Guerre Stellari: quando Artù divenne Pinotto

Il 2017 sta per finire quindi faccio appena in tempo a festeggiare i quarant’anni di Star Wars (1977) con una indagine su un argomento al tempo stesso noto e ignoto della saga: i nomi dei personaggi nel doppiaggio italiano della prima trilogia.
Tutti sanno che sono diversi, ma nessuno si è mai chiesto il perché: bastano le vaghe leggende senza fondamento che ruotano intorno alla questione.

Ne approfitto subito per ringraziare gli appassionati che sono andato a scocciare per avere informazioni e per indagare, come per esempio Gian Filippo Pizzo, storico curatore di antologie di narrativa e saggistica (come per esempio la recentissima Guida al cinema fantasy), che ha visto al cinema l’intera trilogia alla sua uscita; come Michele Tetro, saggista e romanziere che anni fa battezzai magister librorum filmorumque, cioè mio personale maestro di libri e film, che ha sopportato le mie pressioni e ha capito che se voleva liberarsi di me doveva consultare parte della sua fenomenale collezione; e infine Evit del blog “Doppiaggi Italioti” che ha anche scritto del doppiaggio originale del 1977 ma non della questione di cui mi occuperò. Il match furibondo fra di noi è servito alla fine a darmi l’idea giusta, quindi non posso che ringraziarlo di essere salito sul ring. (E sono sicuro che se leggerà questo pezzo toccherà infilarci di nuovo i guantoni!)

So che oggi, Natale, avete ben altro da fare che occuparvi di Guerre Stellari, così vi lascio ben due giorni per leggere questa indagine “esplosiva”: un’indagine che rivelerà una verità talmente sconosciuta… che sta lì, tranquilla sotto gli occhi di tutti, da anni!


The Saga begins

Checché ne pensino i fan di Star Wars, che in media si basano sulla cultura orale, tutto inizia sempre da un libro. Nel novembre 1976 George Lucas riesce a farsi pubblicare dalla Ballatine Books un romanzo dal titolo Star Wars: From the Adventures of Luke Skywalker, con il nome di Lucas stesso in copertina. Nel 2004, nella breve ma emozionata introduzione per la ristampa del libro sarà George stesso a rivelare ufficialmente ciò che in realtà già si sospettava: il vero autore è Alan Dean Foster, romanziere fantasy che dal 1974 bazzicava la fantascienza alternando novelization a storie inedite.
Non sembra ancora ufficiale che Foster abbia scritto anche Star Trek: The Motion Picture (1979), che porta Gene Roddenberry in copertina, e il mio sospetto personale è che ci sia il suo zampino anche dietro Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), che ancora oggi porta la firma di Spielberg. Insomma, Foster era un autore “sotto copertina”…

Basandosi sulla sceneggiatura di Lucas, Foster inizia il suo romanzo presentando due dei personaggi più celebri, che conquisteranno il cuore degli spettatori ma soprattutto il mercato, e attraverseranno l’intera saga futura:

«Another distant explosion shook the ship—but it certainly didn’t feel distant to Artoo Detoo or See Threepio. […] To look at these two, one would have supposed that the tall, humanlike machine, Threepio, was the master and the stubby, tripodal robot, Artoo Detoo, an inferior.»

Non ci sono sigle nel romanzo, solo nomi estesi ma si capisce il gioco per cui una fredda sigla come R2 diventa un nome come Artoo che evoca memorie gloriose come Arthur, il re che per un curioso destino è reso in italiano proprio come il nome del robottino in questione: Artù.

È subito chiaro che questi due robot sono importanti, e per far capire che non sono semplici macchine nasce un termine nuovo di cui anni dopo la Lucasfilm acquisirà i diritti: un termine che in italiano diventa droide.
Nasce come “abbreviazione”, infatti nel romanzo originale la grafia è «’droid», con quell’apostrofo che fa capire trattarsi di abbreviazione di android, ma poi la cultura popolare devasta tutto e rimane un neologismo sbagliato e assurdo come droid, usato a sproposito. Androide significa “a forma d’uomo” (e già quindi non sarebbe adatto per R2-D2), formato da “andr-” (uomo) e “-oide” (a forma di). Sto semplificando, non è questa la sede per una lezione di etimologia, ma è per dire che “droide” non vuole dire una mazza di niente. Sarebbe come riconoscere valore di parola reale a «gnorsi», che il Paninaro del “Drive-In” usava al posto di «signorsì».

da “La Stampa”, 2 giugno 1977

Comunque i due “droidi” colpiscono sin da subito e infatti nell’anticipare l’avvento del film ai lettori italiani il quotidiano “La Stampa” del 2 giugno 1977 («“Via col vento” tra le galassie») accenna alla presenza di

«due robot sui quali vale la pena di soffermarsi. Si chiamano Artoo Detoo e Threepio

L’autore del testo (che si firma in sigla “f.gal.”) ricopia palesemente i nomi dei due personaggi senza tradurli, e mi sento di dire che ha fatto la scelta giusta: che senso avrebbe mettersi a modificare i nomi di un film?

Il 2 agosto successivo Riccardo Valla – traduttore, autore, saggista e in generale una colonna portante della fantascienza in Italia, venuto a mancare nel 2013 – scrive per lo stesso quotidiano «La sceneggiatura del film che oscurerà 007», una specie di bignamino dell’incipit del romanzo, che sarebe uscito di lì a poco per Mondadori.
Presenta subito i due robottini con queste parole:

«Colui che ha così parlato è il più alto dei due: anche se all’apparenza sembra un uomo, è invece un robot che risponde al nome di C-3PO (familiarmente, See Threepio). Il suo compagno, che lo ha preceduto nell’allontanarsi dalla scena della battaglia, ha nome R2-D2, ovvero Artoo Detoo

da “La Stampa”, 2 agosto 1977

Valla evidentemente deve aver letto le presentazioni del film originale e quindi riporta le sigle alfanumeriche, ma è in minoranza. Il 5 agosto successivo il giornalista “p. pat.”, nell’articolo «Una guerra nello spazio contro la crisi del cinema», si interroga:

«Da che cosa trae origine la fortuna del film? Psicologi e sociologi ancora non hanno enunciato le loro diagnosi sul comportamento del pubblico cinematografico di fronte ai “bip bip” e ai fischi siderali del robot “Artoo-Deto” e alle prodezze di “Threepio“, l’umanoide dorato, le due vedettes del film.»

La grafia è leggermente diversa ma i nomi sono sempre quelli, in tutti gli articoli che precedono l’uscita del film nelle sale italiane.
Dal maggio 1977, data di uscita in patria, Star Wars sta spopolando e chi ha possibilità di accedere a fonti americane può presentare delle anteprime in Italia: è il caso del numero 20 della rivista “ROBOT” – prestigiosa testata che in anni recenti mi ha concesso l’onore di pubblicare un mio pezzo, dove spiegavo (unico al mondo!) le vere origini della parola “robot” – che nel novembre del 1977 si presenta con un numero dedicato a «Guerre stellari in anteprima». Perché usare la parola “anteprima” quando il film è uscito il mese precedente in sala? Probabilmente perché in realtà il numero è stato chiuso quando ancora la pellicola non era uscita (20 ottobre).
Il celebre Luigi Cozzi, che di lì a pochissimo girerà una celebre rielaborazione italiana del film – Star Crash (1978) – scrive un lungo articolo probabilmente basandosi su una visione in lingua originale del film, e quando cita di sfuggita i due robot va giù con sicurezza:

«Solo che mentre nascondere l’attore Anthony Daniels nel costume dorato ma umanoide di See-Threpio è stato facile, ben altro problema è stato infilare qualcuno nello strano congegno che è Artoo-Detoo per poi farlo muovere e camminare.»

A parte il trattino, i nomi sono quelli, e visti i molti riferimenti “americani” dell’articolo è facile che Cozzi stesse basando tutto su visioni originali della pellicola.

“Oscar Fantascienza” (settembre 1977)

Facciamo però un passo indietro al 15 ottobre 1977, quando il “TuttoLibri” de “La Stampa” informa dell’uscita di Guerre Stellari, l’edizione italiana del romanzo di Lucas/Foster che arriva in libreria grazie ad “Oscar Mondadori”.

«Un’altra esplosione remota scosse l’astronave, ma Artoo Detoo e Threepio l’avvertirono come un colpo terribilmente ravvicinato. […] Vedendoli si sarebbe detto che la macchina antropomorfa alta, Threepio, fosse il capo e il tozzo robot tripode, Artoo Detoo, un suo subalterno.»

Come si vede, la traduttrice Ursula Olmini ha rispettato la grafia. È ancora presto per i neologismi e la traduttrice trasforma ’droid in “androide”: mi sento di complimentarmi per la scelta.
Quando esce in edicola “TV Sorrisi e Canzoni” con la data del 30 ottobre 1977 (grazie Michele!) è probabile che i giornalisti non avessero ancora visto il film in versione italiana e avessero preparato i pezzi basandosi sulle notizie che arrivavano dall’America, comunque la rivista presenta i personaggi con il nome che ormai tutte le fonti italiane riportano: R2-D2 (Artoo-Detoo) e C-3PO (See Threepio).

Il 19 ottobre 1977 tutti i cinema d’Italia sono chiusi per sciopero, tranne quelli della Lombardia che si limitano a “saltare” il primo spettacolo. A Roma inoltre si ferma l’attività degli stabilimenti cinematografici e degli studi di doppiaggio. L’industria del cinema italiana naviga in cattive acque e chiede leggi appropriate al Governo: sottolineo che queste sono notizie del 1977, ma le potete copiare e incollare in un qualsiasi anno… Ah, dimenticavo il meglio: le maestranze dell’industria cinematografica italiana si lamentano delle conseguenze provocate dal divieto di usare sui set armi vere: alcuni poliziotteschi che dovevano girarsi a Roma si è dovuti andarli a lavorare in Spagna e in Jugoslavia, con aumento di costi. La notizia del “divieto di armi vere sul set” spunta fuori a cadenza regolare: ma è mai stata vera?

Una delle lamentele degli scioperanti è che l’arrivo imminente di un kolossal americano rovinerà del tutto il mercato italiano, che già se la passa malino. Malgrado tutto, il giorno successivo esce nelle sale italiane Guerre Stellari: se i lavoratori del cinema volevano davvero far esplodere una bomba mediatica, forse dovevano scioperare il 20 maggio, non il 19…
Il film di George Lucas dunque esce nelle sale italiane, e si apre con due robot che fuggono: si chiamano D-3BO e C1-P8… E mo’ questi chi cacchio sono?

Immaginate la faccia che devono aver fatto Luigi Cozzi e la redazione di “Robot”, la redazione di “Sorrisi e Canzoni TV”, la redazione de “La Stampa”, Riccardo Valla, la traduttrice Olmini e la Mondadori tutta quando sono andati al cinema… e hanno scoperto che i nomi che loro hanno citato nei mesi precedenti erano tutti sbagliati…
No, inutile immaginarselo: non è mai accaduto. Nessuno se n’è accorto.


The Comic Saga begins

Apro una parentesi fumettistica. Dice la leggenda che sin dal 1975 George Lucas abbia pressato Stan Lee perché pubblicasse una saga fantasy a fumetti basata sulla sceneggiatura che stava scrivendo. Il decano dei fumetti statunitensi pare abbia sempre detto no, finché arriva un giorno che dice sì: perché? Magari perché nel frattempo Lucas ha girato il film e l’ha fatto vedere in anteprima a Lee, che ha subodorato l’affarone.
La Marvel dunque affida a due pezzi da novanta – Roy Thomas e Howard Chaykin, che all’epoca curavano personaggi leggermente di successo come Conan e Red Sonja – la saga a fumetti che inizia nell’aprile 1977, un mese prima dell’uscita in sala del film.

«Amid this chaos, it is strange perhaps to focus not upon the humans on both sides who live and violently die… but upon a pair of robots, designated C-3PO and R2-D2. More familiarly: See Threepio and Artoo Detoo.»

Pubblicità su “StampaSera” (19 novembre 1977)

La Mondadori prende la palla al balzo e nel novembre dello stesso anno, un mese dopo l’uscita del film nelle sale italiane, porta in edicola il primo numero della serie, diretta da Beppi Zancan, con la raccolta dei primi due albi originali.

«In questo caos, può sembrare strano interessarsi non degli uomini che combattono e muoiono ma… di due robot chiamati C1-P8 e D3-BO. Più confidenzialmente Ciuno e Trebio

Mettiamoci nei panni del povero traduttore (non indicato) del fumetto: l’originale riporta un nome, ma lui al cinema ne ha sentito un altro. È vero, la sua stessa casa editrice il mese precedente ha fatto uscire un romanzo italiano con i nomi originali, ma alla fin fine… chissenefrega, no?
Così mentre ad ottobre i lettori del romanzo Mondadori hanno conosciuto Threepio e Artoo Detoo, il mese successivo i lettori del fumetto Mondadori fanno la conoscenza di Ciuno e Trebio.
Dal 2012 questi albi Marvel/Mondadori si possono trovare in formato digitale grazie a Panini, rieditati e ritradotti da Andrea Toscani. Ormai le regole sono cambiate (lo vedremo), e così si torna all’originale… o quasi:

«In mezzo a questo caos forse è strano distogliere la nostra attenzione dagli uomini che, da entrambe le parti, combattono e muoiono… per dedicarla a due droidi, di nome C-3PO e R2-D2. O, più familiarmente, Ci Trepio e Erredue Didue

E Artoo? E Threepio? Facendo finta di tornare all’originale, è nata l’italianizzazione Erredue e Trepio: questa è la ben nota creatività italiana…

Torniamo agli anni Settanta.
Nel momento di fondare un settimanale a fumetti pieno di strisce di supereroi, la Fabbri Editori acquista fresche fresche le daily strips di Star Wars che Russ Manning stava scrivendo dal marzo 1979, e che avrebbe curato fino al 1984.
Così fin dal suo primo numero (5 aprile 1979) il settimanale a fumetti “Big Bang” presenta “Star Wars” (quando ancora tutti chiamano la saga “Guerre Stellari”), strisce in bianco e nero che però vengono colorate a mano: per motivi misteriosi alcune strisce saranno molto ben curate nel colore, altre avranno pastrocchi psichedelici. In fondo siamo ancora negli acidi anni Settanta…
La traduttrice Carmen Villa segue nomi originali e quindi abbiamo i nostri vecchi amici Threepio e Artoo.

