L’exécutrice (1986) L’esecutrice


Sin da quando nel 2021 ho registrato questo film da 7Gold (no, non sono io quel tizio di YouTube!) mi sono ripromesso di vederlo, scoprendo poi che è uscito anche nella mitica collana DVD Stormovie (quelli con la “S” blu sulla costa): ho quindi ben due edizioni di questo film, eppure solo con anni di ritardo riesco a parlarne.

Come già altre volte è capitato con la Stormovie, di nuovo la collana DVD presenta un film dimenticato dalla distribuzione italiana: a parte una VHS GoldenVideo del 1989, del francese L’exécutrice (1986) non esistono tracce italiane prima del citato DVD Stormovie 2010 e del passaggio del 7 aprile 2021 su 7Gold. C’è il visto della censura italiana (27 aprile 1988) ma non esiste alcuna traccia di una qualsiasi apparizione de L’esecutrice in una sala italiana.

Mi sono fatto un viaggio negli archivi digitali del quotidiano “La Stampa” riferiti agli anni Ottanta e, cercando l’attrice protagonista Brigitte Lahaie, scopro che è un nome che ha fatto compagnia agli spettatori di quel decennio amanti delle sensazioni forti.

«La sexy star più importante d’Europa!» la definisce in maniera entusiastica il lancio pubblicitario che riporto qui di lato, apparso su “La stampa” il 5 luglio 1988, riferito a Il diavolo rosa (1988) di Pierre B. Reinhard.

Per tutti gli anni Ottanta ho trovato Brigitte impegnata in film che non hanno lasciato traccia e non lasciano neanche dubbi sull’argomento affrontato: L’altro vizio di una pornomoglie, Le autostoppiste in calore, Moglie in orgasmo, giusto per citare i titoli più frizzanti. Non conosco e non ho visto questi film, ma mi sia consentito ipotizzare siano friccicarelli.

Il problema è dunque questo: Brigitte Lahaie per tutto quel decennio appare come protagonista in secchiate di filmini frizzantini – non saprei dire se “erotici” o proprio “pornografici” – nei cinema d’italia, poi un giorno succede qualcosa di strano e si ritrova poliziotta in una vicenda criminale: mi metto nei panni dei distributori italiani, nel pensare che nessuno voglia vederle fare un ruolo drammatico di denuncia sociale. Non dopo essere stata in Clitò, petalo del sesso (1980).

Potrei essere tacciato di pregiudizio settario: perché mai un’attrice che si è costruita onestamente una carriera nel genere più di moda all’epoca non dovrebbe poter affrontare anche altri generi? Lungi da me infatti il pensarlo: il problema è che lo pensa Michel Caputo, che ha scritto e diretto L’esecutrice con la chiara intenzione di truffare i suoi spettatori: sapeva che a vederlo sarebbero andati i fan di Brigitte, spettatori dalla «braghetta allegra» (come dice Geppi!) che magari la vorrebbero rivedere come in Super Penetration Love (1980), e così dà loro un finto poliziesco pieno di donnine che ballano nude, amanti attorcigliati, videocassette porno, linguaggio scurrile, vestiti di pelle, fruste e quant’altro.

Basta sfogliare la filmografia di Caputo per notare una certa propensione al genere frizzantino, quindi in pratica un regista e un’attrice noti per ruoli sessuali si mettono a portare in sala un poliziesco (finto): di nuovo, capisco la decisione dei distributori italiani di far uscire solo in videoteca questo titolo.

Il film che tira una fregatura agli spettatori di Brigitte

Il primo fotogramma de L’esecutrice vede Brigitte Lahaie a capezzoli al vento in un idromassaggio, giusto per ricordare agli spettatori la filmografia dell’attrice, che intrattiene gli italiani almeno da Piaceri folli (1977). Che c’entra la scena con il resto della vicenda? Niente al cubo, ma già siamo avvertiti: Caputo non solo non vuole fare un poliziesco ma non ne sarebbe neanche capace, vuole solo mostrare donnine svestite e sta cercando un modo nuovo per farlo.

La diva delle luci rosse in un poliziesco a tinte nere

Protagonista è Martine Savignac (Brigitte Lahaie), grintosa poliziotta biondo cenere che, se fosse un film serio, sarebbe un personaggio inedito: quante poliziotte toste protagoniste ricordate, negli anni Ottanta al cinema?

Il problema è che questo non è un film serio, al regista interessa solo mostrare ambientini perversi, balletti sècsi mentre Martine gira vestita di pelle in maniera inguardabile: possibile non abbiano trovato un vestito della sua taglia? E davvero i poliziotti giravano così, in Francia?

