Seagal 3. – L’inferno è un patriota ferito a morte

Continua la rassegna del cinema di Steven Seagal, lo Spingitore che tortura e uccide i deboli e gli inermi, e se gli obietti qualcosa ti risponde… M’importa ’na Seagal!

Sarcasm Alert

Questa recensione contiene sarcasmo: lo specifico perché i fan di Seagal raramente capiscono quando si scherza.
Inoltre si tratta di opinioni personali raccontate con fare umoristico: non prendetele troppo sul serio.


Intermezzo
Pappa e Seagal!

Il 19 novembre 1996 va in onda sulla TV americana l’episodio 9×09 di “Pappa e ciccia” (Roseanne), dove la protagonista che dà il nome alla serie – interpretata da Roseanne Barr – si ritrova su un treno preso ostaggio da terroristi: se cinema e TV ci insegnano qualcosa, è che quando la faccenda diventa personale tutti possono diventare eroi diehardi. Anche una casalinga sovrappeso con la giusta grinta.

La donna sbagliata al momento sbagliato!

Trasformatasi in Roseambo, da cui il titolo dell’episodio, Roseanne mette in scena la parodia completa e perfetta di Trappola sulle Montagne Rocciose (1995) ma non chiamatela eroina: a Hilary Clinton (Teresa Barnwell), che si complimenta con lei per aver salvato i viaggiatori, risponde che una madre con due figlie adolescenti ha visto di ben peggio, nella vita di tutti i giorni.

Finita la puntata, Roseanne riceve l’apparizione del maestro, Steven Seagal in persona che appare dal nulla a regalare un bel pippone moralista a gratis sul non ricorrere alla violenza e sul vero nemico che è dentro di noi. Decisamente è più divertente Roseanne.

Se hai finito, Roseanne, rivorrei il mio sacro giaccone indiano


Un falegname in Kentucky

La Warner Bros non demorde ma stavolta la botta è forte: riuscirà il terrificante fallimento al botteghino di Fire Down Below. L’inferno sepolto (1997), costato quanto una finanziaria italiana, a incrinare il rapporto fra Seagal e mamma WB?

Scritto e diretto da gente di passaggio, il film inizia con un terrificante flashback-spiegone virato al color seppia in cui il super-agente speciale Jack Taggert (Seagal nostro) spiega velocemente che un suo collega è partito per un’indagine scottante sull’inquinamento ambientale e non è più tornato. Quindi Taggert parte per la sua missione a Jackson (Kentucky), dove il solito cattivo da operetta – un incredibile Kris Kristofferson, con evidentemente tante bollette da pagare – sta estraendo carbone in modo cattivo così da inquinare tutto, e tiene l’intera città in pugno, grazie a tre dementi che non sanno neanche camminare dritti: ammazza che esercito del male!

Fingendosi una sorta di carpentiere, però dicendo a tutti che è un agente del Governo – è noto che le missioni sotto copertura prevedono l’auto-rivelazione costante a chiunque – Taggert inizia un’indagine sottilissima, picchiando la gente per strada.

Ricordate quando Seagal era italiano broccolino, poi pellerossa cattolico e poi ancora cinese buddhista? Ora è tornato indiano cattolico e appena giunto in Kentucky comincia a predicare la Parola del Signore a calci e pugni. Sempre ovviamente avventandosi su chi è più basso e meno allenato di lui, rompendo ossa varie. Amen.

Senti come spigne er Signore?

Vederlo far volare in aria i campagnoli fa innamorare di lui Sarah Kellogg (Marg Helgenberger, prima del suo successo a “C.S.I.”), che però è trattata male da tutti, invece Taggert la tratta bene e quindi è ammmòre a tavolino. Peccato che lei abbia un fratello infame, non a caso interpretato da Stephen Lang ricciolino.

Per fortuna decenni di “C.S.I.” faranno dimenticare gli inizi di carriera di Marg Helgenberger

Attenzione, però, perché Seagal è noto per pretendere il massimo rispetto culturale nei propri film, lo dimostra il suo andare in giro vestito da santone indiano dicendo «Che la pace sia con te», tipica frase della cultura nativa. Perciò ora non facciamo che nel Kentucky troviamo solo stereotipi di campagnoli, stiamoci attenti, eh? Infatti Tappert conosce il bullizzato del paese (Harry Dean Stanton) che si chiama Cotton. Davvero? E perché non Cotton Eye Joe?

Un’immagine per nulla stereotipata della provincia campagnola americana

Se pensate di trovare i soliti bifolchi da barzelletta, con voci stridenti che canticchiano accompagnandosi alla chitarra e bofonchiano canzoni popolari… siete nel posto giusto!