“Il Mago” n. 103 (ottobre 1980)

Passa del tempo e l’arrivo in Italia de L’Impero colpisce ancora (settembre 1980) fa ricordare alla Mondadori che un tempo aveva portato in edicola i fumetti di Star Wars: perché non presentare anche le daily strips? Così acquista le stesse strisce presentate nel 1979 dalla Fabbri e le fa riadattatare da un traduttore non meglio specificato.
Dal numero 104 (ottobre 1980) la rivista pubblica nell’originale bianco e nero – e senza alcune strane manipolazioni della precedente rivista – la serie di strisce Gambler’s World, che dopo la ristampa ANAF 1987 verrà rieditata e colorata dalla Dark Horse Comics e tornerà in Italia per Panini Comics nella serie “Star Wars Legends” (2012-2013).

Fra le differenze delle due edizioni, uscite ad un solo anno di distanza, c’è una curiosa vignetta esplicativa, quella del 5 maggio 1979. Una guardia chiede ai due personaggi identificarsi:

Edizione “Big Bang” (Fabbri 1979):

– Alt! Droids! Il vostro nome e perché siete qui!
– Siamo Threepio… e Artoo, signore. Cerchiamo il nostro padrone.
– C-3PO… e R2-D2? Non siete in lista tra gli equipaggi e nemmeno tra il personale di terra.

da “Big Bang” n. 7 (16 maggio 1979)

Edizione “Il Mago” (Mondadori 1980):

– Fermi, droidi! Fatevi riconoscere… e diteci il motivo della vostra presenza!
– Siamo See Threepio e Artoo Detoo, signore. Cerchiamo il nostro padrone.
– C-3PO… e R2-D2? Non siete sulla lista degli appartenenti a nessun equipaggio, né su quella del personale portuale.

da “Il Mago” n. 104 (novembre 1980)

Oltre all’italianizzazione del termine droid – che nel frattempo ha purtroppo perduto l’apostrofo diventando folle neologismo – notiamo che la prima traduzione lascia nebuloso il rapporto fra i nomi “estesi” e le sigle, mentre la seconda è molto più fedele.
Ma tutto questo è azzerato quando l’anno successivo un’altra grande casa vuole partecipare alla mania per Star Wars: dopo Fabbri e Mondadori, arriva l’Editoriale Corno gestita da Luciano Secchi, che nel luglio 1981 presenta un numero speciale – “Eureka Flash”, luglio 1981 – con l’avventura “Soggiorno su Tatooine” (Tatooine Sojourn, 1979).
Il traduttore ignoto trasforma i due personaggi negli italiani Trepio ed Erredue, che all’occorenza diventano in sigla 3PO ed R2.

da “Eureka Flash” (luglio 1981)

Eureka replica l’operazione nell’agosto 1983 con il numero 242 (o numero 8, Anno XVII) presentando Darth Vader Strikes (1981) di Archie Goodwin e Al Williamson.
Nel colophon alla voce “traduzioni” risulta «Antonio Bellomi, S&C» e stavolta i due droidi tornano alle origini: Threepio e Artoo, la forma abbreviata del romanzo di Lucas/Foster. Che ritroviamo anche nel numero 247 (gennaio 1984) con la storia The Serpent Masters di Goodwin e Williamson.

Dalla metà degli anni Ottanta tutto scompare, e paradossalmente più crescono i fan più scompaiono i prodotti legati a Star Wars. Dal 1991 la testata entra nel ricco patrimonio cine-fumettistico della Dark Horse Comics pronta a conquistare l’universo: della mole infinita di storie che questa casa sforna – si parla di più di mille albi! – i lettori italiani non sanno nulla. E in realtà temo che se ne fregherebbero altamente.
In fondo, quanti saranno i fan che si sono accorti che i personaggi cambiavano nome ad ogni fumetto italiano?


The Books Strike Back

Nel settembre 1979 la Mondadori, nella sua lanciatissima collana “Oscar Fantascienza”, fomentata dal successo del film di Lucas porta nelle nostre librerie La gemma di Kaiburr (Splinter of the Mind’s Eye, 1978), romanzo in cui finalmente Alan Dean Foster può firmare con il proprio nome.

“Oscar Fantascienza” n. 9 (agosto 1979)

«Le avventure di Luke Skywalker e della principessa Leia Organa coinvolti in allucinanti vicende su un pianeta sconosciuto» scrive il “TuttoLibri” de “La Stampa” il 15 settembre, dimostrando di infischiarsene del doppiaggio del film (che è ancora nelle sale italiane).
No, sono ingiusto, la mini-presentazione che ho citato probabilmente deriva direttamente dalla frase di lancio stampata sulla copertina del libro: «Una nuova avventura di Luke Skywalker e della Principessa Leia Organa». Proprio a nessuno frega che nelle sale, proprio in quei giorni, il personaggio viene chiamato Leila…
La traduttrice è la stessa della novelization del film, Ursula Olmini (che però stavolta si firma Ursula Olmini Soergel). Nella sua introduzione Francesco Franconeri definisce il film di Lucas «uno dei massimi successi cinematografici degli ultimi decenni», quindi è plausibile pensare che qualcuno alla Mondadori l’abbia visto: in fondo sono due anni ininterrotti che viene proiettato nei cinema d’Italia!

«Due figure umane si stagliavano nitide contro l’alone di luce emanato dagli strumenti. Una aveva le forme in aureo bronzo satinato dell’androide See Threepio, inseparabile compagno di Artoo

No, nessuno alla Mondadori ha visto il film. O più semplicemente non frega niente a nessuno il fatto che al cinema i personaggi abbiano nomi diversi.
Il citato Franconeri, sempre nell’introduzione, nota:

«E quei due simpatici anche se un pochino nevrotici automi, Artoo Deetoo e See Threepio, non sono in fondo una versione futura dei folletti e degli gnomi benevoli di Talkien e di Brooks?»

Talkien? Ma non è Tolkien? Mi sa che ho capito l’accuratezza per i nomi che domina nella Mondadori dell’epoca…

da “Topolino” n. 1149 (4 dicembre 1977)

Insomma, la Olmini traduce quello che vede scritto e Franconeri forse ha visto il film in lingua originale: è questo lo standard Mondadori? Parlare di film senza vederli?
Eppure il 4 dicembre 1977 il numero 1149 del mondadoriano settimanale a fumetti “Topolino” presenta il film utilizzando esattamente i nomi sentiti al cinema:

«D3-BO (robot dorato, professione interprete); C1-P8 (robot ogivale; memorizza informazioni); Principessa Leila (punto di coesione delle forze ribelli); Luke Skywalker (ovvero Luca Celestepedone)»

Celestepedone??? Va be’…
Quindi le redazioni Mondadori non si parlano, perché nell’ottobre 1977 i nomi sono originali (romanzo di Lucas/Foster), a dicembre sono italiani (Topolino), poi nel settembre 1979 sono di nuovo originali (romanzo di Foster) e qualche mese dopo, su “Topolino” n. 1254 (9 dicembre 1979) appare una pubblicità a tutta pagina di:

«C1P8 il droide radiocomandato di Guerre Stellari»

da “Topolino” n. 1254 (9 dicembre 1979)

La Harbert infatti presenta un modello radiocomandato di 28 centimetri di altezza che riproduce il personaggio del film, e nella pubblicità non solo viene usato il termine “droide” ma addirittura il nome italiano sentito al cinema.
Forse le vendite non sono state alte come sperava la Harbert, tanto che esattamente l’anno successivo su “Topolino” n. 1306 (7 dicembre 1980) il robottino è messo in palio per un concorso.

«È C1P8 della Harbert il premio più prezioso di quest’edizione natalizia di “Selosairispondi”. C1P8 è la perfetta riproduzione dell’amabile e simpatico omonimo droide, protagonista del film Guerre stellari. C1P8 (si legge tutt’attaccato: Ciunopiotto) è radiocomandato a distanza. Funziona a batteria ed è alto ben ventiquattro centimetri. […] C1P8 della Harbert rappresenta i premi dal 1° al 12° di quest’edizione straordinaria del nostro classico gioco.»

Quindi alla Mondadori sanno benissimo il nome italiano del personaggio, ma probabilmente se ne fregano altamente. Quando esce il terzo film ed esce la collana di modellini, su “Topolino” n. 1484 (6 maggio 1984) la pubblicità riporta chiaramente «R2-D2»…

da “Topolino” n. 1484 (6 maggio 1984)

Oggi Star Wars è considerata una religione, ma nella metà degli anni Ottanta agli italiani non fregava più molto: niente più libri, niente più fumetti, niente più di niente. Che importa stare a chiedersi perché c’erano nomi diversi per gli stessi personaggi? Tutto ormai è finito.
Solamente superata la metà degli anni Novanta escono fuori i “fan della prima ora”, le stesse persone che non avevano mai pronunciato la parola “Star Wars” nei dieci anni precedenti. Si sa che Lucas sta lavorando ad una nuova trilogia, e d’un tratto Star Wars torna in Italia. Già, ma con che nomi?

Nella seconda metà degli anni Novanta la casa editrice Sperling & Kupfer decide di puntare su romanzi di genere fantastico: dopo una decina di romanzi di Star Wars e due di Aliens, penserà bene di considerare chiuso l’esperimento. Avrà sicuramente scoperto che i fan italiani sono veloci di lingua ma lenti di portafoglio…
Per l’Operazione Star Wars la casa si affida a Gian Paolo Gasperi, prolifico traduttore professionista ma anche nome importante del fandom di Star Wars: è lui che decide di porre rimedio a tanti anni di nomi sballati.
Se la Mondadori sparava nomi ogni volta diversi, ora la Sperling uniformerà tutto: grazie a Gasperi – sia come consulente che come traduttore – tutti i romanzi usciti in italia dal 1993 al 1999 hanno i nomi come quelli del film del 1977. È una scelta che si può condividere o meno, ma comunque andava fatta.
Oddio, “fatta”… diciamo “fatta così e così”… Tipo una scelta che si fa solo finta di fare…

Prendiamo per esempio il romanzo Guerre Stellari: La tregua di Bakura (Star Wars: The Truce at Bakura, Lucasfilm 1994) di Kathy Tyers, che arriva nelle nostre librerie nel 1996. La traduzione è di Anna Feruglio Dal Dan ma la scritta «Si ringrazia per la gentile collaborazione alla revisione del testo Gian Paolo Gasperi» trova subito chiara spiegazione nel primo capitolo:

«Han, Chewbacca, Leia, and See-Threepio had boarded the Falcon less than an hour ago»

che diventa

«Han, Chewbacca, Leia e D-3BO si erano imbarcati meno di un’ora prima».

Ma… non si era detto di trasformare i nomi come quelli del film apparso nei cinema italiani nel 1977? Se C-3PO è diventato D-3BO… perché Leia è rimasta Leia? E Han? Non era Ian Solo?

«In quel momento, il figlio di Han Solo e della principessa Leia era illuminato dalla luce rosata del mattino»

Così Gasperi stesso nel 1998 traduce Gli eredi della Forza (Young Jedi Knights: Heirs of the Force, 1995) di Kevin J. Anderson e Rebecca Moesta, usado in pratica due pesi e due misure: i nomi sono quelli originali… ma i droidi no, quelli devono cambiare.
E quando la Sperling gli affida la ritraduzione del primo romanzo di Lucas, quello in cui la Olmini nel 1977 aveva lasciato i nomi originali, Gasperi è coerente con se stesso: ritraduce SOLO i droidi.

«A vederli, sembrava che il droide alto e antropomorfo, 3BO, fosse il capo e quello tozzo e tripode, C1-P8, il suo subalterno.»

Questa strana decisione non ha vita lunga, perché il cuore di fan di Gasperi nel 1999 subisce un grave colpo: si ritrova costretto a tradurre Star Wars. Episodio I: La minaccia fantasma (The Ghost Menace, 1999) come MAI avrebbe voluto farlo…

«He had forgotten that C-3PO was first and foremost a protocol droid»

Possiamo sentire le lacrime sgorgare dagli occhi di Gasperi, quando si trova costretto a tradurre

«Aveva dimenticato che C-3PO era soprattutto un droide protocollare»

Dopo anni passati a cambiare ogni C-3PO che incontrava con D-3BO, nell’indifferenza di quei fan italiani che in realtà non se ne sono mai accorti più di tanto, ora il traduttore è costretto a tornare sui suoi passi, e a fare quello che tutte le case editrici dal 1977 in poi hanno quasi sempre fatto: fregarsene del discutibile doppiaggio italiano della trilogia classica.
Cos’è successo? Ce lo spiega Gasperi stesso in una “Nota per il lettore” all’inizio del romanzo in questione:

«Nella nuova Trilogia, per volere della Lucasfìlm, i nomi dei droidi D-3BO e C1-P8 – protagonisti della prima serie di Guerre Stellari – sono stati denominati C-3PO e R2-D2.»

