Le mani di Orlac (1924) Cento anni di “mani cattive”

«E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te.»
(Vangelo di Matteo, 5,30)

Compie cento anni il film che dà il via alla narrativa delle «mani cattive», nel senso etimologico del termine: mani possedute, chiaramente da entità maligne. Festeggiamo il centenario riesumando il grande ciclo “Canto il corpo dissacrato“, che spazia in tutte le sfumature di smembramento.

Parte dunque la sottorubrica dedicata alle mani che hanno aperto la via ad un’intera narrativa: Le mani di Orlac.


Introduzione
La mano scorticata di Maupassant

Nel 1882 il poeta britannico Algernon Swinburne e un suo amico (probabilmente il suo tutore e legale Theodore Watts-Dunton) lasciano i pressi di Londra per un viaggio in Francia, e dopo aver incontrato a cena l’83enne Victor Hugo inevitabilmente tutti i giornali francesi parlano di questo poeta che è venuto da oltre-Manica ad omaggiare le glorie nazionali. Al che Guy de Maupassant ha una punta d’aceto: lui ha conosciuto quel poeta già quindici anni prima e decide di rendere pubblico ciò che fino a quel momento era stato un ricordo privato.

«Era il 1867 o il ’68, credo; un giovane inglese sconosciuto aveva appena acquistato un piccolo cottage ad Étretat [in Normandia], nascosto sotto grandi alberi. Viveva lì, sempre solo, in un modo strano, si diceva, e suscitava l’ostile stupore dei locali, gente subdola e stupidamente maligna, come tutta la gente di un piccolo paese.»

da “Le Caulois” (29 novembre 1882

Sul celebre quotidiano nazionale “Le Gaulois” il 22 novembre 1882 appare un lungo testo in cui Maupassant – nome all’epoca noto solo per i racconti, visto che nessuno dei suoi romanzi era ancora stato pubblicato – racconta dell’incontro con questo strano «anglais» che viveva con un amico un po’ fuori di testa: quest’ultimo rimarrà innominato, nel pezzo di Maupassant.

«Non ero ancora entrato in casa sua che già ricevetti un invito a rimanere a pranzo, in seguito ad un incidente capitato ad un suo amico, che era quasi annegato e che io avrei voluto soccorrere.»

In seguito la storia cambierà aspetto e diventerà Maupassant stesso bisognoso d’aiuto, ricevuto da Swinburne. Al di là di come siano andati i fatti, i due si conoscono e il francese viene invitato dall’inglese nella sua casa… piena di stranezze.

«La casa dei due amici era carina e insolita. Ovunque c’erano dipinti, a volte superbi a volte strani, che davano l’idea della follia […]. Girando per la casa ci siamo imbattuti in ossa usate come ornamenti. Soprattutto notai un’orrenda mano umana scorticata che conservava ancora la pelle secca, i muscoli neri scoperti, e sulle ossa, bianche come la neve, tracce di sangue vecchio.»

Davanti a un arredamento degno dei protagonisti di Non aprite quella porta (1974), Maupassant è colpito da quella mano.

«Due anni dopo trovai la casa chiusa e gli ospiti scomparsi. Stavano vendendo i mobili, così in ricordo dei due amici ho comprato l’orrenda mano scorticata.»

Quella «hideuse main d’écorché» deve aver colpito davvero lo scrittore, che infatti sull’“Almanach Lorraine de Port-à-Mousson” nel 1875, nascondendosi dietro lo pseudonimo Joseph Prunier, presenta il racconto Le main d’écorché.

La storia inizia nel più semi-biografico dei modi:

«“Non ci siete; arrivo da P… in Normandia dove ho trascorso otto giorni, e donde torno con un gran criminale mio amico che mi permetto di presentarvi”. Così dicendo trasse di tasca una mano scorticata; una mano orribile, nera, secca, molto lunga e come raggrinzita. I muscoli, d’una forza straordinaria, erano trattenuti all’interno e all’esterno da una correggia di pelle incartapecorita; le unghie gialle, strette, erano rimaste sulla punta delle dita; si capiva lontano un miglio che era la mano d’uno scellerato.»
(Traduzione di Viviana Cento,
da Racconti dell’incubo, Einaudi 1993)

Quello subìto da Maupassant è un fascino perverso che tanti altri suoi colleghi hanno dato prova d’aver provato, e anche se è fra i sotto-generi meno noti e studiati lo stesso la narrativa delle «mani cattive» è ricca e irresistibile.