«Where did you come from, where did you go?
Where did you come from, Cotton-Eye Joe?
» (cit.)

Segal è palesemente appesantito, infatti si muove a malapena e lascia tutto nelle mani del montatore e degli stuntman. Per fare un esempio, quando prende amichevolmente a bastonate gli sgherri del cattivo, lui sta fermo immobile con un bastone in mano mentre lo stuntman casca da solo, tanto poi in sala montaggio si butterà tutto in caciara. E se qualcuno di lamenta del crollo verticale dell’impegno fisico del sedicente maestro marziale, la risposta la conoscete: M’importa ’na Seagal!

Piegare un po’ le gambe è il massimo che riesce a Seagal in questo film

Prima di inculcare Dio negli infedeli, un calcio nel sedere alla volta, il Messeagal va dove nessuno era mai stato prima: picchia un cattivo facendogli cadere addosso del materiale radioattivo. Che gran maestro marziale di comprovata virtù che è Seagal.


Intermezzo
Il gigante e il Seagal

L’ho visto più di vent’anni fa, trovandolo non proprio memorabile, e non essendo riuscito a recuperarlo non ho rivisto My Giant (1998) di Michael Lehmann, tutto giocato sulla “strana coppia” formata dal comico Billy Crystal, non certo noto per la sua altezza, e il gigante romeno Gheorghe Muresan. Billy è tipo un agente in cerca di nuovi talenti e, trovato il gigante, vuole lanciarlo ad Hollywood, o qualcosa del genere.

Seagal, perché non provi a fare una delle tue leve a questo qui?

Ciò che conta è che il protagonista fa conoscere all’ingenuo gigante tante vere stelle dell’epoca: poteva mancare Seagal in persona? Per la prima volta nella sua vita il nostro “maestro” si trova davanti uno più alto di lui… e infatti col cacchio che lo affronta! Seagal è un onorevole maestro, mena solo chi è più piccolo di lui, mica i giganti.


Lo sciamano virologo

Sicuramente sono io che sono maligno, essendo un detrattore di Seagal da ormai 35 anni penso sempre male, ma guarda a volte la coincidenza – perché sicuramente è solo una coincidenza – dopo che l’ennesimo pippone ambientalista del Messeagal vestito da indiano, cioè Fire Down Below, incassa 16 milioni di dollari dietro però un costo di addirittura 60 milioni (ma dove? È un film girato con tre attori improvvisati in uno scorcio di paesino!), la Warner Bros dice al nostro eroe “Non chiamare, ci facciamo vivi noi”.

Sta di fatto che per il suo successivo pippone ambientalista il nostro baldo eroe deve affidarsi a casupole minori (molto minori), e deve ringraziare che siano ancora gli anni Novanta quindi un minimo di decenza tecnico-distributiva può ancora trovarla. È così il turno di The Patriot (1998): quando persino la Warner Bros, cioè la regina della Z più spernacchiona, si rifiuta di produrlo… vuol dire che è il peggio del peggio!

Il film si apre con il dottor Wesley McClaren (Seagal) che è veterinario ma anche nefrologo, conosce a menadito la “medicina occidentale” (perché ovviamente lui si sente pellerossa) ma cura solo con i suoi intrugli fatti con l’erba di casa, è sciamano ma anche un po’ sciamone, ma soprattutto accarezza i vitelli in maniera decisamente inopportuna. Cosa succede davvero in quelle stalle sperdute del Montana? Ci troviamo forse davanti a… “Il silenzio dei vitelli”?

Intanto gli amichevoli secessionisti armati di quartiere decidono che per far tornare l’America di nuovo grande è necessario auto-infettarsi di un virus letale senza antidoto e poi andare in giro a fare gli untori, focalizzandosi su un paesino di campagna di dieci abitanti: un po’ limitata come pandemia, ma purtroppo oggi sappiamo che in effetti può anche funzionare. Chi ci salverà dall’estinzione virale? Ovvio, il dottor McClaren, che quando non accarezza vitelli è il miglior virologo del mondo.

Perché il virologo Seagal fa l’indiano ma si veste da cowboy?

Non mi è chiaro come mai Seagal passi mezzo film a insultare la “medicina occidentale”, pur utilizzandone tutte le conoscenze e strutture – non mi pare che gli sciamani nativi americani usassero un ecografo per controllare i reni dei propri pazienti – dice che lui ama curare, e non prolungare la malattia come fanno quegli zozzi dei dottori occidentali, però poi esce fuori che in tutto il mondo non esiste un altro virologo della sua portata: solo a me sembra un paradosso ridicolo? Sì, solo a me, perché i fan del “maestro marziale” rispondono sempre in coro M’importa ’na Seagal!

