I sogni elettrici di Dick 2 (guest post)

La nostra amica Vasquez, la Colonial Marine del Zinefilo, parte per una nuova missione: all’inseguimento dei sogni elettrici di Philip K. Dick.
L.


I sogni elettrici di Philip K. Dick
(parte seconda)

di Vasquez


Episodio 3
The Commuter

Il racconto: Il pendolare
(Tutti i racconti 1947-1953, Fanucci 2006)

Quanto si può essere sicuri che quello che ci circonda sia reale? Che quello che vediamo ci sia sempre stato, esattamente come ce l’abbiamo di fronte, sempre nello stesso posto? Di cosa ci possiamo fidare di più: dei nostri occhi o della nostra memoria? Queste sono le domande che ha iniziato a farsi Bob Paine, vice-direttore delle ferrovie, da quando incontrato il signor Critchet. Il signor Critchet si è presentato presso la biglietteria della stazione chiedendo un nuovo tesserino per l’abbonamento, avendo finito il vecchio. Destinazione: Macon Heights.

Bella cittadina, ma l’umidità ti ammazza

Facendo venire i sudori freddi all’addetto alla biglietteria Jacobson, dopo aver constatato che non è possibile fare l’abbonamento per Macon Heights visto che non esiste su nessuna mappa, il signor Critchet cessa di esistere. Così di colpo, in un batter d’occhio, ora c’è ora non c’è più. E da quel momento iniziano i guai per Bob Paine che, pur provando sensazioni contrastanti, non riesce a fare a meno di mettersi sulle tracce di questa fantomatica località.

Sì perché lui l’ha già sentita nominare: non c’era stata per caso una delibera del consiglio di amministratori di contea riguardo la costruzione di tre città satelliti? E una di queste non avrebbe dovuto chiamarsi proprio “Macon Heights”? Ma dopo una seduta movimentata e una lotta serrata, il consiglio aveva deliberato: due città satellite invece di tre, e Macon Heights era uscita sconfitta. Per un solo voto.
Facendo avanti e indietro con i treni lungo la tratta dove dovrebbe trovarsi, Bob Paine ritiene di riuscire a scovare la città che tutti sembrano aver dimenticato.

L’episodio 1×03 (tratto da The Commuter, 1953)

C’è una persona a cui volete molto bene, ma vi sta rendendo la vita impossibile, in tutti i sensi. Per causa sua indossate tutti i giorni un sorriso di circostanza che comunque non riesce a ingannare chi vi è più vicino, perché dentro siete sempre tristi. Una volta eravate felici, ma adesso vi siete scordati come si fa, ad essere felici. Vi viene concessa la possibilità di far sparire quella persona causa di tutti i vostri guai, a cui però volete molto bene, non bisogna dimenticarlo. È necessaria una scelta, la più difficile che avrete mai a prendere.

Non è proprio il succo del racconto di Dick ma ci va molto vicino, perché se il passato fosse fluido basterebbe modificare un singolo particolare per fare in modo che nel presente cambi tutto, dipende sempre da quanto si è disposti a pagare. Anche perché Macon Heights può dare una certa dipendenza. Molto azzeccata l’atmosfera pulita e idilliaca del sobborgo. Tra tutti i personaggi strani che incontra Ed Jacobson interpretato da Timothy Spall (qui è il bigliettaio a mettersi in cerca della città dimenticata), spicca ovviamente la cameriera (Hayley Squires).

Railway to Heaven (semi-cit.)


