Approfittando di poter contare sulla distribuzione di grandi case come la Columbia e la Warner, la piccola Peter Walker (Heritage) Ltd. di Peter Walker – una casa cinematografica ad personam! – sforna piccoli film che negli anni Settanta passano anche (in minima parte) per le sale italiane: abbiamo già incontrato il suo “casalingo” Chi vive in quella casa? (1978).
In un meglio identificato febbraio 1976 il regista britannico presenta in patria House of Mortal Sin, di cui è anche autore del soggetto.
Anticipando il fenomeno dei titoli italiani con una “casa” all’interno, il 31 luglio 1976 il film arriva nelle nostre sale come La casa del peccato mortale, in fondo semplice traduzione letterale del titolo originale.
La neonata Italia1 lo manda in onda in prima serata il 7 giugno 1982, ma dopo il passaggio televisivo del 1985 il film scompare, rimanendo ignoto all’home video finché la Golem Video lo inserisce nella sua collana “Cineclub Horror” dal 20 marzo 2013.
Jenny (Susan Penhaligon) è in crisi col suo raga, sono due giorni che non le dice TVB, e cerca qualche spalla su cui piangere. Incontra dopo tanti anni un suo vecchio amico, Bernard (Norman Eshley), che ora si è fatto prete. Tornato a cercarlo poi in chiesa, per continuare a sfogarsi del proprio uomo, Jenny entra in confessionale e si apre come non ha mai fatto. Ma visto che lì non c’era padre Bernard… chi c’era nel confessionale? Ta-ta-taaaaaa!
Esce fuori che la chiesa locale è gestita dal losco ed intransigente padre Xavier Meldrum (Anthony Sharp), austero integralista che tiene la madre parkinsoniana chiusa in casa sotto le “amorevoli” attenzioni della nazisteggiante miss Brabazon (Sheila Keith) dall’occhio ciecato.
Con uno stile asciutto se non grezzo, figlio di certo cinema dell’epoca, si snoda la vicenda di Jenny che sebbene torni col suo raga rimane con un cruccio: scopre infatti che padre Meldrum ha registrato la sua confessione, quando cioè la donna ha rivelato di aver abortito un figlio avuto col suo raga.
Agli occhi del padre integralista questo è un crimine abominevole, ma quando il raga di Jenny va a protestare non ha problemi ad ammazzarlo come un cane: si sa che i precetti religiosi vanno interpretati…
La critica italiana dell’epoca volle vedere nel “cattivo” del film un uomo la cui frustrazione sessuale imposta dal celibato trova sfogo nella violenza, fisica e psicologica, e in un integralismo cieco che cozza contro il profondo cambiamento dei costumi che la società britannica (ed europea) stava vivendo negli anni Settanta.
Tutto plausibile, però bisogna essere molto ottimisti per trovare questo “messaggio” in un filmetto onestamente noioso e non molto ricercato. Lasciando stare la questione “casa” – che non si sa dove sia: forse intendevano la chiesa? – il film cerca di abbracciare più argomenti, passando pure per padre Bernard che si sbaciucchia la sorella di Jenny: il romanzo Uccelli di rovo uscirà solo l’anno dopo!
Questo però rende tutto annacquato, tutto vago, ma quel che è peggio: rende tutto noioso. Il film lancia mille spunti ma poi non riesce a concentrarsi su nulla, volandosene via senza lasciare nulla se non un senso di sbuffo.
L.
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Nonostante il senso di sbuffo, avendo io passione per questa tipologia di film, mi vien voglia di cercarlo…e vederlo!
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Con le “case” non c’entra niente, e onestamente non è neanche quel “brutto che piace”. Però se lo vedi torna a dirmi che te ne è parso 😉
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Mai visto.
Però, che pretino, il cattivo! Credo ci sia la scomunica, per registrare una confessione…
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Non me ne intendo, ma il personaggio si discolpa dicendo che se registra la confessione ma la fa sentire solo al confessando, non c’è problema. E’ vietato farla sentire ad altri, non a chi si è confessato… Certo che non lo eleggerei prete dell’anno 😀
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Già, perché nessuno si è mai impossessato di un nastro altrui…
Diciamo la verità, gli fregava nulla perché stava progettando uno slasher!
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ahahah sicuramente è così! Visto che era un prete assassino, il segreto della confessione era davvero l’ultimo dei suoi pensieri 😛
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Insomma meglio la locandina e il titolo che il film stesso
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Eh sì, purtroppo sì
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Il tema è anche interessante e potente, ma non mi sembra il film giusto per sviscerarlo, ecco poi però se mi citi “Brian di Nazareth” così vinci tutto, ma proprio tutto tutto 😀 Cheers!
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ahahha era l’unico modo di rendere un po’ interessante questo film 😛
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Ma, infatti, che sarebbe successo se il prete fosse stato John Cleese? 😛
Scherzi a parte, lo lo ricordo come un film comunque migliore del successivo Chi vive in quella casa: non velocissimo (specialmente ad occhi contemporanei), con molta carne al fuoco che magari non sempre trova il fornello giusto, ma alla fine un più che dignitoso prodotto di genere. Fermo restando che per me il top del top della carriera di Pete Walker rimarrà sempre “La casa delle ombre lunghe”…
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Ah, ma sei diabolico: ad ogni film di Walker me ne riveli un altro che mi interessa! Dillo che pian piano vuoi che mi ripassi tutta la sua filmografia 😀
Schezi a parte, grazie per la dritta e comunque sono d’accordo: anche se nessuno dei due m’è piaciuto, questo è sicuramente meglio del successivo, col cantantino nel castello inglese…
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Ecco, adesso mi è venuto un dubbio (a proposito della filmografia Walker)… non è che per caso “La casa delle ombre lunghe” te lo avevo già segnalato da qualche parte?
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Non lo escludo, la mia memoria non mi aiuta più da tempo, ma ho capito che devo spulciarmi bene la fimografia di un regista che in realtà non meriterebbe tanta attenzione 😛
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Il problema è che mi sa che devo far revisionare anche la mia, di memoria: ho rivisto adesso che ne avevo già parlato proprio nei commenti di The Comeback – Chi Vive In Quella Casa? 😛
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ahhaah con tutte ‘ste case sto a usci’ matto 😀
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