Unforgiven (2013) e Clint Eastwood… muto!


Nelle interviste degli anni Novanta Clint Eastwood diceva che mentre interpretava Per un pugno di dollari (1964) sapeva benissimo che stavano plagiando Kurosawa, proprio uguale uguale, quindi se poi il Giappone ricopia identico un film di Clint, ma proprio uguale uguale, nessuno deve mettere bocca. Anche perché stavolta è un rifacimento ufficiale, non truffaldino come nel caso italiano.

Per ragioni misteriose il distaccamento giapponese della Warner Bros autorizza la fotocopia di Unforgiven (1992) – in Italia, Gli spietati, questa sera in prima serata su Rete4, a dimostrazione che il MACC è sempre in funzione – e così Lee Sang-il (che a quanto ho capito dovrebbe essere nippo-coreano) scrive e dirige quello che all’apparenza è il semplice rifacimento locale del film di Clint Eastwood, ma al contrario dei fotocopiatori italiani l’autore giapponese dona un sapore unico all’opera derivativa, non limitandosi alla semplice riproposizione.

GoogleTranslate dice che vuol dire “The Unforgiven” in italiano!

Unforgiven (許されざる者 / Yurusarezaru mono) viene presentato in anteprima al Festival del Cinema di Venezia il 6 settembre 2013 ma non ho trovato altre tracce di una distribuzione nel nostro Paese.

Visto che Lee Sang-il ci delizia ambientando la vicenda nello stesso identico anno dell’originale, ma in un Paese diverso, è un’occasione imperdibile per continuare il mio viaggio nella storia dell’Asia.


Il contesto storico

Come abbiamo visto nel film La spada del sole (1981), che era a sua volta un rifacimento (leggi “plagio”) di Sole rosso (1971), nel 1853 il commodoro della marina militare americana Matthew Perry arriva in Giappone e con molta diplomazia minaccia di bombardare tutti se gli amici giapponesi non si apriranno al commercio con gli occidentali, e dà al Paese chiuso all’Occidente da più di due secoli ben un anno di tempo per decidere: quando Perry tornerà nel 1854 lo farà con una flotta in grado di prendersi il Giappone con la forza, a meno che l’isola non si trovi disposta a commerciare con gli stranieri.

L’amichevole commodoro Perry nel film La spada del sole

Teoricamente lo shōgun è il difensore del Giappone, e quel passaggio di Perry ha messo bene in evidenza che invece lo shogunato era totalmente inerme davanti alle navi americane: dopo secoli di dominio, la dinastia Tokugawa cade e nel 1868 inizia una nuova epoca, il Periodo Meiji (Meiji jidai, “periodo del regno illuminato”).

Come mi racconta Kenneth G. Henshall nel suo Storia del Giappone (2004; Mondadori 2017), dopo secoli di chiusura in se stesso il Giappone esplode e comincia ad importare tutto ciò che gli piace della cultura occidentale, sempre però rielaborandola a modo proprio. Il Paese comincia ad auto-riformarsi dalle fondamenta iniziando a sembrare uno Stato occidentale, addirittura si aboliscono le caste e tutti i cittadini diventano uguali: ovviamente sono riforme “sulla carta”, ci vorrà molto tempo perché le vecchie abitudini cambino, ma rimane comunque una grande rivoluzione.

«Il nuovo governo vedeva l’occidentalizzazione come un passaggio cruciale verso la modernizzazione. La trasformazione avrebbe reso il Giappone più forte, offrendogli maggiori possibilità di competere con le potenze straniere, e forse avrebbe potuto persino raggiungerle e superarle. Uno dei numerosi slogan dell’epoca era Oitsuke, oikose, “Raggiungi, supera”. Un Giappone occidentalizzato sarebbe stato preso più seriamente dall’Occidente, cosa che il paese desiderava con tutte le sue forze. Non aveva ancora digerito l’umiliazione subita con la firma dei “trattati ineguali” [voluti da Perry] da parte di uno shogunato ormai al tramonto, e voleva a ogni costo che questi venissero rivisti.»

