Continuo ad attingere alla mia collezione di DVD della serie “Uomini Contro” della USA Entertainment, roboante nome ammmericano che nasconde una casa di Abano Terme (PD) che nel 2005 ha riversato in digitale alcuni vecchi titoli della AIP (Action International Pictures), casupola che a cavallo degli anni Ottanta e Novanta ha sfornato film maschi senza rischio per tutti i raschi… cioè gusti.
Il Gran Male nel 2009 si è portato via Robert Ginty, appena sessantenne, attore abbastanza noto (almeno di viso) negli anni Ottanta e Novanta.
Quando nel 1989 ha voluto esordire come regista, la AIP era lì ad accoglierlo fra le sue fila.
Il suo ruolo della vita è stato come protagonista di Exterminator (1980), dove fa un poliziotto che si trasforma in giustiziere per le vie di New York – seguendo le imprese del Punisher! – quindi perché non riciclare alcune delle atmosfere di quel successo?
Ginty, aiutato dal sempre pessimo Thomas Baldwin – nessuna parentale coi fratelloni attori, ma stessa qualità del lavoro! – scrive una storia plasmata su se stesso che rispetti gli standard qualitativi della AIP, cioè la cialtroneria più becera. Ecco The Bounty Hunter, spacciato nei paesi latini come Exterminador III, tanto per capire quant’era famoso quel film di Ginty.
Uscito in patria americana il 27 agosto 1989 (secondo IMDb), arriva in Italia come Il giustiziere in data ignota, visto che le VHS Azzurra Home Video e Number One Video sono rari pezzi da collezione.
Il primo passaggio televisivo noto risale alla prima serata di giovedì 17 novembre 1994 su Odeon TV, il che rende anche questo film uno degli scintillanti Eroi di Odeon.
Conosciamo così Duke Evans (Ginty), cacciatore di taglie dalle maniere spicciole e i modi bruschi.
C’è una taglia sul teppistello Jimmy Gibson (Robert Knott)? Evans non starà certo a perdere tempo con pesci piccoli, ad inseguirli e a sudare: una bella smitragliata di M16 e la taglia si intasca da sola!
Quando Evans fa a fare a botte in un bar gestito da un nano infame, è ovvio che questa storia è subito sfuggita a qualsiasi controllo.
Tutti noi abbiamo il bagagliaio dell’auto pieno di roba accumulata negli anni, a volte utile (e obbligatoria) come il triangolo catarinfrangente altre volte inutile tipo un panno Daino comprato nel 1995 e ormai buono solo per decapitare zombie nella prossima apocalisse. Duke Evans è più pratico, e lui nel bagagliaio ha un M16, un AR15, un MAC10 e qualche altra combinazione alfanumerica che sputa pallottole. «È una nave da guerra» è la curiosa annotazione del poliziotto che perquisisce l’auto: che c’entra la nave?
In realtà è il primo segnale di una traduzione italiana decisamente curiosa, visto che un criminale si lamenta di essere stato «legato come un topo di gomma»: perché, come vengono legati i topi di gomma? Ho visto polli di gomma, papere di gomma e tanti altri animali di gomma: non sapevo producessero anche schifosissimi topi.
Quella che inizia è una storia confusa che solo Robert Ginty conosce e capisce. Sulla carta questo film dovrebbe raccontare di un reduce del Vietnam diventato cacciatore di taglie (Duke Evans, appunto), che arriva in città con ben altro scopo che incassare una taglia: è lì per indagare sulla morte di un suo ex commilitone. Ufficialmente si è suicidato, ma basta parlare con gli indiani della cittadina di frontiera per capire che è stato ucciso dalle corrotte forze dell’ordine, guidate dal perfido sceriffo Bennett (Bo Hopkins), capo guappo bieco detto ’o malamente.
Mentre si innamora della bella pellerossa Marion (Loeta Waterdown), insieme a lei indaga sulla morte del fratello, il citato ex commilitone, finché non riesce a sbaragliare i poliziotti corrotti della città… che poi alla fine sarebbero solo due, uno dei quali è lo sceriffo. E nessuno degli altri poliziotti si è mai accorto di niente! Ammazza che tutori dell’ordine.
Però, ripeto, questa è solamente la trama teorica del film, quella che sicuramente ha nella testa Ginty: al momento di metterla su un foglio e chiamarla “sceneggiatura” succede qualcosa di sbagliato e tutto va in vacca. Il risultato è una roba senza senso e senza interesse che però, almeno… è girata male!
Prima che la malattia lo allontani dal cinema Ginty riuscirà a fare una bella carriera da regista televisivo, girando episodi di serie anche famose (da “Streghe” a “Xena”), ma qui siamo all’inizio e si vede: la semplice nozione che una scena dovrebbe avere la stessa fotografia per tutta la sua durata non è ancora ben chiara, ma si sa che gli standard AIP sono parecchio bassini. Di solito basta che le immagini siano colorate e in movimento per rientrare nei parametri.
