Sybil (1976) ReteMia riporta in vita psico-Sally!


Lo scorso 10 giugno 2024 ho registrato dal piccolo canale televisivo ReteMia un film che mi è stato fatto notare essere raro in italiano: Sybil con Sally Field. In realtà il film è meno raro del previsto, sia perché la VHS d’annata si trova in vendita su eBay sia perché i bravi pirati hanno già condiviso l’edizione di ReteMia, creando edizioni in alta qualità mixando il video americano e l’audio italiano, ma non è tanto questo che conta.

Si tratta di un film molto particolare, sia per la distribuzione italiana che per l’essenza della vicenda, quindi ho pensato valesse la pena parlarne: ho messo l’indice così potete saltare alle sezioni che vi interessino di più.


Indice:


La trama e il succo del film

Negli stessi anni in cui agivano gli Hypnobusters, cioè gli studiosi di rapimenti alieni che giravano l’America a sottoporre decine di “vittime” ad ipnosi regressiva per scoprire cosa fosse successo nel loro passato, è nata l’esigenza narrativa di fare lo stesso… ma con la psicoanalisi invece che con l’ipnosi.

La vera Sybil (da Wikipedia)

La giornalista Flora Rheta Schreiber nel 1973 presenta un libro che millanta di raccontare la vera storia di una donna problematica, dallo pseudonimo Sybil, affetta da fortissimo disturbo della personalità, che riesce ad intraprendere un percorso terapeutico grazie ad una psichiatra che si getta anima e cuore sul suo caso, scavando nel suo passato e portando alla luce terribili traumi infantili, causati da una famiglia pseudo-religiosa che sottoponeva la bambina a punizioni orrende.

Nello stesso anno in cui L’Esorcista ci spiegava che dentro ogni ragazza può esserci il Maligno, la Schreiber raccontava che in ogni famiglia può nascondersi l’orrore, una verità che rimane anche dopo che il libro ha subìto molte critiche: che quella di Sybil sia una storia vera è altamente discutibile come ogni storia vera raccontata da un libro non specialistico, probabilmente è solo una bella (brutta) storia con cui l’autrice ha guadagnato consenso, ma rimane il fatto che Sybil dà voce a tutte quelle vittime che in età adulta portano ancora incisi nella psiche i traumi subiti nell’infanzia.

Il film romanza il lavoro della psichiatra su Sybil, raccontando il dramma di una donna affetta da personalità multiple… che però non si comporta come James McAvoy in Split (2016).


Il ricordo di Sally Field

Nel 2018 Sally Field ha fatto quello che tutti gli attori dovrebbero fare, per la gioia di noi impiccioni e ricercatori: ha pubblicato un proprio saggio biografico, In Pieces, dove racconta la propria carriera. Visto che con Sybil l’attrice vince il Primetime Emmy Award come protagonista, il primo premio importante della sua carriera, era chiaro le avrebbe dedicato ampio spazio.

Come sempre, quella che segue è una traduzione etrusca in esclusiva.

«Il fatto che fosse un lavoro televisivo non aveva alcuna importanza. Era da una vita che lavoravo per quel ruolo, e appena ho letto la sceneggiatura mi sono iniziate a tremare le mani: io conoscevo la protagonista, mi apparteneva. Sebbene ancora non mi rendessi conto di quanto fossi connessa con Sybil e non avessi mai focalizzato quelle tecniche di sopravvivenza psicologica, sapevo che la mia infanzia difficile mi aveva preparata a quel ruolo, sapevo che Sybil ero io anche se nessun’altro all’audizione magari l’avrebbe pensato.»

L’attrice torna a casa e recupera i suoi abiti giovanili ancora conservati, con l’obiettivo di presentarsi all’audizione per mostrare di non recitare Sybil, bensì di esserlo.

