Viaggio transmediale in “The Witcher”

L’uscita della seconda stagione della serie TV “The Witcher” (su Netflix) e relativa campagna pubblicitaria a tappeto stavolta mi ha fregato. Già all’uscita della prima stagione (dicembre 2019, ormai due anni fa) incuriosito avevo provato a vedere la prima puntata, fermandomi già prima della metà ed archiviando l’esperienza come “non fa per me”. Poi però Henry Cavill mi ha tirato un colpo basso.


Primo medium:
filmatino YouTube

All’interno dell’inteso bombardamento pubblicitario sul Tubo, mi capita questo video in cui l’attore spiega l’uso delle spade nella serie, sia a livello narrativo che tecnico, mostrando i vari accorgimenti (sul set e in post-produzione) per rendere sicuri i combattimenti durante le riprese. M’è partito l’entusiasmo per molto meno.

È fatta, la mia insana passione per le armi in narrativa ha preso il sopravvento e mi sono chiesto: ma quindi ’sto Witcher ha una spada con un minimo di importanza? C’è solo un modo per rispondere alla domanda: ricominciare la serie dall’inizio.


Secondo medium:
serie TV

Stavolta sono arrivato alla terza puntata di “The Witcher” (prima stagione, ovviamente) creata da Lauren Schmidt, prima di mollare schifato.

Non si sa chi che va non si sa dove a fare non si sa cosa

Il protagonista interpretato da Cavill – chiamato Geralt di Rivia, di professione Witcher – in quelle tre puntate ha detto due parole, neanche una media di una parola ad episodio, limitandosi ad essere una tappezzeria muscolosa e dagli inguardabili e ridicoli lunghi capelli bianchi. Va da sé che di spade non se ne parla manco per sbaglio. Certo, se ci fosse stata una trama avrei continuato comunque, invece non ne ho intravista neanche l’ombra.

A cinque minuti dall’inizio del primo episodio abbiamo Pdorr, figlio di Khmerr, della tribù di Ishtar, che incarica altre dieci persone con nomi fantasy di chiamare a loro volta altre dieci persone, così che queste centinaia di nomi ignoti in formazione piramidale riempiano tutto l’episodio. Ma chi è ’sta gente? Spiegare chi cacchio siano i protagonisti di una vicenda dev’essere passato di moda, oppure magari gli autori davano per scontato che tutti sapessero recitare a memoria i romanzi originali, comunque in tre episodi – circa tre ore totali di durata – non viene spiegato un cazzo di niente, su qualsiasi argomento.

Ogni tanto c’è mezzo secondo di spada in mano, ma per sbaglio

In assenza totale di qualsiasi trama o intreccio narrativo, in assenza della più vaga spiegazione di chi cacchio sia la gente che si precipita a frotte davanti all’obiettivo, la serie si presenta come semplice elenco telefonico delle città che volta per volta vengono toccate da alcuni personaggi ignoti, intenti a censire ogni singolo abitante di questo universo. Arrivato al terzo episodio senza aver capito di cosa cazzo parli ’sta serie, è chiaro che questo medium devo abbandonarlo, e anche in fretta.


Terzo medium:
animazione

Visto l’oceanico successo riscosso dalla serie in ogni angolo del globo e pianeti limitrofi, Netflix quest’anno ha sfornato un film d’animazione ambientato nello stesso universo: The Witcher: Nightmare of the Wolf (2021) di Kwang Il Han, scritto da Beau DeMayo.

Chissà, magari scegliere una storia slegata dalla complessa “mythology telefonica” della serie mi aiuterà ad entrare in questo universo. Chissà, magari beccando il punto in cui finalmente si parla di spade. Da come me ne aveva parlato Cavill in quel video, ogni mostro può essere fatto fuori da una certa spada, quindi le armi dovrebbero avere un peso narrativo un po’ superiore a zero, in questo universo. Invece sono solo ornamenti da mettere in locandina e basta.

Il film animato ovviamente dà per ovvio che lo spettatore sappia già tutto e sappia recitare a memoria tutti i nomi della saga, compresi i nomignoli. A qualche minuto dall’inizio il protagonista si fa un bagno e ne approfitta per mostrare il suo corpo muscoloso nudo, cambiando posizione e inquadratura perché le chiappe bagnate siano ben in vista. Poi arriva un altro Witcher che racconta di aver passato la notte insieme a un prostituto, e quindi mi sembra chiaro che si tratti di una “serie moderna”.

