Orlac sbarca in America (1935-1962)

«E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te.»
(Vangelo di Matteo, 5,30)

Continua la sottorubrica dedicata alle mani che hanno aperto la via ad un’intera narrativa: Le mani di Orlac.

Come per la settimana scorsa, anche questo testo è basato su un mio guest post apparso sul blog “Nocturnia” nell’ottobre del 2018: ringrazio Nick Parisi per aver dato ospitalità alle mani di Orlac, che quel mese tornavano alla luce in Italia in campo editoriale.


Dalle mani di Orlac agli occhi di Lorre

Il successo de Le mani di Orlac (1924) arriva velocemente negli Stati Uniti, dove è attivo il maestro boemo (oggi ceco) Karl Freund, un regista e direttore della fotografia di grandissimo talento che purtroppo chiude molto male la propria carriera registica: infatti la MGM gli affida il rifacimento del successo tedesco del momento. E Orlacs Hände diventa Mad Love, cioè il tipico pessimo stravolgimento americano di un originale straniero.

Ignoto alle sale italiane, venerdì 8 luglio 1988 Rai3 lo annuncia ma poi va in onda solo il sabato 16 luglio successivo, in terza serata quando in realtà era stato previsto per la seconda: insomma, non sembra un film che mamma RAI abbia molta voglia di trasmettere. All’interno del ciclo “Fantasmi” va dunque in onda Amore folle, nell’unico passaggio televisivo noto in Italia. Esiste una VHS Pantmedia ma di data ignota, quindi non si sa chi abbia inventato il titolo italiano, se la videocassetta o mamma RAI.

Purtroppo – e sottolineo purtroppo – il film ha avuto un successo smisurato rispetto al suo reale valore (in realtà bassino), e l’essere il più famoso (se non addirittura l’unico noto) adattamento del romanzo di Maurice Renard – sebbene ne violenti ogni singola parola – lo ha legato a filo doppio al tema delle “mani cattive”, sebbene non c’entri proprio nulla.

Il punto focale cambia completamente, e quindi Orlac da protagonista assoluto nel film tedesco qui… non conta più niente: infatti il ruolo del pianista viene affidato al povero Colin Clive, il mitico dottor Frankenstein, attore all’epoca 35enne i cui tanti eccessi hanno ormai compromesso irrimediabilmente la salute, tanto che malgrado la giovane età è ormai alla fine non solo della carriera ma anche della vita.

Peter Lorre mascherato da assassino
da TheMotionPictures.net

Stavolta ad essere protagonista della vicenda è quello che sia nel romanzo che nel film tedesco è a malapena citato: il dottore che trapianta le mani del pianista, così da dare spazio al bambinesco istrionismo da operetta di Peter Lorre nel suo ridicolo ruolo del dottor Gogol, con tanto di insopportabile accento “russoski”.

Come ogni cattivo del cinema, è innamorato della donna della vicenda – in questo caso la moglie di Orlac, Yvonne (Frances Drake) – e per conquistarla decide di mettersi a giocare con la mente del povero Orlac convincendolo di avergli dato le mani di un assassino, così che con il marito fuori dai giochi la moglie possa cadere fra le braccia del mad doctor.

Il film non solo non ha la minima attinenza con il romanzo di Renard, ad eccezione del nome di Orlac, ma è un rozzo prodotto di grana grossa in cui un gigionesco Lorre non fa altro che mostrare il suo celebre occhio storto come se questo potesse fare di lui un attore. È un film da dimenticare e invece, purtroppo, è l’unico citato dei vari adattamenti del romanzo, avendo una grande major alle spalle.

Il tema delle “mani scorporate” (disembodied hands) acquista un certo interesse fra il pubblico e si susseguono film americani, di solito dalla qualità non scintillante, ma questo fa sì che Orlac non venga dimenticato, e trent’anni dopo gli tocca un altro rifacimento assolutamente da dimenticare.


La versione francese

Stavolta il film in questione arriva in Italia e conosce la distribuzione in sala, ma l’essere poi finito nei più piccoli canali locali rende il franco-britannico Le mani dell’altro (Le mains d’Orlac, 1960) di Edmond T. Gréville un altro prodotto ignoto al grande pubblico. Dopo decenni di totale oblio riappare nel 2010 in DVD grazie alla Sinister Film.

Il pianista Orlac (un Mel Ferrer particolarmente svogliato) subisce il solito trapianto e capisce di avere le mani di un assassino: cosa fa? Ovvio, va per localini notturni frizzantini, stampandosi in faccia un’espressione vacua.