«Scostate le cortine del letto, vide la signora Prosser giacere (come per alcuni secondi temé angosciato) morta, il viso irrigidito, cereo e coperto di sudore gelido; e sul cuscino, accanto alla sua testa, seminascosta fra le pieghe delle cortine, stava qualcosa ch’egli dapprima scambiò per un rospo… ma era invece la solita mano grassoccia, col polso che sfiorava le coltri e le dita protese verso la testa della donna.»
(Traduzione di Angela Ragusa
da Il libro delle storie di fantasmi, Salani 1990)

Questo estratto dal romanzo La casa accanto al cimitero (1863) di J.S. Le Fanu probabilmente è fra i primi testi horror ad usare una mano mozzata (disembodied hand) come elemento perturbante, ma il tema lo si può ritrovare in vari autori, da Sir Arthur Conan Doyle (The Brown Hand, 1899) a Rainer Maria Rilke (I quaderni di Malte Lurids Brigge, parte I, capitolo 3, 1910), da Seabury Quinn (Hands of the Dead, 1935) a Theodore Sturgeon (Bianca’s Hands, 1947) fino a Patrick McGrath (Hand of a Wanker, 1988).

«Mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica
Mani ipocrite, mani che fan cose che non si raccontano
Altrimenti le altre mani chissà cosa pensano, si scandalizzano.»

Frankie Hi NRG, con questa citazione da Quelli che benpensano (1997), ci ricorda che ci sono tante mani, così come ci sono diversi filoni nella narrativa delle mani cattive: questo ciclo è dedicato al centenario delle mani più meravigliosamente cattive della storia della narrativa. Le mani di Orlac.


Le mani del romanziere

Il testo che segue è basato su un mio guest post apparso sul blog “Nocturnia” nell’ottobre del 2018: ringrazio Nick Parisi per aver dato ospitalità alle mani di Orlac, che quel mese tornavano alla luce in Italia in campo editoriale.

«Come il legno secco porta in sé la fiamma e il fumo, così gli anelli portavano in sé le mani spettrali di Stéphen Orlac.»

Dopo lunghi decenni di colpevole silenzio dell’editoria italiana, il noto Luigi Cozzi (da sempre appassionato curatore di tutto ciò che è fantastico) nel 2009 aveva ripescato dal silenzio dei cataloghi un romanzo dimenticato: il gesto lodevole purtroppo era spinto dalla passione per un pessimo film americano indegno di memoria (come vedremo più avanti nel ciclo), ma è stata una iniziativa editoriale della romana Profondo Rosso che va plaudita.

Un decennio dopo, nel settembre 2018, la collana trimestrale “Gli Speciali del Giallo Mondadori” a cura di Mauro Boncompagni (n. 87, Delitti d’oltralpe) riporta in edicola la prima traduzione italiana di Aldo Albani, quella apparsa nel nostro Paese nel 1951 e poi scomparsa: è un’occasione per ricordare Le mani di Orlac (Les Mains d’Orlac, 1920), un romanzo fanta-horror che è Maestro di color che smembrano…

«Le mani d’Orlac erano divenute due dee gemelle, esigenti e sterili.»

La notte fra il 16 e il 17 dicembre – plausibilmente del 1919, visto che il romanzo è del 1920 – di ritorno da un concerto tenuto a Nizza il celebre pianista Stéphen Orlac è vittima di un incidente ferroviario a Montgeron (vicino Parigi). La moglie Rosine riesce ad organizzare immediati soccorsi e porta il marito dal celebre dottor Cerral nella sua clinica di rue Galilée: è un nome tanto rinomato quanto famigerato, per via di certe sue tecniche mediche considerate troppo innovative.

Le ferite del corpo di Stéphen guariscono, ma l’incidente ha danneggiato in modo irreparabile le sue mani.

«Tagliuzzate, lacerate, forse spezzate! Rosine non ha guardato, preoccupata della vita del marito. Ma l’arte, la sua arte, per Stéphen, è metà della vita e… la sua fortuna! Ah! Le sue mani, le sue belle mani bianche, fini, tanto agili e tanto nervose, due fate danzanti sulla tastiera, dispensatrici di gloria e di abbondanza! No, no, senza le sue mani morirebbe!»

Nessun problema: Cerral “guarisce” quelle mani… semplicemente sostituendole. È stato appena giustiziato un pericoloso criminale, Vasseur, le cui mani sono perfettamente compatibili, e il gioco è fatto.