Non è una nota giusta, sembra che la Lucasfilm sia d’un tratto impazzita e voglia cambiare i nomi di personaggi che storicamente sono sempre stati uguali: semplicemente non è vero.
In Italia per i vent’anni successivi al 1977 solamente in sparuti casi qualcuno ha usato i nomi sentiti al cinema: Gasperi è stato l’unico a insistere per uniformare i nomi, anche se per motivi misteriosi l’ha fatto solo per i due robottini, ignorando Han/Ian, Leia/Leila, Vader/Fenner e via dicendo. Di quelli neanche a lui è mai fregato molto…
Semplicemente ad un certo punto Lucas si è stufato che i propri personaggi fossero riportati a casaccio. (E direi che aveva ragione.)

Ma insomma, perché in Italia si è creata questa assurda situazione? Perché una saga che a posteriori è così amata si ritrova a dover scegliere fra i nomi da usare per i suoi protagonisti?
Quando mi sono posto questa semplice domanda, è iniziata la vera guerra stellare…


The Ghost Choice

Nel “Fotolibro di Guerre stellari” (Sperling & Kupfer 1978) i nomi dei personaggi sono quelli originali, nell’album di figurine “Guerre stellari” (Panini 1977) invece i nomi sono quelli italiani. (Grazie Michele per le info!)
L’effetto di questa confusione si può spiegare con scelte diverse adottate dai traduttori: visto che le case editrici non sembrano molto interessate alla questione, sta a loro scegliere quale nome utilizzare, ed ognuno fa la sua scelta. Per la mia rubrica “Professione Traduttore” ho intervistato professionisti che mettono l’anima nel loro lavoro e per tradurre fanno cose che voi umani non potreste neanche immaginare. Ecco perché io non sono fra quelli che dicono “tanto al traduttore non fregava niente dei nomi”: no, ai traduttori frega sempre. E tantissimo. Il problema è che sono lasciati soli a fare scelte che poi magari non tutti i lettori condividono.
Questo è l’effetto, ma la causa? Perché in Italia ci sono nomi diversi fra cui scegliere?

Compiuti 14 anni è definitivamente finito il mio cocente amore per Guerre Stellari, passione giovanile che non si è rinnovata nel 1999, com’è successo a tutti gli altri fan italiani.
Essendo quindi totalmente ignorante in materia ho fatto quello che faccio sempre in questi casi: vado a chiedere a chi ne sa di più.
Il risultato è la triste e rassegnata constatazione che siamo una cultura orale, crediamo alle parole e quindi ogni fake news per noi è Verità rivelata.

Pagina 10 dell’album di figurine Panini, con i nomi italiani

Quello che io cercavo non era l’opinione dei fan, sia perché non mi interessa sia perché è un’opinione che vale solo per chi la esprime. (Essendo anch’io un fan, di altri universi narrativi, comprendo benissimo il sentimento alla base di idee che con la realtà non hanno molto a che vedere.)
Scopro dunque che nessuno si è posto la domanda: siamo tutti così abituati alle mostruosità del miglior doppiaggio del mondo che non ci stupiamo più di niente.
Visto poi che non esiste una sola fonte scritta, dal 1977 ad oggi, che si interroghi sull’argomento, semplicemente l’argomento non esiste. (E se esistesse, essendo i fan prevalentemente a cultura orale, la ignorerebbero.)

Il massimo che ho ottenuto da un mio collega di lavoro, noto per essere un’autorità in materia Star Wars, è la “Leggenda Eufonica”: nel primo film hanno cambiato i nomi per motivi eufonici.
Il mio sguardo vacuo non è servito, perché non è arrivata alcuna ulteriore spiegazione: i fan non si fanno domande, ripetono ciò che sentono e basta. Quindi poco importa se l’eufonia (“suonare bene”) di solito si intende per parole che affiancate “suonano bene”, tipo “questo ed altro” al posto di “questo e altro”: C1-P8 è più “eufonico” di R2-D2, e per un fan questo basta e avanza. È Verità rivelata.
Visto però che, come detto, io non sono un fan – e comunque prima di tutto non credo alle parole senza fonte – questa spiegazione non mi basta. Chi ha deciso che i nomi originali non erano abbastanza “eufonici” per gli spettatori italiani?

Qui arriva in soccorso l’“Assunto dell’Ignoranza”. Ci sono due lunghi e dettagliati articoli in rete che vengono molto citati e che trattano del doppiaggio della Trilogia classica. Entrambi gli articoli iniziano con premesse che io trovo oscene ma evidentemente sono l’unico.

«Siamo, infatti, negli anni ’70, ancora lontani dalla rivoluzione di Internet, ed estranei a quel processo di inglobamento di termini anglosassoni che tanto caratterizza l’italiano odierno. L’inglese è ancora una lingua riservata a pochi “eletti”, cioè coloro che lo masticano per lavoro: la maggior parte del pubblico è impreparata ai giochetti di assonanza ed alle pronunce che ora vedremo nel dettaglio.»

da “La Guerra delle stelle:
Il doppiaggio e l’adattamento italiano di Star Wars del ’77

di Lorenzo Frati

«In aggiunta, sono anni in cui letteralmente NESSUNO in Italia conosce l’inglese, nemmeno vagamente, nemmeno l’ibrido che tanti conoscono ora.»

da “Guerre Stellari:
Il doppiaggio e l’adattamento italiano del ’77

di Valentina Viel
(5 gennaio 2015)

I due citati articoli si lanciano in accuratissime ed approfonditissime analisi di ciò che ha pensato il direttore del doppiaggio, dimenticandosi di rispondere alla domanda più ovvia: come accidenti lo sanno? L’hanno intervistato? Hanno letto sue dichiarazioni? Non si sa: non è sprecata una sola sillaba a specificare come facciano ad essere così monoliticamente sicuri di ciò che è successo in una sala doppiaggio del 1977.
Quindi tutto ciò che scrivono non può essere inteso in altro modo se non come frutto di loro pensieri ed elaborazioni mentali: cioè è tutta una loro opinione, quindi non mi aiuta. Un’opinione senza basi non serve a niente.
Comunque già le due affermazioni iniziali che ho riportato bastano a screditare tutto il testo: come si può dar credito a ragionamenti che si basano su premesse così assurde?

© 1978 John Jay

L’Italia è un paese fortemente anglofono dal secondo dopoguerra, quando gli americani ci hanno colonizzato e hanno portato ad ogni livello la loro lingua.
L’esplosione creativa e distributiva che negli anni Cinquanta e Sessanta ha raggiunto anche l’ultimo degli italiani ha fatto il resto. È nato quel fenomeno che chiamo “Italian Pulp“, in cui eserciti di scrittori italiani si “mascherano” con improbabili nomi anglofoni e propongono in edicola storie scritte come vengono raccontate al cinema, con tanto di nomi e termini inglesi.
Eduardo e Totò usano tranquillamente termini inglesi come Alberto Sordi negli anni Cinquanta crea la sua lingua che sfotte l’americano. Nell 1966 Ciccio Ingrassia, in Come svaligiammo la Banca d’Italia di Lucio Fulci, fa il finto americano e per tutto il film usa tranquillamente termini inglesi. Le sale del 1977 mettevano in cartellone film dai titoli inglesi – tipo Yellow 33 (1971) di Jack Nicholson – e il pubblico italiano conviveva con l’inglese senza alcun problema, e anzi moltissime produzioni dal resto del mondo venivano ammantate di “americanità” proprio per venderle meglio. Devo proprio citare il genere spaghetti western? Devo proprio citare il fiume di attori italiani che si fingevano americani? E dovrei credere che il pubblico del 1977 non trovasse “eufonici” dei nomi inventati, che di inglese non avevano assolutamente nulla?

© 1978 John Jay

Eppure i fan non hanno dubbi: sono più che convinti che il pubblico dell’epoca non avrebbe mai capito Leia, nome inglese per eccellenza, e quindi è stato giusto trasformarlo in Leila, che in italiano suona decisamente meglio. Han? Scherziamo? Impronunciabile! Meglio Ian. R2-D2? Vergognoso: meglio C1-P8…
Tutta questa strana e incomprensibile scelta viene attribuita al direttore del doppiaggio Mario Maldesi… ma lui lo sa? Ha mai rilasciato dichiarazioni in proposito? Tanti analizzano il suo pensiero, ma nessuno cita una sua fonte.

Tramite le informazioni del sito di Antonio Genna vado a spulciarmi l’attività di Maldesi, e scopro che con lo stesso studio CVD l’anno precedente ha portato in Italia Il maratoneta (1976), film dove il protagonista Dustin Hoffman viene chiamato con il nomignolo “babe”.
È impossibile che quei contadini e zappaterra ignoranti degli spettatori italiani del dicembre 1976, che andavano al cinema con le pecore sulle spalle come nel presepe, capissero un nomignolo inglese del genere, sicuramente Maldesi avrà fatto una “scelta eufonica” e avrà cambiato termine… Ah, no, non l’ha fatto: nella versione italiana rimane “babe” (bèib). Forse il pubblico italiano dell’epoca non era proprio così ignorante di inglese come i sedicenti “poliglotti” di oggi vogliono credere.

Dopo essermi accapigliato con Evit, è proprio da lui che mi arriva il consiglio vincente: perché non vai a cercare su YouTube un’intervista a Maldesi?
Come sempre, la verità è sotto gli occhi di tutti, anche se nessuno la guarda.

Mario Maldesi in un’intervista del 2012

Risale proprio al 2012, l’anno della dipartita del direttore del doppiaggio, una ghiotta intervista dell’Enciclopedia del Doppiaggio in cui Maldesi racconta i suoi ragionamenti, e stavolta non è un’opinione… visto che sono suoi ragionamenti.
Riporto per intero il passaggio in cui parla di Guerre Stellari: il video lo trovate a fine pezzo.

«Sono io il responsabile [del cambio dei nomi], perché mi sembrava … A parte che non c’era il DVD, allora, non c’era… e poi io non dovevo tradurre letteralmente. Io non ho mai tradotto letteralmente, ho sempre cercato degli effetti equivalenti, come si suol dire tecnicamente, allontanandomi dalla traduzione letterale che spesso è una non-lingua.

Artù-ditù (ride), che è R2-D2, in italiano è orribile. (ripete con voce storpiata) R2-D2: (con cadenza romana) nun se po’ di’. È questo robottino piccolo. È una formula chimica, diciamo, R2-D2, allora troviamo l’equivalente italiano che sia carino, che sia un nomignolo… E io… Cercammo insieme… Ciuno Piotto (ride) C1-P8, che sembra una cosa da… E infatti anche le altre versioni non hanno seguito R2-D2. In spagnolo mi pare sia El niño… Cioè, delle cose carine, da robottino. E quello poi quando è arrivato dopo col terzo… Eh no, eh? Artù-ditù… Boh! (con cadenza romana) Fa’ ‘n po’ come te pare…

Avevamo carta bianca, io avevo assolutamente carta bianca nel modificare i testi. Naturalmente quando le modifiche erano sostanziali avvertivo il traduttore, che era quasi sempre Roberto De Leonardis, mio grande amico, oppure Sergio Jacquier. Lo avvertivo e dicevo “Guarda, io vorrei fare… per questa ragione…”. “Sì, fai fai”. Mi davano sempre l’ok, ovviamente. Quando erano scemenze o cose senza grande valore non li avvertivo neanche, però andava sempre bene.»

E l’eufonia? E gli italiani del ’77 che non capivano l’inglese? Tutte leggende nate perché i fan sono fermi alla cultura orale, e credono a tutto ciò che sentono, soprattutto se sono panzane. Solamente ciò che è scritto puzza loro di sbagliato…

© Lucasfilm

L’ultima leggenda che Maldesi non cita è quella che mi fa più ridere: essendo la più stupida, è ovviamente diventata subito Verità.
Molti dicono – senza citare ovviamente alcuna fonte a supporto – che Lucas ha voluto chiamare R2-D2 in quel modo perché è un robottino più importante rispetto agli altri, in quanto porta il messaggio della principessa. La sigla però è arrivata dopo, prima c’era il nome per esteso: Artoo, che suona come Arthur (Re Artù).
Non c’è niente di male che i fan credano questa cosa, sebbene sia solo un’opinione, ma l’assurdo arriva dopo. Secondo questa scuola di pensiero il nome non si poteva proporre agli italiani ignoranti, che giustamente non conoscendo l’inglese e sentendo un doppiatore dire “Artù” non avrebbero MAI capito il riferimento ad Artù: bisogna aver vissuto a New York per almeno un anno per raggiungere una conoscenza inglese tale da capire questo sottilissimo richiamo.
Così, sempre secondo questi fan che sono campioni di inglese perché girano su Internet con Google Translator, Mario Maldesi avrebbe fatto l’unica soluzione possibile: nel momento di doppiare il film avrebbe trasformato il personaggio in C1-P8, nome più simpatico perché ricorda Pinotto.

