Ray Harryhausen 4 – Nemo e Giasone

Siamo arrivati al momento di festeggiare uno dei tanti anniversari che quest’anno coinvolgono Ray Harryhausen, cioè quello de Gli Argonauti: sessanta candeline che non ce la faccio a spegnere da solo, per fortuna mi aiuta Cassidy. Passate a leggerlo!


Indice:


L’isola misteriosa

Se attingere da Jonathan Swift non è stata una buona idea, potrebbe andare meglio affidarsi al buon vecchio Jules Verne, il re della fanta-avventura all’epoca sfruttatissimo dal cinema. Visto che la Disney teneva ancora banco con 20.000 leghe sotto i mari (1954) perché non ripiegare sul suo seguito? Nasce così Mysterious Island, uscito in patria nell’agosto 1961.

Ricevuto il visto italiano il 19 dicembre 1961, la CEIAD lo porta nelle nostre nostre sale il 7 febbraio 1972 con il titolo L’isola misteriosa.

Ignoto all’home video in VHS, non ho trovato edizioni DVD precedenti a quella Sony del 2008 che ho trovato su bancarella, mentre la Golem Video lo ristampa in DVD nel 2015: sono tutte edizioni non economiche. Arriva in TV (su Rai1) già nel 1972 ma è più facile trovarlo a vegetare in minuscoli canali locali.

Cy Endfield dirige la coloratissima avventura vissuta da un gruppo di soldati in piena guerra di secessione americana che fuggono mediante un pallone aerostatico e il vento li trascina su una piccola e sconosciuta isoletta del Pacifico. Fra una battuta sagace e l’altra i nostri eroi si preparano alla sopravvivenza su un’isola dove per motivi ignoti tutto è gigantesco, dalle cozze… ai granchi!

Perché non ho conosciuto questo film da bambino, quand’ero appassionato di granchi?

Nell’intervista del 1973 che pubblicherò per intero a fine ciclo il giornalista si complimenta con Ray perché il granchio qui sembra vero, e il maestro sorride: ci credo…. perché è vero! Dalla pescheria locale hanno comprato il granchio più grande che c’era, l’hanno ucciso, svuotato il corpo e riempito con gli strumenti per farlo muovere in favore dell’animazione a passo uno. Per la sensibilità di oggi è un passaggio poco piacevole, anche perché poi Ray non specifica come hanno fatto ad uccidere il granchio senza rovinarne il carapace. Di sicuro racconta che hanno usato granchi vivi per i primi piani della bocca, e appena finite le riprese… tutti a mangiare insalata di granchio! No, direi che questi racconti si potevano fare all’epoca ma oggi le associazioni animaliste ti linciano per molto meno.

In questi giorni ho recuperato dall’Archivio Etrusco una videocassetta in cui all’epoca (1989-1990) registravo brani di film dalla TV, e con grandissima sorpresa ho scoperto la scena del granchio presa dal canale Tivù Italia che onestamente non ricordo, così come avrei giurato di non aver mai visto all’epoca questo film in TV. Subito dopo la scena del granchio all’epoca ho registrato le animazioni a passo uno dal film Robocop (1987) in prima visione su Canale5 (26 novembre 1990), con tanto di omaggio ad Harryhausen, ed ho subito caricato tutto su YouTube.

Dall’Archivi Etrusco, un prezioso cimelio d’annata

Il naufragio di due donzelle sull’isola, che diventano subito sarte e cuoche, con la più giovane che smania per sposarsi con uno dei soldati (con l’implicito desiderio di “fare roba”, che prima del matrimonio non si può mica) fa capire che qui la trama è andata velocemente a ramengo: sono passati tanti decenni dalla mia lettura del romanzo originale ma non ricordo né donne né trovate “datate”, anzi sembrava un romanzo senza tempo.

Anche l’ispirazione di Ray doveva essere in forte crisi, perché in questa isola paradisiaca piena di cibo e acqua potabile l’unica minaccia… è un polletto gigante! ma cos’è, l’isola di Vallespluga?

«Il galletto Vallespluga / Bello, tenero, mai grasso» (cit.)

A un certo punto arriva pure una vespa gigante, una sola – perché è noto che negli alveari c’è sempre e solo una vespa per volta – ma insomma è chiaro: è uno dei film decisamente minori di Ray, ma proprio tanto minori. E mi spiego come mai io l’abbia visto almeno due volte prima di rivederlo oggi eppure ho cancellato completamente ogni ricordo.

