Fumetti & Videogiochi: conversazione con Redbavon (7)

Data la mia storica ed atavica incapacità nei videogiochi, sono rimasto indietro su molti titoli ed altri li ho scoperti solo quando ho visto il fumetto annunciato in uscita. Per prepararmi a questi universi, che mi attraggono fortemente ma di cui mi mancano le basi, mi sono rivolto a un esperto video-ludico o, come preferisce definirsi, “una vecchia cariatide dei videogiochi”: RedBavon, del blog Picture of You.

L.


7) Essendo io un totale “non giocatore” adoro questi universi narrativi che espandono qualcosa che altrimenti mi sarebbe precluso. Ma tu, da giocatore appassionato e oserei definire professionista, provi interesse per un altro medium che tratti gli stessi temi? O, alla fin fine, ti sembrano solo “gadget” per lanciare il gioco?

La definizione più adatta è forse una miscela delle due: “mancato professionista della mia passione”. Ritengo che – se non a determinate condizioni – il lavoro rischia di minare le proprie passioni, perciò preferisco restare un “giocatore appassionato” e godermi questa passione senza alcuna senso di urgenza, necessità o obbligo esogeni.

In ogni caso, i “giocatori professionisti” esistono e parteciperanno agli “eSport” delle prossime Olimpiadi di Parigi. Non ne comprendo ancora bene le motivazioni per inserire dei videogiochi tra gli sport olimpici, ma mi adeguo.

Se un tema mi appassiona provo interesse per qualsiasi altro contenuto che arricchisca la mia esperienza e riesca a stimolare la mia curiosità, qualunque sia il medium. Credo nella convergenza dei media, piuttosto che nello loro “scontro”.

Ritengo che oggi viviamo un’epoca fortunata in confronto a quando – da bimbo – ero limitato alla consultazione di pesanti volumi di un’enciclopedia, con tutta la scomodità  e i filtri annessi. Grazie a tale convergenza dei media, utile anche alle aziende per conquistare sempre più ampie quote di mercato per le proprie proprietà intellettuali, la formazione di ognuno può attingere a fonti e generare stimoli da più parti. Ne guadagna la comunemente detta “apertura mentale”.

Il mio approccio al videogioco, infatti, non è strettamente limitato alla sua capacità di intrattenimento, che rimane una sua caratteristica principale. Nel corso del tempo e grazie anche a un pubblico di fascia d’età più matura, il videogioco riesce a trasmettere anche emozioni.

Nella mia esperienza personale i videogiochi sono stati il punto di partenza per scoprire i più disparati temi e informazioni.

Per esempio, grazie alle simulazioni di volo, in particolare alla serie Falcon, dal primo per Commodore Amiga nel 1989 all’ultimo Falcon 4.0: Allied Force), conosco come funziona un aereo, la sua avionica, i suoi sistemi d’arma, le basi del volo e le tecniche di combattimento.

Tom Cruise vs RedBavon

Tom Cruise in Top Gun faceva volare un F-14 e pure la moto; io non ho mai avuto una moto, figuriamoci un aereo. In compenso, a bordo del mio F-16 Falcon sono un asso nei cieli e un castigo di Dio per poligoni e pixel dabbasso.

Grazie a Formula One Grand Prix di Geoff Crammond (1991) e a tutte le altre simulazioni di guida che seguirono, conosco come funziona un’automobile da gara e il suo assetto; conoscevo perfino a memoria le curve del circuito di Monza e di Monaco; Lords of the Rising Sun di Cinemaware (1989) mi ha regalato la curiosità di apprendere la storia del Giappone feudale.

Ho fatto conoscere gli Inuit ai miei due nanerottoli di sette anni, mentre giocavamo insieme a Never Alone.

Never Alone: “mai soli”, la collaborazione tra la bimba Nuna
e la volpe bianca è un elemento fondante del gioco.

Non si tratta di informazioni imprescindibili per tutti, ma sono tasselli utili per la formazione personale.

Sono convinto, però, che la mia esperienza con i videogiochi sia tornata utile in un brutto incidente, in cui sono stato letteralmente “silurato” da un Alfa 33, che ha centrato la fiancata della mia automobile, senza alcun accenno di frenata allo “stop” che avrebbe dovuto rispettare. Ho controllato la terribile sbandata conseguente all’urto, senza alcuna conseguenza per il mio passeggero, i pedoni e me, grazie alla prontezza di riflessi, al sempre sia lodato ABS, e – ne sono convinto – al mio allenamento pluridecennale alle simulazione di guida. Non ho mai seguito alcun corso di guida sicura, eppure la mia reazione è stata quella di un pilota esperto. Ringrazio anche la buona sorte, ovviamente.