E i samurai? La mitica casta guerriera che tanti miti aveva alimentato che fine fa in questo Giappone senza più caste e che non ha alcun bisogno di guerrieri? In realtà arriva semplicemente a compimento un processo iniziato molto tempo prima, con la regolare caduta della casta guerriera: con il Periodo Meiji i samurai devono trovarsi un lavoro, e dal 1876 è addirittura vietato loro portare la spada.

Nel giro di pochi anni il Giappone deve recuperare più di due secoli di arretratezza, nascondendo la polvere sotto il tappeto. Per esempio… che ci facciano con quei cani degli Ainu?

Solamente nel 1997 la popolazione degli Ainu ha riconosciuto quanto gli è stato negato per millenni, cioè il riconoscimento di “indigeni”: gli Ainu abitavano le isole giapponesi molto prima che, intorno al 400 a.C., arrivassero dal mare quei popoli ancora oggi sconosciuti che hanno dato poi origine ai giapponesi moderni, i quali da sempre hanno disprezzato e quindi perseguitato gli Ainu, che sono rimasti ad abitare l’Hokkaidō, cioè l’ultima isola settentrionale del Giappone.

I veri giapponesi, odiati e discriminati dagli invasori che oggi si dicono giapponesi

Gli Ainu seguono uno stile di vita antico, sono un popolo “primitivo” che nel Periodo Meiji contrasta con l’idea di modernità che i giapponesi vogliono dare all’estero, così il processo di occidentalizzazione prosegue con la più occidentale delle pratiche: la persecuzione razziale. Per fortuna non si è arrivati al genocidio, altro grande cavallo di battaglia del civile Occidente.

Un periodo del genere, con un sommovimento civile di grande potenza, con una antica tradizione secolare costretta a trasformarsi in qualcosa di gusto estero, con razzismo di Stato e fiumi di ex guerrieri che si sentono umiliati, trova perfetta ambientazione il western di Clint Eastwood.


Gli spietati samurai

Jubei Kamata (Ken Watanabe) era «il nome che faceva tremare di paura i soldati d’élite dello shōgun», era un fenomenale guerriero che però si è vista morire davanti agli occhi l’epoca in cui i guerrieri avevano un senso: con il Periodo Meiji il guerriero ha appeso la katana al chiodo, ha trovato una brava moglie che l’ha rimesso in sesto e gli ha donato due figli. Ora però, a tre anni dalla morte della moglie, Jubee è solo un contadino morto di fame con due figli a carico.

Jubee Kamata: once were warrior

Siamo nel 1880 – lo stesso identico anno de Gli spietati di Eastwood – e nell’Hokkaidō, l’isola più a settentrione del Giappone, si vive come nella sperduta campagna americana: poco e male.

Jubee vive solo con i figli, nessuno passa mai dalle sue parti, per questo rimane stupito quando vede apparire il suo vecchio amico Kingo Baba (Akira Emoto): un tempo erano compagni di battaglia e di mille avventure, ora sono solo due vecchi arnesi messi fuori corso dal proprio Paese.

La perfetta versione giapponese di Morgan Freeman!

Kingo gli chiede di unirsi a lui per una missione decisamente di basso profilo, nel paesino di Washiro due facinorosi hanno sfregiato una prostituta e le sue compagne hanno racimolato parecchi soldi, mettendoli come taglia sulla testa dei due teppisti. Jubee e Kingo un tempo sfidavano gli eserciti dello shogunato, dare la caccia a due teppistelli di paese è davvero una caduta di stile, ma sono ormai due morti di fame e i soldi della taglia servono loro per mera sopravvivenza.

Con un gesto fortemente simbolico Jubee disseppellisce la sua katana, l’arma che racchiude l’anima del guerriero: in realtà è una spadaccia cenciosa completamente rovinata dall’aver passato anni sottoterra, e quindi rappresenta ancora di più l’anima del suo possessore. A pezzi.

La katana è l’anima del guerriero, in questo caso vecchia e a pezzi

Attraversando un paese ostile, crudele, inospitale, un Hokkaidō che sembra un panorama infernale, se l’inferno fosse umido e fangoso, Jubee e Kingo partono per quello che sanno benissimo non essere solo un lavoretto sporco per guadagnare qualche soldo: è un’ultima cavalcata in piena regola, un last hurrah con cui due vecchi guerrieri ricordano i bei tempi andati, disposti a morire con la spada in mano piuttosto che con le ginocchia nel fango.