«Verne questa volta è capitato male; il film si regge soltanto sui buoni colori, sul paesaggio (anche se un po’ truccato) e sui fantocci meccanici che simulano i mostri»: è un po’ cattivello il giudizio del quotidiano “La Stampa” del 9 febbraio 1962, ma temo di doverlo condividere.

Mi spiace, Ray, ma preferisco di gran lunga la successiva co-produzione europea L’isola misteriosa e il capitano Nemo (1973) con il mitico Omar Sharif nei panni del capitano Nemo. Anche se, va detto, ce l’ho un po’ con quest’ultimo film, perché l’ho visto da ragazzino in TV proprio mentre stavo ancora leggendo il romanzo di Verne (di cui ho già parlato) e mi chiedevo chi fosse mai la presenza misteriosa sull’isola, quindi Omar in TV m’ha bruciato il colpo di scena del libro!


Gli Argonauti

Dopo due film sbagliati c’era bisogno di tornare in pista, e finalmente Ray torna il Re dei Mostri recuperando lo stile epico classico: è finalmente il momento di scrivere una pagina di storia del cinema con Jason and the Argonauts, uscito nel giugno 1963.

Ricevuto il visto italiano il 23 ottobre 1963, la CEIAD lo porta nelle nostre nostre sale solo dal 27 maggio 1964 con il titolo Gli Argonauti.

Ignoto all’home video in VHS, la Columbia TriStar/Sony lo presenta in DVD nel 1999 e Fabbri Editori lo porta in edicola intorno al 2004 nella collana “Kolossal”: la Sony lo ristampa nel 2008 e purtroppo sono tutte edizioni un po’ costose. Non ho trovato passaggi televisivi precedenti a quello del 1990 che citerò più sotto.

Teoricamente il film si ispira a Le Argonautiche di Apollonio Rodio (III secolo a.C.), ma già sappiamo che è tutta roba rimaneggiata e inventata per l’occasione, in un’epoca in cui il peplum era esploso potente tanto che il nostro Riccardo Freda aveva già raccontato le imprese degli Argonauti con il suo I giganti della Tessaglia (1960).

Dio non gioca a dadi, diceva Einstein… ma gli Dei giocano a scacchi!

Per vari motivi Giasone (Todd Armstrong) viene incaricato di trovare il Vello d’Oro che non si sa dove sia, e per farlo chiama Argo, il quale costruisce una nave che chiama Argo e una volta reclutati i marinai tutti si chiamano Argonauti. Ammazza che fantasia di nomi!

Però Zeus (Niall MacGinnis) ha scommesso con sua moglie Era (Honor Blackman) che la missione fallirà, così attua una sottile quanto spietata contromossa: fra gli Argonauti infila… Ennio Antonelli! In effetti molti esterni del film sono girati in Italia (a Salerno) e all’epoca il mitico Ennio era appena esordiente.

Se fra gli Argonauti c’è Ennio, la missione è già un successo!

Le regole d’ingaggio della missione sono semplicissime, ce n’è infatti solo una: non mi fate incazzare Talos. Tranquilli, abbiamo capito. Poi Ercole (Nigel Green) vede il tesoro di Talos e ci fa un pensierino, scoprendo che basta il pensiero a far incazzare Talos!

Talos è come il Cavaliere Nero: sapete cos’è che non dovete fargli…

Nella citata intervista del 1973 Ray si cruccia perché se avesse avuto più soldi avrebbe curato meglio la sequenza di Talos, figura che a volte appare sgranata quando affiancata agli attori in carne ed ossa. Mi sembrano finezze tipiche di un perfezionista, perché la scena funziona benissimo così e Ray stesso poi ammette che qualsiasi miglioria alla fine non avrebbe staccato alcun biglietto in più.

Tutto il lungo viaggio di Giasone si svolge su una nave e questo, a detta di Ray, ha reso molto difficoltose le riprese e reso il film fra i più costosi della sua carriera, anche se bisogna ricordare che fa questo bilancio nel 1973. Ecco che quindi se si può risparmiare e rendere Poseidone un normale attore, si fa e tutto scorre più veloce.

