BSG: The Starbuck Chronicles (2004)

Traduco questo articolo apparso su “Starlog Magazine” con l’intervista a Katee Sackhoff, la Starbuck della nuova Battlestar Galactica.

La ghiotta particolarità di questa intervista è che si è svolta quando ancora la miniserie non era stata trasmessa (8 dicembre 2003) e nessuno sapeva ancora se avrebbe avuto il successo necessario per far partire la produzione della serie TV.

Quindi anche se fisicamente è apparsa a “cose fatte”, sul numero 319 (febbraio 2004) della rivista, l’attrice ancora non conosceva il destino riservato al suo personaggio.


The Starbuck Chronicles

di Joe Nazzaro

da “Starlog Magazine” numero 319 (febbraio 2004)

In un cambio di genere, Katee Sackhoff è ora il pilota senza paura
di Battlestar Galactica con un nome familiare

«Lei è davvero infuriata e confusa», dichiara l’attrice Katee Sackhoff parlando del suo personaggio, il tenente Lara Thrace [svista per Kara. Nota etrusca], meglio nota come Starbuck nella nuova miniserie di Sci-Fi Channel Battlestar Galactica. «La confusione di Starbuck è parte di ciò che ho portato nel personaggio. Per via del suo impegno militare lei non fa entrare nulla nella propria vita, quindi è molto solitaria ed è qui che risiede la confusione. È un pilota militare, una ragazza di 25 anni o cos’altro? Lei si strugge perché non crede di poter essere entrambe le cose.

«Quella rabbia proviene dal cercare di farsi prendere sul serio. È la pilota migliore che hanno ma lei vuole che anche i non militari la prendano sul serio: “Se non dài il 110 per cento ogni maledetto giorno, non stai facendo il tuo lavoro”. E Starbuck fa in modo che tutti lo sappiano.»

Scritto dal veterano della fantascienza Ron Moore, la miniserie di Battlestar Galactica è basata su alcuni elementi della serie originale del 1978-79, ma tutto è stato reinterpretato per un pubblico contemporaneo. Una delle modifiche più eclatanti è Starbuck, un pilota maschio interpretato da Dirk Benedict nella vecchia serie che ora è un personaggio femminile. «È ancora la fine del mondo e c’è ancora una flotta di navi», nota Sackhoff. «Parla ancora della conservazione della razza umana e della prosecuzione della vita. Se prendi 50 mila persone e le metti in una nave, dicendo “Non potete andarvene!”, le condizioni umane si fanno molto interessanti.»

«Questa è l’idea principale. E sebbene la guerra metta tutto in secondo piano, Battlestar è davvero più un dramma umano, su come persone differenti e diversi tipi di personalità reagiscano alla situazione, e di come credano sia meglio gestirla. Molti si scontrano per via di idee differenti. Il mio personaggio fondamentalmente vuole uscire a fare il suo lavoro: è tutto ciò che conosce. È molto più facile per Starbuck confrontarsi con ciò che sta combattendo giorno per giorno piuttosto che sedersi ad un tavolo e trattare con le persone, il che la costringerebbe ad abbassare la guardia. Non è brava in questo, e vuole solo fare il suo lavoro, riportando indietro quanti più piloti possibile alla fine della giornata.»


Servizio militare

Da lungo tempo estimatrice del genere, Sackhoff (che è stata vittima di Michael Myers in Halloween: Resurrection) sapeva del Battlestar Galactica originale quando si è presentata all’audizione per questo remake, ma all’epoca non ne aveva visto neanche un episodio. Le sue scelte di recitazione si sono basate sul copione di Moore, così come successive discussioni con il regista della miniserie Michael Rymer. «Era estremamente scoraggiante», sottolinea lei riguardo alla fase di casting. «Era una confusione, specialmente all’inizio, perché c’erano così tante ragazze. È più facile quando ti assomigliano tutte, perché almeno sai cosa stanno cercando. Ma quando ti presenti al provino e trovi ragazze di ogni singola etnia ed età pronte per l’audizione, cominci a pensare: “Ok, che possibilità ho, ora?”»

«Ho cercato di interpretare Starbuck come un uomo con le emozioni di una donna, ed anche durante le riprese ero ferma a questa fase. È una donna estremamente forte in un mondo di uomini: ho scoperto che all’audizione funzionava e ho mantenuto questo approccio. Ho inoltre notato che affrontavo le scene e le situazioni con un atteggiamento mentale del tutto diverso che se avessi interpretato Starbuck come una donna. Era molto divertente.»