A parte che a me P8 non ricorda minimamente Pinotto – ma forse perché sono di Roma, e piotto significa “vado a mille” – ma poi che fine ha fatto il discorso che il droide è più importante e quindi ha un nome importante?
Questo è il mondo dei fan: un mondo dove si trova giusto che Artù diventi Pinotto…


Conclusione

La saga di Star Wars in Italia non è che sia mai stata seguita più di tanto, perché i fan italiani odiano tutto ciò che è legato a ciò che amano. Odiano i saggi, odiano i romanzi, odiano i fumetti, odiano le riduzioni per l’infanzia, odiano le figurine, odiano gli audiolibri, odiano TUTTO ciò che non sia il film che hanno visto da ragazzini. (Questo vale per tutti gli universi che hanno generato fandom.) Quindi tutto ciò che è legato al film non è degno di esistere: figurarsi quanto freghi i nomi che usano.
Solamente tre uomini hanno posto attenzione ai nomi della saga di Star Wars in Italia.

  1. Mario Maldesi, che nel 1977 ha fatto ragionamenti tutti suoi – che io trovo ridicoli ma tant’è – inventandosi dei nomi che i “veri” fan amano: perché i veri fan ignorano tutto di Star Wars in Italia, quindi raramente si sono accorti che in genere recensioni, saggi, romanzi, fumetti, giochi, pubblicità e il resto avevano tutt’altri nomi.
  2. Gian Paolo Gasperi, che almeno dal 1993 ha fatto sì che la Sperling & Kupfer pubblicasse romanzi con tutti i nomi originali dei personaggi, DIVERSI quindi dai film visti al cinema, TRANNE per i due droidi, rinominati non si sa perché seguendo le strane idee di Maldesi.
  3. George Lucas, che nel 1999 ha detto: Amici italiani, mo’ avete rotto er cazzo! Abbasta co’ ‘sti nomi, si torna agli originali!

Per ringraziare George di aver messo fine a questa situazione imbarazzante, chiudo parafrasando Otto il paserotto dei Latte e i Suoi Derivati:

Era otto il passerotto zeppo di felicità,
un po’ C1 un po’ P8, che ha inziato a svolazzar,
e decolla come un razzo…

Artù…

Come?

Artù-Ditù: stacce!

Ma no, i film dicono C1-P8, quindi Artù non c’è, non c’è in questa favola e non c’è, non esiste!

P.S.
Dopo questo post mi è capitato di vedere un episodio della serie televisiva Fox “Life in Pieces”, trasmesso in Italia originariamente nell’estate 2017, dove uno dei protagonisti a sorpresa è diventato fan storico di Star Wars, ma solo dalla seconda stagione. Citando R2-D2, il doppiaggio italiano della Beep! Studios non ha avuto esitazione a cambiare il nome in C1-P8: quindi i fan sono così coriacei da ignorare il doppiaggio degli ultimi vent’anni preferendo quello di quarant’anni fa? Il problema è ancora aperto, visto che il 2018 si apre con la DeAgostini che porta in edicola una collana a puntate per costruire… R2-D2…

L.

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80 risposte a Guerre Stellari: quando Artù divenne Pinotto

  1. Denis ha detto:

    Si avevo letto nei libri su Star Wars che il cambio di nomi era dovuto ha scelte di doppiaggio per il suono della parola ma se ne poteva uscire con un dialogo tipo”R2D2 che ne dici se ti chiamo artù”
    non e bellissimo e il robot dorato facevano prima a chiamarlo chinotto,pensa che volevo fare un post su il risveglio della forza ,anche se non hai capito perchè la gente si accapiglia anche sull’ultimo film gli Ulimi Jedi ,Lucas avevo fatto i primi film per far soldi con i giocattoli e fumetti ect, questo e il suo genio e il resto la fatto l’eccellente design del film perchè in fondo e una favola fantasy se hai 8 anni e il massimo ma gia i registi Friedkin e De Palma che videro il film in privato assieme a Lucas non ne furono entusiasti.
    Comunque Auguri di Buon Natale,Santo Stefano e Buon Anno con primizie zinefile

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  2. Conte Gracula ha detto:

    Spero di poter finire di leggere il post ben prima di due giorni, ma in casa mia, il Natale non significa certo pace -_-
    Comunque, quel che ho letto sembra già gustoso! 😀

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  3. Willy l'Orbo ha detto:

    Mi prenderò tempo dopo questo pranzo che più non finisce 🙂
    Comunque tieni conto che ho una passione smodata per Guerre stellari quindi regalo più bello…
    Ne approfitto, intanto, per fare gli auguri a tutti 🙂

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  4. Conte Gracula ha detto:

    C’è un sottile filo rosso che lega molti adattamenti italiani, da Stat Wars agli anime in salsa Mediaset ai nomi dei personaggi di Harry Potter XD
    Questo vizio di cambiare i nomi dei personaggi non lo reggo, vorrei ricordarli all’anagrafe per come dovrebbero essere, non che Vader sembra water (come il w.c., non come l’acqua) e dunque diventa Fener. Mia ipotesi, spero sia chiaro 😉

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  5. Cassidy ha detto:

    Arrivo solo ora ma non posso che dart i miei complimenti per questa super ricerca, sono molto d’accordo in particolare sulla chiosa finale sui fan, si é visto in questi giorni con l’uscita del nuovo film (che non ho ancora visto) una gara a chi é più fan che sembra solo una gara a chi é più ottuso. Con questi pezzo hai aggiunti una nuova dimensione ad una discussione che continua da anni e viene portata avanti a colpi di frasi fatte e false verità come quella da te citata su Artú, nome dato per elevare l’androide. Insomma bravissimo! Mi limito a dart gli auguri di buon Natale! 😉 Cheers

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  6. Sam ha detto:

    Articolo molto , molto interessante ed esaustivo: ma permettimi però di dire che, alla fine, i nomi sono stati davvero cambiati per motivi “eufonici”, anche se le motivazioni dietro che circolano da anni sono molto opinabili.
    Il problema è che chi scrive quegli articoli, sono probabilmente ventenni che credono che gli anni 70 italiani erano come gli anni 40-50 : allora si , che l’inglese era una lingua davvero sconosciuta ai più e si tendeva a italianizzare tutto ( da qui nacque forse la ” tradizione ” di cambiare nomi nel doppiaggio : una tradizione che già avevamo fin dai tempi ell’ antica Roma, dove cambiavamo i nomi delle divinità greche in altri latini ) .
    Per il resto, io già da piccolo (classe 77 ) conoscevo il nome di R2 D2 , letto o sentito chissà dove : mancherebbe giusto sapere come venivano chiamati i droidi nella serie animata degli anni 80 con loro protagonisti e trasmessa su canale 5 ( di cui nessuno ha registrazioni per controllare . Ma magari io lì’ho imparato da lì).
    Ma questa cosa dei doppi nomi, originali e italiani dati in pasto al pubblico è cosa accaduta più volte : penso all’ Uomo Ragno che aveva un sigla dei cartoni che diceva “Spiderman, tu sei l’Uomo Ragno…” oppure agli anime, dove già nei primissimi anni 80, molti fumetti italiani presentavano nomi e colpi in originale ( tipo Daitarn III, chenei fumetti italici suava all’ inizio il, “sun Attack ” e non l’attacco solare )., per non parlare dei giocattoli ( in alcuni manuali di istruzioni, vengono riportati i nomi originali e non quelli italianizzati in tv ).

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Sono davvero tanti i personaggi che si sono ritrovati i doppi nomi, spesso perché magari all’epoca il direttore del doppiaggio (o chi prende queste decisioni) ha pensato che il nome originale straniero non andasse bene per il pubblico di riferimento.
      L’opinione di Mario Maldesi è altamente discutibile, visto che siamo molto lontani dai tempi in cui William diventava Guglielmo, e già negli anni Cinquanta gli italiani sapevano benissimo l’inglese come può saperlo un popolo “colonizzato”.
      Visto che Maldesi lavorava in un periodo in cui nessuno cambiava i nomi stranieri – figuriamoci i nomi inventati e non appartenenti ad alcuna lingua – rimane misterioso e immotivata la sua scelta: altro che eufonia!
      Per finire, la tua esperienza con R2-D2 è diametralmente opposta ad altri che ho “intervistato” per il pezzo, che mi hanno detto di aver sempre conosciuto, sin da bambini, solo esclusivamente C1-P8.
      Ogni fan ha una sua storia, molto diversa da quella di altri fan, per questo cerco le prove e non le opinioni 😉

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      • Sam ha detto:

        Ma ripeto, Maldesi ha cambiato i nomi , per su ammissione , perché suonavano male, e quindi la storia dell’ “eufonia ” ci sta. Ma basta pensare a molti nomi di personaggi nipponici che venivano leggermente modificati per motivi di suono, tipo Aiko di Hello Spank, che diventa “Aika” perché più femminile ( in italiano non ci sono nomi femminili che finiscono per “o” ), Non sono d’accordo sul fatto che gli italiani conoscessero così bene l’inglese come dici negli anni 50 , ancora oggi c’è un sacco di gente che fatica a biascicare l’inglese, figurati a quei tempi ( e basta leggere tante fumetti dell’ epoca per vedere come venisse trascritto male , tipo Jim che diventa “Gim” o “okay” che diventa “okei ” ). Sono d’ accordo che bisogna sempre controllare le fonti e non a quello che ha detto “lo zio del cugino dell’ amico “, però, a me R2 D2 mi è sempre stato famigliare: non so dove l’ho sentito dire, forse in quel benedetto cartone ( che spero ritrasmettano in modo da controllare se lo usavano lì ) che è l’unico tassello mancate in questo completissimo articolo.
        L’Intro del cartone, lo ricordi ?

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Gli errori di scrittura dell’inglese non vuol dire scarsa conoscenza della lingua: ancora negli anni Ottanta veniva scritto “mistery” e la Disney italiana ci ha fatto una collana, “Topomistery”: Gim al confronto è un vezzo 😛
        Negli anni Cinquanta sono nati i romanzi finti americani scritti da italiani, con tanto di titoli originali scritti inglese mentre la cultura anglofona permeava ogni angolo di società, dalla musica al cinema. L’inglese si sapeva come oggi: male, ma l’orecchio c’era.
        Oggi tutti si credono anglofoni perché traducono le pagine con Google Translator e fanno videogiochi tradotti in italiano. Io a 8 anni sapevo più inglese della mia maestra elementare, perché con il Commodore64 ero immerso ogni giorno nell’inglese. quindi dico che negli anni ’80 si conosceva più inglese di oggi, dove TUTTO è tradotto? Queste sono esperienza soggettive, non possono valere per giudicare un decennio!
        Per finire, Maldesi ha detto che R2-D2 era orribile: non ha mai parlato di “suonare bene”. Gli anime avevano nomi giapponesi e posso capire che necessitavano un adattamento: Leia è un nome inventato, cos’ha guadagnato a diventare Leila? Quanto inglese bisogna conoscere per capire Leia? Capisci che è questo il soggetto del mio pezzo? Le leggende senza fondamento che ruotano intorno a Star Wars hanno creato falsi miti, come quello secondo cui si debba essere anglofoni per capire Han: siccome gli italiani sono ignoranti di inglese, allora è meglio Ian…

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  7. Sam ha detto:

    Fermi tutti !
    Ho appena visto che sul Tubo c’è la serie in italiano, e sopresa, è proprio come dico : i nomi sono originali, quindi ecco R2 D2!
    La mia memoria elefantica non mi ha tradito.
    Ora puoi davvero completare l’ articolo !

    magari se mi citi tra i ringraziamenti..

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Grazie della super-chicca, però bisogna prima stabilire con certezza quando è andata in onda in Italia e chi ha curato il doppiaggio. Plausibilmente non è stato Maldesi, altrimenti avrebbe usato i nomi che s’era inventato anni prima 😛

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      • Sam ha detto:

        mah, io all’ epoca abitavo nella vecchia casa quando lo vidi , poi mi sono trasferito nel 1985. ( però vedo che la serie in USA è cominciata nel 1985 stesso.Che in Italia sia stato trasmesso in contemporanea o quasi ? Non è impossibile, visto che anche una stagione di Batman adventure fu trasmessa prima che in USA.)

        Fossi in te cercherei tra l’85 e l’ 86 su Canale 5 e Italia 1 , fascia mattutina ( specie durante le festività )
        Dovresti trovarlo facilmente..
        La serie si è vista tutta, e non pochi episodi come certe gente dice in giro.
        Non fidarti di Antonio Genna: il sito è pieno di errori e imprecisioni, con i nomi di doppiatori messi a casaccio nelle schede dei prodotti più vecchiotti.