Visto che qui di spade non se ne parla, e anzi c’è il forte rischio che l’unica spada snudata sia quella del muscoloso protagonista, mollo anche questo medium prima di arrivare al trentesimo nome fantasy snocciolato a raffica.

«Tutti dentro la piscina con ’sti cosi de fori!» (cit.)

Non c’è bisogno di sottolineare che anche qui non c’è alcun accenno di trama. A questo punto temo che il cercare una trama in un’opera di intrattenimento simboleggi la mia vecchiaia: oggi il contenitore è il contenuto, non ha bisogno d’altro…


Quarto medium:
videogioco

Mi rivolgo al videogioco del 2007 sviluppato dal gruppo polacco CD Projekt RED e distribuito da CD Projekt in Polonia (da Atari nel resto del mondo), come leggo su Wikipedia, ma non avendo l’enorme quantità di tempo necessaria per usare in prima persona i videogiochi mi rivolgo a più semplici gameplay su YouTube, visto che non cerco un’esperienza ludica bensì narrativa.

Grazie a CiriolaLP mi gusto la prima e finora unica storia intrigante del personaggio, con il Witcher impegnato a sciogliere l’incantesimo che rende mostruosa una principessa, mediante una procedura pericolosa: passare un’intera notte con l’essere affamato di carne umana. Con un abile trucco il nostro eroe dai capelli bianchi risolve la situazione.

Completata questa scena filmata che fa da introduzione al videogioco, inizia il gioco in sé e si comincia a girare di qua di là, a menare mostri e via dicendo, il che mi interessa davvero poco. Provo a saltare alle scene di raccordo, che magari continua la storia e mi verrà spiegato perché il Witcher ha perso la memoria e si ritrova in un castello con altri Witcher, ma la cosa è lunga e la mia pazienza è invece molto corta.

So che il terzo videogioco è considerato molto bene, ma è chiaro come io sia troppo alieno a questo tipo di narrativa per poter continuare a viaggiarci in mezzo. Basta, vado alla sorgente!


Quinto medium:
fumetto

Da almeno dieci anni la famigerata Dark Horse Comics cura il personaggio, e già questo lo considero un pessimo sortilegio, visto che sono parecchio lontani gli anni in cui la casa sapeva sfornare storie anche solo accettabili.

Scelgo una saga recente, The Witcher: Fading Memories (iniziata nel novembre 2020), scritta da Bartosz Sztybor (ipotizzo nazionalità polacca) e disegnata da Amad Mir. Sono quattro numeri ma il primo già mi basta e avanza.

Il nostro amichevole Witcher di quartiere arriva in città, entra nella solita locanda, situazione tesa, chiacchiere, chiacchiere, pagine su pagine, poi esce dalla locanda ed è chiaro che abbiamo solo perso tempo.

Viene raggiunto da un pescatore, viene invitato a pescare e che fai, non accetti l’invito del pescatore? Così l’ammazza-mostri e il pescatore se ne vanno per mare: pesca forte, Witcher, pesca non ti fermare, pochi pesci nella rete, lunghi giorni in mezzo al mare. Così PierWitcher Bertoli passa pagine a pescare mentre il pescatore gli racconta tutti li meglio mortacci sua, lunghe storie inutili e piene di personaggi che non conosciamo e non vogliamo conoscere. Poi a fine albo arrivano due mostri, il nostro eroe li mena e fine del primo numero. E, per me, fine del fumetto.

Basta, è ora di andare all’origine di tutto.


Sesto medium:
romanzo

Questo universo nasce da una fortunata serie di romanzi e racconti firmati dallo scrittore polacco Andrzej Sapkowski, più volte portati in TV e al cinema in patria polacca: solo il videogioco riuscirà a far sorpassare i confini al personaggio, così che il Witcher conquisti tutti i continenti.

Nel 2010 la Editrice Nord porta in Italia per la prima volta un’opera di Sapkowski, il quale è stato molto chiaro con tutte le case editrici internazionali: ognuna dovrà tradurre il testo dall’originale polacco. Il sottinteso, pare di capire, è “non fate i furbi, che per risparmiare traducete tutti dalla versione inglese”. La casa editrice italiana rispetta con grande professionalità la richiesta dell’autore, al contrario delle case italiane degli altri media.