La decisione doveva essere quella giusta, perché fece ottenere il ruolo a Sackhoff. Il passo successivo fu prepararsi per esso. L’attrice immediatamente si lanciò in un programma intensivo di allenamento fisico per darle un aspetto più militaresco. «Sono stati due mesi di allenamenti quotidiani, anche due volte al giorno, in pratica per mettere su massa muscolare», racconta. «Ho parlato con il regista e voleva che io avessi l’aspetto di una che può prendere a calci in culo un uomo. Così non dovevo essere una ragazza esile bensì una donna muscolare. Guardando il risultato in video, comunque, non mi sembra di essere arrivata dove volevo. Di sicuro ho più muscoli di quanti ne abbia mai avuti in vita mia, ma se Battlestar diventerà una serie dovrò allenarmi ancora di più. Il che suona un po’ spaventoso!»

Sackhoff inoltre ha passato molto tempo guardando film come Terminator 2 (1991) e Soldato Jane (1997) per entrare nella parte dell’eroina tosta. «Non so se fosse per entrare nella forma mentis o per motivarmi», chiarisce, «comunque tornavo a casa dicendo: “Non voglio più allenarmi, odio questa roba! Vengo dalla palestra ed ora devo mangiare poi tornare lì? Non voglio farlo!” Sono sempre stata una grande fan di Linda Hamilton in T2 per il suo corpo scolpito e la sicurezza che emana. È una grande interpretazione di forza fisica e mentale, così mi sono avvicinata a Battlestar con quella concezione. Non sono arrivata al livello della Hamilton perché, mio Dio, lei è andata oltre, ma di sicuro miravo a T2. Ho guardato anche un sacco di film militari con le donne.»


Addestramento al combattimento

Uscì fuori che il ruolo non era così arduo come Sackhoff aveva inizialmente immaginato, ma l’allenamento extra non ha guastato. «Ci sono stati di sicuro un paio di momenti in cui sono tornata a casa a pezzi», racconta. «C’era una scena in cui facevo le flessioni che era troppo divertente, così finii per fare circa 250 flessioni in quattro ore. Il giorno dopo ero completamente indolenzita. Facevo solo venti flessioni durante la ripresa, ma moltiplicate per 15 ciak ripetuti e finirete in agonia!»

«C’era un’altra scena in cui dovevo correre per i corridoi, ma lo sforzo maggiore per me sono state le sequenze di combattimento, perché potevo beccarmi accidentalmente un gomito in faccia o poteva finirmi un tavolo sulla gamba, il che sarebbe stata una rovina. Tornai a casa con una decine di lividi per tutto il corpo, ma ero preparata a questo. Quando andammo per la prima volta a Vancouver, mandarono tutti quelli che avrebbero lavorato intorno ad un Viper, o lo avrebbero guidato, in un campo di addestramento. L’attività fisica prevedeva l’uccisione di metà della gente, ma io mi dicevo: “A Los Angeles avevo un allenatore proveniente dall’inferno: questa è una vacanza!” Così mi ritrovai in ottima forma all’inizio delle riprese.»

Andare al campo di addestramento Viper permise agli aspiranti piloti televisivi di stringere un legame che sarebbe poi passato ai loro rispettivi personaggi. «La parte più divertente era il trasferimento in pullman», ricorda Sackhoff. «Eravamo tutti pronti agli scenari peggiori, che ci avrebbero fatto dormire all’aperto e picchiato. Fu molto divertente, ma appena scesi dal pullman le facce di tutti divennero bianche dal terrore. Finì invece che fu una delle cose migliori che i produttori potessero fare.

«Si sono focalizzati sull’addestramento militare, volevano che il ritmo, il saluto e cose del genere diventassero spontanee, una nostra seconda natura, al momento di iniziare a girare. Gli attori che andarono a quel campo svilupparono del cameratismo, vivendo insieme per tre giorni e due notti. Anche se non fu un lungo periodo, diventammo amici. Ed è stato interessante scoprire come involontariamente iniziammo a trasformarci nei nostri rispettivi personaggi. Jamie Bamber [che interpreta Apollo] era un capitano, io ero un tenente e i meccanici iniziarono a comportarsi come un tenente si comporta nei confronti di un capitano. E durante alcuni degli esercizi che facemmo, diventammo davvero i nostri personaggi. Alla fine, siamo stati separati in due gruppi senza rendercene conto. Ogni gruppo aveva un capitano, un tenente e circa quattro meccanici.»