Lo facevo più prestante un dio del mare

Non ho capito perché mai una pelle di montone tutta d’oro starebbe a penzoloni su un albero (ma chi ce l’ha messa? e perché è tutta d’oro?), ma temo mi sfugga la simbologia dell’opera classica e qui non c’è tempo di fare i filologi: Giasone trova ’sto vello e vai coi mostri. È come quando il suo omonimo Jason Blum ha trovato il suo di Vello d’Oro, cioè la tecnica di produrre filmacci horror con soli cinque milioni e ne ha incassati a palate, di milioni. Sono cose che non si possono spiegare, proprio come il successo della Blumhouse, vanno accettate con levità.

Ma davvero lasciano i velli d’oro così, a penzoloni sugli alberi?

A difesa del Vello d’Oro c’è l’Idra e dev’essere stato un inferno per Ray animare una creatura con così tante teste, ognuna con un suo movimento da seguire. «Ad ogni fotogramma lo sposti forse solo di un millimetro, e poi devi ricordare che questa testa andava avanti, quella testa andava indietro e quella andava giù», racconta Ray nel ’73 davanti al modellino dell’Idra nella sua bacheca. Un’ammazzata che solo il Re dei Mostri poteva portare avanti in tempi utili.

L’Idra fa sempre la sua porca figura!

Ma poi arriva la vera magia, il momento mitologico per eccellenza, quando Ray dà il meglio di sé… e fa sorgere dalla terra sette scheletri maligni.

I magnifici sette scheletri!

Da Il 7° viaggio di Sinbad arriva la trovata migliore, lo “scheletro vivente”, e Ray la moltiplica per sette: sette figure da animare un millimetro alla volta, di cui ricordare l’intero arco di movimento da far poi combaciare con tre attori che agitano le spade nel vuoto.

Guardandola a freddo la scena non è tutto questo gran che, nel senso che arriva alla fine del film ma non ne sancisce la fine della vicenda, semplicemente Giasone fa a spadate con ’sti scheletri, poi si tuffa in acqua e se ne va. Fine del film. E allora perché non s’è tuffato prima? È chiaro che non è la parte narrativa la forza de Gli Argonauti bensì la meraviglia di una perizia tecnica al di là di ogni concezione.

Non importa il perché, importa il come

Nell’intervista Ray rivela che la lavorazione di quella sola scena è stata così sterminata che a volte in una intera giornata di lavoro riusciva a completare solamente 15 fotogrammi. E, lo ricordo, un secondo di film è composto da 24 fotogrammi! In pratica un’intera giornata di lavoro per fare mezzo secondo di scena! Però… un mezzo secondo di mito.

Raramente le nostre giornate di lavoro entrano nella storia del cinema

Grazie sempre all’Archivio Etrusco posso confermare che ho visto questo film la prima volta nel passaggio su Rete4 del 26 aprile 1990 (non ho trovato passaggi precedenti su canali nazionali), registrando su VHS le scene coi mostri così da gustarmele più e più volte.

Dall’Archivio Etrusco, il primo passaggio televisivo del film

Il che significa che all’uscita de L’armata delle tenebre (1992) ero pronto: è bastato uno sguardo d’intesa all’armata degli scheletri viventi per capirci, io e Sam Raimi. Siamo tutti sudditi del Re.

Non so se quel 1992 Ray Harryhausen abbia visto questo film, ma nel caso davanti agli scheletri animati in stop motion sono sicuro che si sarebbe commosso, visto che è uno dei migliori atti d’amore al suo lavoro dai tempi del dinosauro nei folli spot pubblicitari di Robocop.

Il film è un peplum classico della sua epoca, di quegli esplosivi anni Sessanta in cui le storie di genere tenevano banco, è un prodotto da gustarsi per i meravigliosi mostri che Ray riesce a mettere in campo, creature che sono ancora oggi ben piantate nell’immaginario collettivo americano, e di quegli italiani che in barba ad una orripilante distribuzione sono riusciti lo stesso ad amare Ray Harryhausen, Re dei Mostri.

Tanti auguri, Giasone, Talos, Idra ma soprattutto scheletri viventi, che avete riempito di gioia generazioni di adoratori di mostri.

L.