Così scopro subito una differenza interessante: il protagonista della saga in originale è un «wiedźmin», che la nostra traduttrice Raffaella Belletti rende in modo delizioso con Strigo: tutti gli altri media italiani invece traducono con il celebre termine Witcher della versione inglese. Si sa che la lingua ufficiale italiana è l’inglese.

Personalmente adoro la resa italiana di Strigo, un uso di quel termine del tardo latino (Strigo, strigonis) da cui l’italiano “stregone”: è un termine antico ed esotico il giusto per rendere l’idea di un personaggio fantasy.

Trovata per puro caso la versione in audiolibro (Salani 2019) di questa prima opera ad arrivare nelle librerie italiane, Il guardiano degli innocenti (Ostatnie życzenie, “L’ultimo desiderio”), faccio così la conoscenza di uno dei testi originali da cui sono derivati tutti gli altri media: guarda a volte la coincidenza, caso vuole che il libro si apra proprio con la vicenda che avevo appena visto nel gameplay del videogioco!

Lo Strigo deve sciogliere l’incantesimo della principessa-mostro sopravvivendo una notte intera con lei, e non posso non pensare alla (falsa) leggenda del Vij (Вий), protagonista del celeberrimo racconto omonimo del russo Nikolaj V. Gogol’, dove il protagonista deve rimanere tre notti al cospetto di una fanciulla che, con il far del buio, si trasforma in strega e chiama secchiate di mostri. Così come l’eroe di Gogol’ ha l’idea di tracciare un “cerchio magico” a terra che lo protegga dall’essere stregato, così Geralt troverà il suo stratagemma per proteggersi dalla principessa-mostro. (Giusto per rinfrescare la memoria, vi ricordo il mio viaggio nei film tratti dal Vij.)

Il primo ed ultimo audiolibro di genere fantasy che ho letto/ascoltato!

In un solo pomeriggio scopro che a) se il testo mi interessa provo molto piacere nell’ascoltare audiolibri, anche perché posso sfruttarli in quelle operazioni “manuali” in cui non posso leggere (quanto tempo sprecato a vestirmi “in silenzio”, ora che invece posso vestirmi con un audiolibro a farmi compagnia!) e b) che questo Strigo, cioè la forma letteraria originale del Witcher, mi piace molto di più di tutti gli altri media. Purtroppo quest’ultima è un’epifania che dura quanto la festa omonima: un giorno solo.

Lo Strigo e la principessa-mostro, nella cinematica del videogioco del 2007

Salvatosi dalla principessa-mostro, lo Strigo si ritrova in un convento dove una monaca gli spiega tutta la mitologia di un’antica dea, senza che a) qualcuno gliel’abbia chiesto e b) a qualcuno freghi una mazza di ’sta dea, che scompare un attimo dopo. Lo Strigo parte per un’altra città, e lì trova uno che gli racconta un sacco di cose, e quindi arriva la fatale epifania oscura: Il guardiano degli innocenti non è un romanzo bensì un’antologia, e ogni racconto prevede il protagonista muto che arriva in un posto, gli raccontano tutti li meglio mortacci loro per decine di pagine, due frescacce d’azione e via, subito in un altro paesino con mortacci belli freschi da raccontare.

Sono stato ingiusto con il protagonista della serie TV, è proprio il personaggio originale di Sapkowski ad essere un grande rotolo di carta da parati.


Sei media diversi significa che l’universo di The Witcher è roba grossa, amata da un numero così alto di lettori multimediali da giustificare il mare di materiale esistente: e non ho preso in considerazione il gioco da tavolo, le colonne sonore della serie e altri media ancora. Avrei adorato entrare in questo universo ricchissimo e sbocconcellarmelo tutto, con così tanta roba da gustarmi: invece niente, mi rimane il divertimento di aver viaggiato come un fulmine fra tanti media per scoprire ciò che li accomuna tutti. La totale e bruciante assenza di trama, con al suo posto una produzione industriale di minuscole storielline piene di nomi a raffica. Boh, sarò io che non capisco il fantasy

L.

