The Stepfather 2 (1989) Il patrigno 2


Ciclo sui parenti assassini in TV: tu m’hai provocato… e io me te magno!

Visto che avete fatto i bravi, il patrigno verrà a raccontarvi la storia della buona notte…


Sin da quel febbraio 1988 in cui The Stepfather è uscito timidamente nelle sale americane la casa produttrice ITC ha messo subito in conto di farne un seguito, anche se molto più piccolo e pensato per schermi altrettanto più piccoli, ma diciamo che non c’era alcuna fretta. Poi succede qualcosa che gli studiosi di cronaca nera non sembrano aver notato.

John List in manette, dal saggio Righteous Carnage (1991) di Timothy B. Benford
(Richmond Times-Dispatch)

Come già raccontato, il 21 maggio 1989 va in onda la trasmissione “America’s Most Wanted” (fonte: Righteous Carnage, 1991) che consente l’arresto, il successivo 1° giugno, di John List, l’assassino da cui è nata l’idea del primo film: nessuno nota le incredibili anticipazioni dalla sceneggiatura di Donald E. Westlake, ma sono sicuro che qualcuno della casa di produzione ha avuto l’occhio lungo. Il 14 giugno 1989, cioè neanche due settimane dopo l’arresto di John List, la ITC Distribution va a depositare il copyright del film The Stepfather II. Bisogna battere il ferro finché è caldo.

In Italia la CDA lo porta in videoteca intorno al 1991 con il titolo Il patrigno II.

Mentre il vero “patrigno” entra in galera, quello filmico torna in libertà

Quando il film uscirà in patria a novembre del 1989 tutti conoscono il caso di John List, un uomo che ha massacrato la propria famiglia per poi cambiare identità e formarsene un’altra, quindi possono apprezzare il ben più prolifico Jerry Blake, che invece dello sterminare famiglie ne ha fatto un’attività a tempo pieno.

Terry Quinn: professione… cacciatore di alieni!

Non finirò mai di ringraziare Vasquez per avermi fatto conoscere quella bomba di “Resident Alien”, serie TV che la RAI sta buttando via in modo vergognoso. Domenica scorsa, prima di preparare il post con Terry O’Quinn patrigno, in quella serie mi appare all’improvviso Terry O’Quinn cacciatore di alieni, in un piccolo ruolo da applauso. Una settimana dopo, mentre sto preparando il nuovo post con Terry O’Quinn patrigno con una cicatrice, scopro che Terry O’Quinn cacciatore di alieni tornerà, sicuramente con una cicatrice. Il Motore ad Alta Coincidenza Cinematografica è sempre in funzione, da queste parti.

Quella cicatrice sarà la coltellata del primo film… o un ricordino degli alieni?

Alla regia c’è Jeff Burr, fresco dall’esordiente Il villaggio delle streghe (1987) e pronto a Non aprite quella porta 3 (1990), mentre alla sceneggiatura c’è un tizio di passaggio di nome John Auerbach.

«Per me, tutto nella vita comincia e finisce con la famiglia. In un modo o nell’altro.»

Malgrado il precedente film si sia chiuso con l’assassino seriale Jerry Blake (Terry O’Quinn) indubitabilmente morto, facciamo che invece qui si risveglia con una semplice cicatrice dov’è stato accoltellato. E con “qui” intendo nel manicomio di Puget Sound (Washington)

Jerry sembra confuso, di sicuro più mite: che le cure del suo psichiatra stiano funzionando? Ovviamente no, alla prima occasione il nostro patrigno pazzerello evaderà e si preparerà a crearsi un’ulteriore nuova vita. Con tanto di parrucchino nuovo.

Parrucchino nuovo, vita nuova, famiglia nuova

Stando ai film, in America per cambiare vita basta niente, vigendo una totale auto-certificazione: Jerry è privo di documenti eppure compra casa, un’auto e diventa psicoterapeuta di gruppo pieno di clienti. È davvero la terra delle seconde occasioni.

Fra le sue nuove amicizie ci sono i celebri occhi da cyborg di Meg Foster, in un momento di grande splendore per la sua carriera: l’attrice era appena tornata da Eternia, Carpenter gli aveva rivelato che essi vivono, nell’oceano dove nessuno può sentirti urlare aveva affrontato una creatura degli abissi con Peter Weller ed aveva conosciuto lo spadaccino cieco di Rutger Hauer, e tutto in un paio d’anni. Direi che era stanchina, ma il tempo per innamorarsi di un pluriomicida c’è sempre.