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Eh sì, il fatto di non usare mai alcun tipo di fonte per l’enorme mole di sue informazioni mi fa storcere il naso ogni volta che consulto il sito di Genna: peccato che nei siti italiani viga la più totale autoreferenzialità. (E’ così perché lo dico io…)
        Comunque cercherò info sicure del cartone, e visto che ho una pubblicità di Topolino del 1984 dove si legge R2-D2 (l’ho presentata nel pezzo) è facile che negli anni Ottanta stessero cercando di mettere giustamente da parte quelle strane scelte di doppiaggio, condivise raramente da qualcuno all’infuori dei fan nostalgici dei film. 😉

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  8. cumbrugliume ha detto:

    Grandissimo articolo, da stampare e conservare! Io posso portarti la mia testimonianza di figlio degli anni ’80 che non ha fatto in tempo a vedere nessun film della trilogia originale al cinema: io come tutti i miei amici ho sempre detto “Darth Vader” e “Han Solo”, ma il robottino era assolutamente C1-P8!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Io ho fatto in tempo a vedere il Ritorno dello Jedi: ecco perché sono l’unico italiano che lo considera il migliore della trilogia, perché gli altri film li ho visti anni dopo in VHS 😛
      Purtroppo non ricordo minimamente i nomi sentiti in sala, e dopo poco la passione mi è passata e non ho più dedicato alcuna attenzione alla saga.
      Di sicuro anche per me era Darth Vader, perché la falsa leggenda che si confonda con water è nata dopo 😛

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  9. Vincenzo ha detto:

    Gran pezzo Lucius, questi tuoi approfondimenti sono eccezionali e me li leggo sempre tutti d’un fiato…
    Anche questa volta che hai toccato un tema a me caro come la saga di Star Wars, che come forse ormai saprai costituisce il mio guilty pleasure per eccellenza…
    Sono un fan ma non un fan-atico, quindi mi piace leggere questi approfondimenti, soprattutto quando sono fatti con cognizione di causa e citando accuratamente le fonti, come fai sempre tu…
    Devo dire che la storia di r2-artwo-artú mi pare di averla sentita dallo stesso Lucas nella versione del film commentata, ma dovrei ridare un’occhiata per sicurezza…
    E poi ti racconto questo aneddoto: quando dieci giorni fa ho visto episodio 8 al cinema, c’erano dei bambini (età 7-8 anni o giù di lì) che si infuriavano quando sentivano Leia al posto di Leila…
    Ma dovevi vederli!
    Una nuova generazione di fanatici della prima trilogia cresce!😁😁

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      ahaha poveri bambini, potevano iniziare “vergini”, senza polemiche e invece probabilmente i genitori li avevano indottrinati con la prima trilogia: è così che il virus si propaga 😀
      Alcuni fan in effetti hanno detto che non sanno perché Lucas, che ha “toccato” la trilogia così tante volte, non abbia mai pensato a farla ridoppiare uniformandola a tutto il resto.

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  10. Il Moro ha detto:

    Mamma mia che articolone! Non sapevo di tutti questi cambi di nome… All’epoca non si guardava troppo per il sottile. Comunque io ho sempre chiamato i robot con i nomi italiani. E quello nero con gli occhioni da Topolino e l’aspirapolvere in bocca è sempre stato “dart fenner”. 🙂

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  11. Sam ha detto:

    Che poi, dall’ articolo del zinefilo si capisce che il 99% dei licenziatari italiani di SW i usarono i nomi originali fin da subito. L’unico che se ne fregò altamente fu Maldesi , e proprio sul prodotto più importante e ad ampia diffusione, i film .
    Quindi non ci vedo nulla di strano che anche la serie animata andò sui nomi originali ( serie che in Italia conoscono in pochissimi ancora oggi ).
    La serie droid cmq è andata in tv solo a metà anni 80 e mai più replicata ( è infatti molto rara tra i collezionisti ), resta solo da vedere l’anno esatto.

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  12. Sam ha detto:

    Lucius, se un direttore del doppiaggio cambia nomi a un personaggio, è perché, evidentemente, per lui suonano male . Maldesi lo dice nell’ intervista che cambia i nomi perché li trovava brutti . E perché uno cambia un nome ? Perché suona male. oppure ha una pronuncia equivoca, come capitava con alcuni nomi nipponici negli anime ( es. “Kagato”. )
    E anche così,sempre di brutta pronuncia, e quindi di brutto suono si tratta.
    Immagino che Leia lo avrà trovato brutto perché sembra sardo o quello che vuoi , perché effettivamente Leila è molto più orecchiabile in italiano . Così come sempre Maldesi affermi nell’ intervista che Artù Ditù o come si dice gli facesse schifo . Ma qui entriamo nella sfera dei gusti personali che che non giustificano Maldesi dall’ aver cambiato nomi a destra e manca con disinvoltura ( se non piacevano a lui, non vuol dire che avrebbero fatto schifo a tutti gli altri) . Sulla questione della diffusione dell’ inglese negli anni 80 avrei da ridire, ma ne verrebbe fuori un discorso che non finirebbe più : dirò solo che il fatto che tu a 8 anni sapessi meglio l’ inglese della tua Maestra, un insegnate, la dice lunga sulla diffusione della lingua d’Albione nel nostro Paese ( anche se molti termini erano diffusi anche nelle persone di più bassa estrazione culturare, tipo “help o “smile”. 😉
    Certo è che un Leia o R2D2 non avrebbe certo dato problemi a chi non ha dimestichezza con l ‘Inglese ( non è più di uno “skywalker” ), ma appunto Maldesi ha detto di averli cambiato solo perché non gli piacevano , non per altro.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Sono perfettamente d’accordo con la tua frase finale, «Maldesi ha detto di averli cambiato solo perché non gli piacevano , non per altro», e non con la tua prima, «se un direttore del doppiaggio cambia nomi a un personaggio, è perché, evidentemente, per lui suonano male», e nella sottile differenza fra le due frasi c’è il succo del mio pezzo.
      Se una fonte dice “questo nome non mi piace”, affermare il motivo per cui quel nome non piace significa interpretare il pensiero di chi sta parlando, e questo è leggenda. Ho parlato di Star Wars perché mi ha permesso di presentare un ragionamento che vale purtroppo in ogni ambiente culturale italiano: la tendenza a credere nella leggenda piuttosto che andare alla fonte.
      Se ci mettiamo ad interpretare, io leggo nell’intervista di Maldesi il potere di un uomo che poteva fare il cazzo che gli pareva e l’ha fatto tranquillamente, mentre altri hanno tirato fuori una “leggenda eufonica”. Togli Maldesi e metti un politico ambizioso: la sua sete di potere e la sua mancanza di rispetto per le regole non viene più vista per quello che è bensì mascherata di leggenda.
      Non mi interessa convincere i fan, che credono solo alle leggende, mi interessa raccontare la ricerca delle fonti e, visto che una fonte l’ho trovata, riportarla senza interpretazioni, per far capire il meccanismo e spingere a non interpretare il pensiero di una fonte, ma ad ascoltare quello che la fonte dice. Poi ognuno pensa quello che vuole, figuriamoci poi riguardo ad un filmetto fantasy, ma quello che mi preme è mettere una linea di confine fra “interpretazione” (che crea leggende balzane e fake news) e “fonte”, che parla da sola senza bisogno di essere interpretata.

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  13. Giuseppe ha detto:

    Ahh, meraviglioso e dettagliatissimo il tuo post “starwarsiano” per uno come me che ha praticamente vissuto tutto questo in prima persona: film in sala nel lontanissimo ’77, QUEL numero di Sorrisi e Canzoni TV, album di figurine (CE L’HO ANCORA, CAZZO!), primissimi albi a fumetti (con la prefazione augurale di Beppi Zancan) e romanzi purtroppo persi chissà dove tranne l’adattamento Marvel de “L’Impero colpisce ancora” pubblicato nella collana Oscar Mondadori, le strisce di Russ Manning pubblicate pure su Il Corriere della Sera, la sarabanda di nomi dei protagonisti che ricordavo essere sbagliati dall’inizio e che MI suonavano sbagliati dall’inizio (è sempre interessante ripercorrere la genesi e le non-motivazioni della persistenza di quegli errori): la stessa rivista ROBOT nel n.14 del maggio 1977 nella sezione “Cinema e Comics notizie” riportò un errore inedito chiamando il protagonista Luke Starkiller e non Skywalker, anticipandone gli scontri con un “mago malvagio/orda di automi/pianeta mortale/mostri preistorici” e -uniche voci che poi avrebbero avuto conferma, pur se la prima riguardo a Kenobi e NON a Luke- i duelli a “laser-lame” e la lunga battaglia spaziale finale… e aggiungiamo pure al tutto il catalogo Harbert del ’79 con la sua linea Star Wars, C1P8 compreso, oltre all’allora ancora sconosciuto in Italia Doctor Who (versione Tom Baker) 😉
    Per il resto, da autentico fan non omologato, ricordo lo scoramento nel vedere l’interesse nei confronti dell’universo di Lucas scomparire progressivamente -serie animata e film tv sugli Ewoks purtroppo irrilevanti- dopo “Il ritorno dello Jedi” fino a che Timothy Zahn non lo salvò dall’oblio definitivo con il suo romanzo L’erede dell’impero. Poi arrivò la Dark Horse che, a partire dalla celebrazione del ventennale nel ’97 (e cioè quando si decisero a pubblicare con una certa regolarità le storie del Cavallo Nero anche da noi), mi vide diventare un affezionato lettore fino ad oggi, epoca di nuovo cambio della guardia Marvel/Disney che tra l’altro, fumettisticamente parlando, non lavorano affatto male, solo lo fanno con un universo espanso incapace di catturarmi quanto il precedente. Ed è questo il problema principale riguardo ai capitoli cinematografici più recenti, con l’eccezione di Rogue one… infatti, a differenza della trilogia prequel che pur con tutti i suoi difetti di quell’universo faceva parte (d’accordo, ci sono sempre Jar Jar Pirla e l’infelice parentesi “midichlorian”), se riesco a prenderli in considerazione lo faccio più per puro completismo che altro. Dopotutto sono sempre un fan, o no? 😛
    P.S. Fan che nel ’78 si vide in sala pure lo Starcrash di Luigi Cozzi 😉

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ahhhhh ma avevo un tesoro in casa e andavo ramengo per le strade buie a raccattar briciole!!! Starkiller è un capolavoro, meriterebbe un post a parte insieme alla spada laser, che ho trovato in varie salse ma già il pezzo era lungo e non l’ho citata.
      ROBOT che ne parlava nel maggio ’77 mentre la fonte più “vecchia” che ho trovato è del giugno: maledizione, m’hai battuto di un mese 😀
      Zahn m’ha dato una coltellata: avevo scritto tutto sottolineando come solamente sul finire dei Novanta torni in Italia l’interesse per Star Wars… e poi scopro la trilogia di Zahn, arrivata nel ’93, ’94 e ’95, che mi riduceva di parecchio la finestra temporale! E via a riscrivere (anche se mi sa che m’è scappato un “dalla seconda metà degli anni ’90”)
      Sai che finora il fan più sfegatato ed esperto che ho avuto modo di “intervistare” non sa neanche il 10% di quello che hai scritto in questo commento? E sai che ora dobbiamo assolutamente fare un’intervista per ripercorrere la vita italiana di Star Wars come la maggior parte di chi si dice “fan” non immagina neanche?
      Se mi scrivi a lucius.etruscus@gmail.com ci mettiamo d’accordo: qui tocca rendere grande la Forza ^_^

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      • Giuseppe ha detto:

        Ti contatterò nei prossimi giorni allora, mio giovane padawan ^_^
        P.S. Vorrei tanto sbagliarmi ma sospetto che non pochi fra gli autoproclamati fan sfegatati ed esperti abbiano un background davvero troppo recente per avere una buona conoscenza dell’universo Lucasiano e, quel che è peggio, senza nemmeno rendersene conto…

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Bazzicando fan dell’universo alieno ho scoperto anch’io che il termine “fan” non è uguale per tutti: aver visto un film non significa essere fan 😀 C’è gente che mi ha detto di amare molto la trilogia di Alien… ecco, con questi “fan” che non hanno idea di cosa parlano bisogna avere a che fare…
        Quello che mi manda al manicomio è il fatto che tutti i fan che conosco odiano qualsiasi cosa sia legata a ciò che amano, come dicevo nel pezzo. Non parliamo dei fumetti: se potessero li metterebbero tutti al rogo! Ecco che quindi sono fan assolutamente non informati dei fatti…

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      • Giuseppe ha detto:

        Il fan -presunto- che ama i film (ammesso che sia vero, poi, come ampiamente dimostrano i tizi della “trilogia di Alien”) e NON i fumetti purtroppo è una piaga endemica trasversale a tutte le grandi saghe… non credo se ne salvi nessuna, eh 😦

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        E’ come se a quei fan (o presunti tali) bastassero un paio di film a colmare la loro passione: chissenefrega di qualsiasi altra cosa sia stata scritta, a me bastano quei due o tre film visti da ragazzino. Boh, come si fa? Se sei appassionato di qualcosa dovresti essere almeno curioso delle altre storie, non scritte per lo schermo…

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  14. pirkaf76 ha detto:

    Sono sempre stato un fan tiepido di Star Wars, ma in generale ricordo che il cambio di nomi spiazzò moltissimo anche me all’epoca mandandomi in confusione.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Probabilmente Maldesi credeva di fare un piccolo cambiamento, non rendendosi conto che avrebbe generato un universo di confusione 😛

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    • Sam ha detto:

      Pensa a me che ho sempre chiamato R2 – D2 col nome originale perché influenzato dal cartone.
      E dire che io sono uno a cui SW piace poco e nulla ( da piccolo però lo adoravo)

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Anch’io da piccolo lo adoravo, ma dei robottini non mi è mai fregato nulla: io adoravo Luke, solo lui era fighissimo! E volevo salvare Leia col bikini del terzo film 😛 Me ne sbattevo di quei due rompiscatole saccenti…
        Scherzi a parte, a seconda del medium che si è seguiti si hanno nomi diversi: solo chi ha ignorato tutto e ha visto solo i primi tre film chiama i personaggi coi nomi italiani.