C’è però un altro vecchio guerriero che ha fatto scelte completamente diverse nella vita: Masaharu Kitaoji, personaggio con cui il celebre Jun Kunimura dà vita al corrispettivo English Bob di Richard Harris ne Gli spietati.

Un Richard Harris molto più stiloso

Masaharu vive ancora nel Periodo Edo, se ne frega che da quattro anni è vietato per legge girare con la spada, se ne frega se i samurai sono ormai estinti e fanno tutt’altro lavoro, se ne frega di tutto e gira come se ci fosse ancora Tokugawa al potere: con al fianco katana (spada lunga), wakizashi (spada corta) e una cazzimma che fa il vuoto davanti a sé. Quando Masaharu cammina tutti si spostano, perché è così che si fa davanti a un nobile samurai. Anche se i samurai non esistono più.

Ma che succede se un samurai cocciuto, convinto di avere ancora un motivo d’essere, ne incontra un altro ancora più cocciuto? Uno che segue le regole, che ha smesso i panni tradizionali per indossare quelli alla occidentale, che ha cambiato lavoro… ma rimane samurai nel cuore? Le cose si mettono male.

E Gene Hackman… muto!

Lo sceriffo Ichizo Oishi (Kôichi Satô) è un uomo di legge. La propria legge. Segue le regole di Meiji, indossa persino un cappello che grida Occidente, veste con pantaloni e gilet, fa rispettare la legge del nuovo impero e applica il razzismo di Stato contro quei cani di Ainu. Tutto secondo le regole, ma questo non vuol dire che abbia dimenticato di essere un samurai, e la sua arma è una spada, anche se non si potrebbe.

Ichizo non vuole che il suo buco di paesino cencioso diventi meta di assassini prezzolati giunti per la taglia sui due teppisti, così dà l’esempio malmenando il vecchio samurai tronfio, e al relativo biografo racconta lui come funziona l’onore in provincia.

Ichizo ripete identiche le parole e i gesti di Gene Hackman ne Gli spietati, una fotocopia perfetta, ma riesce a sembrare diverso perché ogni frase ha un altro significato nel contesto in cui è inserita. Ma in fondo anche il Little Bill di Eastwood era un samurai che fingeva di tutelare la legge quando invece imponeva solo la propria.

Intere scene ricreate identiche, ma con tutt’altro significato

Intanto al viaggio di Jubee e Kingo si è unito il giovane Sawada Goro (Yûya Yagira), un Ainu e quindi l’ultimo degli ultimi. Kingo, giapponese puro, lo scaccia mentre Jubee è più accomodante, perché sua moglie era una Ainu. Nell’Hokkaidō anche una goccia di sangue Ainu ti marchia per sempre. Tutti rimaneggiamenti del film di Eastwood, dov’è il giovane a lanciare l’offerta a cui si uniscono i due vecchi, ma direi che è un cambio di carte in tavola di tutto rispetto.

Se non bastasse la profonda differenza etnica tra Sawada e gli altri, quest’ultimo non è mai stato né un samurai né un guerriero, è sempre e stato solo un Ainu, disprezzato dall’intero Giappone, infatti è l’unico che si presenta in scena con una pistola. Il simbolo assoluto dell’infamia per un samurai, l’arma dei codardi, degna di ogni disprezzo. Ma ormai né Jubee né Kingo sono più samurai, sono tutti cani sciolti senza più onore. Una pistola non farà la differenza.

Solo chi non è mai stato samurai può impugnare l’arma del disonore

Il film segue passo passo l’originale di Clint Eastwood, con i due vecchi guerrieri che scoprono la difficoltà del tornare ad uccidere, dopo anni di vita civile, con lo sceriffo spietato che veste all’occidentale ma si comporta come fosse lo shōgun del paese, ma poi arriva la parte finale e le cose cambiano parecchio.