Un aspetto chiave della serie originale era l’amicizia fra i piloti Starbuck (Dirk Benedict) ed Apollo (Richard Hatch), il che – con le dovute proporzioni – è stato rispettato con la miniserie nei ruoli di Sackhoff e Bamber. «C’è sicuramente chimica fra Starbuck ed Apollo», dice la donna. «Non abbiamo approfondito molto, ma il cameratismo è lì e i due tengono l’uno all’altra. Sono amici e sono piloti, quindi al di là del fatto che i nostri corpi sono diversi ed io ho le tette, è in pratica la stessa cosa.»

Il cameratismo si estende inoltre a molte scene di Starbuck con altri piloti. «Il perfetto esempio è quando giochiamo a poker. Nel copione originale, Boomer ed Helo, interpretati da Grace Park e Tahmoh Penikett, non c’era. Eppure avevamo sviluppato così tanta chimica al campo di addestramento e lontano dall’obiettivo, che alla fine decisero di inserire la scena. Volevano che Starbuck fosse umana e che abbassasse la guardia. Sentivano che dovevano mostrare che avesse degli amici. È una grande scena perché sono così a mio agio con quei ragazzi.»


Missioni di volo

Sackhoff non ha problemi a ricordare il suo primo giorno di produzione della miniserie, non tanto per le sfide bensì per la salutare dose di nervosismo. «Ho questo problema per cui non riesco a dormire la notte prima del mio primo giorno di lavoro», racconta. «Così ero al telefono con mia madre alle 4 di mattina, piangendo e dicendo: “Oh mio Dio! Sarò così stanca!” Avrò dormito forse un’ora. La mia prima scena era in un Viper. Come attrice, è molto facile immedesimarsi in un ruolo quando la scenografia e gli oggetti di scena sono fatti bene: rende tutto più realistico. Dovevo semplicemente rimanere seduta nell’abitacolo del Viper e quindi il mio primo giorno fu molto facile. Grazie a Dio, perché ero così stanca che non credo che avrei potuto anche solo parlare! Ero piena di caffè ma non serviva a niente: sarebbe stato un disastro se mi avessero fatto parlare. Per fortuna il regista aveva preparato tutti mentalmente e fisicamente.»

C’erano però aspetti del lavoro per cui non era facile prepararsi, come per esempio le tante scene con effetti speciali, molte delle quali prevedevano che gli attori recitassero con niente davanti a loro, se non uno schermo verde. «Era una cosa da pazzi!» sorride Sackhoff. «Il lavoro con lo schermo verde è probabilmente una delle cose più divertenti di sempre, perché fai la figura del pazzo. Per farcela devi ricordarti della tua infanzia e ritornare a quella totale assenza di inibizione. Dovrebbero esserci dei corsi preparatori per questo, e magari esistono sul serio, da qualche parte. Te le cavi facilmente, comunque, se guardi i tizi degli effetti speciali. Puoi vedere la rabbia nei loro occhi se sbagli qualcosa, così sai cosa non fare più.»

Ora che Sackhoff ha finalmente completato il suo primo progetto di genere su grande scala, quali lezioni ha imparato dal suo lavoro sulla Galactica? «Resistenza!» dichiara. «Le ore sono dure, ma alla fine ci si abitua. La cosa più importante che ho imparato è stato fidarmi dei miei istinti e non essere spaventata di fare qualcosa di diverso. A volte, come attrice, ti freni perché come persona non faresti mai una certa cosa. E come ho detto, aiuta ritornare all’infanzia, quando non hai certe inibizioni. Nella fantascienza, devi accedere a quell’immaginazione che avevi perso da adulto: ritrovarla ed essere in grado di aprirle la porta, è invidiabile e qualcosa che ora porterò sempre con me.»

Se la prima uscita di quattro ore sarà un successo, Sackhoff e il resto del cast sono già sotto opzione per una serie televisiva, e l’attrice ammette di avere alcune idee per il suo personaggio. «Voglio una storia d’amore», dice. «Tutti gli altri ne hanno una tranne me, così mi sento un po’ esclusa! Ci sono un sacco di cose che mi piacerebbe fare: il bello della fantascienza è che è senza limiti. Puoi far realizzare le cose perché tanto non sono reali: qualsiasi cosa tu voglia fare, puoi farla.»