Cosa rimane di un “giustiziere” che sembra fondere Rambo (1982) con la sua versione italiana-pellerossa Thunder (1983)? Perché presentarsi in scena con l’auto piena di armi che non userà mai, visto che dovrà poi rubarle ai poliziotti? Perché infine accettare una locandina in cui lui, Ginty, regista e sceneggiatore oltre che protagonista, è totalmente irriconoscibile?
Parlo della locandina originale, perché quella italiana è ancora più titanica nel suo essere totalmente falsa: chissà da che film viene, sarebbe bello vederlo.
L’unica scena di questo Il giustiziere che merita attenzione è quando Evans decide di ricorrere alle maniere forti per far parlare un poliziotto corrotto. Aspetta che questi vada dal barbiere e decide di ripetere quanto appena visto al cinema con Mississippi Burning (1988) di Alan Parker: lo spirito di Gene Hackman entra in lui e Ginty comincia a minacciare il poliziotto di fargli una barba parecchio “approfondita”.
Tolto questo omaggio a un grande film, rimangono solo i baffi di “musetto” Ginty che fa il duro: roba che è meglio dimenticare.
L.
- [Serie TV] Orson Welles’ Great Mysteries (1)
- [Italian Credits] Il mostro del pianeta perduto (1955)
- Ninja la conquista del mondo (1987) Thundering Ninja
- Ninja scontro finale (1987) Clash of the Ninjas!
- Ninja il cacciatore (1984) Wu Tang vs Ninja
- Conquest (1983) I fanta-barbari di Lucio Fulci
- Cyborg (1989) Il guerriero d’acciaio
- Ator 1 (1982) L’invincibile anti-Conan!
- Tarantola (1955) La regina ragna!
- The Comedy of Terrors (1963) Il clan del terrore
Speravo che dopo De Andrè sui nani, al topo di gomma citassi pure il “pollo di gomma con la carrucola in mezzo” dal capolavoro “Monkey Island”. Ma forse sono malato io…
Insomma, anche in questo “The bounty hunter” ci sono le solite buone intenzioni che si scontrano con una povertà di mezzi che fa tenerezza unita ad un’ottima sceneggiatura rimasta però nella testa di chi l’ha scritta. Il risultato è una mezza ciofeca, al solito.
Lucius, tu che hai mille archivi e mille annotazioni, il clichè del reduce che ritorna con qualche rotella fuori posto e diventa giustiziere, in quanti film l’abbiamo visto negli anni ’80?
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Il Giustiziere-Esecutore-Vendicatore-Punitore è un clichè che cerco di studiare da anni, sicuramente nasce nel 1969 con i romanzi con protagonista Mack Bolan (L’Esecutore) e muore ne 1990 con la Guerra del Golfo, che non genera eroi ma solo imbarazzo. Non stupisce che il Punitore muoia di lì a poco. (Anche se poi verrà riportato in vita)
L’idea geniale di Don Pendleton è stata quella di portare la guerra in un Paese che l’ha sempre adorata ma in casa di altri: i venerati eroi della Seconda guerra mondiale si appannano non solo con le ribellioni degli anni Sessanta, che tagliano i ponti con una generazione che invece voleva essere da esempio, ma anche perché d’un tratto qualcuno comincia a dire che la guerra non è così bella come sembra, e un’intera cultura crolla. Ci hanno messo decenni, ma gli americani finalmente sono riusciti a cancellare quell’increscioso errore, a forza di guerre: oggi chi è andato dall’altra parte del mondo ad ammazzare senza motivo è visto come un Santo Patrono e tutti i film venerano la guerra e i reduci: che fine ha fatto Rambo? Perché continuano a scrivere storie del Punitore quando il personaggio identifica tutti quei sentimenti che sono stati soppressi dalla propaganda americana?
Dal 1990 i veterani sono intoccabili e dopo il 2001 sono Santi, quindi un’intera narrativa – di cui in Italia abbiamo conosciuto solo una vaga eco – è crollata.
Ogni tanto esce qualche film che denuncia il pericolo dei contractor e mostra cosa sia diventata la guerra, roba commerciale al cui confronto la Weyland-Yutani di “Aliens” è un gruppo di liceali, ma sono film che non hanno molta eco, facendo parte di un medium morto e sepolto. Però il fatto che esistano è un segno di speranza in un futuro narrativo diverso dalla propaganda nazista alla “300” di Miller.
P.S.