In risposta alla tua seconda domanda, accade spesso che, nel passaggio da un medium a un altro, il risultato non vada oltre il “gadget” o il pretesto, goffamente confezionato, per sfruttare la notorietà di un certo videogioco o di un film (come nel caso dei videogiochi “tie-in”).

Vi sono anche opportunità e risultati positivi.

Film, fumetto, videogioco:
tra le vostre quattro mura di casa, tutto il condominio potrà sentirvi urlare.

I volumi dei fumetti di Aliens e Aliens – Incubo sulla Terra (ringrazio per i tuoi preziosi consigli) riescono meglio dei film a espanderne l’universo; così anche il videogioco Alien Isolation riesce a ricreare l’atmosfera ansiogena e di terrore opprimente del primo Alien, ormai definitivamente perduta nella recente produzione.

Alien Isolation: non provate a fargli “buh”
perché la bestiola è permalosa e irritabile. Giratele alla larga.

The Witcher e Metro, due serie di videogiochi di successo, sono liberamente tratte da romanzi di autori dell’Est Europa, poco conosciuti in Occidente fino alla pubblicazione dei rispettivi videogiochi.

In conclusione, la convergenza dei media, al netto di inevitabili “gadget” e a patto di esercitare sempre la nostra “capacità critica”, è estremamente positiva.

(continua)


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12 risposte a Fumetti & Videogiochi: conversazione con Redbavon (7)

  1. Sam Simon ha detto:

    Interessantissimo come sempre e concordo con il lodare la convergenza dei media! D’altronde letteratura e cinema, per dirne una, sono da sempre molto collegati, perché non aggiungere altre forme d’arte e i videogiochi (che ognuno decida per sé se includerli tra le forme d’arte o meno!)?

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Definire una forma d’arte è alquanto spinoso, se invece parliamo di narrazione allora ormai il paniere è ricco. Dopo teatro, musica, libri, cinema e fumetti ora ci sono i videogiochi a raccontare una storia, oltre che a fornire intrattenimento, a presentare personaggi con un passato e interazioni personali, a seguire i dettami della narrazione non ultimi i trucchetti della serialità (tipo lasciarsi sempre aperte porte per futuri seguiti). Quindi escludere il mondo videoludico dall’universo narrativo è davvero impossibile. E lo dice uno che non gioca mai, e che quando lo fa è una schiappa totale! Per fortuna ci sono altri modi per godere delle storie dei videogiochi anche senza giocarci 😉

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      • Sam Simon ha detto:

        Assolutamente! Ci sono videogiochi che raccontano storie fantastiche in modo anche molto innovativo, mi viene in mente Thomas Was Alone, per esempio (anche facile, tra l’altro)!

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      • Willy l'Orbo ha detto:

        Mi ritrovo molto nelle tue parole, forse includere i videogiochi nelle forme d’arte è ancora un po’ “azzardato” ma certamente mi unisco al coro a pro del loro inserimento in un universo narrativo più ampio. E lo dice uno che come Lucius non mastica (da vari lustri) la dimensione ludica dei suddetti 😉

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Il problema è che ancora non è chiaro cosa sia “arte”, e temo che molto abbia a che vedere con critici puzzoni che danno e levano l’etichetta “arte” a cose che, alla fin fine, rimangono solo inutili giochi di critici. Potrei sollevare una vecchia polemica e dire: se l’orinatoio di Duchamp è arte, perché non può esserlo un gioco disegnato da grandi artisti?
        Libri, film e fumetti solamente in pochi fortunati casi riesco ad ottenere l’etichetta di “arte” da critici puzzoni, quindi alla fin fine è un’etichetta che non vale nulla: nessuno considererà mai arte Iniana Jones, ma è stata ed è un fenomenale veicolo di divulgazione della narrativa avventurosa in ogni sua forma. Quindi le etichette servono solo a chi le scrive.
        Un solitario di carte non ha una storia da raccontare, mentre i giochi degli ultimi decenni sono in tutto e per tutto “narrazione”: stabilirne il livello artistico è un gioco che lascio ad altri 😛

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      • Willy l'Orbo ha detto:

        L’arte è in primis una forma espressiva partorita dall’uomo. Così intesa trovo molta più espressività in certi videogiochi o programmi televisivi che nell’arte dei critici puzzoni. Trovo una maggior veicolazione di messaggi in cose apparentemente profane che in celebrare istallazioni museali, che comunque spesso apprezzo. I critici puzzosi se ne faranno una ragione 😉😄

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      • redbavon ha detto:

        Per la serie “non tutti i critici sono puzzoni 😉 il MOMA ha dedicato
        nel novembre 2012 un’esposizione di quattordici videogiochi nella sezione Applied Design:
        https://www.moma.org/collection/works/groups/AppliedDesign
        Chiaramente i “puzoni” hanno subito alzato la voce. Qui puoi trovare una sintesi del confronto:

        Arte nei videogiochi: vera o supposta?

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  2. redbavon ha detto:

    Se accostare la parola “narrativa” a “videogioco” può sembrare blasfemo ai più, provare tale accostamento con la parole “arte” è garanzia di scomunica, dileggio e – se fosse ancora possibile – un bel falò con l’autore di tale dichiarazione messo sopra alla catasta di legno. Se ti va meglio, viene etichettato come affetto di nerdismo, secondo l’originaria percezione che equivale a “Merdismo”. Il termine è sdoganato per motivi commerciali, tuttavia rimane impregnato di un’accezione negativa. Tema spinoso quanto una foresta di cactus, di cui scrissi diversi anni fa. Post che andò deserto almeno a giudicare dalle stellette ricevute: una (arrivata perché suggerii io alla lettrice di leggere la mi opinione in merito dopo uno scambio su un altro post). Un successo epocale, insomma. 😂
    Visto che il tema sollecita le mie dita, quasi quasi rimetto le mani al vecchio post, lo aggiorno e lo ripropongo a breve. Non garantisco però che riesca a renderlo più “digeribile”. A presto.

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  3. Giuseppe ha detto:

    Alla fine, quello che il critico puzzone non vuole ammettere è quanto la sua (presunta) competenza oggettiva sull’argomento non serva ad altro che a mascherare -con una (presunta) patina intellettuale- i propri personalissimi, e quindi altamente soggettivi, gusti: è “arte” quello che gli piace, appunto, e il resto vada a farsi fottere (nemmeno credo abbia un vero interesse nel cercare di spiegare cosa sia per lui una qualsivoglia forma d’arte)… se un videogioco sa come intrattenere e cosa raccontare, io non ho bisogno di attribuirgli a forza un patentino di “artisticità” per nobilitarlo: il suo valore lo sta già dimostrando da sé 😉
    D’accordo sulla convergenza dei media, ci mancherebbe…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Anche perché poi entra in ballo il razzismo che tutti amano perpetrare: se a me piacciono i fumetti, tutto ciò che non è fumetto è brutto e stupido, e il ragionamento si applica ad ogni medium. Invece di apprezzare l’esistenza di una vasta gamma di mezzi per comunicare e raccontare storie, così ognuno sceglie ciò che gli piace, entra in ballo l’olocausto: a me piace solo questo medium e gli altri devono essere sterminati perché hanno il gravissimo difetto di non piacere a me…
      Purtroppo questo razzismo profondo si estende ad ogni aspetto vita, e la gente ha sempre pronta una parola d’odio per chi non si comporta come lei, malgrado questo non abbia alcuna influenza sulla sua vita.

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    • redbavon ha detto:

      Concordo con te, Giuseppe, il discorso dell’auto-referenzialità di certa critica che si ammanta di intellettualità. Sul “patentino di artisticità” posso anche concordare che non serva a “nobilitare” il videogioco, ma è però necessario che al medium si conferisca tale dignità aspirazionale. Non basta cioè il suo valore che dimostri da sé quanto sia “artistico”, altrimenti ricadiamo nell’auto-referenzialità, che a questo punto è dei videogiocatori, e nell’estrema soggettività.
      Lungi da me dal cercare di affibbiare “patentini” o forzare il discorso sull’arte nei videogiochi (continuo ad appassionarmi tranquillamente senza), ma ciò che è estremamente “razzista” (nei termini scritti da Lucius) è questa preclusione a priori.
      Come avevo anticipato, ho pubblicato un post a tema: Arte nei videogiochi: verità o supposta.
      Se ti va ecco qui il link:

      Arte nei videogiochi: vera o supposta?

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