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  15. Sam ha detto:

    Cmq di Star Wars in Italia arrivarono anche i 3 videogiochi per Super Nes usciti nel 1992, ’93 e ’94 in poi e ognuno ispirato a un capitolo della trilogia originale. Poi ci sono anche i vari VG per PC nello stesso periodo…. bisognerebbe però distinguere se di SW in Italia uscisse poco e nulla perché non importasse più al pubblico, o perché erano i vari editori a pensare ciò. L’imprenditoria italiana non è famosa per la propria lungimiranza o rispetto del pubblico ( si pensa sempre e solo a cavalcacare l’onda e a fare terra bruciata di tutto ). I Fan di SW in Italia ci sono sempre stati , solo che non se li filava nessuno, un pò come i fan di cinema trash o degli anime ( quest’ ultimi hanno trovato la salvezza nei fan stessi che hanno fondato case di home video negli anni 90 per importare titoli che le grandi case non si sarebbero filate di striscio )

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Questo ovviamente è difficile stabilirlo, se cioè il marchio “Star Wars” – vivissimo in patria – non venisse sfruttato in Italia perché si pensava non avrebbe venduto o semplicemente perché si era visto l’andazzo dei prodotti usciti con il terzo film. All’epoca ancora si considerava il mondo dei videogiochi molto secondario (grande errore!) invece SW ha sempre saputo sfruttarlo molto bene.
      La MagicPress nei ’90 ha portato tanti fumetti in Italia ma a parte il mio lettore Giuseppe, fan maiuscolo, temo che davvero pochi li abbiano letti, perché da noi la cultura del fumetto è ferma a due o tre nomi e il resto è ignorato. Vogliamo parlare dei pupazzi? Quanti modellini di Star Wars hai visto in giro per negozi finché non è uscito Minaccia fantasma?
      Ovviamente non sono dati ufficiali, servirebbe credo un’indagine ad alti livelli che non possiamo fare (o non vale la pena fare), ma di sicuro non c’erano tanti che si dicevano fan come oggi, dove le persone a cui non importa della saga sembrano essere davvero la minoranza…

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      • Sam ha detto:

        Per me erano convinti che una volta uscito il terzo film, si considerasse il marchio “morto” e quindi inutile investirci sopra . Dovresti saperlo meglio di me, che siamo un Paese che non coltiva nulla, pensiamo solo a spremere le cose al momento opportuno e poi via, avanti un altro. Non è possibile che bisogni aspettare sempre un cacchio di film su Xo Y perché i produttori tornino a investici sopra. Pensa a Scooby Doo: prima del film live non si vedeva più da anni . Perché? Perché immagino sia il solito motivo per cui tanti cartoni ( o film e telefilm ) spariscono dalle tv.; perché è vecchio , e quindi a chi vuoi importi ? Poi fanno il film che lo rilancia , ed ecco che torna in tv con prodotti anche inediti . Ma allora tira o no ? Io sono dell’ idea che se una cosa non piace più, non c’e film che possa riportarla in auge .Se invece tira, il film non ha fatto altro che soffiare sulla brace che stava sotto la cenere. Anche i tuoi adorati Masters non li fanno più da una vita in tv. Possibile che dobbiamo aspettare un fantomatico live su di essi perché li ritrasmettano ? E i Thundercats ? Sono anche meglio e spariti nel nulla da più di 20 anni.La verità è che siamo in mano a gente che non capisce una mazza, la stessa gente che non pubblicò per anni i fumetti Marvel dopo il fallimento della Corno, ( e ritornati grazie ai soliti fan che pensavano il contrario), la gente che credeva che anime in vhs non avrebbero mai venduto una cippa ( idem ancora i fan ) , che i film di Banfi e Vitali non fregassero a nessuno ( salvo uscire in dvd e vendere un botto a inizi 2000 ) e potrei continuare all’ infinito….

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Infatti non ho alcuna fiducia nei distributori o in generale in chi dovrebbe “capirci qualcosa”. Distribuiscono solo ciò che costa poco, cioè la merda: quella riempie tutti gli scaffali di ogni reparto di ogni genere. Poi ogni tanto per sbaglio si distraggono e passa qualcosa: su quella distrazione conto ^_^

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  16. Pingback: Star Wars. Il risveglio della Forza (perché dormiva) (guest post) | Il Zinefilo

  17. Emiliano Ceredi ha detto:

    Innanzitutto, voglio farti i complimenti e ringraziarti per l’enorme mole di documenti e per la ricerca così dettagliata, davvero preziosa (e merce rara). Un approfondimento del genere è da elogiare.
    Detto questo, sono totalmente in disaccordo con le conclusioni e soprattutto con il giudizio riservato a Maldesi, che mi pare davvero ingeneroso.

    Mi scuso in anticipo per il pippone che mi accingo a propinarti, ma parto da un concetto molto banale: una buona traduzione è quella che nella lingua di arrivo si avvicina quanto possibile all’effetto ottenuto dalla lingua di partenza. E non necessariamente le soluzioni ottimali sulla carta vanno bene anche al cinema. Quindi vorrei capire come avresti tradotto e soprattutto fatto pronunciare ai doppiatori le sigle R2-D2 e C3PO: Artù Ditù e Sitripiò, oppure Erredue Didue e Citrepiò come hanno deciso di fare dal 1999 in qua? Il primo caso avrebbe rappresentato forse la soluzione più corretta, e a suo modo evocativa, ma avrebbe richiesto una REALE conoscenza dell’inglese, che negli anni Settanta, davvero, non c’era. Era, quello, un inglese più che altro orecchiato, ma non conosciuto al punto da avere una competenza diffusa dello spelling e del maledetto suono TH di See-three – oh certo, adesso al cinema ti capita di sentire “Mecbèth”, ma nei Seventies era “Màcbet” e buona lì!
    Il secondo caso… beh, da quasi vent’anni lo abbiamo nelle orecchie tutti: sigle vuote che non dicono nulla e non hanno alcun potere evocativo. “Erredue Didue” non evoca un bel niente, certo non un nome di persona come “Artù”.
    Ci-Uno Pi-otto certo che ricorda Pinotto, purché non lo pronunci “piòtto” (alla romana, poi…), bensì – come poi fanno i vecchi doppiatori – pì-òtto: c’è una bella differenza. Ma c’è anche una chiara assonanza con tapparotto, tombolotto, tracagnotto: se pensi alla forma del nostro “droide” l’associazione è tutt’altro che peregrina.

    Incredibile dictu, io della magagna dei nomi ero al corrente già da bambino (sono del 1975, fa’ un po’ i tuoi conti): le discrepanze fra film e gadget, pubblicità su Topolino e articoli di rivista me le ricordo bene, specialmente nel periodo Ep. V e VI. Ovviamente all’epoca non me ne ero spiegato la ragione, ma insomma nonostante la giovane età me ne accorsi eccome.
    A proposito: sulla questione “fans”, devo trovarmi ancora in disaccordo: da qualche tempo, specie quando voglio farmi del male, seguo varie pagine Facebook dei fans di Star Wars / Guerre Stellari, e ho notato che per scatenare un flame coi controfiocchi basta fare un bel post del tipo “Ma quindi: Fener* o Vader?”… Un esercito affollatissimo di venti/trentenni ti spernacchia quando va bene, ti offende quando va male, e qualche timido quarantenne (non tutti) dice che lui invece è affezionato a “Fener”, sebbene sia sbagliato [sic]. Del resto, il dato generazionale è determinante, come dici giustamente, e chi è abituato alla nuova traduzione molto raramente concede che quella vecchia aveva la sua ragione d’essere, e anche le sue ragioni storiche.

    Se poi consideriamo il fattore continuità, qui davvero sono sempre più convinto: il cambio dei nomi è stato un errore. E anche un’imposizione che ha poco a che fare con la filologia e con la buona traduzione (altrimenti avrebbero scelto di lasciare Artù…), e molto con le spietate leggi dell’economia, perché il merchandising ha le sue esigenze e, come si sa, muove il mondo di Star Wars, il sole e l’altre stelle.
    Comunque, per quanto discutibili possano essere state le soluzioni dell’adattamento originale, niente giustifica un’interruzione della continuità nella traduzione di una stessa saga. Per salvare il salvabile, nel 2005 l’adattatore di Ep. III aveva proposto alla Lucasfilm un escamotage molto interessante, in modo da spiegare il cambio dei nomi dei droidi da Trilogia prequel a Trilogia originale: aggiungiamo una riga al dialogo fra Bail Organa e il Capitano Antilles, facendo dire a Organa “cambia i numeri di matricola dei due droidi”. Soluzione, manco a dirlo, rifiutata dalla Lucasfilm. Oltretutto, e chiudo, non bisogna dimenticare che il nome di Fener è rimasto anche nella nuova traduzione, e si è dovuto aspettare il 2015 con Ep. VII per avere l’originale Vader, assieme a Leia, Han e compagnia. Insomma, la confusione ha, in realtà, regnato sovrana almeno fino a due anni fa, quando la traduzione brutta ma fedele ha scacciato quella bella ma infedele. In attesa, magari, di un ridoppiaggio che molti saranno contenti di ascoltare, e io già tremo all’idea. Penso che provvederò a suicidarmi da Facebook.

    (* hai scritto almeno due volte “Fenner”: svista o provocazione? :DDD).

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ti ringrazio di aver scritto e di aver testimoniato il punto di vista di un fan: ad avercene di fan informati come te, temo infatti che al di là dei fantomatici gruppi di facebook – che per mia esperienza sono solo covi di sparapalle – sia invece la maggioranza quella che non ha idea di nulla e segue leggende e credenze popolari, come tutti quelli con cui ho parlato dal vivo. Non ho fatto studi di settore né posso farlo, quindi è solo una mia sensazione, ma di solito il fan informato è sempre una minimissima percentuale del fandom.
      Per fortuna non mi occupo di scelte di doppiaggio quindi non sta a me l’onere di proporre traduzioni alternative, così come non era assolutamente argomento del mio pezzo criticare od elogiare Maldesi, sebbene personalmente credo abbia fatto decisioni discutibili.
      Lo scopo del mio pezzo era trovare una FONTE che dicesse perché Maldesi ha fatto quel che ha fatto, non giudicare l’operato. E nell’unica fonte che ho trovato – quell’intervista di cui riporto testo e video – Maldesi non parla minimamente delle questioni da te sollevate: dice che a lui glie piaceva Piotto e Piotto ha messo. Fine. Ogni singola parola aggiunta a questo discorso è pura speculazione, opinione opinabile di fan. Questo è il concetto delle mie “indagini”: tutto ciò che esula da una fonte è mera chiacchiera senza alcun fondamento.
      Sono del ’74, non sono mai stato fan della saga sebbene un forte innamoramento quando ho visto “Il ritorno dello Jedi” al cinema, da ragazzino, quindi dei nomi dei film non me ne è mai fregato molto: mi interessa invece usare la saga per studiare come le leggende si sviluppano partendo da opinioni personali, che fin troppi fan reputano di gran valore. E non solo i fan.
      Se la gente smettesse di credere in ciò che pensa e cominciasse a cercare la fonte di ciò che crede, sarebbe un mondo migliore. Poi, per me, potete pure chiamarlo Giggetto, invece di R2-D2 😀

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      • Emiliano ha detto:

        Grazie della risposta, ma devo fare una una precisazione: io ho più di qualche difficoltà a definirmi “fan” di qualcosa, anche di SW, specie dal 1999 e in particolar modo, appunto, da quando leggo certe idiozie su FB. E purtroppo ti devo correggere anche sul “fan informato”: mi sono imbattuto in numerosissimi fan realmente eruditi nel loro specifico campo, ma del tutto ignoranti su milioni di altri assai più fondamentali, che quindi traggono conclusioni davvero folli, nei loro ragionamenti. Ma va beh.
        Comunque, personalmente se proprio devo essere un fan, limitandomi al mondo del cinema, lo sono di Kubrick, Chaplin e Sergio Leone, non certo di Lucas.