«Il mio obiettivo era di convincere tutti che io fossi la versione in carne e ossa di quella giovane donna malata. E sebbene potessi scegliere fra le varie personalità del personaggio sapevo che dovevo presentarmi al provino nei panni di Sybil stessa, remissiva e timida, con vecchi abiti scoloriti, senza trucco e con capelli pessimi. Cioè il mio vecchio aspetto da ragazza.»

Accompagnato il figlio Peter al suo primo giorno di scuola elementare, tornata a casa Sally si veste da Sybil, mentre il piccolo Eli fa i capricci perché non vuole rimanere con la nuova babysitter e poi via, di corsa verso gli studi della Warner Bros di Malibu Canyon, Burbank. La corsa per non fare tardi viene accolta con piacere: «sentivo che stavo per andare fuori di testa, il che era un bene, visto che andavo a un’audizione dove avrei dovuto interpretare una donna malata di mente».

Al provino, lo sceneggiatore Stewart Stern è molto disponibile e sia lui che i produttori ammirano l’attrice «scomparire nella follia di Sybil», richiamandola ancora in seguito a leggere per la parte. Sally viene a sapere che il regista non vuole lei, le preferisce Vanessa Redgrave però è innegabile che negli occhi di Sally veda Sybil alla perfezione. Nell’ultimo provino l’attrice recita insieme a Joanne Woodward, che sarà la dottoressa con cui il suo personaggio dovrà interagire per gran parte del film. E la magia può iniziare.

Le due donne non si parlano, perché sono già nel personaggio: non sono Sally e Joanne, sono Sybil e la sua psichiatria. Sally-Sybil recita la sua parte poi d’un tratto scatta e si infila sotto il tavolo del regista, con Joanne che la segue incitandola a non essere timida e ad aprirsi con lei. Le due attrici sembrano lavorare insieme da una vita invece si sono appena incontrate. «In seguito ho saputo che Joanne ha detto alla produzione: “Se non ingaggiate Sally, io non faccio il film”». E Sally ottiene il ruolo di Sybil.

«Non mi sentivo emozionata quando ho ricevuto la notizia che avevo ottenuto il ruolo, non dubitavo di me stessa ma non avevo alcuna voglia di festeggiare: stavo per andare in battaglia, e direttamente al fronte.»

Che la produzione non sarà facile lo dimostra un problema che si presenta al terzo giorno di prove, quando Sally – sfinita perché la sua visione del personaggio non piace al regista, il quale cerca di imporne una diversa – viene chiamata di nascosto nel camerino di Joanne Woodward, dove lei e i produttori la informano che sta arrivando un nuovo regista.

Anthony Page, il regista originale che non ha mai creduto né in lei né nella terapia in generale, viene rimosso e arriva Daniel Petrie, regista televisivo di lunga data.


La distribuzione italiana

Ricevuto il visto della censura italiana il 25 agosto 1979, la Impegno Cinematografico lo porta nelle nostre sale dal 29 settembre 1979 con il semplice titolo Sybil, nel momento esatto in cui la Mondadori pubblicizza il relativo romanzo riportato in libreria.

da “La Stampa” del 29 settembre 1979

Su “La Stampa” il consueto Piero Perona ci informa che alla prima italiana del film c’erano davvero pochi spettatori, e scrive:

«Daniel Petrie firma la regia con la stessa concentrazione di chi firmi una prescrizione medica. Il cinema gli concede la possibilità di giocare con il moltiplicarsi delle individualità e con l’invenzione degli ambienti ma Petrie non va al di là di un’applicazione tecnica e meccanica. Difficile che aumenti lo sparuto pubblico della prima.»

Raramente sono d’accordo con Perona, ma stavolta ha colto nel segno: è un tipico anonimo e blando prodotto televisivo dell’epoca senza alcuna ambizione né guizzo di sorta, non ha avuto alcun senso “comprimerlo” per presentarlo su grande schermo, sicuramente trasmesso dalla RAI nel suo formato originale avrebbe riscosso molto più interesse.