«L’ho detto sin dal primo giorno, ed è uno scherzo fra me e i miei amici: voglio sparare! Ho una pistola nella fondina ma non la tiro mai fuori. Comunque interpretare questo personaggio è stata una delle cose più belle che ho fatto: Starbuck è un grande ruolo.»

Questa è una discussione da continuare in futuro. Per ora, Katee Sackhoff è fiduciosa che gli spettatori apprezzeranno la miniserie iniziale. «Il bello di Battlestar Galactica è che gli effetti speciali sono secondari. La storia è appassionante e vi prenderà subito. E il fatto che si svolga nello spazio è un qualcosa in più. Credo davvero che la gente adorerà i personaggi.»


Starbucks at Starbucks!


L.

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12 risposte a BSG: The Starbuck Chronicles (2004)

  1. Zio Portillo ha detto:

    Intro: vengo a Roma a strangolarti. Ho visto ieri il secondo mini-film. ‘Tacci tua Lucius! Ora devo per forza recuperarmi la serie. L’unica mia “ancora di salvezza” è che ho pochissimo tempo libero e per ora sono, ahimè, costretto a rimandare. Ma è solo questione di tempo. Però la mia compagna ti ringrazia. Lei si è tolta la rogna di cosa regalarmi a Natale. Cofanetto di BSG e via.

    Torniamo a noi. Bellissimo pezzo e molto interessante sia per il dietro le quinte (tipo la totale immedesimazione degli attori nei personaggi), sia per la riflessione sul green screen. Sarebbe bello chiedere alla Sackhoff cosa ne pensa adesso!

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    • Zio Portillo ha detto:

      Ah, dimenticavo la citazione odierna di Mass Effect. Quelli della Bioware hanno pescato pure da BSG. Nei giochi ci sono una specie aliena, i Quarian, che sono costretti a vagare per la galassia in una innumerevole flotta (la Flotta Migrante) come dei nomadi dello spazio, in attesa di poter recuperare il proprio pianeta (Rannoch) occupato dai Geth. Ti ricorda qualcosa?

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Questa intervista casca allora a fagiuolo, visto che si riferisce esattamente al film che hai visto e così non ti spoilera nulla di ciò che segue ^_^
      Massima invidia per il cofanetto che ti verrà regalato, mi spiace solo per la tempistica: un paio di settimane fa c’era su Amazon un’offertona incredibile, purtroppo scomparsa velocemente.
      Comunque ci sono bei cofanetti ma mi raccomando, vedi le serie in ordine comprensive di webisodi 😉 E ribadisco: non vedere “Razor” prima della quarta stagione, perché anticipa troppo 😛

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  2. Cassidy ha detto:

    Una cosa è certa, i gusti cinematografici di Katee Sackhoff non sono in discussione, l’altro giorno “Die Hard” come film di Natale, oggi “Terminator 2” come modelli di vita, una donna con cui non si avrebbe nessuno problema a scegliere cosa guardare 😉 Cheers

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  3. amulius ha detto:

    Non ce la faccio, troppi ricordi. (cit.)
    Che chicca questa intervista, con un’attrice ignara di apprestarsi a far parte di una saga cult che coniglio a chiunque!
    Peccato che BGS sia andata in onda in un’era ante-social, altrimenti avrebbe,forse, spopolato ancor di più.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      I social sono una brutta bestia, non so onestamente quanto avrebbe fatto bene alla serie: già così la quarta stagione viene parecchio bastonata, figuriamoci se fosse andata in onda davanti a quell’Armata degli Odiatori che infesta la rete!
      Che poi all’epoca c’erano i forum e si discuteva di tutto, ma quelli che frequentavo io non citavamo molte serie, si andava più su film e libri. Sicuramente all’epoca sarà esistito il BSG Forum, ma se non lo conoscevi mi sa che non ci capitavi per caso 😛
      E pensare che dal 2002 all’inizio del 2004 sono stato un assiduo spettatore di Canal Jimmy e vedevo spot televisivi di BSG a manetta, ma non mi prendeva proprio: in 15 anni mai una volta che abbia ceduto alla curiosità… E da una parte è meglio: non avrei resistito ad aspettare anni per tutta la serie 😀

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      • Giuseppe ha detto:

        Eh Eh Eh Eh (risatina chioccia e complice) 😛
        Ah, e Katee ha avuto perfettamente ragione fin dall’inizio: la storia era appassionante e ci ha preso subito (per non lasciarci più andare nemmeno per un attimo) 😉

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