Seagal non porta protezioni, perché lui c’ha gli anticorpi sciamani!

Utilizzando la potenza mentale che gli deriva dall’essersi sciolto il codino («unleash the beast» diceva David Tennant quando sul palco doveva sciogliersi i lunghi finti capelli per uno spettacolo teatrale), il super-virologo McClaren scopre che i fiori di campo curano da ogni malattia (e Battiato muto!), così mentre uno sciamano canticchia in sottofondo la tipica nenia indiana che tutti gli occidentali adorano, Seagal guarisce tutti con la camomilla. E se qualche virologo di La7 avesse da obiettare… M’importa ’na Seagal!

Vieni qua, che ti faccio la prima dose di schiaffazzi! E occhio che scatta il richiamo!

Dopo infiniti pipponi sul nobile popolo indiano (ma siamo sicuri che ai nativi faccia piacere ’sta roba imbarazzante?) l’eroico veterinario-sciamano-virologo trapana il cervello del cattivo con un cavatappi, come ai bei tempi di Giustizia a tutti i costi (1991), e fine del film. La non-violenza ha trionfato, perché i violenti so’ tutti morti.

Stavolta la quota marziale scende sotto zero, il che è un bene per i deboli e gli indifesi, non più torturati dall’onorevole maestro marziale all’inno di M’importa ’na Seagal!


Voglio il codino di Seagal!

Non sappiamo come sia andata questa prima minuscola produzione seagaligna, ma è lecito supporre che sia andata malino, visto che il nostro baldo eroe scompare dalle scene per tre anni. Poi torna alla Warner Bros forse perché non trova altro in giro, e la casa lo accoglie, sì… ma deve pagare pegno. Se alla Warner Bros devi tornare, quel codino di devi tagliare!

Seagal accetta e dopo tre anni di silenzio torna in pista con Ferite mortali (Exit Wounds, 2001) di Andrzej Bartkowiak, con lo stesso identico cast tecnico-artistico di Romeo non deve morire (2000) solo che manca Jet Li, quindi la casa ha ripiegato sul Seagal de-codinato.

Per vendetta la Warner Bros lo degrada ad agente semplice, e anzi per un paio di scene gli fa fare anche il vigile urbano, ma questo è niente: la punizione più grande che menta umana possa concepire è farlo interagire con Tom Arnold, il comico che non ha mai fatto ridere in vita sua ma che la Warner Bros usa per torturare i propri divi che non funzionano. Tipo Seagal. O tipo Jet Li in Amici x la morte (2003), altro film-fotocopia.

A parte mandare a manetta canzonacce rap del momento e pubblicizzare macchinoni di lusso o altra oggettistica varia, il film non fa altro. C’è Seagal che gira senza codino quindi molto meno supponente del solito, anche perché deve muoversi piano che la Warner Bros ci mette un secondo a dargli un altro calcione nel sedere. Quindi niente pipponi sull’ecologia, niente menate da sciamano pellerossa cattolico, niente parlate italo-broccoline, niente inermi torturati o resi storpi (o almeno non tanto), insomma il povero Seagal viene spogliato di tutti i suoi cavalli di battaglia.

Il momento più basso della sua carriera: senza codino e senza pipponi

Il massimo dell’umilaizione è quando Seagal è costretto a vedersela con omoni grandi e grossi, lui che per tutta la carriera ha menato solo gente grande la metà di lui, e infatti la figura è barbina: più che spezzare dita e ginocchi non può fare altro, dimostrando che le tanto famose leve dell’«A ki le do?» funzionano solo coi mingherlini. (Infatti a menare il rapper DMX, due volte più piccolo di lui, non ha problemi).

Ve li ricordati i primi Duemila in cui DMX era ovunque?

Altra punizione è quando il “maestro marziale” deve vedersela con Anthony Anderson, che oggi è famoso per l’ottima sit-com razziale “Black-ish” (assolutamente consigliata!) ma all’epoca la Warner Bros usava solo come “comico punitore di divi”, anche lui corpulento come Arnold.

Anderson era il comico nero più picchiato dai divi marziali dell’epoca

Malgrado tutti i volti noti chiamati in questo film ripetano all’agente Seagal di non fare indagini per conto proprio, lui fa indagini per conto proprio e va in giro, di notte e di giorno, a picchiare la gente perché convinto che ci sia del marcio in polizia: sì, c’è, sei tu! Cioè un poliziotto che gira picchiando la gente per conto proprio e per proprio piacere.