Il film rimane poco in sala e dal 1982 inizia la sua vita nei più minuscoli canali televisivi locali. Purtroppo l’edizione VHS CVR Realvision non ha data, ma in patria americana viene distribuito in videocassetta nel 1986 da CBS-Fox, è facile che risalga all’incirca a quella data anche l’edizione italiana: il prezzo di 56 mila lire stampigliato sul retro della cassetta lo trovo compatibile con l’epoca.


Edizioni a confronto

Sybil è una miniserie televisiva della Lorimar andata in onda in due puntate nel novembre 1976 sulla NBC. Qual è la durata totale dell’opera?

Warner 2006

Ho consultato alcuni quotidiani americani di quei giorni e le due puntate risultano andate in onda il 14 e 15 novembre 1976 dalle ore 20 alle ore 22, per un totale quindi di quattro ore. Nel 2006 la Warner Home Video ha rilasciato il DVD Special Edition del trentesimo anniversario, in due dischi, per la durata complessiva riportata in locandina di 187 minuti (tre ore e sette minuti). Ipotizzando che la NBC abbia martellato di pubblicità quella prima visione, le tre ore di film potrebbero raggiungere le quattro di spazio televisivo.

Grazie a ItaliaTaglia.it, sappiamo che il visto della censura nostrana è stato applicato a un film composto da 2.900 metri di pellicola, e visto che Wikipedia mi spiega che un minuto di pellicola corrisponde a 27,36 metri, ecco che siamo sui 105 minuti circa. Quindi in pratica il film è arrivato in Italia già quasi dimezzato “alla fonte”.

Non sappiamo cosa abbiano visto quei pochi spettatori italiani in sala, mentre il passaggio televisivo dell’11 febbraio 1984 su TVS (l’ultimo noto!) fa pensare che l’edizione passata sul piccolo schermo possa essere stata addirittura più corta di quella cinematografica, visto che il “Radiocorriere TV” testimonia solo 80 minuti di durata, per quanto possano valere questi orari.

dal “Radiocorriere TV” dell’11 febbraio 1984,
anche se sono informazioni da prendere con le molle

Quanto dura l’edizione in VHS? A sorpresa ci aiutano i nostri amici pirati, gli unici veri distributori italiani. Gira in Rete un’edizione “VHS-Rip”, cioè digitalizzata da una videocassetta, della durata di 103 minuti, quindi perfettamente compatibile con quella cinematografica: non a caso i titoli di testa sono in lingua italiana.

Una copia trovata in Rete che dice d’essere da VHS italiana

In una data ignota, ReteMia trasmette il film e per fortuna un bravo pirata ha salvato l’edizione di questa emittente che sembra aver mandato in onda proprio l’edizione da VHS, semplicemente riadattata allo schermo televisivo, anch’essa di 103 minuti.

Splendida edizione “vissuta” da nastro, mandata su ReteMia e salvata da un bravo pirata

Arriviamo al 10 giugno 2024 quando registro da ReteMia un passaggio che purtroppo si interrompe dopo soli 77 minuti (quindi mandato come riempitivo) ma che mi dà l’occasione di apprezzare il grande lavoro di pulizia digitale che l’emittente sta conducendo su tutti i propri titoli d’archivio.

Scintillante edizione restaurata

L’immagine è perfetta e le scritte scintillanti, come hanno fatto a ripulire così a fondo un nastro che risale agli anni Ottanta? Temo che ci sia stato un “trucco”, e l’indizio salta agli occhi già da queste immagini: come mai il titolo del film ha un sfondo diverso dalle precedenti edizioni?

Secondo me, opinione personale priva di alcun valore, ReteMia ha preso l’edizione completa di tre ore della Warner Home Video, con video perfetto, l’ha ritagliata per farci combaciare l’audio della più corta edizione nostrana, e ha scritto a mano i titoli di testa sfruttando una particolarità dell’edizione americana: i titoli di testa sono diversi, lasciando le vedute di New York libere di aggiungerci scritte a piacimento.