Di “Monkey Island” non so nulla, mai giocato né so se esistano altri media con quel nome, quindi non avrei potuto citarlo neanche volendo 😛
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Monkey Island è un’avventura grafica comico-demenziale a tema piratesco, molto apprezzata dai fan per il livello di stramberie (come la gara di insulti delle elementari con un rude pirata – se ricordo bene – e il famoso pollo con la carrucola, o la scimmia usata come chiave inglese).
Diciamo che il lato ridarello poteva richiedere un po’ di pensiero laterale, per arrivare alla soluzione degli enigmi…
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Ricordo che una trentina d’anni fa mi passarono un qualcosa per PC che si chiamava “Monkey Island”, tutto a pixeloni come si usava all’epoca. Instalato, appena ho capito che si trattava di una avventura grafica l’ho subito disinstallato: perché perdere tempo? Ci ho messo anni a risolvere la prima missione dell’avventura grafica “Star Trek – 25th Anniversary” (1991), non aveva senso perdere altro tempo con giochi per cui sono palesemente inadatto.
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Monkey Island è stupendo! Anche il 2! E pure il 3, The Curse of Monkey Island.
Però riconosco che possono essere frustranti. Quando ti pianti, non ti aiutano a sbloccarti in nessun modo.
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“Ogni post che leggerai, potrà essere usato contro di te, Willy”, questa versione zinefila della celebre frase tanto cara ai tutori dell’ordine, ben inquadra il mio stato d’animo: quando leggo di questi filmacci, non esito a vederli, a discapito delle mie facoltà intellettive ormai compromesse. 🙂
D’altronde, dopo la nave da guerra, il topo di gomma e la didascalia sulla doccia, come potrei resistere??? 🙂
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So che nulla di quanto dirò servirà a fermarti, ma davvero il film vale meno di queste schermate 😀
E sì che Ginty veniva proprio dall’ambiente “giustiziere”, era un “ramboide” prima di Rambo, qualche idea su come raccontare queste storie doveva pur averla, invece niente: appena messo piede alla AIP la vuota cialtronaggine si è impossessata di lui. Davvero un gran peccato.
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Possiamo ufficialmente rititolarlo “RAMBOIDE” ?
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Ginty è un Ramboide ad honorem, ma basta guardarlo in faccia in questo film per capire che sono ben altri gli aggettivi che merita 😀
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Nulla mi può fermare, hai ragione, anzi, col neologismo ramboide (concordo con la proposta di Evit di rinominarlo così) hai ulteriormente rinfocolato il mio masochismo Z! 🙂 🙂
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Ti dico solo che è molto più credibile e intrigante l’italiano Thunder come ramboide che Ginty in questo film 😀
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Io sto con Willy, a costo di diventare orbo pure io questa gintyata me la devo vedere. Tanto più sapendo che il nostro baffo lesso è alla regia.
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Dopo un altro filmetto passerà alla TV, quindi non aspettarti chissà che promessa del cinema 😀
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Dopo aver mantenuto la promeZZa (promessa Z) di vederlo, confermo che il tuo post e le relative schermate sono assai migliori del film…e ciò si traduce in un elogio al Lucius zinefilo! 🙂
In ogni caso, non mi pento di averlo visto anche solo per sentire “dal vivo” la frase cult “legato come un topo di gomma”…un’emozione impagabile!!! 🙂
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Probabilmente quella strana invenzione del doppiaggio italiano è il momento più alto del film ^_^
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Sono morto dalle risate, e pensare che questo era tra i titoli della serie Uomini contro che contemplavo di acquistare.
«legato come un topo di gomma»
Non mi viene neanche in mente che cosa potrebbe essere in lingua originale.
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Purtroppo non ho trovato l’originale, magari il traduttore italiano si stava annoiando e ha deciso di aggiungere un po’ di pepe 😛
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È dura da combattere la cecagna quando sei lì che devi consegnare una traduzione il giorno dopo
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Combinazione alfanumerica che sputa pallottole lasciatelo dire, gran scelta lessicale 😉 Più il film é pessimo più il post Zinefilo vola in alto, quindi questo film malgrado il popolarissimo protagonista, doveva essere proprio osceno visto il gran post che hai sfornato, giustizia per i topi di gomma! 😉 Cheers
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ahahah ti ringrazio e in effetti sì, Ginty è riuscito a tirar fuori qualcosa di perfetta qualità AIP: oscenità alla luce del sole 😛
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Una storia confusa che solo Robert Ginty conosce e capisce, ma nessuno si stupisce se per come la dirige, da regista in fasce, finisce che poi lo spettatore non rapisce e da questa situazione più non se ne esce (topi di gomma e in finto pelo per gatti ne ho anche visti, ma MAI legati) 😀
P.S. AIP: Avere Inizi Pietosi 😉
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Prosa e poesia delle grandi occasioni ^_^
Magari i topi di gomma non si fanno legare in pubblico, si tengono quella perversione per il privato.
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