È o non è una bella coppia?

Il suo personaggio, Carol Grayland, è la tipica donna separata da un marito violento che prova a crescere un figlio traumatizzato, in questo caso il piccolo Todd ha la faccia da eterno musone (anzi, musino) di Jonathan Brandis, il perfetto forever young hollywoodiano, anche perché suicidandosi nel 2003, men che trentenne, ha fatto in modo di non invecchiare mai.

Nella sua sterminata filmografia lo abbiamo visto ovunque, sul finire degli anni Ottanta era difficile non trovarlo in TV, sempre identico anche nel taglio dei capelli, anche se per me sarà sempre il piccolo Bill dell’IT giusto (1990).

Aspetta che inizino gli anni Novanta: lì sì che galleggiano tutti…

Con uno spregevole marito e un figlio sempre a capo chino, Carol ci mette un attimo a lasciarsi conquistare da Jerry, compagno attento, figura paterna positiva per Todd e argine contro la negatività dell’ex marito. Anche se più che “argine” direi “massacratore”. Tanto nessuno noterà la mancanza dell’ex marito violento.

È chiaro che il ritrovato tepore di una famiglia non riesce del tutto a tenere sopiti i naturali istinti omicidi del papone Jerry, che continua il suo hobby preferito in cantina: martellare le cose… in attesa di farlo con le persone.

La mia è una psicoterapia d’urto: vuoi vedere come ti risolvo i problemi in un attimo?

Se il primo film era pensato per il cinema da autori legati a un certo tipo di thriller, quello che in modo generico potremmo chiamare “classico”, questo secondo film è invece in tutto e per tutto identico a qualsiasi altro thrillerino con pazzo che potreste trovare su TV8 o Rai2: identico in ogni singola scelta narrativa, segno che già negli anni Ottanta c’era una separazione profonda fra i prodotti cinematografici e quelli televisivi. (Anche se oggi purtroppo il thriller cinematografico è solo una parodia fiacca di ciò che è stato un tempo, mentre quello televisivo vive un’età dell’oro sterminata.)

«Non troverai mai, mai, un padre di famiglia migliore di me, tesoro. Non in questa vita, almeno.»

A parte qualche deliziosa frase ad effetto del nostro patrigno assassino, non c’è davvero altro. Jerry infatti si limita a fare il pazzo, fa fuori l’amica della moglie che ha capito tutto – elemento immancabile in TUTTI i thrillerini televisivi – e la protagonista è ignara di tutto fino all’ultimo secondo.
Mettiamola così, la triste vuotezza di questo secondo episodio ci aiuta a capire quanto fosse geniale Donald E. Westlake, che nel 1988 aveva saputo almeno dare sapore alla storia con il suo umorismo nero.

È più bianco il vestito o gli occhi di Meg Foster?

Però va decisamente notata una curiosità. Va bene il thrillerino televisivo dozzinale, ma siamo sempre nel 1989, in piena golden age dell’horror, quando persino nella patria delle famiglie come la TV arrivano ammazzamenti e squartamenti, da “Venerdì 13” a “Freddy’s Nightmares“, quindi al contrario dei thrillerini del nuovo millennio, ultra-censurati e innocui come acqua di fonte, qui le scene forti non mancano.

Gli anni Ottanta stanno finendo e nuove sensibilità e censure stanno per arrivare, quindi mi sa che non sarà più comune trovare un tredicenne che finisce il cattivo a martellate: mi sa che oggi metterebbero in galera tutti gli autori!

Occhio, che ce n’è pure per quel pagliaccio di Pennywise!

La struttura da thrillerino distrugge tutto ciò che di buono Westlake aveva creato, a cui poi aggiungiamo una trama assente – visto che si limita a ripetere solo una parte della trama precedente – però per fortuna abbiamo tre protagonisti al bacio che almeno ci tengono compagnia nella noia della vicenda scontatissima, e onestamente anche stupida. (Per fortuna lo sceneggiatore non farà altri danni nel cinema.)

Quando un giorno scriverò The Crazables, la fan fiction con protagonisti i pazzi dei thrillerini televisivi – dal dottor Beck alla nonnina assassina – di sicuro il patrigno Jerry sarà fra i protagonisti. Ma nel frattempo non ci rimane che un ottimo film e un seguito decisamente dimenticabile.

L.