Sono gli anni Ottanta, baby, nessuno gira vestito in maniera dignitosa

Un’eroina donna non può dare la caccia a un cattivo maschio – o almeno così la pensa chi scrive queste storie – così l’intera vicenda ruota intorno alla caccia di Martine alla cattivissima madame Wenders (Dominique Erlanger), ufficialmente la proprietaria del localino notturno frizzantino “Al Convento” (Le Cloître, che il realtà sarebbe “Il chiostro”), in realtà impegnata in varie attività criminali: gioco d’azzardo, prostituzione, spaccio di droga, pornografia, tratta delle bianche e via dicendo. E poi dicono che ci sono poche donne imprenditrici…

L’eroina bionda brava e la cattivissima mora

La guerra personale fra Martine e madame Wenders è di una bruttezza abbacinante, scritta malissimo e recitata peggio – possibile che con una filmografia sterminata Brigitte non abbia mai imparato a recitare? – una serie di trovate narrative ridicole, personaggi imbarazzanti e una storia da buttare via senza alcuna possibilità di salvezza.

Ciò che invece per me rappresenta il forte del film, la parte inaspettata e sorprendente, è quella più marginale e addirittura forse incompresa dal regista stesso. Quella armigera.

«Sigmund Freud: Analyse This» (cit.)

Sono i libertini anni Ottanta, dove il cinema europeo d’intrattenimento popolare si basa su localini notturni, orgette, filmini scollacciati, amanti al pepe, occhio malocchio prezzemolo e finocchio: Michel Caputo ne ha diretti troppi di filmettini pepati perché sia puramente casuale la scena in cui Valmont (Pierre Oudrey) a letto, subito dopo il sesso, si fa bello con Martine agitando il proprio pistolone. La donna lo guarda con un’espressione più che giustificata, sghignazzando del “macho” che si fa bello col pistolone, ma credo sia un’immagine molto simbolica (che il regista se ne sia reso con o meno): gli americani premono, ed è tempo che anche le donne comincino ad armarsi, nei film.

Possibile che Caputo abbia scelto per caso una Smith & Wesson Model 29, mi dice l’IMFDb (Internet Movie Firearms Database), cioè la pistola dell’ispettore Callaghan? (Anche se Dirty Harry aveva la canna più lunga!). Impugnare poi la pistola con la canna rivolta in alto è un riferimento all’erezione urlato a pieni polmoni, ma la poliziotta Martine non è interessata a questo inutile sfoggio di machismo.

Sin dalla prima scena infatti la protagonista dichiara il suo disprezzo per le armi: entra in scena agitando una minuscola Smith & Wesson Model 36 che però è scarica, serve solo per fregare i cattivi. E non ha certo la canna prepotentemente fallica di quella di Valmont.

Quello che mi piace pensare è che, forse a propria insaputa, Caputo abbia saputo cogliere il vento che stava cambiando: i continui incitamenti di Valmont perché Martine si armi di un pistolone mi fanno pensare al cinema americano dell’epoca, dove tutto era grande (muscoli e pistole), che premeva perché il piccolo cinema francese si aggiornasse, lasciando stare le pistoline e i poliziotti disarmati per diventare tutti Callaghan.

Stanno arrivando gli anni Novanta… è ora di armarsi

A parte rarissimi casi, negli anni Ottanta latita (soprattutto in Europa) l’idea di una donna armata, la pistola è ancora il sostituto fallico preferito degli eroi maschili, per questo la “conversione” di Martine è un guizzo narrativo sorprendente che stona con la totale sciatteria di questo filmucolo inutile.

A un certo punto l’eroina di questa storia sarà così ferita nel profondo che dovrà per forza trasformarsi in uno di quegli “esecutori” all’americana (giusto per inciso, The Executioner è il nome di battaglia di Mack Bolan, l’eroe letterario padre di tutti quelli cinematografici, da Rambo a Remo Williams al Giustiziere della notte). Ma per fare l’americana… serve un pistolone.

Quando il mondo di Martine va in pezzi, dunque, la donna fa come la Janie che gli Aerosmith canteranno il successivo 1989: got a gun.

«Martine got a gun / Her whole world’s come undone» (semi-cit.)

Che per Caputo le armi siano perfetti corrispettivi fallici non ci sono dubbi, lo dimostra come inquadra il rapitore che accarezza in maniera decisamente inappropriata il suo fucile Savage Model 69RXL: che sia una scena parossistica, umoristica, parodistica o che altro, di sicuro viene messa lì coscientemente, a ricordare come i film d’azione all’americana, pieni di omaccioni a petto nudo, coi muscoli unti e i pistoloni in vista, siano concettualmente né più né meno come i filmini erotici che Caputo girava all’epoca.

Se c’è un modo sbagliato di accarezzare un fucile… è questo!