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38 risposte a Ray Harryhausen 4 – Nemo e Giasone

  1. Fabio ha detto:

    Sono piuttosto convinto che Harryhausen abbia molto apprezzato “L’ARMATA DELLE TENEBRE”,di certo Sam Raimi è forse uno dei pochi amanti del “Re dei Mostri” ad averlo omaggiato nel modo corretto! Dalle informazioni che avevo in passato letto,il vecchio Ray non apprezzava particolarmente gente come Tim Burton & company,non perchè li ritenesse privi di talento,ma semplicemente perchè i loro film d’animazione in Stop-Motion che affermavano omaggiare il suo stile,in realtà non c’entravano una beneamata mazza con il suo lavoro,giustamente il vecchio Ray li descriveva come dei cartoni animati dai tratti volutamente caricaturali,mentre la sua Stop-Motion era ultra dettagliata,e di fatto realizzata per interfacciarsi con le scene girate dal vero,in parole povere Ray Harryhausen realizzava effetti speciali per i film in live action,non faceva cartoni animati,insomma Raimi vince contro Burton & company!.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Le tecniche di animazione sono migliorate e il cinema è sempre alla ricerca di risparmio, vista l’emorragia di spettatori, quindi anche nei casi in cui si voglia omaggiare la stop motion classica comunque l’effetto è molto diverso. Così come Ray usava il massimo della tecnologia del suo tempo, così fanno i registi successivi, poi ognuno si sceglie i preferiti: ovvio che per me servono cento Burton per fare un solo Ray, ma non posso fare una colpa a Tim di aver usato il massimo della tecnologia a disposizione. Sono lontani i tempi in cui si impiegavano 15 mesi a muovere i mostri!
      Sam Raimi ha avuto la fortuna di beccare gli ultimi sprazzi del cinema “dal vivo” quindi partiva già avvantaggiato, perché il suo cuore e il suo talento si sono potuti sposare con gli “strumenti giusti” 😉

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      • Fabio ha detto:

        Un vero peccato secondo me,oggi giorno nella produzione di un film si impongono sempre di più delle tempistiche terribilmente brevi,troppa fretta e troppi film prodotti,a meno che non ti chiami James cameron,col cavolo che le produzioni ti concedono tutto il tempo del mondo per fare le cose come si deve!.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Visto che anche Ray si lamentava del troppo poco tempo a disposizione, e lui aveva decine di mesi, mi pare che in ogni epoca il tempo sia poco, in proporzione 😛

        Cameron è la montagna che partorisce un topolino, dopo due giorni a nessuno frega più niente di Avatar 2, trattato esattamente come qualsiasi altro film girato in due settimane su un set qualsiasi. Il cinema è estinto da tempo ma le ceneri della cometa devono ancora finire di posarsi sulla testa di dinosauri tipo Jimmy Cameron.

        Se non fosse per gli effetti di Ray Harryhausen dubito che questi film li ricorderebbe ancora qualcuno, come nessuno ricorda i fiumi di peplum che uscivano nello stesso periodo: la differenza fra questi è che Ray ha impiegato un tempo enorme e fatica immane per creare qualcosa di unico e gigantesco. “Avatar” non ha assolutamente nulla di unico, è roba fatta al computer solo con mezzi superiori che fra un mese saranno tutti obsoleti. I videogiochi già facevano ciò che viene imputato ad Avatar, e non lo dico io, lo dicono le cifre: i soldi che “Avatar”, a detta di tutti il film più di successo della storia del cinema, ha guadagnato nei primi sette giorni… “GTA V” l’ha guadagnato in sette ore! E GTA è infinitamente più complesso e faticoso nella realizzazione 😛

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  2. Fabio ha detto:

    Non c’è che dire,”GLI ARGONAUTI” è un’ottimo sessantenne,ufficialmente primo titolo della mia personale “trinità qualitativa” del del Re,mancano ancora due titoli nella mia personale classifica!

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  3. Fabio ha detto:

    Potresti aver scoperchiato un piccolo vaso di pandora sulla figura del Capitano Nemo,visto che c’è una discreta lista di film basati sulla sua figura,tra quelli super trash,mi ricordo “Capitan Nemo-Missione Atlantide” del 1978(assurdo),tra i miei preferiti invece gradirei menzionare “Capitano Nemo è La Città Sommersa” del 1969,molto bello secondo me,da riscoprire!.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Non ho mai capito la definizione “trash” quindi non so adattarla alla narrativa su Nemo, ma di sicuro la grande esplosione dei film da Verne ha portato alla ribalta uno dei pochi personaggi davvero famosi di Jules. (Difficile che qualcuno ricordi il nome di molti altri suoi personaggi, malgrado abbia scritto tanti splendidi romanzi 😛 )
      Non rivedo il Nemo di Omar Sharif da più di trent’anni, ma lo ricordo un prodotto dignitoso, anche se magari a parlare è il ricordo d’infanzia.