 

Informazioni su Lucius Etruscus

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22 risposte a Viaggio transmediale in “The Witcher”

  1. Cassidy ha detto:

    Da quanto ho intuito gli episodi della prima serie non sono nemmeno in ordine cronologico, ma siccome mi stava annoiando sono giunto alla tua stessa conclusione, non fa per me e via. Anche perché la sensazione è che ad Enrico Cavillo basti esistere per attirare gli sguardi quindi non ha davvero bisogno di una trama per vedere la serie confermata, ha così tante fan da campare di rendita. In ogni caso su PierWitcher Bertoli sono scoppiato a ridere (storia vera), saremo in due a non capire il fantasy ma il tuo post resta uno spettacolo 😉 Cheers

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Io ci provo a capirlo, ‘sto benedetto fantasy, e visto l’esplosione transmediale dello Strigo sicuramente sbaglio io a non apprezzarlo, ma proprio mi sembra una roba annacquata buttata lì per i fan “a prescindere”.
      Quando nel fumetto ho visto il numero di pagine dedicate al Witcher che pesca non volevo crederci: uno fa tanto per azzeccare qualche battuta, poi arriva la Dark Horse che fa ridere senza volere 😀

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  2. Zio Portillo ha detto:

    Eccomi! Personalmente la serie tv l’ho digerita con moltissima fatica salvando giusto giusto qualche episodio. Discorso diverso per i libri che mi sono divorato anni fa in vacanza e per i videogame (“Wild Hunt”, che è proprio il terzo di cui parli, è uno dei migliori giochi cui ho messo le mani). C’è da dire che la serie tv dà molte, troppe, cose per scontate e se non si è ha un’infarinatura sulla trama di fondo (i Witcher, Cirilla, l’impero, i mostri, le streghe,…) si fa parecchia fatica a seguirla e non aiuta il fatto che sia ambientata su due piani temporali differenti e solo alla fine si tirano le somme.

    Ti lascio delle note sparse che magari possono aiutarti a capire alcuni passaggi:

    Le spade ad esempio sono fondamentali e ogni Witcher ne ha due. Una classica in acciaio per affrontare gli umani e una d’argento che vale solo per battersi coi mostri che hanno una sorta di “allergia” al prezioso metallo.
    I Witcher sono allevati da piccoli (di solito venduti dalle rispettive famiglie) e avvelenati con pozioni per renderli dei Witcher appunto, cioè dei semi-umani. Moltissimi muoiono da piccoli per via delle differenti pozioni ingurgitate a forza. Vivono reclusi in una sorta di monasteri isolati finché diventano adulti e autosufficienti ma anni di compagnia prettamente maschile (i Witcher sono solo uomini) rende molti di loro omosessuali, per questo anche nel videogame, si intrattengono con uomini e donne nei bordelli sparsi per il mondo. Ah, i Witcher per via delle pozioni sono tutti sterili e il protagonista, Gerald, ha perfino problemi di erezione e spesso deve ricorrere alla magia di Yennefer per “concludere”.
    I libri inizialmente sono un’antologia di racconti brevi dove ci sono le favole classiche riadattate in salsa medioevale. Ad esempio “Biancaneve e i 7 nani” sono una banda di ladri composta da una bella ragazza e da 7 nani dediti al furto. Stessa cosa per “La bella e la Bestia”, “ll genio della lampada”,… e altre che ora non ricordo (li ho letti parecchi anni fa…). Poi dal 3° libro (sempre se non ricordo male) Sapkowski amplia il suo mondo introducendo nuovi scenari ripescando piccoli accenni sparsi nei romanzi precedenti come Yennefer, Cirilla, l’Imperatore, le guerre sparse per il mondo,…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      E’ incredibile che nessuno degli autori del Witcher abbia detto una sola delle parole che hai scritto tu: in pratica hai spiegato più te del personaggio che tutto il suo universo narrativo!
      Se io comincio una serie con un episodio che si chiama “1”, di solito mi aspetto che un cazzo di parola venga detta su chi siano quei beoti che parlano e parlano e non dicono una mazza di niente. Invece la serie è dedicata esclusivamente a chi sa a memoria tutti i romanzi, ha giocato tutti i giochi, letto tutti i fumetti, parlato con Cavill in persona ed è stato Game Master del gioco di ruolo. Tutto ok, però scrivetelo nei titoli di coda. “Serie vietata a chi non sappia già tutto”.
      Di sicuro non mi avvicinerò più al personaggio, è chiaro che il suo universo narrativo è fatto solo di vuote parole buttate a caso e non mi interessa, ma è la prima volta che trovo un personaggio sparso in così tanti media e NESSUNO che ne parli! 😀

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  3. Il+Moro ha detto:

    Mi aspetto che qualcuno arrivi a contraddirti, visto il successo del personaggio…