Ma la trasformazione di Martine è tutt’altra faccenda. Devono ancora arrivare gli anni Novanta delle GWG (Girls With Guns), che rimangono comunque esperienze per lo più estetiche: qui Martine impugna l’arma fallica come presa di coscienza: è un personaggio femminile che diventa maschile, sia concettualmente che stilisticamente. Avoca a sé tutti quei canoni che fino a tempo prima erano esclusività maschile, come per esempio lo scontro finale armato contro il cattivo.

Dimenticata la grande creatività degli anni Settanta, negli Ottanta le donne avevano dimenticato la “superiore potenza di fuoco”, archiviata forse perché non femminile, ma – e di nuovo è solo una mia ipotesi – Caputo sapeva che lì a due passi, al di là della Manica, un giovane barbuto stava girando un film con “Rambo in gonnella”, e magari si è divertito a raccoglierne l’idea di fondo. Che cioè l’eroe maschio di una vicenda può essere una donna.

Il 14 luglio 1986 Aliens dimostra come una donna protagonista possa fare quello che fanno i maschi protagonisti (affrontare il cattivo finale armata di tutto punto): sei mesi prima Martine fa lo stesso, anche se in piccolo e in un pessimo filmaccio. È chiaro che qualcosa sta cambiando.

Ripeto, L’esecutrice è un inutile filmaccio scritto male e recitato peggio, brutto in ogni suo singolo fotogramma, una inutile storiellina di criminalità come facciata per mostrare donnine nude e stuzzicare i pruriti degli spettatori, ma è sorprendente come affronti temi per nulla scontati all’epoca: in Asia le donne già sparavano e menavano senza alcun problema, ma in Europa erano ruoli decisamente meno comuni.

Nel decennio dominato dalla cinematografia erotico-pornografica, in cui gli unici ruoli femminili di largo consumo offrono ben poche scelte alle attrici, la diva del genere Brigitte Lahaie si mostra in locandina mezza nuda e con in pugno una pistola, quasi a creare un ponte fra il genere dominante (simboleggiato dal seno scoperto) e quello che sta nascendo (simboleggiato dalla Astra 357), dove anche le donne sparano. Decisamente un risultato a sorpresa, per un così infimo filmaccio.

L.

– Ultime donne toste:

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16 risposte a L’exécutrice (1986) L’esecutrice

  1. Cassidy ha detto:

    Nemmeno io li ho mai visti, dovrei chiedere a mio cuGGGino, ma dai titoli sì, decisamente roba da braghette allegre 😉 Ci sarebbe poi da indagare sul come mai, attrici e attori noti per la loro sessualità ostentata, diciamo così, quando poi passano al film con i vestiti addosso, scelgano sempre il poliziesco, o comunque la storia con i pistoloni, Freud avrebbe molto da dire in merito. Cheers!

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  2. Moreno Pavanello ha detto:

    Un’analisi anche troppo interessante e approfondita per un filmetto del genere, importante solo come testimonianza storica dei tempi che cambiano. Lavoro per il Zinefilo!

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  3. Willy l'Orbo ha detto:

    Essendo filmaccio infimo l’avrei visionato anche prima di leggere la parte armigera e la conseguente analisi, figuriamoci dopo! Mio! 🙂

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  4. loscalzo1979 ha detto:

    Sconosciuto per me fino ad oggi, anche se credo di non essermi perso nulla XD

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  5. Giuseppe ha detto:

    Non vorrei dire ma, quando ho visto Brigitte Lahaie in locandina ho pensato che stessi appunto per iniziare una nuova rubrica “frizzantina” e no, essendoci di mezzo lei non ho pensato nemmeno per un solo secondo di trovarmi davanti a un vero poliziesco (poliziottesco forse, ma proprio al limite e infatti, se non altro, un minimo di tematica “armaiola” è presente) 😉

    P.S. Qui c’è una sua intera panoramica (nel verso senso della parola): 😛 https://stalkerjany.blogspot.com/2013/10/brigitte-lahaie.html

    P.P.S Il blog che ti ho segnalato sopra ha nel gruppo di amici qualcuno che potresti di sicuro trovare parecchio interessante (ha però il problema di essere esclusivamente in francese, sottotitoli compresi temo)… http://billyboy2016.blogspot.com/

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Diciamo che Brigitte non lasciava nulla all’immaginazione, per questo risulta ancora più strano questo (finto) poliziesco: che gli armigeri anni Ottanta premessero così tanto da spingere persino le attrici sexy ad armarsi?

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      • Giuseppe ha detto:

        Probabile, anche se in questo modo si rischiava di scontentare sia i fan delle attrici sexy, non granché interessati a vederle coinvolte in dei film di genere differenti da QUEL genere, sia i fan del poliziesco/poliziottesco per i quali la presenza di Brigitte e colleghe avrebbe avuto un peso relativo (direi comunque non determinante) nella scelta di un titolo…

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Distribuirlo esclusivamente in VHS e DVD mi sento di dire sia stata una buona idea 😉

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      • Giuseppe ha detto:

        Concordo 😉

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