Episodio 4
Crazy Diamond

Il racconto: Vendete e moltiplicatevi
(Tutti i racconti 1954, Fanucci 2008)

Ed Morris sta tornando a casa. Dopo una dura giornata di lavoro l’ultima cosa che gli ci vuole è di trovarsi imbottigliato nel traffico, ma la rotta Ganimede-Terra specie quando Giove è in opposizione alla Terra, è insostenibile. La cosa peggiore però non sono i semafori che bloccano le colonne di navi per consentire l’accesso da Marte e da Saturno, o gli incidenti che devono essere sgomberati – con scarsa efficienza – dalle navi-attrezzi (repair-ships). No. La cosa peggiore è la pubblicità. Pubblicità dappertutto e di ogni tipo. C’è quella solo audio, la più facile da ignorare, anche se aumenta di tono mano a mano che ci si avvicina alla Terra. C’è quella audio-video: annunci visivi che si formano e svaniscono davanti agli occhi degli utenti in continuazione, invasivi, personalizzati e insopprimibili. E poi una volta arrivati sulla Terra ci sono i robot venditori che pubblicizzano di tutto, gesticolando, implorando, urlando, rincorrendo…

Pubblicità per tutti i gusti

Ed Morris non lo sa ancora ma ha un assoluto bisogno di un antrad. Con un antrad non avrà più niente da temere, gli sarà di grande aiuto sia al lavoro che in casa, un antrad può fare tutto quello che sa fare Ed Morris, e può farlo molto meglio. Cos’è un antrad? Ma è semplice: l’Androide a Totale Regolazione Automatica per uso Domestico (fasrad: Fully Automatic Self-Regulating Android – Domestic) assolutamente indispensabile, non se ne potrà più farne a meno! Anche perché i suoi servigi verranno comunque addebitati a fine mese…
Dall’incipit questo sembra il racconto da cui potrebbe essere stato tratto Space Truckers con il traffico spaziale e gli annunci pubblicitari, ma poi prende tutt’altra direzione. Claustrofobico.

L’episodio 1×04 (tratto da Sales Pitch, 1954)

Ed Morris (Steve Buscemi) lavora per la “Chimera Farm” detta anche “Fabbrica delle Anime”: innestano fusioni senzienti (tra uomo e maiale ad esempio) di coscienze quantiche in corpi vuoti: i maschili sono chiamati jack, i femminili jill. La vita di Ed e di sua moglie Sally scorre più o meno in maniera lineare, fino a quando una jill non bussa alla loro porta, apparentemente per vendere una polizza assicurativa. Qui finisce la parte comprensibile dell’episodio, e anche quella che si ricollega bene o male al racconto. Ci sono troppi elementi, per di più mescolati male, come se avessero voluto fondere il racconto Vendete e moltiplicatevi con Scorrete lacrime, disse il poliziotto (Flow My Tears, The Policeman Said, 1974) sempre di Dick, di cui si trovano continui rimandi. Ad esempio la canzone che Ed cerca di insegnare alla jill (Sidse Babett Knudsen) è proprio “Flow My Tears” (Lachrimae pavane, 1596) di John Dowland, che poi è anche il nome della barca di Ed.

L’episodio s’intitola Crazy Diamond che era l’appellattivo di Syd Barrett (ed è così che a un certo punto viene chiamato il personaggio di Buscemi, per nessun motivo in particolare), il “Diamante Pazzo” dei Pink Floyd. In Scorrete lacrime c’è un uso massiccio di una droga allucinogena, cosa che faceva anche Syd Barrett, ed è l’unica giustificazione possibile che mi viene in mente per il titolo di questo episodio, incoerente e contraddittorio in molti aspetti della trama.
L’unica cosa che salvo è l’interpretazione di Buscemi, frustrato ed eterno indeciso, un omuncolo incapace di prendere una decisione che sia una e portarla fino in fondo.

Fusioni di ogni tipo

(Continua)


Ringrazio di cuore Vasquez per questa sua “missione” e sono convinto che Phil avrebbe apprezzato.
L.

– Ultimi guest post di Vasquez:

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24 risposte a I sogni elettrici di Dick 2 (guest post)

  1. Cassidy ha detto:

    Buscemi è un drago, dove lo metti spicca, decisamente l’elemento migliore dell’episodio. Cheers!

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    • Vasquez ha detto:

      Vero. Le potenzialità del racconto mi avevano creato altre aspettative, mi immaginavo qualcosa a metà tra uno spot di “Robocop” e “Tutte le manie di Bob”, graffiante e ossessivo. Peccato.