Proprio come farà di lì a poco il Totò di notte (1962) di Mario Amendola, la trama principale del film è solo una scusa per mostrare infiniti numeri danzati e cantati, figli dell’epoca e quindi temo indigesti oggi, mentre Orlac strimpella in tuguri di varia natura senza mai cambiare espressione.

Finalmente arriva un po’ di trama quando Orlac incontra il mago Nerone, interpretato da un Christopher Lee quand’era ancora vivo: ancora non ha girato Dracula, principe delle tenebre (1966) quindi c’è ancora qualche scintilla di vita apparente nei suoi occhi, mentre nei milioni di film interpretati in seguito sarà sempre una mummia inespressiva.

Qui Lee dà vita a un sedicente mago che in realtà è un truffatore che vive d’espedienti, e appena questi scopre che Orlac è convinto di avere le mani di un assassino pensa subito di approfittarne per truffarlo: com’è che il povero Orlac scatena in tutti la voglia di approfittarsi di lui?

Orlac… non dà la mano!!! (dal passaggio su Teleuniverso del 6 gennaio 2021)

Malgrado Orlac sia un’opera autoctona, quest’opera francese è pessima sotto ogni punto di vista, che il tema riesca meglio in mani americane?


Le mani dell’assassino

Il delirio di Orlac si è completamente trasferito negli autori della pellicola, confusa e davvero sgradevole, ma evidentemente serve a far tornare in pista il concetto del romanzo. E lo raccoglie subito Newton Arnold, che nel 1963 scrive e dirige Le mani dell’assassino (Hands of a Stranger). Anche questo un prodotto pressoché ignoto in Italia, distribuito malissimo e riesumato nel 2013 in DVD dalla compianta Golem Video.

Il dott. Gil Harding (Paul Lukather) non riesce a salvare un uomo ucciso da colpi di pistola, e dopo l’operazione racconta al tenente Syms (Larry Haddon) un particolare che gli è rimasto impresso:

«Un infermiere mi ha detto che hanno fatto fatica a staccargli le mani dal lampione, e mentre lo operavo le ho osservate quelle mani: mani forti e nervose allo stesso tempo, mai rilassate anche quando era ancora vivo ma privo di sensi.»

Malgrado il titolo italiano sia immotivatamente esplicito, non sapremo mai se l’uomo era un assassino, ucciso per un regolamento di conti: rimarrà sempre lo stranger del titolo originale. Un estraneo con delle mani insolitamente forti e determinate.

Quando poco dopo gli arriva sul tavolo operatorio il grande pianista Vernon Paris (James Stapleton), vittima di un incidente automobilistico in cui si ritrova le mani maciullate, il dottor Harding non ha un attimo di esitazione: taglia le mani dello sconosciuto e le ricuce ai polsi del pianista. Sarà poi molto dura farlo accettare alla sorella dell’uomo, Dina Paris (Joan Harvey), ma alla fine apparirà chiaro che l’alternativa – cioè niente mani – era ben peggiore.

La riabilitazione è lunga ma sembra funzionare, però… Però Vernon sente qualcosa di nuovo nelle proprie mani, qualcosa di strano che non sa spiegare: di sicuro l’agilità al pianoforte è stata sostituita da una forza potente. Andrà a trovare il tassista che ha provocato il suo incidente, e scoprirlo divenuto cieco – Vernon ha perso le mani, lui gli occhi – non lo impietosisce: scatenerà la potenza distruttrice delle sue dita su di lui e sul suo figlioletto.

Mentre con la sorella finge di studiare al pianoforte, ingannandola facendo girare i propri dischi nello stereo, Vernon procede nella sua vendetta fino ad aggredire la stessa sorella: al dottor Harding non resta che piantargli una pallottola in corpo.

Una curiosità. Venticinque anni dopo il regista contrarrà il suo nome Newton in Newt e dirigerà il primo film di un tizio belga ancora sconosciuto: il film è Senza esclusione di colpi! (Bloodsport, 1988) e l’attore è il belga Jean-Claude Van Damme!

L.

Mi sia consentito questo spazio di becera auto-promozione, visto che proprio dieci anni fa il fascino delle «mani cattive» mi ha pervaso a tal punto da scrivere il mio primo ed unico romanzo: Le mani di Madian.
Qualcuno sta uccidendo delle traduttrici mentre uno scrittore di successo afferma che la propria mano destra… non è la sua! I due casi sono uniti da una mano misteriosa che affonda le radici in citazioni letterarie che solo l’investigatore bibliofilo Marlowe (no, non quel Marlowe) saprà cogliere.
Il romanzo lo trovate in tutti gli eStore a soli 99 centesimi.