Malgrado Clint Eastwood all’epoca de Gli spietati avesse solamente 62 anni, un giovanotto in confronto ai 94 di oggi, probabilmente non se la sentiva di lanciarsi in un finale troppo “d’azione”, così l’attesissima scena finale consiste in lui fermo che in due secondi ammazza l’intero paese: visto che l’intera vicenda portava a quel confronto finale, profondamente anticlimatico, sono rimasto abbastanza deluso a rivedere il film. (Non ho alcuna memoria di quel ’92 in cui l’ho visto per la prima volta, ma è noto che io sono Leggenda e infatti sono l’unico al mondo a cui questo titolo non ha mai detto niente.)

Ken Watanabe all’epoca di questo rifacimento ha 54 anni, non molto distante dall’età di Clint, eppure ci regala uno scontro finale da applauso. Proprio perché l’intera vicenda crea un trasporto emotivo che dovrà sfociare da qualche parte, quando Jubee si presenta alla locanda dove lo sceriffo sta bevendo coi suoi uomini… è ’na spremuta de sangue!

La parola d’ordine è… viuleeeeeenz’

Non è un caso se gli uomini di legge, tutti ex samurai vestiti con rozze divise da poliziotti occidentali, cercano di fermare Jubee con i fucili, armi goffe e totalmente inutili a corta distanza ma sono quelle imposte dalla moda occidentale. Nel momento della violenza, il Meiji scompare; nel momento del duello, Edo è per sempre. Jubee e lo sceriffo Ichizo tirano fuori le spade e si affrontano come due samurai, perché samurai si nasce e si muore, al di là della foggia dei vestiti che si indossano.

Un uomo armato di spada contro venti uomini armati di fucile: i venti uomini non hanno speranza. Jubee è in pieno going berserk e ridiventa quel guerriero che nessun Impero Meiji potrà mai domare e nessun gusto occidentale potrà mai sopire, al massimo solo mascherare. Ci voleva il rifacimento giapponese per avere un degno scontro finale esplosivo a conclusione della vicenda, quando invece l’originale mostra solo un climax interruptus.

L’Unforgiven giapponese non è solo un rifacimento, è una reinterpretazione sebbene usi la stessa identica sceneggiatura, con molte scene ricreate assolutamente identiche, e per di più il tutto calato nello stesso identico periodo storico. Solo che il 1880 giapponese offre un contesto storico molto più intrigante del 1880 americano, cogliendo un momento di transizione dolorosa e spietata che fa da perfetta cornice alla vicenda.

È un peccato che il film non risulti uscito in Italia, e dopo più di dieci anni temo ormai non uscirà più: che la distribuzione italiana si sia offesa perché pure i giapponesi si siano messi a copiare film famosi?

L.

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25 risposte a Unforgiven (2013) e Clint Eastwood… muto!

  1. Andrea Lanza ha detto:

    Dove si trova, Lucius? Lo voglio vedere!

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  2. Aussie Mazz ha detto:

    “Ma se i samurai erano così fighi, perché si sono estinti?” [semi -cit.]
    Scherzi a parte, a me era piaciuto, a suo tempo, anche se non lo ricordo benissimo. Trovo carina l’idea di riproporre una storia in altri contesti storico-geografici e approvo sia “Per un pugno di dollari” (e “I magnifici sette”) che “Gli spietati” giapponese, anche perché sono esperimenti riusciti. Grazie per avermi ricordato questo film.
    (“Solo che il 1880 giapponese offre un contesto storico molto più intrigante del 1880 americano”. Qui non mi trovi d’accordo, anche se l’epoca Meiji ha un suo notevole fascino. 😁)