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  2. Iuri Vit ha detto:

    Questa serie l’ho vista ma non ricordo quasi niente, a differenza, per esempio, di Tales From The Loop (che non c’entra niente, ma tendo ad assimilarle, forse per le atmosfere ovattate). Sono curioso di leggere i racconti originali invece, perché di spunti comunque ce ne sono.

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    • Vasquez ha detto:

      “Tales From The Loop” non la conosco ma vedo che sono pochi episodi, se pò fa’ 😊
      Io ho vsto “Resident Alien”, che forse per atmosfere non somiglia molto a “Tales From The Loop”, ma c’è l’elemento soprannaturale che entra nel quotidiano, sono pochi episodi, ben recitata e molto divertente.
      Effettivamente le serie antologiche si fissano meno nella memoria, ma questa avendo come supporto i racconti di Dick (che consiglio a prescindere, tutti) non credo che me la scorderò facilmente 😛

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        “Ai confini della realtà”, “Racconti dalla Cripta” e via dicendo: ho sempre adorato le serie antologiche del mistero/paranormale/horror, quindi il mio cuoricino è sempre con loro 😉
        Ricordi che poi una volta era facile beccare su piccoli canali locali qualche serie più di nicchia, come “Dimensione mistero” (cito a memoria) o roba simile? Storie che iniziavano con persone normali alle prese con situazioni eccezionali: ancora ricordo la puntata vista da ragazzino in cui l’amorevole papà di famiglia scopriva che poteva cancellare i parenti molesti usando il suo Word Processor: solo anni dopo avrei scoperto che era Stephen King 😛

        Mi ero dimenticato del tuo consiglio su “Resident Alien”, che vorrei gustarmi. Trent’anni fa in fumetteria esultavo alla vista della scritta “Alien”, e poi deluso dicevo “Ah no, è Resident Alien”, che è un modo curioso di legarsi a un fumetto 😛

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      • Vasquez ha detto:

        Mi piacerebbe recuperarle tutte, quelle che hai detto, più tante altre (“Masters of Horror”, “Un salto nel buio”, e perché no? anche “Alfred Hitchcock presenta”).
        “Il word processor degli dei” è un racconto che sembra nato apposta per la trasposizione televisiva, ma devo dire che in quella raccolta gli preferisco “Il viaggio”.
        Avevo iniziato “Resident Alien” per Alan Tudyk, doppiato poi da uno dei miei prediletti, senza saperne niente di niente, e si è rivelata una piacevole sorpresa. Spero solo che Rai 4 non se la perda per strada.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        L’aver detto “Rai” è stata una risposta più che esauriente: già vedo il povero Tudyk rinchiuso a vita nelle segrete della RAI, murato vivo insieme a tutte le serie del fantastico che mamma RAI conserva lì dagli anni Settanta senza averle mai più replicate.
        Anni fa sono uscito di melone per le serie antologiche e ne ho recuperate un sacco: da qualche parte dovrei avere le schede che ho compilato, in vista di futuri speciali o archiviazioni di Uruk: un giorno tutto questo materiale potrebbe tornare utile 😛
        Le serie di Hitch sono spettacolari, perché a scriverle c’erano giovani sceneggiatori che in seguito sarebbero diventati mostri sacri, gente abituata a scrivere a capo chino per riviste, romanzi e TV, quindi niente fronzoli ma risultati nudi e crudi. Roba buona, roba tanta ^_^

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      • Giuseppe ha detto:

        Beh, anche dove c’è di mezzo un certo Rod Serling non si scherza, vedi appunto “Ai confini della realtà” e “Night Gallery” (la cui terza stagione arrivò a mia totale insaputa perfino su Rai 1 nel 1988 in un’unica e, ovviamente, mai più replicata occasione). Non ho citato a caso queste due serie, in particolare la prima, visto che “The Commuter” mi ha in qualche modo richiamato alla mente un paio di episodi classici come “Una sosta a Willoughby” e “Quando il cielo fu aperto”, a proposito di sparizioni intese come vere e proprie cancellazioni dall’esistenza e di luoghi a loro volta non esistenti sul tracciato ferroviario, perlomeno in questa realtà, ma comunque raggiungibili pagando un prezzo molto alto… e altro non dico, in caso dovessi ancora vederli 😉