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      • Fabio ha detto:

        In effetti la definizione Trash è spesso usata a sproposito,nel caso del film del 1978 da me menzionato,uso il suddetto termine,semplicemente perchè a guardarlo sembra un centrifugato di cose a caso raccattate quà e là in modo a dir poco demenziale,vedere per credere,io lo trovo spassoso,ma decisamente strambo!.

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  4. Cassidy ha detto:

    Oggi “L’isola misteriosa” su Infernet scatenerebbe discussioni sugli animali uccisi e poi mangiati, in pratica il “Cannibal Holocaust” del Maestro Ray 😉 No aspetta, come Talo meglio? Meglio di così?! Precisione da professionista, perché è già perfetto. La trama un pretesto, quello che vediamo, magia pura, quelli scheletri hanno tenuto a battesimo due generazioni di spettatori ma anche di famosi registi, valeva bene la fatica per animarli 😉 Cheers

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  7. Il Moro ha detto:

    CE li ho ancora negli occhi, quegli scheletri visti da ragazzino: che figata assoluta.

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  8. Willy l'Orbo ha detto:

    Bellissimo post, immagini stupende, sia quelle un po’ più “raffazzonate” (granchi e galletti!) sia quelle entrate nel mito: idra, scheletri e, ovviamente, Ennio!!! 🙂

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  9. loscalzo1979 ha detto:

    “l’unica minaccia… è un polletto gigante! ma cos’è, l’isola di Vallespluga?”

    Ecco da dove veniva la mitica sequenza del granchio!
    Gli Argonauti invece lo ricordo bene, passato anche su qualche rete minore toscana, ne sono certo.
    Non ricordavo Ennio Antonelli nel film

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  10. Giuseppe ha detto:

    Negli alveari c’è sempre e solo una vespa quando costa troppo farne due, mi sa 😜
    Comunque Herbert Lom non era affatto male nel ruolo di Nemo, cosî come pure quell’arma a raggio elettrico contro il mostrone marino aveva il suo bel perché. Che sia un film minore ci può stare, sì, ma di certo NON in senso cosî negativo come scriveva La Stampa all’epoca (ogni adattamento di Verne in pratica fa storia a sé, poi)…
    Su “Gli Argonauti”, film mitologico entrato giustamente nel mito grazie al contributo del mitico Ray (in tal caso non si corre il rischio di essere ripetitivi “mitizzando”), a quanto hai già egregiamente scritto mi limito ad aggiungere che ill Maestro sperava di non ricevere mai telefonate mentre era impegnato ad animare perché, come nel caso della splendida, Idra, poi sarebbe stato piuttosto difficile ricordarsi di quale delle teste si muoveva verso l’alto e quale verso il basso 🤔😀
    E per omaggiare a dovere un grande ce ne voleva per forza un altro, vedi Raimi con la sua scheletrica Armata… 👍
    P.S. Sul numero 14 della rivista ROBOT, uscito nel maggio del 1977, fra le varie rubriche c’era anche “Incontro con Ray Harryhausen”, reportage dell’incontro tra Andrea Ferrari e il Maestro nella sua villa londinese (con tanto di pranzo offerto da lui medesimo) 😉

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Se all’epoca ci fossero stati i social mi sa che l’Idra avrebbe tutte teste che si muovono male, perché Ray ogni cinque minuti doveva controllare la polemica del momento 😀
      Scherzi a parte, grazie della dritta, vedo se riesco a trovare quel numero che potrei aggiungere l’intervista allo speciale.

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  11. Bilbo ha detto:

    Vedendo il video di Robocop, ora mi spiego perché nel 1987 riuscirono a eliminare il contorno nero: semplicemente, le scene con l’ED 209 sono girate in location che sono modellini anch’ essi, per questo non c’è lo stacco della sovrapposizione. Se ci fate caso, Robocop e l’ ED non si vedono mai muoversi insieme contemporaneamente: e quando lo fanno ( tipo il finale nelle scale ) sono due scene sovrapposte in modo che non si vedano troppi artefizi . Riguardo Harryhausen, dubito che gli sarebbe piaciuto essere citato in qualsiasi film anni 90. Ho una sua intervista su Comic Art degli anni 90 , dove dice peste e corna sui fumetti e film del tempo troppo violenti, sulla troppa liberizzazione dei costumi, su gente come Boy George che pervertisce i giovani e via così. Tanto che quelli della rivista, a fine intervista, si auguravano che Harry non se la prendesse anche con loro una volta inviata una copia del giornale ( rivista piena di fumetti europei “spinti”, specie per gli standard USA ).