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Il 1880 americano l’abbiamo visto il miliardi di modi e salse, quello giapponese è decisamente più inedito alle nostre latitudini quindi è difficile non trovarlo più intrigante. E onestamente lo trovo anche più ricco di vicende 😛
      Tranquillo, sono l’unico al mondo a trovare insufficiente “Gli spietati”, inutilmente verboso e fuori fuoco, si sa che sono Leggenda 😀
      Quelle italo-americane non sono riproposizioni, sono plagi e/o scopiazzi, non partono dal presupposto che lo spettatore possa apprezzare le differenze (come nel caso di questo giapponese) bensì usano storie straniere che funzionano ma non conosce nessuno per riproporle spacciandole per proprie. Non è proprio la stessa cosa 😛
      Oggi forse qualcuno ha visto gli originali di tanti grandi film del passato, tutti copiati truffaldinamente da successi di cinematografie sconosciute – addirittura in piena guerra gli americani rubavano ai sovietici! – ma fino a poco tempo fa era davvero difficile che qualche spettatore fosse conscio di star vedendo un rifacimento, più o meno onesto, quindi non ho alcuna stima per le operazioni occidentali, sebbene spesso davano ottimi risultati. (Curioso che si citino sempre “Per un pugno” e “Magnifici sette” ma mai “L’oltraggio” con Paul Newman, eppure sono tutti furti da Kurosawa! Solo che quest’ultimo è riuscito davvero male 😛 )

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      • Aussie Mazz ha detto:

        “I magnifici sette”, se non sbaglio, era stato autorizzato. “L’oltraggio” pure mi è piaciuto!

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Infatti parlo di scopiazzo, non di plagio, perché è identico ma nessuno (ancora in tempi recentissimi) lo ha mai pubblicizzato come un remake, bensì come un capolavoro americano. Ed è un capolavoro, ma solo perché è un’ottima storia giapponese rifatta con bravi attori americani: non è così che ancora oggi viene presentato 😛

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  3. Vasquez ha detto:

    Purtroppo devo darti una brutta notizia: non sei l’unico a non apprezzare “Gli spietati”.
    È un film che ho visto più volte, e puntualmente torno a dimenticarlo. Poi mi ricàpita sotto gli occhi una qualche recensione osannante, e allora mi dico: “boh…ci sarà qualcosa che non ho capito io…”, e vado a rivederlo, e mi appallo, e il film finisce e non mi accorgo manco che è finito (“climax interruptus” è una definizione perfetta!), e lo dimentico di nuovo.
    Devo dire che questo rifacimento mi incuriosisce, poi mi è sempre piaciuto vedere più versioni della stessa storia, magari con cambi di punti di vista alla “Rashomon”, tanto per rimanere in tema, ma non so se ce la faccio…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Contento di sapere che la leggendarietà si allarga ^_^
      Mi piace il western crespuscolare, cioè quello che prende i temi cari dei tempi d’oro e li mostra più “veri”, dove cioè la realtà non è quella hollywoodiana dei western classici ma i personaggi sono veri, con difetti, problemi, disincanto e sfiducia nel futuro, ma è tutta roba già sviscerata negli anni Settanta, quindi vent’anni dopo Clint non solo non aggiunge nulla ma ripete in modo inefficace quanto già detto meglio.
      Due ore di film per arrivare al confronto finale, due secondi e fine del confronto. Tutto qua? Boh…
      Qui almeno c’è la questione di un Paese che sta cambiando faccia lasciando indietro intere fette della popolazione, quindi l’ambientazione è molto più intrigante, e il confronto finale è bastardo com’è giusto che sia 😉

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  4. Anonimo ha detto:

    Per restare in tema: al cuore Lucius! 😉 Quanto ho amato questa versione, che localizza e si distingue, davvero un gran film, avercene! Cheers

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    • Cassidy ha detto:

      Sempre io, chiedo scusa per il commento partito in anonimo, giuro che riuscirò a far pace con le mie identità segrete 😉 Cheers

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        ahhaha sei tipo un supereroe che si dimentica di togliersi il costume, o come Clark Kent che si dimentica di rimettersi gli occhiali 😀
        Scherzi a parte è un filmone, e il fatto che io l’abbia scoperto a tre giorni dalla messa in onda di Rete4 dell’originale è un chiaro segno dell’azione del MACC 😛

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  5. Fabio ha detto:

    Ma lo sai che dei film col vecchio Clint,”Gli spietati” non l’ho ancora visto?,ogni volta che lo dico,da qualche nel mondo un cinefilo fanatico,viene colto da un mix di ictus cerebrale e arresto cardiaco😵!. Da parte mia parlando sempre di Clint,riguardo invece almeno 3 volte all’anno “Nel Centro Del Mirino” di Wolfgang Petersen😁👋.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      A questo punto se ti capitasse di vederlo poi torna a raccontarmi che ne pensi, magari scopro di avere altri “compagni leggendari” e neanche a te dirà molto 😛
      Clint ha fatto miliardi di film, molti dei quali brutti oltre ogni sopportazione, quindi ci sta che ognuno si scelga i preferiti, essendoci materiale per tutti i gusti 😉

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  6. loscalzo1979 ha detto:

    Fammi sapere dove trovarlo che voglio recuperarlo

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  7. Willy l'Orbo ha detto:

    La parte storica di questi post ha sempre una marcia in più, da “amico di pellicola” stai diventando “amico di professione”, ti voglio come collega!!! 🙂

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      ahhah mi chiedo in effetti perché gli storici su YouTube non parlino di più di cinema e storia, senza però limitarsi tutte le volte a “I duellanti”, che pare essere l’unico film d’ambientazione storica esistente 😀
      E comunque che gusto c’è a vedere un film storico senza approfittarne per approfondire il suo contesto? 😉
      Comunque preparati, perché questo è solo il primo passo di una “tre giorni di cinema e storia asiatica”!

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      • Willy l'Orbo ha detto:

        Concordo, anche io se vedo un film storico poi passo ore ad approfondire il contesto 🙂
        E se mi preannunci questa tre giorni ti lascio la cattedra e mi metto nel banco! 😊

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Anche perché i film asiatici danno tutti per scontato che gli spettatori sappiano a memoria la storia e quindi non perdono tempo a spiegare il contesto: dare una sfogliata a saggi sull’argomento in questione è l’unico modo per capirci qualcosa 😛

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  8. Giuseppe ha detto:

    Parlando di leggenda, puoi allargarne i confini includendo pure il sottoscritto: ogni volta che vedo “Gli spietati” me ne dimentico già alla fine dei titoli di coda, e ce ne vuole perché mi capiti con un film di Clint, compresi i meno riusciti 😉
    Con “Unforgiven”, invece, credo proprio andrà diversamente, per via di un contesto storico (da te ben illustrato) capace di dare nuova linfa a delle storie che il pubblico occidentale ha visto sempre e solo ambientate nel vecchio West (e mi vien da pensare che anche questo cambio di prospettiva possa avere influito sulla mancata distribuzione in territorio italico)…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Contento di avere lettori così “leggendari” ^_^
      In Italia toccare Clint è “lesa maestà”, quindi non mi stupirebbe che nessuna casa abbia voluto distribuire questo film perché osa mettere bocca su un’opera del Divin Eastwood 😛

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      • Giuseppe ha detto:

        Che poi nemmeno a un grande come Clint saranno piaciuti tutti i film che ha fatto, no? 😉 Per dire, due titoli come “Lo straniero senza nome” e “Il texano dagli occhi di ghiaccio” li trovo di gran lunga superiori a “Gli spietati” (non un brutto film, questo proprio no, ma non rimane impresso nella memoria coma avrebbe potuto essere se fosse stato realizzato nei decenni precedenti, appunto)…

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Ha fatto miliardi di film, non tutti gli piaceranno alla stessa maniera 😜

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  9. Pingback: I giapponesi e i fucili, da “Blue Eye Samurai” a “Kagemusha” | Il Zinefilo

  10. Moreno Pavanello ha detto:

    Adoro questi tuoi approfondimenti sulla storia dell’oriente, roba che a scuola non si studia e quindi finisce per essere spesso ignorata.
    NOn conoscevo questo film e ora devo assolutamente vederlo!
    Gli spietati a me era piaciuto abbastanza perché era strano, anticlimatico in tutto, sembrava essere quasi una sorta di “parodia seria” del western. Ma di sicuro ho visto film di Eastwood molto migliori e film western molto migliori.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Anche al di fuori della scuola è difficile trovare approfondimenti, al massimo ci sono dei libri di storia che devono raccontare duemila anni di vicende quindi non possono soffermarsi, per questo è più intrigante andare alla ricerca di questi momenti particolari su cui ci hanno girato un film 😉

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