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Quando ho letto il pezzo di Vasquez ho avuto un fortissimo senso di déjà vu, ma pensavo che magari avessi letto la trama del pendolare in giro, invece allora quella storia l’ho già gustata sotto altre forme 😛

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      • Vasquez ha detto:

        Il treno offre da sempre trame suggestive e risvolti intriganti (ho visto da poco “Rischio totale” del 1990, lì il treno sembra quasi un altro personaggio…), sarà la poetica del viaggio… spero davvero di riuscire a recuperare queste serie 😊

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Ho un bellissimo ricordo di quel film con Richard Hackman, noleggiato in VHS e subito amato da tutta la famiglia. Non l’ho mai voluto più rivedere perché ho paura di rovinarmi il bel ricordo.
        (Ieri sera ho registrato “E.T.” su Italia1 e per curiosità ho sbirciato la celebre scena delle biciclette volanti: ma che è????? Una delle scene più iconiche del cinema, che quando avevo 8 anni mi fece sobbalzare al cinema, è inguardabile in HD e strutturata in modo moscio: no no, mai riguardarsi i miti ^_^)

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      • Vasquez ha detto:

        Su E.T. non posso che concordare, mi dispiace spero non si offendano gli estimatori del film, forse l’ho visto troppo tardi anagraficamente parlando, ma niente, proprio non mi ha presa, in nessun verso in nessuna maniera.
        Il film con Gene Hackman invece secondo me puoi rivederlo senza tema 😉

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Io l’ho visto al cinema nel 1982 ed erano tempi in cui le grandi case non credevano nell’home video, quindi per rivederlo fuori dalle sale si è dovuti aspettare dieci anni, quando a contare era la fama del film molto più che il film in sé.
        Da ragazzino ho pianto a dirotto in sala, e sicuramente la scena finale è commovente, ma il resto temo che sia molto più legato al suo tempo di quanto vogliano ammettere i fan talebani.

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  3. Willy l'Orbo ha detto:

    Solito post interessante, solito grande Buscemi (che salva capra e cavoli anche quando la resa dell’episodio poteva essere migliore), soliti spunti che allargano l’ottica (qualcuno ha detto “donna pluripopputa” della pubblicità???) e che finiscono con il ricordare film mooolto celebri! Grande Vasquez, attendiamo nuove tappe della missione! 🙂

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    • Vasquez ha detto:

      Mi calzava a fagiuolo quel riferimento nella sigla, non potevo non metterlo alla prima occasione utile 😉

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Peraltro la storia sulle pubblicità del futuro mi ricorda il mitico romanzo “Mercanti dello spazio” di Kornbluth e Pohl, una deliziosa ma spietata satira sui pubblicitari e le loro falsità a cui tutti abboccano. A decenni di distanza credo che le loro frecciatine funzionerebbero alla perfezione nel mondo pubblicitario di oggi. (Il romanzo ha generato seguiti poco ispirati, firmati dal solo Pohl: il primo invece gode del tocco magico di Kornbluth, sfortunato genio della fantascienza morto troppo presto, che ha fatto in tempo a regalarci piccoli grandi gioielli in cui ha riversato tutto il suo… odio per l’umanità! ^_^)

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      • Vasquez ha detto:

        La narrativa fantascientifica ha perso già da un po’ sia la sua capacità immaginifica che quella di mostrare altri lati del presente facendo finta di raccontare il futuro. Faceva bene Kornbluth a odiare l’umanità 😛

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  4. Giuseppe ha detto:

    Parlando di Pohl e Kornbluth, ricordo che vennero omaggiati tramite due personaggi praticamente omonimi (e ovviamente pubblicitari) in un albo di “Legs Weaver” disegnato da Guido Masala dal titolo “I persuasori occulti”… 😉

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  6. Sam Simon ha detto:

    Anche se l’episodio non sarà granché, Buscemi val bene una messa, come si dice… Insomma, ormai sono ufficialmente curioso di vedere questa serie!

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