progetto. Non gli è mai piaciuto Zombie 3 (1988), diceva sempre: “Non è il mio film”.
Lucio è venerato e ricordato soprattutto per i suoi film horror: cosa provava, nei suoi ultimi anni, riguardo a questa eredità?
Lo ha scoperto molto tardi. È triste perché aveva appena scoperto di essere molto popolare negli Stati Uniti e in Giappone, nei primi anni ’90: non ha avuto il tempo di capire cosa fosse diventato per così tante persone, perché ha avuto sfortuna e morì [1996] prima che esplodesse Internet. Io stessa ho scoperto molto di più su mio padre grazie ai fan in Rete che da lui in persona.
Gli è piaciuto molto andare a New York nei cinque mesi prima della sua morte, ed era molto affezionato alle persone, ai fan che ha incontrato lì. Era sorpreso da tutto questo, ma gli piaceva.
Di tutti i suoi film, di quale era più orgoglioso?
Aveva tre risposte a questa domanda. I tre titoli sono: Sette note in nero (1977), Non si sevizia un paperino (1972) e Beatrice Cenci – quest’ultimo è un film meno noto che ha girato nel 1969. È un racconto storico di un omicidio avvenuto nella storia italiana quando il Papa era re: è un piccolo film ma con una storia molto carina. Ancora l’anno scorso c’è stato un professore universitario che mi ha mandato una mail in cui diceva di aver mostrato il film alla sua classe, perché lo riteneva una accurata ricostruzione storica della vita e della morte di Beatrice Cenci.
Perché quei tre erano i suoi preferiti?
Perché penso che fossero i suoi più personali. Ha lavorato molto duramente per rendere Beatice Cenci un film speciale e Non si sevizia un paperino un diverso tipo di giallo. Poteva parlare tra le righe, poteva parlare della sua rabbia per l’ipocrisia della Chiesa. E Sette note in nero credo gli sia piaciuto perché è stato eseguito perfettamente dal punto di vista tecnico. È un film dimenticato ma tutto è perfetto, anche Jennifer O’Neill è stata perfetta nel suo ruolo.
Nel mondo del cinema, c’è un legittimo erede di Lucio Fulci?
Dipende, ed è una domanda difficile a cui rispondere… non lo so.
Molti di noi sarebbero propensi a dire di no, che era unico nel suo genere e non ci sarà mai un altro Lucio Fuici.
Ah, penso che sia la risposta giusta, sì. A volte vedo film, come Silent Hill (2006), dove ci sono immagini che mi ricordano E tu vivrai nel terrore! L’Aldilà (1981), quindi immagino che abbia ispirato molte persone in diversi ambienti creativi, ma non c’è una persona in particolare che possa essere considerata un successore di mio padre.
Un’ultima domanda, tuo padre aveva paura di andare nell’aldilà?
Sì, molto. Soprattutto lo spaventava l’idea di morire in maniera non pacifica: era malato da molti anni, quindi era ossessionato da quella questione. Ma alla fine, questa è la vita. Non sai mai come morirai. Puoi solo sperare di avere una morte molto serena, ma potrebbe non accadere.
L.
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Non sarebbe male nemmeno intervistare quello che poi, immagino con la scopa, ha dovuto raccogliere tutti i vermi volanti 😉 In effetti la questione su “Zombi 3” è sempre calda, ti ringrazio per la traduzione e per le tante citazioni! Cheers
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Strano che non abbiano fatto ancora questo scoop: l’uomo che raccoglieva i vermi di Fulci 😀
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Sette note in nero è considerato un film dimenticato? Strano, me lo ricordo io, che ho la memoria storica di una ciabatta! Personalmente l’ho trovato favoloso, pure il finale aperto a sorpresa mi è sempre piaciuto e io odio i finali aperti XD
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Considera sempre che l’intervistatrice è americana, magari da loro hanno avuto molta più eco i filmacci splatter che gli splendidi thrilling di classe.
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Non ci avevo pensato 🤔 beh, è ora che recuperino pure Sette note in nero, fa dieci a zero a thriller più blasonati!
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Infatti se noti l’intervistatrice è truculenta, vuole sapere degli horroracci coi vermi, la sensazione è che non sapesse molto di Fulci nel resto della sua carriera. Potrebbero recuperare un po’ di ottimi titoli, invece di pensare sempre a “Zombi 2” 😛
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Effettivamente molto interessante anche stavolta! Bella questa visione della figlia che si divertiva sui set di tutti questi film truculenti! X–D
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Girare un film splatter dev’essere divertentissimo 😛
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Sempre meglio però che i vermi siano finti, nel caso 😛
Una splendida “Fulciata” di post/intervista costellata di curiosità, aneddoti e testimonianze raccontate da una fonte assai certificata! Riguardo poi a quel gioiellino di “Sette note in nero” penso che il problema della dimenticanza riguardasse più l’intervistatrice (e, eventualmente, una buona parte dei lettori di “Rue Morgue”) che non i fan statunitensi in toto: essendo Fulci oggetto di culto mi risulta difficile credere a un’ignoranza generalizzata riguardo alla sua produzione pre-splatter (gialli/thriller in primis, appunto)…
P.S. Una piccola curiosità riguardo allo zombie verminoso lassù in copertina: si tratta di quello stesso Ottaviano Dell’Acqua che, l’anno precedente, aveva interpretato il ruolo dell’abile ladruncolo/acrobata Gerry in “Lo chiamavano Bulldozer” (lo si ritrova poi nella parte dello sfortunato Roger in “Zombi 3”, dieci anni dopo) 😉
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Ah, ne sai una più di uno zombi! 😀
Non vorrei che l’assenza di splatter nello splendido “Sette note in nero” lo facesse però considerare un titolo minore dai fan americani, o magari considerare poco dai distributori locali. Chissà.
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E qui sarebbe interessante conoscere il livello di competenza fulciana di altre riviste USA differenti (intese come al di fuori del circuito splatter/gore anche se poi, in effetti, credo che il grosso dei fan americani si concentri proprio lì) da “Rue Morgue” o “Fangoria”…
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Temo anch’io. Purtroppo “Fangoria” è scomparsa nel nulla: dopo aver digitalizzato tutti i propri archivi, meritandosi il Paradiso, ha deciso di metterli in vendita sul proprio sito così da farli scomparire per sempre, meritandosi l’Inferno.
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Una scelta davvero brillante, complimenti… ☹
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Bella intervista, grazie che stai scavando negli archivi etruschi per riproporci queste perle
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Spero di trovare altro materiale. Da notare che sono riviste straniere: mi sa che di roba italiana ce n’è pochina in giro 😛
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Altra intervista, per i miei gusti, da urlo! Anche se si tratta della figlia quante cose interessanti: i vermi veri “sparati”, i rapporti con Bava e Argento, i suoi film preferiti, la questione Zombi 3…tanta roba 🙂
Spero in altre edizioni di queste interviste! 🤞🙂
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Finora siamo stati fortunati a trovare primizie ghiotte, con testimonianze di prima mano, visto che comunque la figlia di Fulci era una testimone diretta. Speriamo continui questa serie fortunata ^_^
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Incrocio le dita! 🤞🤞🤞🙂
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