        La tua ricostruzione storica non fa una piega, come detto, anzi non credo di esagerare se dico che è la prima – in ogni caso, è certamente la prima che leggo io – a essere così circostanziata e documentata. Ma la storia non è una scienza “forte”, la storia del cinema men che meno, e non parliamo poi della traduzione. Per cui comunque si tratta sempre di leggere e interpretare una fonte. Difatti, se ci limitiamo a quello che dice Maldesi, che correttamente riporti (ma che, credo, non altrettanto precisamente interpreti), leggiamo che:

        Sono io il responsabile [del cambio dei nomi], perché mi sembrava … […]
        … e poi io non dovevo tradurre letteralmente. Io non ho mai tradotto letteralmente, ho sempre cercato degli effetti equivalenti, come si suol dire tecnicamente, allontanandomi dalla traduzione letterale che spesso è una non-lingua.
        Artù-ditù (ride), che è R2-D2, in italiano è orribile. (ripete con voce storpiata) R2-D2: (con cadenza romana) nun se po’ di’. È questo robottino piccolo. È una formula chimica, diciamo, R2-D2, allora troviamo l’equivalente italiano che sia carino, che sia un nomignolo… […]

        Maldesi dice proprio quel che accennavo, e che qualunque traduttore serio sa. Cioè, che si deve cercare di riproporre (NB: è sempre un compromesso, naturalmente) l’effetto dell’originale. E infatti, aggiunge che Erredue “è orribile”, “nun se pò di’”, che è diverso da “nun me piaceva a me, e zitti”, come invece hai inteso. Ovvero, e qui interpreto io: mi sono preso la responsabilità delle mie decisioni – come deve giocoforza fare qualunque adattatore, sottoponendomi alle eventuali critiche dei contemporanei e delle future generazioni di fan, di cui sentirò i gnegnegné anche dalla tomba in aeternum… [va beh, questo l’ho aggiunto io :D] – e ho cambiato i nomi in base a come dovrebbe funzionare un adattamento per il cinema.
        E Maldesi l’ha fatto perché, per ragioni storiche che conosciamo, aveva la libertà di farlo, (come peraltro precisa, in maniera onesta), a differenza dei suoi colleghi d’oggidì. Dato che sei uno storico (o ragioni come tale), sai anche come e quanto è cambiato il mondo dell’adattamento e del doppiaggio nel cinema, e quanto certe libertà (per molteplici ragioni, non ultima il tempo a disposizione, ma non solo) sono finite, dagli anni Novanta in qua…

        Infine, visto che hai eluso la mia domanda (come l’avresti adattato tu?) con un argomento inattaccabile, rilancio: come l’avresti voluto sentire / vorresti sentirlo? Artù o Erredue? Non è affatto una domanda provocatoria, né un gioco ozioso, lo chiedo perché sono sinceramente curioso, e dal tuo articolo non si evince chiaramente.

        P.S. [NB: Questo invece è un gioco ozioso] Ecco, ecco, un lampo di genio: e se l’avessero chiamato Erri Due? Tipo Harry. O proprio Erri, come una sorta di sosia di doppelgänger di De Luca? Nah, si sarebbe creata una certa confusione, perché Didue poi avrebbe fatto pensare più a un Andrea De Carlo… 😀

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Non è facile attenersi alle fonti, perché la voglia di interpretare è sempre forte. Maldesi dice che PER LUI quei nomi sono impresentabili e via dicendo, ma chi è d’accordo con lui dovrebbe dire “Maldesi ha preso una sua decisione personale, che io condivido”. Invece dicono: “Maldesi ha cambiato i nomi perché sono impronunciabili”. E qui è errato.
        Per me Erredue è pronunciabilissimo, anzi considero Artù un nome migliore di Piotto, quindi non è corretto dire che i nomi sono impronunciabili ma che Maldese li considerava tali, secondo il suo personale giudizio. Sembra una sottigliezza, ma non lo è.
        A me non piace Star Wars, ma non posso dire “è una stupidata”, perché piace a milioni di fan, quindi dico “a me non piace Star Wars” (bada che è un discorso che vale per qualsiasi cosa, dico SW solo perché ne stiamo parlando.) Interpretare il mio “secondo me” come regola generale è palesemente incorretto: perché allora lo si fa con Maldesi?
        Il mio pezzo è esattamente storico perché vuole cercare la fonte di cose che troppo spesso i fan dicono senza sapere: troppo spesso rpetono “i nomi erano impronunciabilI” senza rendersi conto che sono opinioni di altri che loro non hanno mai messo alla prova. Contro questo atteggiametno mi batto, non contro Maldesi come professionista, che non ho le basi per attaccare. (Ho citato il suo adattamento per “Il maratoneta” che mi sembra impeccabile.)
        Comprendo perfettamente l’adattamento del doppiaggio, molto meno quelli che credono di sapere cosa pensi un doppiatore, senza averglielo chiesto. Lo stesso preferisco quando rimangono i nomi originali, visto che dubito esistano nomi talmente difficili da non essere pronunciabili in altre lingue. Mica sono film in Klinkgon 😀

        Lucas ha pensato ad Artoo, ha scritto Artoo, i libri scrivono Artoo, i fumetti scrivono Artoo, costava così tanto pronunciare “Artù”? Una cosa è tradurre un gioco di parole, un’altra passare da Leia a Leila: non mi sembra un intevento che sia giustificato. Ma, ripeto, è la mia opinoine che non vale nulla.

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      • Emiliano ha detto:

        Scusa, aggiungo una cosa, poi vedi se unire alla mia risposta sopra:
        sto leggendo i commenti all’intervista a Maldesi, fra cui spicca un noto figuro (chiedere al buon Evit per conferma) che imperversa con la sua ignoranza imbarazzante. Se volevi una prova di certi atteggiamenti di certi fan…

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Gli atteggiamenti dei fan sono sempre terribili, perché appunto sono fan, quindi di parte a prescindere. (Io sono fan del mondo alieno e ti assicuro che posso diventare molto antipatico sull’argomento.)
        Non ho letto il commento di cui parli – visto che io cercavo fonti, non opinioni – ma sono amico di Evit quindi dubito fortemente della sua ignoranza. Con lui abbiamo discusso animatamente sulla questione, prima di scrivere il pezzo, infatti lo cito nel mio scritto, ma è una persona molto informata quindi mi spiace, anche se alla cieca non posso essere d’accordo col tuo giudizio.

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  18. Emiliano ha detto:

    Mai scritto che i nomi siano “impronunciabili”, tanto meno da parte di doppiatori professionisti. Il mio discorso iniziale era più articolato, e verteva sulla cultura del pubblico dell’epoca, ma va beh.
    Però ripeto, e non è un’interpretazione mia: Maldesi dice che Erredue fa schifo, e l’ha cambiato. Questo è quanto, per attenersi alla fonte. A voler essere molto pignoli, è sbagliato riassumere con “a Maldesi faceva schifo e l’ha cambiato”: Maldesi dice che Erredue fa schifo (e non “mi faceva schifo”), dopo aver parlato dell’effetto della traduzione. Ergo, non possiamo dedurre che considerasse questa sua scelta frutto di un suo personale gusto e basta: non pensava di adattare così per capriccio suo, ma per ottenere un effetto. A questo punto, come dici tu, poco importa se a me o a te piace o meno: rimane una scelta, che è discutibilissima come tutte le scelte di adattamento; ma sostenere che non sia stata ragionata al di là del gusto personale è sbagliato, in base a quello che lui stesso dice, non in base a una mia opinione.

    Questione fan: forse c’è un equivoco, o forse non ho capito io il tuo ultimo commento, ma credevo fosse sottinteso il mio riferimento. Che ovviamente non è Evit – che è, credo una delle voci non solo informate, ma anche più intelligenti del panorama dei blog cinematografici nostrani su adattamenti e non solo, e al quale va tutta la mia stima oltreché gratitudine per la sua attività di ricerca. No, io mi riferivo a uno dei commentatori sulla pagina YouTube con l’intervista. Trattasi di uno che è intervenuto, fra l’altro, appunto sul blog di Evit più volte, scrivendo castronerie sesquipedali con un’arroganza allucinante, e che può a buon diritto essere preso come ottimo rappresentante del fandom di cui dicevo.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      “A Maldesi faceva schifo e l’ha cambiato” è ovviamente un’esagerazione messa per rendere frizzante il pezzo, ma rimane il fatto che LUI pensava che R2 non fosse un nome che funzionasse, credendo di conoscere il pubblico esattamente come molti oggi credono di conoscere il pubblico degli anni Settanta. E’ una scelta personale che chi fa quel lavoro deve prendere costantmente, a volte viene bene a volte male, esattamente come chi traduce romanzi è costretto a fare scelte spesso molto pesanti, anche se la spinta è buona.
      Tutto ciò però non toglie che non si può considerare in assoluto impronunciabile R2 perché non sono stati citati studi sociologici e statistici, e visto che l’autore di questa decisione ha detto in video di averla presa per suo volere, ecco che non sono d’accordo nel dire che R2 è impronunciabile: secondo Maldesi era impronunciabile, secondo il resto del mondo – e secondo l’intera editoria italiana – era un nome assolutamente valido.
      Che Maldesi volesse fare bene il suo lavoro non lo metto in dubbio, ma rimane il fatto che la sua valutazione è assolutamente soggettiva, non basata su alcun criterio che non fosse il suo gusto personale: ripeto, è questo che fanno i direttori del doppiaggio, quindi non è una colpa.
      Sarei d’accordo con te se Maldesi avesse detto “All’epoca temevo che gli spettatori non avrebbero accettato questo nome così particolare, così ho preferito modificarlo in modo più gradevole”, ma lui non dice niente di tutto questo, non parla mai degli spettatori né dice l’assurdita che tutti i fan oggi credono – che il nome non sarebbe stato “capito” – si limita a dire che non gli piaceva e l’ha cambiato. Era assolutamente legittimato a farlo e nessuno glielo può rimproverare, ma siamo lontani dalla dietrologia della Leggenda Eufonica o del “l’ho fatto per gli spettatori”.

      Sì, i fan di solito tendono a difendere ad ogni costo le loro opinioni spacciandle per Verità (e lo dico perché sono fan, e quindi lo faccio anch’io 😛 ) per questo non leggo i commenti su YouTube, che nella storia decennale del sito non hanno mai conosciuto un giudizio espresso in modo assennato…

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      • Emiliano ha detto:

        Beh, oddio, spero che tu non mi stia accusando di aver espresso giudizi così apodittici sul pubblico di allora né su altri aspetti dalla questione. Nei miei interventi credo di essere stato sempre abbastanza prudente e di aver aggiunto sempre qualche ragionevole dubitativa.
        Però, scusa: non puoi ignorare il fatto che Maldesi parla anche di EFFETTO della traduzione, lo dice proprio esplicitamente, ergo si poneva il problema di cosa potesse arrivare o meno al pubblico. Soggettivamente e dal suo punto di vista di professionista nel campo, com’è ovvio.
        Poi, attenzione a non essere tu, stavolta, così apodittico sull”‘intera editoria italiana”, proprio in virtù della disamina che tu stesso hai condotto sulle fonti. A parte che l’adattamento a fumetti dell’epoca riporta i nomi dell’adattamento italiano del film, come giustamente riporti, la situazione è troppo caotica per un’affermazione così netta. Se il giornalista X utilizza la cartella stampa per fare la sua recensione, senza manco prendersi la briga di guardare il film (e anche qui: non è che i giornalisti fossero / siano necessariamente cialtroni e approssimativi, ma sottostavano allora, come sottostanno oggi, a pratiche e tempistiche di lavoro ben note), non è che possiamo dire che è stato bravo, lui sì, a usare i nomi originale, a differenza di chi fa un lavoro completamente diverso come l’adattatore.
        Idem, in parte, per il romanzato, che si prende il lusso della parola scritta e ponderata un po’ più a lungo: ma quello che funziona egregiamente sulla carta stampata, che è scritto per essere letto, non necessariamente poi funziona altrettanto bene al cinema, dato che è pronunciato per essere ascoltato nell’esperienza audiovisiva in una sala. E non è affatto una questione di semplice “pronunciabilità” o meno.

        Comunque, a questo punto continuo a sbirciare il tuo blog, e spero di imbattermi in tue intemperanze da fan del mondo alieno. Alle quali naturalmente non replicherò, dato che sono troppo ignorante in materia, o forse le competenze che ho sono troppo poco sistematiche e organizzate. Però è un piacere vero discutere con te, e la tua discussione con Evit sull’adattamento di Star Wars sarei veramente curioso di leggerla, considerato il calibro dei due interlocutori!

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        No, no, mi riferivo ai fan che mi dicevi aver messo commenti criticabili nel video di Maldesi: fossero tutti come te i commentatori sarebbe una pacchia ^_^
        Si può discutere dell’argomento che ci appassiona per poi rimanercene delle proprie opinioni, che di solito è il risultato medio 😛
        Su Alien curo un intero blog (“30 anni di Aliens”, aliens30anni.wordpress.com) ma per fortuna è un posto tranquillo. Devo invece limitare la mia presenza su Alien e Predator Italia Forum perché davvero rischio l’ictus 😛

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  23. Evit ha detto:

    Lucius mi dispiace per la lunga attesa, per molto tempo non ho avuto il coraggio di leggere l’articolo (temevo avrebbe causato la fine di un’amicizia che è iniziata “aliena” e non volevo finisse “stellare”) e così facendo mi stavo perdendo la divertente cronistoria di gente “che se ne frega”, l’Italia ne è piena. (Nota bene però, se ne sono fregati molto invece quando c’era da vendere un robottone da chissà quanti milioni di lire 😀 )

    Dalla nostra discussione originaria (nella quale ti avevo anche fornito del materiale se non sbaglio?) avevo capito quello che poi hai anche scritto in modo chiaro tra articoli e commenti, cioè che trovi ridicoli i nomi che hanno scelto De Leonardis e Maldesi e, se non ho letto male, avresti preferito che venisse pronunciato Artù anche in italiano, scritto poi come non so ma OK, è una tua sacrosanta opinione. Ne girano tante sugli adattamenti di Guerre Stellari, se non altro questa mi suona inedita.
    Che dire, mi dispiace un pochino che tu la veda così. L’approccio di De Leonardis chiaramente era lo stesso che si porta all’opera fantasy dove alcuni nomi vengono italianizzati, altri cambiati e altri no, sempre ovviamente (non c’è neanche bisogno di sottolinearlo) su decisione di chi adatta i dialoghi (così del resto è avvenuto per i romanzi del Signore degli anelli e così anche per tanti film Disney di cui tra l’altro proprio De Leonardis è sempre stato l’adattatore), Lucas non ha mai fatto mistero del fatto che il suo film fosse un fantasy ambientato nello spazio. L’inizio “Tanto tempo fa…” lo rende subito chiaro a qualunque dialoghista di professione dal primo fotogramma e infatti i nomi dei robot all’estero li hanno cambiati un po’ tutti puntando sulla sigla che può sembrare quasi un nomignolo. Ciò che dice Maldesi infatti è che “erreduediddue” sarebbe sembrata semplicemente una sigla e nient’altro (il suo “è una formula chimica”), non dice che gli italiani “non avrebbero capito”. Cos’è che non avrebbero dovuto capire, che “Artù” si scrive “R2”? Ci sono dei sottintesi che lasci solo accennati o sono io che non sto capendo interamente? Forse il mio tenermi alla larga dai “veri fan” rende difficile comprendere le obiezioni da cui parti).