«Io non so se le mani permetteranno a suo marito di riprendere la sua carriera di virtuoso. Dirò, come un mio antenato: io l’ho curato, che Iddio lo guarisca!»

Risvegliarsi… e trovarsi addosso altre mani!

Il dottore esce di scena e Stéphen Orlac rimane solo… con le mani di un altro. Quale futuro ci sarà per la sua carriera di pianista?

«Ha posato le mani sui tasti. Con un dito, un dito solo, timido, richiama la frase tipica della Fantasia di Liszt, l’ultima cosa che ha eseguito. Le mani d’Orlac si slanciano. Ma, ahimè, non è più il pianista illuminato, che si dispone ad attaccare brillantemente la Fantasia ungherese di Liszt. È solo un pover’uomo che piange tra le braccia di una donna addolorata. Il silenzio è terribile. Da qualche parte un oggetto di vetro va in frantumi. Stéphen ha chiuso il piano come una bara sopra un cadavere amato.»

Potranno le mani di un altro suonare come faceva Orlac?

Inizia l’inferno dell’uomo che in realtà ancora non è consapevole di ciò che è successo alle proprie mani. La storia narrata cambia spesso punti di vista: prima sappiamo tutto tramite la moglie Rosine, poi attraverso un poliziotto che indaga sugli strani furti ed omicidi che avvengono nella zona – come quel tizio morto strangolato apparentemente da mani d’acciaio – e conosciamo la cocente passione spiritistica che all’epoca infiammava anche la Francia.

Edouard Orlac, il padre del pianista, per tutta la vita si era appassionato all’occultismo arricchendo più di un santone e medium, e quando una sera cerca di capire chi stia compiendo tutto quel male in città, a chi appartengano le mani che stanno portando crimini e lutti, gli spiriti rispondono battendo sul tavolino del medium: scandiscono dodici lettere che compongono un nome. Stéphen Orlac. (Mi piace ricordare che un altro Maestro, Richard Matheson, riprenderà in modo simile la trovata quando farà muovere la mano del suo protagonista senza controllo, finché le dita non scriveranno «Io sono Helen Driscoll».)

«E le mani sapevano! Ricordavano! Non potevano suonare il piano, ma potevano tirare i coltelli.»

Possibile che le mani del criminale Vasseur che ora Orlac porta impiantate ricordino il male del precedente proprietario? La domanda trova la sua risposta quando una notte in una locanda Stéphen incontra uno strano figuro che, appoggiando protesi di mani sul tavolo, dice di avere un credito con lui:

«Lei mi deve qualcosa…»
«Che cosa?»
«Le mani!»

Vasseur è tornato a pretendere ciò che è suo…

Il proprietario delle mani che torna a pretendere ciò ch’è suo

Maurice Renard sta scrivendo a puntate per il quotidiano parigino “L’Intransigeant”, dal 15 maggio al 12 luglio 1920, un tipico feuilleton a puntate con colpi di scena, cliffhanger ad ogni fine capitolo, mistero, intrigo e spruzzate di quell’elemento fantastico di cui è pioniere. Affronta tematiche che noi oggi definiremmo horror con una disinvoltura stupefacente, anche perché è tutto all’insegna di un divertito umorismo nero: Le mains d’Orlac non è un romanzo cupo, è un giallo con elementi fantastici ma anche con stoccatine ai tanti santoni e maghi che imperversano nell’opinione pubblica.

“L’Intransigeant” (15 maggio 1920)

Addirittura Renard con un delizioso paradosso fa conoscere al lettore i suoi autorevoli antecedenti, mettendo in bocca al criminale Vasseur queste parole:

«Lei, signor Orlac, deve aver letto parecchi romanzi. Certamente ha letto Gérard de Nerval e Edmond About! La Mano incantata e Il Naso di un notaio le hanno procurato quei sogni…»

Renard ci dice che conosce bene i racconti di “mani cattive” e le storie di morti che riappaiono, come in fondo lo stesso Vasseur sta facendo, e che quindi sta giocando con loro.

Quando però il cinema si interessa della storia, ogni umorismo deve scomparire: le mani di Orlac ora vanno ad infilarsi nella più nera delle notti.


Le mani di Conrad Veidt

È una Vienna oscura e oppressiva, quella mostrata da Robert Wiene, uno dei maestri dell’espressionismo tedesco, nel suo Orlacs Hände, primo e inarrivabile adattamento filmico del romanzo di Renard. Presentato a Berlino nel settembre 1924, quando la città è piegata da quella terribile inflazione raccontata da E.M. Remarque in romanzi come Tre camerati (1936): quanti si saranno potuti permettere la spesa folle di andare al cinema a vedere la storia di un ricco con grandi problemi?