Titolo dell’edizione completa da tre ore

Plaudo all’iniziativa di presentare un film praticamente inedito in Italia dandogli un aspetto scintillante, ma preferisco di gran lunga la rovinata versione da nastro anni Ottanta, con tanto di graffi. Però è un mio perverso gusto personale.


Un film psico-noioso

Lo sceneggiatore Stewart Stern adatta per la TV generalista lo scottante libro Sybil (1973) di Flora Rheta Schreiber, portato in Italia da Mondadori nel 1974 e ristampato nel ’79 in occasione del film. Avendo il libro il grave difetto di non essere firmato da Agatha Christie, da allora non è mai più stato ristampato nel nostro Paese. Come detto, la vicenda si pone un po’ a metà fra narrativa e saggistica, con quelle operazioni che in realtà fanno sospettare più l’invenzione pura che la ricostruzione di veri eventi.

Facciamo finta che l’autrice non abbia inventato niente e abbia raccontato il dramma di una donna affetta da personalità multiple, ciò che conta è come Stern adatta per il piccolo schermo questa vicenda: se da un lato lo sceneggiatore dimostra di conoscere le corde giuste da tirare, dall’altra pecca nel ritmo e nell’equilibrio dei vari elementi narrativi.

Perché solo ora Sybil scopre l’affollamento che ha in testa?

In un batter d’occhio, roba da far invidia a ogni paziente, la psichiatra Cornelia Wilbur (Joanne Woodward) non solo instaura un profondo rapporto di fiducia con la paziente Sybil (Sally Field), ma le si dedica completamente e in ogni istante della propria vita, anima e core. Possibile che in tre ore complessive si doveva correre così tanto su certi aspetti? Il motivo appare subito chiaro: l’attenzione deve essere puntata sui punti scabrosi.

La psichiatra Wilbur non sembra avere altri pazienti, visto il tempo che dedica a Sybil

La vicenda si apre su Sybil che, di punto in bianco, dà di matto, fa le voci, minaccia il suicidio, e in due minuti la Wilbur capisce che la donna è affetta da personalità multipla, e nel mostrarci le lunghe sedute la Field ha modo di passare in rassegna tutto il proprio repertorio attoriale nel cambiare di volta in volta la donna da rappresentare. Il film è tutto così, e visto che l’edizione ridotta italiana è noiosissima, mi chiedo come abbiamo resistito gli spettatori americani a tre ore di Sally Field che fa i suoi monologhi da matta!

Brava è brava, ma tre ore di faccette e vocine fanno uscire pazzo lo spettatore!

Siamo agli albori dell’esplosione della “psicoanalisi newyorkese”, quell’ondata per cui i film di grandi case si impreziosivano con la presenza di uno psichiatra che affrontava i problemi del protagonista. (Altri Paesi già ne parlavano da prima, in realtà). A pensarci, di lì a poco con Io e Annie (1977) Woody Allen ha portato la psicoanalisi nelle case di tutti, e titoli come lo splendido Gente comune (1980) di Robert Redford, tratto dal romanzo omonimo del 1975 di Judith Guest, sono interamente basati sulla psicoanalisi come elemento narrativo basilare, se non proprio motore dell’intera vicenda. Da questo punto di vista Sybil è perfettamente integrato, se non forse addirittura precursore.

Il problema è che Sybil usa la “psicoanalisi newyorkese” solo come scusa per parlare d’altro: è in pratica un lungo monologo mediante il quale si racconta la terribile infanzia di una donna cresciuta in una famiglia religiosa che non avrebbe nulla da invidiare ai personaggi di Rosemary’s Baby (1968), che non cito a caso, visto che in più punti mi sembra che si volesse lanciare qualche velato richiamo a temi “horror religiosi” di gran moda. Come a dire che anche le famiglie più morigerate può nascondersi il Male.