    Quelli che hanno parlato dell’argomento e che citi (es. Lorenzo Frati) forse avranno peccato di non sottolineare A CHIARE LETTERE che si trattava di una LORO interpretazione personale, tuttavia non credo che Frati dichiari in alcun punto del suo pezzo che ciò che scrive sia letteralmente il pensiero di Maldesi (la storia di “Pinotto” emerge su internet solo ed esclusivamente da lui nel 14 ott. 2006). Capisco piuttosto che tu ce l’abbia con tutti quelli che da quel momento hanno seguito l’ombra di quell’articolo riportando quelle interpretazioni come verità addirittura di Maldesi (e non mi sorprenderei di trovarle riportate su Wikipedia). E su questo ti do ragione ragione. Hai perfettamente ragione, Maldesi (che io sappia) non ha mai sostenuto che De Leonardis o egli stesso avessero cambiato D2 in P8 perché sembrava “Pinotto”, ma il discorso che fa Emiliano prima di me sulle cose che finiscono in “otto” non vale meno solo perché Frati ci ha visto un personalissimo Pinotto. Maldesi invece parla dell’esigenza di cambiare il nome perché il suono di erreduediddue non si addiceva ad un robottino simpatico. Su questo non avrai niente da ridire, è letteralmente ciò che dice Maldesi nell’intervista.
    E sarai contento di sapere che in tanti anni di Guerre stellari e di elogi al suo adattamento non ho mai parlato di “Pinotto” nel mio blog, proprio perché certe informazioni le ho sempre prese come interpretazioni personali di tizio e caio, che posso trovare più o meno valide e interessanti in quanto interpretazioni personali ma non certo citabili come “la verità di Maldesi”. Ma dopo tutto è per questo che ancora leggi il mio blog.

    Rimane il fatto che l’alterazione italiana segue né più né meno quella fatta altrove dove le sigle dei robot non potevano essere percepite come semplici sigle ed essendo un fantasy c’era libertà di inventarsene delle nuove, proprio sul cambiare i nomi in questo genere di film gli americani certo non ne capiscono l’esigenza (non l’hanno mai capita e mai la capiranno) ma dopotutto sono sempre gli stessi americani -tra l’altro proprio quelli della Fox- che ancora oggi ogni tanto testano doppiaggi fatti in America da italoamericani con accenti pesanti (sempre per abbattere i costi) o che cercano di imporre che anche parole banalissime rimangano in inglese nei copioni in italiano (c’è un account su Instagram “roba da traduttori” che riporta vari casi di supervisori esteri che danno “suggerimenti” ai traduttori professionisti quando è chiaro che a stento conoscono l’italiano), quindi direi che di quello che pensa Lucas o altri registi americani riguardo a come siano stati adattati i film in altri paesi fuori dagli Stati Uniti lascia proprio il tempo che trova.

    Poi che tu nella tua personale opinione trovi che la scelta di cosa italianizzare e in quale modo sia più o meno sbagliata o ridicola… me ne farò una ragione. Diciamo che non era motivo per me per stare alla larga dall’articolo. Mi dispiace solo di essere arrivato così tardi e temo di non avere molto di più da aggiungere di quanto Emiliano abbia già espresso molto chiaramente nei suoi commenti, credo di poterlo sottoscrivere interamente in tutte le sue pesatissime obiezioni. È bello vedere quando non finisce tutto in caciara come invece succede con i miei articoli sull’adattamento dei moderni Star Wars presi di mira dai soggettoni di cui parlava Emiliano (e ti auguro di non incrociarli mai). Noto invece che dal mio blog arrivano al tuo solo i lettori migliori.

    Prima o poi mi deciderò a continuare la maratona di articoli sugli adattamenti della saga (per ora ancora ferma a Episodio 1 perché è davvero un tormento doverli rivisitare) e quando arriverò alla trilogia classica ti prometto che userò solo fonti verificate. Il video di Maldesi in primis che a me sembra chiarissimo ma ti riserverò anche delle sorprese.

    Suggerisco un titolo un po’ diverso: “Quando su internet in Italia Artù divenne Pinotto”. Abbiamo anche la data esatta di questo avvenimento. Vedi che anche nei commenti ti porto fatti, non pugnette! Come dicevano nella parodia dei Gemboy Star Whores.


    Ciao Lucius e un saluto tardivo a Emiliano che ha praticamente fatto da rappresentante per Doppiaggi italioti in mia assenza, non potevo chiedere miglior rappresentanza.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Sono contento che hai commentato ma mi spiace che ti sei focalizzato sull’aspetto assolutamente più secondario e inutile del pezzo: ciò che io penso del nome di quel robottino, opinione del tutto inutile ai fini del pezzo.
      Come ho ben specificato più volte, non sono un fan di Star Wars, quindi i sentimenti che mi attribuisci mi sono del tutto estranei: per me potevano pure chiamarlo Pippo, non me ne sarebbe fregato niente allora né oggi, e mi spiace che pensi che il pezzo parli di questo.
      Questa mia ricerca parla del fatto che nessuno si è accorto che in 40 anni i nomi sono stati cambiati a cazzo, segno che i fan non sono così attenti come pensano e anzi preferiscono seguire idee balzane ascoltate in giro piuttosto che fare una semplicissima ricerca come ho fatto io, che chiunque altro poteva fare. Preferiscono mettere in bocca a Maldesi cose che non ha detto piuttosto che ascoltare le sue parole, e questo esula completamente da Star Wars: la mia ricerca non ha nulla a che vedere con Lucas, ha a che vedere con un’editoria confusionaria che può contare sul totale disinteresse di chi a parole dice di amare un universo di cui in realtà disprezza tutto, al di fuori di qualche film.
      Mi spiace che ti sei dilungato nei commenti a spiegarmi cose che esulano dal pezzo, visto che non me ne frega niente se si chiama Pinotto (e, l’ho scritto, secondo me non assomiglia neanche a Pinotto): il mio testo si scaglia contro quelli che invece di informarsi bevono le idee balzane che girano ovunque, come l’idea che per dare un nome importante a un personaggio lo si chiami come un comico buffonesco.
      Lo capisco, sono fan anch’io (anche se di altri universi) e comprendo il meccanismo che porta tutto su un piano personale, e purtroppo costantemente mi imbatto contro i Talebani, che dicono “questo è giusto”, “questo è sbagliato”, “questo è canonico”, “questo non ha importanza”. E’ a loro che dedico il pezzo, dimostrando che parlano di niente: nulla è canonico, ognuno fa il cazzo che gli pare, addirittura i fan di Lucas ignorano quello che Lucas dice, e i fan così attenti manco se ne accorgono…

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      • Evit ha detto:

        E la parte sull’editoria confusionaria è splendida e ben documentata come sempre su questo blog, è la prima cosa che ho elogiato ma lo sai che, essendo l’adattamento il mio campo, ho speso più parole su quello visto che il tema dell’editoria confusionaria si basa (già dal titolo) e parte proprio da lì, però arrivi poi a mescolare fatti documentati a opinioni personali poco chiare e poco argomentate (come dici tu secondarie, certamente, ma le hai usate come punto di partenza per avallare il succo del discorso) e generalizzazioni sui fan basate per tua stessa ammissione su prove empiriche per arrivare ad affermare che i fan (quali? Su Guerre stellari ce ne sono di taaaanti tipi) non possono definirsi tali perché hanno sempre ignorato che sulla carta stampata spesso sono tornati ai nomi originali. Direi che la cronologia del cambiamento dei nomi dica più sull’editoria italiana che sui fan di questo film ai quali hai voluto dare per semplicità un’unica etichetta. Di canonico per i fan di qualsiasi cosa sia legata a un film è il film, sarebbero da considerare meno fan del film se in molti ignorano e non considerano decisioni editoriali? Ok, se ci tieni.

        Riguardo al discorso principale, mi va benissimo che ti scagli contro chi parla senza andare a verificare le informazioni che riporta così, alla leggera. Non mancherò anche io di ritornare su questo argomento con cui concordo e ci troveremo certamente d’accordo lì. È l’abbinarlo a discorsi semplificati su un generico tipo di fan e personali opinioni non molto chiare riguardo l’adattamento che mi lascia un po’ perplesso, insomma su come tu abbia deciso di affrontare l’argomento una volta abbandonate le sicure prove documentate. La trovi un obiezione più precisa?

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Nel 1977 posso capire che i fan di un film sono legati ad un film e non notino che tutte le altre fonti riportino personaggi diversi: nel 2018, quando ho scritto il pezzo, la frase va calibrata: i fan di un universo narrativo fra i più vasti della storia dei media forse dovrebbero essere fan dell’universo, non solo del big bang che l’ha generato. Niente di male ad esserlo, ma credere che quello sia l’unico modo “giusto” di comportarsi proprio non lo capisco, visto che milioni di altre persone la pensano in modo diverso. Seguendo l’universo, magari si diventerebbe più esigenti e non si lascerebbe spazio a fan talebani per prendere decisioni.
        Continui a dire che “si è tornati ai nomi originali”, mentre nel pezzo dimostro che NON È VERO:, non è mai successo ogni traduttore italiano in ogni medium ha preso decisioni diverse, scegliendo quali nomi lasciare invariati e quali no, quali termini tradurre e quali no, come ho mostrato, facendo ragionamenti tutti suoi che con il doppiaggio del 1977 NON HANNO NULLA A CHE VEDERE, e il mio unico intento era dimostrarlo portando dati oggettivi in una discussione che invece si svolge a livello di tifo calcistico.
        Ci sono sicuramente fan informati – che purtroppo vivono nascosti e non danno prova di sé – ma questo pezzo non è diretto a loro: è diretto ai fan che invece lasciano molte tracce di sé interpretando il pensiero di Maldesi, dicendo che gli italiani del ’77 non capivano l’inglese, che Artù non l’avrebbe capito nessuno ed era meglio Pinotto. Ecco, solo a quei fan è diretto il pezzo: gli altri, quelli informati, leggendo libri e fumetti già sapevano tutto, quindi è ovvio che non avranno scoperto niente di nuovo.
        Io non ho mai letto libri e fumetti di Star Wars, non amando quell’universo, per questo sono andato a farlo: ero convinto di trovare una logica, un sistema, invece c’è la più totale anarchia: e l’ho raccontato dati alla mano. E l’anarchia non è colpa delle case editrici, perché come ho scritto c’è stato chi ha deciso di “ritornare al film” facendo esattamente l’OPPOSTO, quindi ribadisco: l’anarchia è nella testa dei fan, ed è a quel tipo di fan che è diretto il pezzo. Non voglio convincere nessuno, non mi interessa, i dati sono lì e non hanno bisogno di “convinzione”: semplicemente esorto i fan a non seguire i tanti “esperti” talebani ma a controllare di persona, visto che parliamo di un universo facilmente verificabile in molte sue forme.

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      • Evit ha detto:

        È questo tuo valutare fumetti e opere derivative tutte allo stesso piano del film dal quale originano che non capisco. Dati alla mano, se valutassimo tutto allo stesso piano, ci sono più R2D2 che C1P8, ok… e allora? Mi sembra un’analisi a posteriori che lascia il tempo che trova mentre allo stesso tempo stai dicendo ai fan di una serie cosa dovrebbero essere e che dovrebbero valutare l’intero mondo di SW come se tutto non fosse partito da quei primi film. Se è in quest’ottica che vuoi valutare i dati che trovi in giro, ok, libero di farlo. Non credo abbia molto senso ma questa è una mia opinione personale, ovviamente.
        PS devi ancora guardarti i nostri commenti a episodio 2!

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Non sto dicendo a nessuno, parlare ai fan talebani è inutile. Semplicemente fornisco dati a chi è abituato ad una cultura orale e profondamente razzista, che stabilisce tabelle di importanza e decide (senza alcuna autorità) cosa sia valido e cosa no, cosa sia importante e cosa no, cosa sia canonico e cosa no. Curiosamente nessuno degli autori di universi narrativi si permette di stilare queste leggi razziali, lo fanno solo i fan…

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  33. Pincopallino ha detto:

    Ma come? non sai che i nomi dei robot li hanno cambiati il MOIGE e Vera Slepoj? l’ho letto quindi mi sa che è vero!

    (anche li non verificano mai nulla, anzi c’è pure una smentita da quel comitato)

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