– Ultimi “corpi dissacrati”:

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8 risposte a Orlac sbarca in America (1935-1962)

  1. Cassidy ha detto:

    Lo aavevo letto ai tempi e mi era piaciuto, riletto anche stamattina con gran piacere, doppio perché intanto anche il blog Nocturnia è tornato in movimento, quindi benissimo così 😉 Cheers

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  2. Andrea87 ha detto:

    E anche due mostri sacri come Lorre e Lee li abbiamo sistemati… ma c’è un attore che si salva?

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Quelli che non fanno i morti in scena bensì gli attori 😀
      Peraltro ho specificato che qui invece Lee recita ancora, solo dopo il ’66 perderà ogni traccia di vita dal suo volto, e visto che un attore dovrebbe esprimere vita e non morte ecco che nasce un bel problema.
      Lorre solo qui ha recitato gigioneggiando in modo pessimo, tanti suoi ottimi film sono lì a testimoniare che questo è stato solo un lavoro paga-bollette.
      Io non sono fra quelli per cui se sei Lee sei un maestro a prescindere, gli attori a volte ci azzeccano a volte fanno fiasco, a volte sono ispirati a volte non hanno voglia. Nelle decine di film di Lee che ho visto dal ’66 in poi non gli ho mai visto neanche provare a fare l’attore, il fatto che prima abbia fatto qualche buona interpretazione non mi basta a definirlo un maestro: prima recitava, dopo no, probabilmente (ma è una mia ipotesi) perché distrutto dall’aver dovuto capitolare e tornare a fare Dracula, cioè un suicidio artistico: a che serve recitare per un pubblico che vuole solo vederti fare Dracula e ti ricorderà solo ed esclusivamente per quel ruolo?
      Lorre purtroppo era un attore serio nel corpo di un caratterista, quindi funzionava solo quando riusciva a trovare un equilibrio fra questi due universi.

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      • Giuseppe ha detto:

        Peter Lorre era un grande, sì, ma non sempre ha avuto la fortuna di trovare chi fosse in grado di capirlo, e quando non succedeva il risultato erano dei personaggi-caricatura come questo (che non rendevano minimamente giustizia al suo talento)… Christopher Lee? Dal mio punto di vista lo hai “ucciso” davvero troppo presto 😛 Ho senz’altro amato il suo Dracula, come molti, ma non ho mai preteso di vederlo legato esclusivamente a quel ruolo che gli stava fin troppo stretto e questo dovevano averlo capito bene pure Joseph McGrath, Peter Sellers, John Cleese e Graham Chapman quando nel 1969 gli hanno concesso di “satireggiare” l’odiato vampiro in ”The Magic Christian” (io sospetto ne avrebbe volute avere altre, di occasioni del genere). In “Demoni di fuoco”, “Horror Express”, “The Wicker Man” o “La casa delle ombre lunghe” (giusto per citare solo una ristretta manciata di esempi) l’ho sempre trovato adatto ai vari personaggi, capace di infondere loro il giusto carisma con una recitazione sobria e calibrata… Certo, se poi dopo parliamo delle varie co-produzioni internazionali a sfondo avventuroso, bellico, spionistico e quant’altro di fine anni 70/primissimi ’80 mi sembra chiaro quanto poco credesse in simili operazioni puramente “alimentari”, esattamente come tutte le altre star coinvolte del resto. Ecco, per oggi nella mia difesa di nonno Christopher mi fermo qui, se no poi rischio di lasciarmi prendere troppo la MANO (rimarrei comunque in tema con il post, a ben vedere) 😉  

              

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Con una filmografia sterminata e variegata, non aiutata da una pessima distribuzione nostrana, Lee ha fatto tutto e il contrario di tutto, mille ruoli diversi di diverso spessore e diversa qualità, azzeccarli tutti sarebbe stato impossibile, ma di certo dopo il 1966 trovarlo a cambiare registro di personaggio in personaggio è molto difficile, come invece accadeva prima. Qui, sebbene sia un pessimo film, lo si vede muoversi in scena, agitare le mani, sorridere, ridere, tutte cose davvero rare da trovare nei film successivi, dove appunto è misurato ma forse un po’ troppo 😛
        Lorre ha dato tante prove di bravura da non aver bisogno di difese, ma appunto avendo un corpo da caratterista era fondamentale trovare un autore che sapesse costruirgli film in cui potesse brillare come attore, e non sempre succedeva.

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  3. Willy l'Orbo ha detto:

    Tutto molto interessante ma la chicca/sorpresa finale sul futuro regista di Senza esclusione di colpi ha aumentato repentinamente le palpitazioni! Certe gemme mi annebbiano i sensi! 🙂

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