– Ultimi parenti uccidenti:

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10 risposte a The Stepfather 2 (1989) Il patrigno 2

  1. Fabio ha detto:

    Film che non avevo mai visto pur sapendo della sua esistenza,alla fine l’altro giorno sono riuscito a visionarlo per vie piratesche(aaarrggh!),è mentre lo guardavo mi sono detto tra me e me :”Ma questo e The Dentist 2!”,l’inizio del film con manicomio e successiva fuga,nuova vita,tentativi di placarsi ovviamente fallimentari,tu guarda a volte le coincidenze,quasi avevo accarezzato l’idea di un crossover tra Jerry Blake e il Dottor Feinstone,già me lo vedo “THE STEPFATHER VS THE DENTIST”,altro che Freddy contro Jason,era questo lo scontro che avrei voluto vedere,eh eh!!!.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Temo che la struttura di questo film sia uguale a miliardi di altri titoli, è di una banalità totale: se oggi, in un qualsiasi momento della giornata, ti colleghi su TV8 troverai un film in tutto e per tutto identico nella struttura a questo “Stepfather 2”. Semplicemente è una struttura che funziona quando non hai uno sceneggiatore vero.
      Dispiace, perché nel precedente episodio Westlake ci ha mostrato che era possibile fare qualcosa di più di questo personaggio, ma è chiaro che un vero sceneggiatore non dura a lungo, meglio ripetere sempre la stessa trama e riempire i palinsesti con due spicci.

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      • Fabio ha detto:

        Bè si,chiaramente “The Stepfather” era un film che nasceva e moriva lì,ma un tempo si realizzavano sequel anche di film che non erano stati dei grossi successi,al massimo dei moderati successini o anche meno,ovviamente oggi le cose vanno diversamente,se un film non lo vede nessuno allora nessuno investe su dei seguiti,per certi versi è anche una cosa buona,il problema è che i film che incassano di più oggi lo sanno tutti cosa sono,e no non mi riferisco solo ai supereroi,sarebbe troppo facile dare la colpa solo a loro,di certo ci sono in giro pessimi seguiti di saghe infinite,nobilitati dai pregevoli incassi,condivisibile dal punto di vista di un produttore che ci investe i soldini,molto meno piacevole per altri,pochi altri sia chiaro,alla maggior parte delle persone piacciono i seguiti spompati e con il fiato corto!

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  2. Cassidy ha detto:

    Visto che ci recita anche O’Quinn, ti confermo anche qui che devo proprio iniziare a vedere “Resident Alien” 😉 Meg Foster era leggermente ovunque, così come lo sfortunato Jonathan Brandis. Ti ringrazio molto per le tante citazioni, a questo punto attendo anche il terzo patrigno ma forse attendo di più la tua fun fiction 😉 Cheers

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  3. Willy l'Orbo ha detto:

    Da seguace dei thrillerini, anche questo seguito, pur non essendoci, condivido, paragoni col capostipite, devo dire che lo visionai con piacere sbarazzino, grazie ai protagonisti, alla maggior cattiveria dei castigati film “made in TV8”, alla confezione, pur “scacia”, in generale 🙂
    Aggiungo che ogni volta che nomini The Crazables fomenti le mie fantasie più perversamente Z! E questo è un merito! 🙂

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  4. Giuseppe ha detto:

    Hai riassunto alla perfezione (e nel modo più diretto) la carriera di Meg Foster in quegli anni 😉 Un enorme rammarico rimane invece per quella che sarebbe potuta essere la carriera del povero Jonathan Brandis, impegnato quell’anno pure sul set de “La Storia Infinita 2” e che di lì a non molto sarebbe diventato una star televisiva vera e propria con la triennale partecipazione alla serie “SeaQuest”, la cui fine però segnò purtroppo anche l’inizio del suo declino artistico 😦
    E di questo non indispensabile sequel, cosa dire? Che il trio O’Quinn/Foster/Brandis è la sua unica ragione d’essere, vero…
    P.S. “Resident Alien”? Stendiamo un velo pietoso sulla programmazione Rai: fanno di tutto per renderla invisibile, a differenza delle nostre sempre più insopportabili e ripetitive “realistiche” fiction 😠

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Jonathan nella sua brevissima vita ha lavorato più di tanti attori anziani di Hollywood: è stato ovunque, soprattutto in TV. Quanti ricordi quel “SeaQuest”…
      Non so perché la RAI compri nuove serie, tanto non le vuole nessuno: vogliono solo la scolatura più scolatura, allora lasciassero le serie a chi sa valorizzarle!

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