L’unica parte del film che avrebbe potuto essere non escrementizia è ovviamente lo scontro finale con Michael Jai White, artista marziale miliardi di volte superiore a Seagal che quindi va reso un po’ “azzoppato” perché la figuraccia del “maestro” non sia totale. I due infatti si affrontano alla spada… Basta, non posso aggiungere altro, è uno spettacolo troppo umiliante per qualsiasi essere umano.

Si vede proprio che White non è all’altezza di Seagal…

In una recente intervista White ha raccontato che Seagal l’ha chiamato personalmente in tre occasioni: per una pubblicità giapponese in qualità di coreografo, per Sfida tra i ghiacci (1994) che però ha rifiutato in quanto il personaggio offertogli era troppo stupido, e infine qui in Ferite mortali: perché, si chiede White, Seagal l’ha chiamato tre volte in qualità di marzialista e poi invece in un’intervista se ne è uscito criticandolo, rifiutandosi di definire White un artista marziale? Pare che “sia stato frainteso”, poi i due si sono incontrati in Thailandia all’epoca di Triple Threat (2019) e sia siano all’incirca chiariti, ma è chiaro che White non l’ha presa bene.

La faccia di uno dei migliori marzialisti al mondo davanti alle critiche seagaligne

Visto all’epoca, Ferite mortali mi sembrò una minchiata inutile, oggi ho abbassato di parecchio il giudizio, ma al di là del mio considerare spazzatura questo film è chiaro che la Warner Bros non si è sentita soddisfatta della punizione, e così dopo le tante umiliazioni inferte a Seagal alla fine… il calcione nel sedere glielo dà lo stesso!

Dite addio al Seagal storico, l’unico che i suoi fan adoranti conoscono: con il nuovo millennio inizia l’èra di… Zeagal!

L.

– Ultimi film seagaligni:

Informazioni su Lucius Etruscus

Saggista, blogger, scrittore e lettore: cos'altro volete sapere di più? Mi trovate nei principali social forum (tranne facebook) e, se non vi basta, scrivetemi a lucius.etruscus@gmail.com
Questa voce è stata pubblicata in Action e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.

19 risposte a Seagal 3. – L’inferno è un patriota ferito a morte

  1. wwayne ha detto:

    Ferite mortali è un film GIGANTESCO.

    "Mi piace"

  2. Sam Simon ha detto:

    Piano piano perde tutte le sue caratteristiche… Niente pipponi e niente italo broccolino, poi niente codino, dov’è il nostro Seagall? D’altronde è uno che ha cambiato origini mille volte, italiano, nativo americano, indiano, cinese… È normale che evolva in direzioni impensabili! X–D

    Poi si permette pure di insultare gli altri, è veramente un personaggio…

    Piace a 1 persona

  3. Cassidy ha detto:

    L’italo-nativo-cowboy predicatore, ecologista, filosofo, ispiratore dello stile di Fiorello al Karaoke, uno che ha l’ardire di dire a White che non è un marzialista, più o meno come ai tempi, sarebbe potuto andare da William Hurt a dirgli che non è tutto ‘sto granché a recitare. Seagal padre nobile del basta che ne sei convinto tu, fanno strada quelli come lui di solito 😉 Cheers

    Piace a 1 persona

  4. Moreno Pavanello ha detto:

    Però guardare Michael Jai White usare il suo codino per spazzare il pavimento sarebbe stato divertente, gran peccato.

    Piace a 1 persona

    • Lucius Etruscus ha detto:

      ahahah sarebbe stato l’unico modo per salvare un film insalvabile 😀
      La rivalità fra artisti marziali la posso capire, già gli attori non lavorano volentieri con propri “pari” per paura di confronti, figuriamoci i marzialisti, ma parlare male di propri colleghi (soprattutto se chiaramente superiori in tutto) non è mai una cosa elegante. Soprattutto se parli male di White, che ti accartoccia come una lattina vuota 😀
      Diciamo che crediamo al classico “sono stato frainteso” degli intervistati 😛

      "Mi piace"

      • Giuseppe ha detto:

        Ma infatti la “marzialità” di Seagal è un fraintendimento di durata trentennale e più, reso possibile dal fatto che quelli migliori di lui (tutti, compreso White) si lasciassero menare per fargli fare delle totalmente immeritate belle figure (che comunque non gli sono mai riuscite, alla fine) 😜
        Quanto ai film di oggi, vorrei poter riuscir a scrivere qualcosa di sensato nonché assai critico com’è giusto che sia però, dopo perle di genio come “Messeagal” e ‘Il silenzio dei vitelli” faccio ancora fatica a smettere di ridere 😃😂😂

        Piace a 1 persona

      • Lucius Etruscus ha detto:

        Se avessi visto come in “The Patriot” accarezza quel vitello, nella scena iniziale, avresti solo brividi di freddo 😀
        Visti quanti immotivati richiami cattolici infila nelle sue frasi, malgrado si spacci per pellerossa, è per forza il Messeagal di cui stavamo aspettando l’arrivo ^_^

        "Mi piace"

  5. Willy l'Orbo ha detto:

    Sai che ormai questo ciclo è uno dei miei appuntamenti preferiti e anche stavolta non si smentisce! Con in più deliziosi intermezzi. 🙂
    E pensa che in questa puntata c’è il film di lui che più ho odiato, The Patriot, perché mi aspettavo azione senza sosta, un’americanata di quelle che (ai tempi) mi gasavano un po’ e invece mi ritrovai il peggior Seagal ambientalista da strapazzo…però lo zinefilo, pur parlandone, non mi ha tolto il sorriso, anzi, me lo ha regalato anche trattando di tale abominio: prova superata, superatissima! 🙂

    Piace a 1 persona

    • Lucius Etruscus ha detto:

      Non lo rivedevo da tanto, quel Patriot, è stata una bella mazzata, anche perché è la prima volta che Seagal non aveva Mamma Warner Bros alle spalle e si vede!!! E’ chiaro che persino la casa Z per eccellenza si sia stufata dei suoi pipponi e l’abbia mandato in Kentucky con la rincorsa 😀
      Strano che durante la pandemia nessuno abbia proposto di farci tutti un infuso di fiori di campo: e se avesse avuto ragione Seagal??? 😀

      "Mi piace"

      • Willy l'Orbo ha detto:

        Ahahah! Dal punto di vista “medico-ambientale” sono anche disposto a dargli ragione (oddio…) ma dal punto di vista cinematografico con i film di quel tenore…proprio no! 🙂 🙂 🙂

        Piace a 1 persona

  6. Jena Plisskin ha detto:

    Riesce incredibile pensare abbia potuto fare tutti questi film. La recitazione è pari ad un monoblocco di gesso scamuffo, le capacità marziali sono pari alle mie quando mi alzo la mattina ( inutile dire non è un bello spettacolo ), le sceneggiature possiamo definirle “scemeggiature”, è evidente come il suo agente sia uno dei migliori sulla piazza altrimenti non si spiega. Vabbè vado a prendere la mia tisana di fiorellini, magari ha come effetto la ricrescita del codino.

    Piace a 1 persona

    • Lucius Etruscus ha detto:

      La fortuna di Seagal è stata di beccare l’onda grande del cinema marziale da videoteca, dalla fine degli Ottanta alla metà dei Novanta un esercito di attori-ciocchi, spesso gente raccattata in palestra e buttata davanti a una cinepresa, ha invaso gli scaffali con oceani di film, tutti mediamente raffazzonati, ma noi appassionati drogati di marzialità in video non cercavamo prove attoriali né trame interessanti, a noi bastava che gli attori si menassero, tanto e a lungo.
      Seagal è stato l’unico ad aver avuto la possibilità di una grande casa alle spalle, per il resto era identico a tutti i suoi colleghi: incapace alla recitazione e impegnato in trame ridicole. Però se la tirava da maestro marziale quando al contrario di tutti non ha mai fatto una stra-mazza di niente in video, a parte agitare le manine.
      Tutti gli attori cani dell’epoca, tutti spazzati via dopo la metà dei Novanta, erano lì a sudare, a spaccarsi la schiena in scene di combattimento a fiume, mentre Seagal si considerava superiore pur non facendo altro che fissare immobile l’obiettivo.
      Però in Italia è sempre stato il più amato da tutti, soprattutto quelli che non hanno mai visto altro che quei due o tre titoli che per decenni sono andati regolarmente su Mediaset.

      "Mi piace"

  7. Pingback: Seagal 4. – Ticker, l’infiltrato straniero | Il Zinefilo

  8. Marco Vecchini ha detto:

    Exit Wound me lo ricordo carino, niente di che ma almeno…decoroso.
    C’era pure Billy Duke che faceva il suo capo, ma mi pare compaia giusto all’inizio.

    "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.