Qualche anno dopo, il film muto arriverà negli Stati Uniti e l’attore principale proverà anche a sfondare ad Hollywood, rimanendo però uno dei più grandi attori di capolavori tedeschi: tanto per capire chi sia Conrad Veidt, il personaggio del suo “sonnambulo” campeggia su tutte le locandine di un capolavoro come Il gabinetto del dottor Caligari (1920).

Il 4 maggio 1925 riceve il visto della censura italiana Mani di Orlac, ovvero: Mistero della casa Boug (non ho capito cosa sia ’sta “casa Boug”) ma non ho trovato alcuna traccia di distribuzione del film, che quindi va considerato inedito in Italia fino a prova contraria.

Un pianista così famoso, che rimane ignoto in Italia

Veidt interpreta il pianista Paul Orlac (non più Stéphen) e già qui abbiamo un bel problema: come si mostra un grande pianista… in un film muto? La risposta è semplice: se hai un titano come Veidt, il problema non si pone. La potenza espressiva di ogni suo nervo, tendine e muscolo fuoriesce dallo schermo e ci invade: noi sentiamo la musica che producono le sue mani, senza bisogno che essa fuoriesca dagli altoparlanti.

Allo stesso tempo sentiamo che il trapianto di mani che Orlac ha subìto, dopo un brutto incidente ferroviario, non è andato come previsto: quelle non sono le sue mani… quelle sono mani vive di qualcun altro.

Una reazione non proprio “composta”

Lo schermo è sempre nero, il film è principalmente girato in interni, dove tutto è oscurità e la luce è un dolore da limitare al minimo. L’unica fonte luminosa fuoriesce dall’attore Veidt, che dà vita ad una mostruosa prova di bravura in cui ci convince al di là di qualsiasi dubbio che ai propri polsi ci siano attaccate le mani di un altro, le mani dell’assassino Vasseur che gli sono state trapiantate, le mani vive che hanno bisogno di sangue di vittime: mani che vogliono strangolare ogni collo che entri in scena, e i cui tentativi di controllo fanno dominare la scena all’attore protagonista.

«Mani cattive» particolarmente affamate…

È tutto frutto del suo delirio o davvero le mani conservano memoria della persona a cui sono appartenute? E quell’uomo con le mani di ferro che lo avvicina alla locanda, è davvero Vasseur che rivuole le parti del suo corpo che gli sono state tolte? (Questa è una delle idee che verranno prontamente citate da Pierre Boileau e Thomas Narcejac nel 1965, nel loro romanzo Pezzi d’uomo scelti, in cui le mani di un criminale finiscono ai polsi di un prete.)

Bisognerà ricorrere a un po’ di buonismo per donare pace ad Orlac, ma al di là di uno spiegone finale atto a chiudere sbrigativamente la vicenda, rimane il fatto che l’unione esplosiva del regista Robert Wiene e dell’attore Conrad Veidt, due titani della loro epoca, ha aperto la via oscura della narrativa delle «mani cattive». La quale purtroppo sarà conosciuta in America – e quindi in Italia – solo mediante un pessimo rimaneggiamento hollywoodiano di questo film, come vedremo la settimana prossima.

Tenetevi occupati, nel frattempo, perché le mani oziose sono gli strumenti del demonio…

L.

Mi sia consentito questo spazio di becera auto-promozione, visto che proprio dieci anni fa il fascino delle «mani cattive» mi ha pervaso a tal punto da scrivere il mio primo ed unico romanzo: Le mani di Madian.
Qualcuno sta uccidendo delle traduttrici mentre uno scrittore di successo afferma che la propria mano destra… non è la sua! I due casi sono uniti da una mano misteriosa che affonda le radici in citazioni letterarie che solo l’investigatore bibliofilo Marlowe (no, non quel Marlowe) saprà cogliere.
Il romanzo lo trovate in tutti gli eStore a soli 99 centesimi.