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Grazie per la segnalazione: non è che avresti qualche dato in più su quel numero di “Comic Art”? Mi piacerebbe recuperare l’intervista e presentarla a fine ciclo, insieme a quella lunga che ho tradotto e a quella apparsa sulla rivista “Robot” del 1977.

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  12. Austin Dove ha detto:

    un pollo gigante? ADOROH

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  14. Giocher ha detto:

    “Ray non specifica come hanno fatto ad uccidere il granchio senza rovinarne il carapace”.. Con una tecnica misteriosa, complessa e segretissima: BOLLENDOLO ZÍ..

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Nelle due interviste che ho visto dove Ray racconta l’aneddoto in entrambe specifica che non l’hanno bollito, altrimenti com’è noto il carapace diventa rosso, invece hanno voluto preservare il colore naturale del crostaceo.
      Per questo mi sono posto la domanda.

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  18. LG ha detto:

    Sono innegabilmente un pò in ritardo ma vorrei portare un contributo (non di tipo critico) al complesso delle estese informazioni che sono state fornite nell’articolo.
    Ringraziando (si fa per dire) la mia non più giovane età ho avuto la fortuna di vedere ‘Gli Argonauti” in prima visione nelle prime settimane del 1964.
    Ricordo anche la grande impressione che mi fecero alcune delle stupefacenti scene realizzate dal grande mago Ray e tra queste in particolare quella dello scontro con gli scheletri.
    Ma un altro ricordo che mi è tornato in mente (ed è il motivo per sto scrivendo) riguarda il particolare lancio pubblicitario che ha preceduto ed accompagnato il lancio del film in Italia.
    Da bravo ragazzino non del tutto maturo tra la miriade di fumentti che leggevo avidamente c’era anche il Corriere dei Piccoli (a mia discolpa posso affermare decisamente che ormai il giornale aveva anche un pubblico più maturo di quello che il titolo lasciava supporre; nella ricchissima lista di autori di cui la rivista era fornita c’era anche, ad esempio, Hugo Pratt).
    Il suddetto giornale (o giornaletto che dir si voglia) e la CEIAD Columbia si erano accordati per abbinare al lancio del film un concorso che prevedeva viaggi in Grecia per i vincitori ed una carovana pubblicitaria formata da auto corredate di specifici cartelloni pubblicitari che avrebbero fatto tappa in alcune grandi città italiane mettendo in piedi spettacoli in tema con il film.
    Ho recuperato con qualche fatica informazioni più precise e un pò di documentazione anche fotografica che hanno confermato i miei ricordi di quegli anni.
    Poiché non pretendo di aver scatenato una curiosità morbosa se lo si ritiene utile fornirò volentieri alcuni di quei documenti da accludere al ‘fascicolo’ del film.
    Grazie per l’attenzione

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Carissimo, con queste opere di “archeologia” io ci vado a nozze, quindi sei nel posto giusto ^_^
      Io sono del ’74 ma ricordo benissimo il “Corriere dei Piccoli” perché lo comprava mio cugino, io invece preferivo il settimanale “Topolino”: fosse stato per me avrei comprato entrambi, ma la paghetta non consentiva certi lussi. L’unico mio cruccio è che il “Corriere” parlava tantissimo dei “cartoni giapponesi” (che oggi chiamano anime) mentre “Topolino” li ignorava, il che era un gran peccato.
      Bando ai ricordi, cercando materiale per “Sinbad e l’occhio della tigre” ho scoperto un’iniziativa molto simile a quella che mi ha raccontato, anche lì un concorso ma soprattutto grande pubblicità su rivista (non ricordo più quale) con giochi per tutte le età. Sicuramente all’epoca la Columbia sapeva come fare campagne pubblicitarie.
      Mi piacerebbe aggiungere una tappa a questo viaggio che sto compiendo sull’opera di Harryhausen parlando proprio di quella iniziativa del “Corriere dei Piccoli”, quindi se le va di condividere mi scriva a lucius.etruscus@gmail.com , sperando di poter passare subito al “tu” 😉

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