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  4. Willy l'Orbo ha detto:

    Oh, anche in questo potrei caso, come ieri, potrei dire che mi hai dissuaso ma svelo subito l’arcano: la natura seriale già di per sé me lo rendeva più difficilmente digeribile di un film (ci sarebbe il film animato ma non ci tengo a vedere la spada del muscoloso protagonista!), insomma, hai avuto gioco facile 🙂
    Detto questo, ho trovato il viaggio tra i media davvero stuzzicante, al limite del geniale, sai sempre tirare fuori un approccio che rende unico il viaggio in un prodotto, sei una fonte inesauribile di sorprese, positive, of course! 🙂

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  5. Iuri Vit ha detto:

    Mi pare vagamente di ricordare che il termine Strigo sia stato utilizzato anche nel terzo videogioco della saga (o forse anche negli altri, che però io non ho visto).

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  6. Austin Dove ha detto:

    non conosco il franchise, in nessuno dei media di cui hai parlato; non personalmente almeno
    invece, quando hai fatto il discorso tra strigo e witcher, non ho potuto non pensare a The Seventh Son

    nel libro, che ho letto in madrelingua inglese, la figura del cacciatore di streghe era chiamata Spook e dicevano chiaramente che non usavano la magia e non credevano nelle maledizioni; come lo traducono in italiano (almeno nel film con Jeff Bridges)? Mago.
    e qui iniziano i porconi

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  7. Giuseppe ha detto:

    Qui credo di aver battuto un discreto numero di record, perché “The Witcher” proprio non è mai riuscito ad attirare la mia attenzione, quale che fosse il medium che se ne occupava: così, a pelle, non l’ho mai considerato un fantasy nelle mie corde… e tanto meno avrebbe potuto esserlo nelle tue 😉

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  8. Marco Vecchini ha detto:

    Da mezzo-amante del franchise fai presente una serie di cose inoppugnabili.
    Per me ha sempre avuto un gran potenziale, ma non è mai stato inquadrato nel modo giusto, ad eccezione del terzo capitolo del videogioco.
    Manco l’autore ha mai capito secondo me cosa funziona e lo rende figo.
    Potrebbe essere un degno e avvicnente Sword & Sorcery, dritto e tutto d’un pezzo, e invece no.
    I racconti veramente si riducono a due personaggi che spiegano altre vicende, chiusa finale e via.
    I videogiochi vengono spesso spacciati per fantasy maturo, laddove fantasy maturo è lui che tromba donne dal fisico da pornostar, personaggi che parlano in modo volgare e cose politiche.

    Io ogni volta che salta fuori The Witcher mi viene soltanto voglia di leggere qualcosa di Conan

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      A pensarci bene anche Conan aveva una struttura simile, nei racconti, in quanto volta per volta il protagonista si trovava in certe situazioni e con certi personaggi che andavano tutti spiegati, quindi alla fin fine un sacco di chiacchiere a spiegare roba inutile, perché tanto Conan poi dava due mazzate a tutti e finivano lì i personaggi.
      Però visto il grande successo transmediale di questo Witcher, che è apparso ovunque e in ogni formato, mi aspettavo una narrazione più corposa, invece è solo lo spettatore di storie singole in cui entra giusto per risolverle.
      Non sei il primo che esalta il terzo videogioco, mi sa che cedo alla curiosità e mi guardo un suo gameplay, visto che ho sempre sentito solo parole di profondo elogio per quello che è definito uno dei migliori titoli del genere. Date le premesse, con un personaggio che non fa niente se non ascoltare noiosi racconti di altri, non riesco proprio a capacitarmene 😉

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      • Marco Vecchini ha detto:

        A vederlo ti annoieresti, te l’assicuro! Ha una struttura a mondo aperto che non rende visto su youtube.
        Su Conan non so, i suoi racconti sono almeno più dinamici e l’azione c’era, ma forse mi ha sempre fregato la bravura di Howard a scrivere, che mi ha sempre trasmesso la sensazione di un mondo misterioso, selvaggio e letale. Almeno il senso di avventura c’era.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Forse è proprio quello che manca allo Strigo. Se con Howard avevi la sensazione che ci fosse di più, che stessi conoscendo volta per volta solo uno spicchio di universo vasto, con Stracascomesichiama sembra invece che c’è molto meno, che ti sta fregando con le chiacchiere spacciandoti un metro quadro per universo vasto 😛

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