– Ultimi “corpi dissacrati”:

Informazioni su Lucius Etruscus

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18 risposte a Le mani di Orlac (1924) Cento anni di “mani cattive”

  1. Cassidy ha detto:

    Venerdì scorso mi sono giocato la mano malvagia di Caine e Oliver Stone, stamattina risveglio cantandomi il pezzo di Frankie alla radio (storia vera), approdo sul Zinefilo e cosa trovo? Il MACC in azione! Pian pianino il corpo umano lo farai, esploriamo il corpo umano con il Zinefilo e per questa nuova rubrica beh applausi 😉 Cheers!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      ahahah mica male, una collana da edicola dal titolo “Dissacriamo il corpo umano”, con ogni mese una storia di pezzi di corpo 😀
      La mano di Stone la porto sempre nel cuore, sin da quando l’ho scoperta da ragazzo, arriverà sicuramente su questi lidi come ogni altra parte del corpo umano 😉

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      • Giuseppe ha detto:

        Proprio OGNI parte? Comprese pure quelle basse? Ma non è che ti stai prendendo un impegno troppo rischioso? 😛 Intrigante questa nuova sottorubrica, e con un inizio di tutto rispetto: nientemeno che “Le mani di Orlac”, romanzo e film, preceduto da un’introduzione non meno “manuale” di Guy de Maupassant (e, in mezzo al tutto, fa capolino pure “La mano incantata”, adattata dalla Rai in un episodio de “I giochi del diavolo”… Ah, comunque io non riesco a vedere proprio nessuna becera auto-promozione, lassù: è chiaro che è stata la tua mano destra a farla, dotata di vita propria in perfetto stile Ash “Evil Dead” Williams, e tu non hai proprio potuto farci niente 😉

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  2. Madame Verdurin ha detto:

    Forse me ne pentirò, ma non vedo l’ora di scoprire cosa è riuscito a tirar fuori il nostro beniamino Luigi Cozzi da questo tema delle mani cattive.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      La sua iniziativa del 2009 di riportare alla luce un romanzo dimenticato da decenni è stata lodevole, ma la casa editrice Profondo Rosso non è economica né molto nota al di fuori della cerchia degli appassionati. Le mani di Madian non sembrano aver avuto molta notorietà in Italia.

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  3. Vasquez ha detto:

    Sicuramente la stampa di fine ‘800 era differente da quella cui siamo abituati, ma lo stesso non si capisce l’intento di quel pezzo di Maupassant, forse per portare alla luce le stranezze degli inglesi? Bah…Come dici tu probabilmente gli era risalito l’acido e voleva mettersi in bella mostra. Certo che come ricordino una mano decorticata è ben strana…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Il tono dell’articolo mi ha dato l’idea di uno (Maupassant) che mentre tutti parlano del grande poeta inglese in visita lui invece la sa lunga, e sa che tipo fuori di testa sia Swinburne e il suo amico, con la casa piena di quadri folli e ossa umane. La cosa strana è che il celebre quotidiano abbia messo in prima pagina quella che al massimo potrebbe essere una notizia di costume: forse Guy aveva un po’ di seguito, malgrado avesse pubblicato solo racconti.

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      • Vasquez ha detto:

        In ogni caso ciclo interessantissimo, i pezzi di corpo trapiantati e “posseduti” sono un argomento che intriga e spaventa. Chissà se in narrativa hanno più presa le mani o gli occhi…ho ricordi nebulosi di qualche puntata di X-Files con un trapianto di cornee da un assassino.
        Comunque restiamo in attesa del proseguio del ciclo, e ovviamente complimenti per romanzo 😉

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Gli occhi sono davvero rari, eppure si scrivono da soli, visto che l’ospite può vedere ciò che ha visto il donatore, ovviamente un assassino! (Mai che trapiantino gli organi di un pio e mansueto 😛 )
        Qui si è scelto un tema molto economico da rendere, visto che all’attore basta agitare le mani per avere gli “effetti speciali”, ma con un mostro sacro come Veidt basta solo quello!

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  4. Claudio D'Armini ha detto:

    Seconda! Parte!! Subito!!!

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  5. loscalzo1979 ha detto:

    Nuovo pezzo (di corpo), nuovo giro!

    Ci vuole una sigla adeguata a questo punto:

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  6. Willy l'Orbo ha detto:

    Film, storia, romanzi…tutto in un unico post…grande Lucius! 🙂

    E direi che anche la tua “auto-promozione” suona come molto interessante! ❤️👏

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  7. Andrea87 ha detto:

    c’è anche la storia inversa, quella raccontata nell'(allora) ultima puntata della run originale di Futurama “Musica dal profondo” in cui l’inetto Fry diventa un grande olofonista perché ottiene le mani prodigiose del robo-diavolo! Finalmente può far uscire la musica bellissima che ha dentro di sè, mentre il robo-diavolo subisce le dita (umane) nel naso del vecchio proprietario! xD xD xD

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