Per due volte Sybil rompe una finestra con una mano, e nessuno si chiede perché

Sybil è stata maltrattata da piccola, come vediamo attraverso flashback molto ridotti nell’edizione italiana, e per questo ha sviluppato una personalità multipla che le impedisce di vivere una vita piena: costruire una sceneggiatura di tre ore da questo spunto minimo avrebbe richiesto più perizia di quella utilizzata. Come detto, a parte lunghissime scene di difficile sopportazione in cui Sally Field fa le voci e le facce senza mai dire nulla che abbia un senso, non c’è altro. Lei è bravissima, non si discute, ma è il film in sé che non ha capacità narrativa: sicuramente sono argomenti scottanti per l’epoca, ma raccontati in maniera davvero noiosa.

L’alba del genere “psicoanalisi newyorkese”

Forse il libro pone più l’accento sulla ricerca delle cause del comportamento di Sybil, nel film invece è tutto velocissimo e spesso dato per scontato. L’edizione originale di tre ore, che mi sono spulciato, non ha molte differenze con quella ridotta italiana: semplicemente le scene noiose… durano molto di più!

Insomma, è un film che non mi sento di consigliare, a meno di non essere curiosi di come veniva ritratta la psicoanalisi prima che Woody la rendesse divertente.

L.

– Ultime indagini:

Informazioni su Lucius Etruscus

Saggista, blogger, scrittore e lettore: cos'altro volete sapere di più? Mi trovate nei principali social forum (tranne facebook) e, se non vi basta, scrivetemi a lucius.etruscus@gmail.com
Questa voce è stata pubblicata in Saggi e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

15 risposte a Sybil (1976) ReteMia riporta in vita psico-Sally!

  1. Cassidy ha detto:

    I ssolerti pirati conservano i film meglio di molti altri, va che lavoretto hanno fatto! Gran prova di Sally Field, grazie per aver approfondito, specialmente la parte legata all’attrice. Cheers!

    "Mi piace"

  2. wwayne ha detto:

    E’ effettivamente vero che in genere chi è affetto da personalità multipla ha subito dei traumi gravissimi nell’infanzia: non essendo in grado di sopportarli, il bambino o la bambina crea nella sua mente una seconda personalità alla quale addossare il peso di quei traumi, affinché la prima personalità (quella dominante) possa vivere in maniera relativamente serena. E’ possibile che la mente del soggetto traumatizzato si scinda anche in più di 2 personalità.
    Va detto comunque che ai tempi in cui uscì il film c’era una sorta di “innamoramento” degli psichiatri verso la personalità multipla, e questo li portava a fare questa diagnosi anche quando i bruschi cambi di atteggiamento potevano essere spiegati in altro modo (un carattere umorale, un disturbo bipolare o una semplice capacità di fingere). Ad esempio, alcuni psichiatri moderni sono convinti che perfino uno degli uomini più famosi a cui è stata fatta questa diagnosi (Billy Milligan) fosse in realtà un gran furbacchione che si è finto pazzo per evitare la galera. Nel documentario di Netflix a lui dedicato questa tesi viene sostenuta con un certo vigore: quasi tutti gli esperti e i conoscenti di Billy che sono stati intervistati per quel documentario affermano che in pratica Billy è stato un truffatore che ha cavalcato una diagnosi che andava di moda tra gli psichiatri e ne ha approfittato a piene mani.
    Joanne Woodward in questo film interpreta la psichiatra, in un film precedente sullo stesso tema (La donna dai tre volti) interpreta direttamente la donna affetta da personalità multipla. Qua sotto puoi vedere un’intervista a questa donna (dalla quale traspare chiaramente che nel suo caso la diagnosi era corretta):

    "Mi piace"

  3. Madame Verdurin ha detto:

    Sono certa che Sally Field abbia potuto fare un ottimo lavoro, sicuramente ha del talento, e in un ruolo del genere il rischio di diventare tutta “faccette, vocine e mossette” come James McAvoy era davvero dietro l’angolo! Mi interessa molto anche la suo biografia, della cui esistenza non sapevo nulla, grazie!

    "Mi piace"

  4. Jena Plisskin ha detto:

    Nonostante sia sicurissimo della bravura di Sally in questo film, mi ci tengo lontano, da come lo hai presentato potrei finire la visione avendo io persoanlità multiple, inclusa quella che vuol dar fuoco alla TV.

    E intanto i pirati fanno riemergere versioni dei film sostituendosi a cinema, tv ed home video. Una volta avevo trovato la versione di Animal House del DVD/BluRay ma con l’audio originale, quello con le voci e le musiche originali per intenderci. Grandi!

    "Mi piace"

    • Lucius Etruscus ha detto:

      I distributori italiani sono assenti ingiustificati, forse anche perché non esiste più un pubblico a cui rivolgersi: chi è che oggi compra film in supporto fisico se non una manciata di noi sparuti malati collezionisti?
      Per fortuna ci sono i bravi pirati che creano ottimi mux, fondendo gli ottimi video originali con l’audio italiano, anche meglio di come fanno i distributori ufficiali, che ogni tanto si sbagliano e si perdono pazzi d’audio per strada 😛

      Il film non mi sento di consigliartelo, è davvero di una noia epocale e terribilmente inconsistente, sebbene penso che all’epoca funzionasse di più per il mondo televisivo coevo.

      "Mi piace"

  5. Willy l'Orbo ha detto:

    Finisco la lettura in serata ma già da ora posso dirti questo: sono uno zinefilo semplice e con le schermate con la scritta ReteMia hai già vinto! 😉🙂

    "Mi piace"

    • Lucius Etruscus ha detto:

      ahaha ti capisco benissimo! ^_^
      Anche quando è stato chiaro che il film non era la chicca che pensavo, lo stesso l’essere uno strano ibrido per di più da canale locale gli ha donato un fascino irresistibile ai miei occhi 😉

      "Mi piace"

  6. Vasquez ha detto:

    Sally Fields deve aver sfruttato questa esperienza con le sue personalità multiple, usandola poi nella parte della madre bipolare dell’infermiera Abby in “E.R. – Medici in prima linea”: era eccezionale, faceva provare davvero quello che può significare avere a che fare con una persona con quei disturbi.
    Bel recupero, e bel post 👍

    "Mi piace"

    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ah, non mi stupirebbe che quel ruolo sia stato una strizzatona d’occhio alla sua Sybil, che le è valsa il primo premio importante della sua carriera, prima dell’Oscar nel 1980 per “Norma Rae”.
      Lei è bravissima, ma il film – anche nell’edizione ridotta italiana – è davvero noiosetto.

      Piace a 1 persona

  7. Anonimo ha detto:

    E anche le parti non del tutto vere sono scritte un po’ meglio, talvolta, quando a “inventarle” è il diretto interessato 😉

    Peccato per la scelta del regista Daniel Petrie, veterano televisivo poco adatto a trasporre efficacemente su schermo una storia di personalità multiple (con tutte le sfumature del caso) come questa: molto difficilmente avrebbe potuto far qualcosa di differente da una lunga e sfiancante (per quanto realistica) compilation di voci, facce e monologhi sconnessi anche un’attrice in gamba e calata nella parte (per via di una forte motivazione personale) come Sally Field, se diretta da qualcuno poco interessato al tema in questione….

    Ad ogni modo, ringraziamo i pirati per il livello di professionismo, passione e condivisione dimostrati anche in questo caso 👍

    "Mi piace"

    • Giuseppe ha detto:

      L’anonimo sarei io, WordPress dei miei coglioni 😠

      "Mi piace"

    • Lucius Etruscus ha detto:

      La televisione negli anni Settanta aveva uno stile molto netto, molto lontano da un’opera filmica, e qui giustamente Petrie fa quello che faceva dagli anni Cinquanta, un prodotto televisivo. Temo che presentarlo nei cinema italiani come un filmone “hitchcockiano” sia stato un grave errore.
      Comunque rimane il fatto che la trama non è minimamente adatta a riempire 3 ore di film, malgrado la bravura delle due attrici: forse in mani migliore sarebbe potuto venir fuori un tipico prodotto da 90 minuti su TV8…

      "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.